- La Ministra: ancora più finti i ‘concorsi’ locali
- 2. Un vero ruolo unico della docenza universitaria
- Mazzarella e il “Manifesto per l’Università”
- Lettera del Personale tecnico universitario con ASN
- Il 22 maggio 2021 Congresso nazionale dell’ANDU
1.La Ministra: ancora più finti i ‘concorsi’ locali
La ministra Maria Cristina Messa nell’intervista su ItaliaOggi del 13 aprile 2021 (“Prof, più poteri alle università. L’assunzione fatta nell’ambito di una terna selezionata”) ha, tra l’altro, detto: “Penso a una terna di candidati selezionati dalla commissione all’interno della quale l’università possa scegliere il docente che, a parità di qualità, meglio risponde alla propria offerta formativa. Credo che questo possa far bene anche agli atenei, chiamati ad una assunzione di responsabilità per le scelte fatte, che non ricadono tutte solo sulle commissioni.”
Oggi i concorsi locali prevedono la scelta di un (uno solo) vincitore, quasi sempre l’allievo del ‘maestro’ che è riuscito a farsi bandire il posto (cooptazione personale). In diversi casi un candidato non vincitore che pensa di essere stato ‘scartato’ ingiustamente ricorre alla giustizia amministrativa contro l’operato della commissione. Con la modifica ipotizzata dalla Ministra non ci sarebbe più un vincitore, ma tre potenziali vincitori (“la terna di candidati selezionata dalla commissione”). Nella terna quasi certamente sarà inserito anche il candidato per il quale è stato bandito il posto, cioè il prescelto dal ‘maestro’. In questo modo le responsabilità “non ricadono (sic!) tutte solo sulle commissioni”, ma anche sulle strutture che successivamente opereranno formalmente la scelta finale e sarà più difficile ricorrere con successo alla magistratura.
Insomma le si pensa tutte pur di salvaguardare, anzi agevolare, la cooptazione personale alla base di un sistema che a volte sfocia in scandali anche giudiziari.
Tutte le si pensa pur di non adottare l’unico modo per contrastare un sistema baronale asfittico e sottrarre alla scelta/arbitrio del singolo ‘maestro’ chi vuole formarsi alla docenza per poi accedere al ruolo dei professori e quindi avanzare nella carriera. Questo modo è quello di prevedere per le prove a tutti i livelli (dal dottorato in poi) commissioni nazionali interamente sorteggiate tra tutti i docenti, escludendo quelli degli atenei direttamente interessati. Un meccanismo semplice che libererebbe l’allievo dalla dovuta fedeltà al ‘maestro’ e solleverebbe il ‘maestro’ dal peso di occuparsi della carriera del proprio allievo; tutto questo a vantaggio della qualità della ricerca e dell’insegnamento, ma anche della qualità della vita di entrambi.
La contrarietà alle prove nazionali la Ministra l’aveva espressa anche nel recente incontro con l’ANDU. Infatti la Ministra sui concorsi, “problema molto grande”, ha specificato che più che sul “localismo” attualmente si “sbaglia su due fronti”: una “valutazione prettamente quantitativa” a discapito di una qualitativa (de facto annullata anche a causa degli innumerevoli ricorsi dove alla fine prevale l’asettico metro quantitativo) e una smarrita “catena di responsabilità” sulle assunzioni (frammentata ora tra commissioni, consigli di amministrazione, rettori, dipartimenti, etc.). Non si è detta d’accordo sul ritorno a concorsi nazionali, “sarebbe particolarmente complesso”, come soluzione a tali storture, auspicando invece una valutazione ex-post delle politiche d’assunzione dei vari atenei”. (dal resoconto dell’ANDU dell’incontro contenuto nel documento del 6 aprile 2021 “Incontri con Ministra e M5S – E la CRUI?”).
2. Un vero ruolo unico della docenza universitaria
Naturalmente, mentre ci si preoccupa di ‘blindare’ la chiamata del vincitore predeterminato e di proteggere il più possibile dai ricorsi le commissioni dei finti concorsi locali, nessuna ipotesi invece emerge dal Governo e in Parlamento di un ruolo unico dei professori, per porre fine all’attuale artificiosa divisione dei docenti in tre ruoli separati (RTI, associati, ordinari). Una separazione che crea una insensata subordinazione ai singoli ordinari dei singoli appartenenti ai ruoli ‘inferiori’, a discapito della libertà di ricerca e di insegnamento e quindi della qualità stessa di queste attività.
Anche su questa fondamentale questione l’ANDU ha elaborato una articolata e completa proposta:
Un ruolo unico (organico unico) di professore universitario articolato in tre fasce retributive, con uguali compiti e uguali diritti (compreso l’elettorato attivo e passivo) e uguali doveri all’interno di un unico stato giuridico nazionale (uguale in tutti gli Atenei), con la stessa età pensionabile e con gli scatti economici legati esclusivamente all’età di servizio (retribuzione differita).
