IL PRECARIATO S’HA DA FARE SEMPRE E COMUNQUE

  1. Un DDL per mesi MAI discusso in Commissione, improvvisamente approvato nel PNRR
  2. Precariato sempre e comunque. Disattese le richieste delle Organizzazioni universitarie
  3. Il Ministro sulla composizione delle commissioni concorsuali
  4. Le principali tappe della demolizione dell’Università italiana
  5. Come ricostruire l’Università tutta

 

  1. Un DDL per mesi MAI discusso in Commissione, improvvisamente approvato nel PNRR

     La Commissione Istruzione del Senato, dopo mesi di NON discussione del DDL 2285 su reclutamento e precariato e degli emendamenti presentati, il 26 maggio scorso ha ricevuto il ben servito dal Ministro (v. nota) e subito dopo il relatore Francesco Verducci (PD) ha ‘spostato’ nel Decreto PNRR buona parte dei suoi emendamenti presentati appena qualche giorno prima in Commissione.

     Il 25 maggio scorso, il giorno prima dell’intervento del Ministro nella Commissione del Senato, in un documento unitario, ANDU, ARTED, CISL UNIVERSITÀ, CNU, FLC CGIL, RETE 29 APRILE, UIL RUA e UNIVERSITÀ MANIFESTA, hanno considerato questa operazione come «un improvviso deragliamento e quindi accelerazione. Alcune norme, infatti, potrebbero essere presentate come emendamento ad altro provvedimento legislativo, forse un decreto legge, e trovare quindi una rapidissima approvazione nell’ambito delle norme collegate al PNRR. Un percorso che non solo chiuderebbe rapidamente i tempi, ma impedirebbe di fatto ogni seria discussione parlamentare (nel quadro di norme omnibus con diversissimi provvedimenti), introducendo una riforma universitaria per emendamento ad un decreto.»

     Tra gli emendamenti presentati da Verducci al PNRR vi è anche quello sui “Gruppi e settori scientifico-disciplinari”, materia che si stava trattando attraverso un Decreto Ministeriale.

     Le stesse Organizzazioni universitarie hanno giudicato questa scelta «una ancor più grave e pesante accelerazione, di fatto e forse anche di diritto, con un’evidente e grave scorrettezza istituzionale, a fronte di un provvedimento ministeriale che ha incontrato una palese contrarietà di larga parte del mondo accademico ed anche un inedito pronunciamento negativo del CUN.»

Colpisce, ma non sorprende, che, per quanto è a nostra conoscenza, nessun Parlamentare e nessuna forza politica abbia finora espresso un dissenso rispetto alle modalità e ai contenuti del provvedimento che tra giorni sarà approvato.

     Si continua così nella logica extraparlamentare che ha sempre visto, nella sostanza, l’intero Parlamento recepire quanto voluto da coloro che stanno da decenni operando per smantellare il Sistema universitario nazionale statale.

    La verità è che praticamente tutte le norme approvate contro l’Università sono state elaborate e ‘passate’ ai Governi e ai vari Parlamenti da poteri accademico-politico-ministeriali, in accordo con i poteri economici (v. al punto 4. le principali tappe della demolizione dell’Università italiana).

Nota. Per il testo dell’intervento del Ministro nella Commissione cliccare qui.

  1. Precariato sempre e comunque. Disattese le richieste delle Organizzazioni universitarie

Nessuna delle principali richieste avanzate unitariamente dalle Organizzazioni universitarie è stata accolta:

– Non è previsto il bando straordinario di almeno 30.000 posti di ruolo, unico modo per dare uno sbocco, pur parziale, agli oltre 60.000 attuali precari che sostengono gran parte dell’attività di didattica e di ricerca.

– Si mantiene un percorso di precarietà che può arrivare fino a 18 anni.

Non si introduce un’unica figura di pre-ruolo definita nazionalmente, dotata di autonomia di ricerca e di adeguata rappresentanza; una figura di durata limitata e in quantità rapportata agli sbocchi in ruolo.

Si sommano sostanzialmente le attuali figure dei RTDa e RTDb nella ‘nuova’ figura di Ricercatore universitario che non prevede, come richiesto invece dalle Organizzazioni universitarie, «l’immissione in ruolo a tempo indeterminato sulla base di parametri oggettivi e omogenei a livello nazionale, con un passaggio esigibile da parte di ricercatori e ricercatrici in tempi certi e uniformi a livello nazionale».

     Insomma precariato ad ogni costo, soprattutto a costo di abbassare la qualità della ricerca e della didattica e a costo di massacrare l’esistenza stessa di migliaia e migliaia di giovani considerati e utilizzati come strumenti usa e getta.

  1. Il Ministro sulla composizione delle commissioni concorsuali

     Il 26 maggio 2022 nell’audizione nella Commissione del Senato il Ministro aveva, tra l’altro, dichiarato: «se la 7a Commissione si renderà disponibile, potrà anche diventare la sede per ulteriori misure di riforma di sistema di reclutamento, alle quali sta lavorando il Governo, con particolare riferimento al più generale tema dei concorsi universitari

     Sabato 11 giugno 2022 lo stesso Ministro ha dichiarato: «Senza fare rivoluzione dovremmo legare il reclutamento al finanziamento. A nessuno conviene reclutare persone che non sono adeguate. Ai concorsi ci stiamo lavorando con il governo. Oltre ai meccanismi formali, come la scelta dei commissari, bisogna puntare sui meccanismi premiali. Gli atenei devono ritrovare autonomia nella scelta delle figure che vogliono reclutare».

