da Sandrini su “3+2” e concorsi

17 luglio 2007 – ANDU

Diffondiamo una lettera sul “3 + 2” e sui concorsi inviataci da Maria Grazia Sandrini dell’Universita’ di Firenze. Sandrini fa anche riferimento ad un precedente intervento di Antonio Padoa Schioppa diffuso dall’ANDU.

Da Maria Grazia Sandrini su “3 + 2” e concorsi:

“Lettera aperta sull’Universita’

L’intervento di Antonio Padoa Schioppa sull’Universita’ mi spinge ad intervenire sul tema, poiche’ mi appare chiaro che la realta’ universitaria non e’ compresa da chi vive al di fuori dell’Universita’ e da chi non vede o non vuol vedere altro che le statistiche.

Puo’ darsi, naturalmente, che non tutte le Facolta’ universitarie italiane presentino gli stessi problemi; puo’ darsi che vi siano corsi di laurea dove sia stato possibile organizzare un percorso di studio mirato e adeguato alle diverse esigenze culturali e professionali del settore. Non intendo pertanto generalizzare; tuttavia ho alle spalle piu’ di 40 anni di attivita’ di docente nell’Universita’ di Firenze, facolta’ umanistica, e quanto diro’ nasce da questa lunga esperienza e dalla sofferenza di vedere gli studi universitari del mio settore degradarsi ed impoverirsi sempre di piu’. Ovviamente tale sofferenza e’ piu’ forte per chi, come me, ha conosciuto un’ Universita’ davvero formativa, dove gli studi erano seri ed impegnativi.

Per quanto riguarda gli studi umanistici, ed in particolare il corso di laurea in filosofia, di cui fo parte, la riforma si e’ rivelata e si va rivelando sempre piu’ un fallimento. Intendiamoci, il problema non sta, secondo me, tanto nella formula 3+2, quanto nelle sue applicazioni e nelle tabelle (i famosi allegati) per classi di laurea che i curricula sono stati obbligati a rispettare. Queste tabelle hanno portato, nelle facolta’ umanistiche, ad una polverizzazione dei corsi e ad una moltiplicazione dei moduli, quindi ad un aumento del numero degli esami, ma hanno tolto la possibilita’ di elaborare i contenuti, cosa indispensabile negli studi filosofici dove non si tratta di acquisire informazioni, ma un metodo, una capacita’ di analisi e di ragionamento critico. Vi sono corsi di laurea, e quello di filosofia e’ una di quelli, in cui, come osserva la collega Pugliatti, non e’ possibile distinguere tra “conoscenze di base” e “conoscenze avanzate” e nei quali e’ a maggior ragione impossibile computare l’impegno necessario in ore di studio!

Le suddette tabelle, inoltre, hanno anche individuato un gruppo di discipline, tratte da differenti settori disciplinari non filosofici, obbligatorio nel triennio, riproponendo cosi’ una concezione della filosofia ormai superata. Tale gruppo di discipline non serve a nulla, se non ad evidenziare il grado di licealizzazione degli studi. Con cio’, non intendo negare che la filosofia abbia e debba avere punti di intersezione con discipline non filosofiche; anzi, la filosofia ha punti di intersezione con tutti gli aspetti dell’umano sapere e delle umane attivita’; ma tali punti di intersezione non possono essere individuati a priori e resi vincolanti per legge: essi nascono dal percorso individuale di ogni studente, dal tipo di orientamento che ciascuno vorra’ dare ai propri studi: cosi’ occorrera’ tornare, e non in modo superficiale, al greco ed alla cultura greca per chi vorra’ dedicarsi allo studio di Platone o di Aristotele, mentre sara’ indispensabile munirsi di conoscenze un po’piu’ che elementari matematiche o scientifiche a chi vorra’ approfondire la logica o gli studi epistemologici.

Molto potrei aggiungere, ma forse non e’ questa la sede ne’ l’occasione. Resta comunque il fatto che nel triennio non e’ possibile fornire agli studenti nessuna base veramente seria, ne’ informativa ne’ formativa, su cui poter eventualmente costruire il biennio specialistico e, poiche’ sul nulla non si costruisce nulla, la laurea specialistica conseguita dopo cinque anni non e’ neppure lontanamente confrontabile con la laurea che prima si conseguiva dopo soli quattro anni di studi.