      In realtà gli atenei quell’autonomia non l’hanno mai persa (v. nota): i singoli baroni hanno avuto e hanno la piena libertà di reclutare e promuovere il proprio allievo preferito, grazie al sistema dei finti concorsi locali, basato sulla cooptazione personale. Un sistema che di volta in volta (e sempre più) produce anche gli “scandali” dovuti all’intervento della magistratura ordinaria e amministrativa.

     In realtà o si manterrà il sistema vigente che garantisce con il membro interno l’esito dei concorsi (‘vince’ l’allievo predestinato) o si otterrà lo stesso risultato rendendo però più difficile l’intervento della magistratura.

     Il fatto è che se si dovessero introdurre concorsi veramente nazionali crollerebbe l’attuale sistema baronale, sconvolgendo tutte le attese di reclutamento e di promozione accumulate nel tempo dagli allievi e vanificando tutti gli impegni assunti dai singoli baroni.

     I concorsi veramente nazionali la farebbero finita con la cooptazione personale, liberando dall’asservimento scientifico e umano chi sceglie la carriera accademica.

 == O concorsi veramente nazionali o finti concorsi locali con gli ‘annessi’ fenomeni di clientelismo, nepotismo, etc.

     In Italia per contrastare veramente il localismo concorsuale (cooptazione personale) si dovrebbe prevedere per legge e per tutti gli Atenei che tutte le prove (da quelle per i dottorati a quelle per il livello più alto dei docenti di ruolo) diventino nazionali e che i componenti delle commissioni siano tutti sorteggiati tra tutti i professori. Delle commissioni non dovrebbero fare parte i professori che appartengono alle sedi dove sono stati banditi i posti e non ne dovrebbe fare parte più di un professore della stessa sede.

     I vincitori dei concorsi nazionali dovrebbero poter scegliere dove prendere servizio, tra le sedi dove sono stati banditi i posti messi a concorso, sulla base di una graduatoria.

Importante

     In Italia MAI ci sono stati concorsi nazionali per tutte le fasi della carriera dei docenti. I concorsi nazionali, fino alla Legge Berliguer del 1999, ci sono stati solo per associati e ordinari e non per i ricercatori di ruolo o per le figure precarie. E comunque quei concorsi nazionali non prevedevano le modalità proposte qui dall’ANDU.

 Nota.  Dopo la Legge Berlinguer anche i concorsi per associato e per ordinario sono diventati locali.

  1. Le principali tappe della demolizione dell’Università italiana

La maggior parte di questi provvedimenti, come ora quello sul pre-ruolo, sono stati approvati all’interno di leggi blindate (Decreti legge, leggi di bilancio).

Finta autonomia statutaria (1989) per salvaguardare le oligarchie degli atenei, finta autonomia finanziaria (1993) per far gestire agli Atenei la riduzione progressiva dei finanziamenti, finti concorsi locali (1997) e ASN (2010) per dare ulteriore spazio alla cooptazione-arbitrio personale, introduzione del numero chiuso (1999) per negare ai giovani la scelta degli studi, imposizione del “3 + 2″ (2000) con la frammentazione dei saperi, invenzione dell’IIT (2003) costosissimo “giocattolo” ministeriale-confindustriale a discapito dell’Università, istituzione “personalizzata” del SUM di Firenze e dell’IMT di Lucca (2005), svuotamento del CUN (2006) a favore della CRUI, introduzione dell’ANVUR (2006) per commissariare l’Università, messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori (2010) per moltiplicare i precari, cancellazione di ogni parvenza di democrazia negli atenei (2010) con il rettore-padrone assoluto, localizzazione dei collegi di disciplina (2010) per tenere meglio a bada i docenti, istituzione dell’Human Technopole (2016) che è una sorta di duplicazione milanese dell’IIT di Genova, invenzione della Scuola superiore napoletana (2018), l’istituzione dell’ANR (2019) per controllare ancora di più l’Università e la Ricerca, invenzione del Biotecnopolo di Siena (2021). E anche: Cattedre Natta, scatti premiali ai docenti, borse per studenti eccellenti, aumento delle tasse, finanziamenti per alcuni docenti, finanziamenti per dipartimenti eccellenti, riduzione dei finanziamenti agli Atenei e loro iniqua distribuzione per “merito”, etc.

  1. Come ricostruire l’Università tutta

     Per ricostruire l’Università italiana occorre cambiare urgentemente e radicalmente il complesso dell’attuale assetto normativo.

     In questa direzione l’ANDU ha elaborato una proposta riguardante i punti di maggiore criticità dell’Università:

  1. Diritto allo studio
  2. Abolizione del precariato (non degli attuali precari) e nuovo reclutamento nel terzo livello di professore
  3. Docente unico
  4. Autonomia del Sistema nazionale dell’Università
  5. Gestione democratica degli Atenei
  6. Finanziamento dell’Università per migliorare tutti gli Atenei
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