Se il tasso dei laureati e’ aumentato, dopo la “riforma”, cio’ e’ in gran parte dovuto, credo (ma mi riferisco sempre al mio settore disciplinare), non ad una diversa scansione dell’anno accademico, ma proprio al fatto che conseguire la laurea triennale e’ diventato facilissimo e di poco impegno, non costituendo piu’ neppure il lavoro di tesi un importante momento di maturazione e di acquisizione di un metodo di ricerca e di studio personale. Non guardiamo alle statistiche, quindi, per favore, ma alla qualita’ degli studi, alle competenze acquisite, che sono diventate, ahime’, terribilmente scadenti.

Mi sembra tuttavia doveroso sottolineare che allo scadimento generale dell’Universita’ contribuisce, e non di poco, lo scadimento della scuola elementare, media e superiore: gli studenti, nella stragrande maggioranza, arrivano all’universita’ senza aver imparato a studiare, senza essere in grado di esporre in modo chiaro e sintetico una tesi sostenuta in un breve articolo; non sanno scrivere correttamente e non sanno ragionare con rigore logico. Non sanno autovalutarsi perche’ sono abituati ad avere ottimi voti senza fatica. C’e’ una gravissima responsabilita’ della scuola dell’obbligo e di quella superiore nel generale abbassamento culturale della societa’ italiana; alla quale va aggiunta la responsabilita’ dei genitori troppo spesso piu’ interessati alla promozione e alla votazione conseguita che alla qualita’ dell’insegnamento impartito; c’e’ infine la responsabilita’ dei media che gridano allo scandalo per qualche sporadica bocciatura agli esami di maturita’, mentre invece dovrebbe scandalizzarsi per il tasso troppo alto dei promossi.

Questa e’ una realta’ generalizzata con cui ogni Facolta’, ogni docente universitario deve purtroppo fare i conti. E’ questa anche la realta’ che aveva ben presente Berlinguer e alla quale egli intendeva rimediare, anziche’ intervenendo sulla scuola dell’obbligo e superiore al fine di renderla piu’ seria e formativa, come sarebbe stato opportuno, introducendo una serie di esami “di cultura generale” in tutti i corsi di laurea (una specie di regno intermedio tra gli studi della scuola superiore e quelli propriamente universitari), idea della quale e’ rimasta piu’ di una traccia almeno nei curricula del corso di laurea di mia competenza.

Mi sembra inutile sottolineare quanto questo decadimento culturale sia preoccupante per le sorti della societa’ italiana: da dove dovranno uscire le future classi dirigenti, se l’Universita’ non e’ in grado di fornire una adeguata formazione? Se, anzi, contribuisce, regalando lauree immeritate, a diffondere un clima morale di approssimazione, di disimpegno, di arrivismo? Non e’ questa la strada che porta o verso l’imbarbarimento sociale oppure verso la proliferazione di Universita’ private?

Per concludere, aggiungo due parole sul tema scottante dei concorsi alla docenza. In un certo senso mi viene da ridere (o da piangere, non so) quando sento di docenti indagati per concorsi irregolari. Ma non sappiamo tutti molto bene (chi di noi non ha fatto parte di qualche commissione concorsuale?) che tutti i concorsi, e sottolineo tutti, da quando vige l’attuale sistema “locale”, sono stati e sono pilotati? Non sappiamo tutti che le commissioni sono elette in base ai voti sollecitati dagli stessi docenti che hanno qualcuno da sostenere, e che bastano 6-7 voti (talvolta anche meno) per risultare eletti? Chi di noi non ha sei o sette amici nel proprio settore disciplinare, o comunque colleghi in debito di un favore, ai quali chiedere il voto?

No, i concorsi non premiano i migliori, ma soltanto chi ha un protettore! Oggi, come e forse ancor piu’ di prima! Se un docente e’ onesto, puo’ ritenersi fortunato se gli capita di essere eletto a far parte della commissione di un concorso in cui i “designati” (il vincitore piu’ i due idonei) sono anche veramente validi e meritevoli; ma il fatto che si diano di questi casi non rende meno grave la logica perversa del meccanismo concorsuale! Dal punto di vista puramente formale e giuridico, TUTTI i concorsi svolti in questo ultimo lungo periodo di tempo sarebbero da annullare perche’ il vincitore e’ sempre stato noto anticipatamente a chiunque desiderasse conoscerlo.

Prof. Maria Grazia Sandrini, docente di Filosofia teoretica presso l’Universita’ di Firenze”

Per leggere l’intervento di Antonio Padoa Schioppa: http://www.orizzontescuola.it/orizzonte/modules.php?name=News&file=article&sid=15617

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