L’ingresso nel ruolo deve avvenire con concorsi nazionali (senza ASN) e il passaggio di fascia deve avvenire, a domanda, attraverso una valutazione complessiva (ricerca e didattica) nazionale individuale. In caso di valutazione positiva deve conseguire l’automatico riconoscimento della nuova posizione (senza alcun ulteriore “filtro” locale).
L’elettorato passivo deve essere riservato ai professori con anzianità nel ruolo unico di almeno cinque anni.
I vincitori dei concorsi nazionali devono potere scegliere dove prendere servizio, tra le sedi dove sono stati banditi i posti messi a concorso, sulla base di una graduatoria redatta dalle commissioni.
Le commissioni per l’ingresso nel ruolo unico e per il passaggio di fascia devono essere costituite esclusivamente per sorteggio tra tutti i professori, escludendo quelli appartenenti agli atenei direttamente interessati.
Transitorio
Gli attuali ricercatori a tempo indeterminato, i professori associati e i professori ordinari, a domanda, fanno parte rispettivamente della terza, della seconda e della prima fascia, mantenendo all’ingresso l’attuale retribuzione.
A tutti i ricercatori di ruolo e agli associati che hanno conseguito l’ASN deve essere riconosciuto immediatamente e automaticamente il passaggio di fascia, con i relativi incrementi economici a carico dello Stato.
(Dalla “Proposta per rifondare il Sistema nazionale universitario” nella nota 1 del documento “Chi e come può ricostruire l’Università”).
3.Mazzarella e il “Manifesto per l’Università”
Si segnala l’interessante intervento di Eugenio Mazzarella su Avvenire del 15 aprile 2021 (“Formazione non prestazione per il domani dell’università. Un grande questione e un Manifesto che mette a nudo il nodo da sciogliere”). Un Manifesto che Mazzarella invita a “leggere e sottoscrivere”.
4. Lettera del Personale tecnico universitario con ASN
Si dà notizia di una Lettera inviata all’ANDU dal “Personale tecnico universitario con abilitazione scientifica nazionale (ASN) ingiustamente penalizzato e privato dalla possibilità di una progressione di carriera”.
5. Il 22 maggio 2021 Congresso nazionale dell’ANDU
Il Congresso nazionale dell’ANDU si terrà telematicamente sabato 22 maggio 2021 a partire dalle ore 10. Al Congresso potranno partecipare, oltre ai delegati, tutti gli iscritti all’ANDU che lo richiederanno entro il 19 maggio 2021 inviando una mail a anduesec@tin.it. Per iscriversi all’ANDU v. qui.
==== La storia della devastazione dell’Università in corso da oltre 30 anni può essere approfondita in questo sito utilizzando la “ricerca avanzata”
Per la prof.ssa Sabrina Stroppa,
cara collega, purtroppo il Suo caso non è unico. Le comunico che lo stesso è avvenuto presso l’Università di Pisa, dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, dove per un concorso (art. 18 c.1) a PO in Elettronica è stato chiamato il secondo classificato (dalla commissione) interno e non il primo (anche lui interno)….
ogni commento è superfluo, e oggi devo leggere che il ministro vuole incrementare questo malcostume. Ma nessuno dice nulla? nessuno le fa presente a questa signora che all’Università si “dovrebbe” entrare per merito e sempre per merito si dovrebbe fare “progressione di carriera”? e poi ci lamentiamo che il livello della ricerca e dei laureati è scadente?
Ripeto: “IO MI ARRENDO”.
Dice la sig.ra ministra (proveniente da un Ateneo già nell’occhio del ciclone):
“Altro aspetto è valutare se gli atenei possono avere un maggiore potere decisionale nella scelta del docente da assumere. Penso a una terna di candidati selezionati dalla commissione all’interno della quale l’università possa scegliere il docente che, a parità di qualità, meglio risponde alla propria offerta formativa. Credo che questo possa far bene anche agli atenei, chiamati ad una assunzione di responsabilità per le scelte fatte, che non ricadono tutte solo sulle commissioni.”
Cioè vorrebbe maggiore potere decisionale degli Atenei….
io credo che davvero siamo alla frutta! ma come? già fanno le chiamate come vogliono (ricordate i 14 Atenei, compreso il suo, che scelgono tra gli idonei e non in base al merito?) e ora ancora più autonomia? Invece di parlare di merito, di buone pratiche, di ricerca ad alto livello, disquisisce sulla (cattiva) pratica degli Atenei di chiamare quelli che vogliono per ottimizzare la cooptazione?
No, va bene, io mi ARRENDO!
Cari colleghi,
leggo regolarmente le vostre news, e riguardo le ultime ipotesi della nostra Ministra, di cui leggo il report e i Vostri commenti, mi permetto di segnalare il mio caso per chiedere, anche, consiglio.
Nel luglio del 2020 ho vinto un concorso da PO presso l’Università per Stranieri di Perugia. Erano stati emanati 4 bandi di concorso, tutti conclusi nella prima quindicina di luglio. Gli altri tre vincitori – tutti PA interni all’Ateneo – sono stati chiamati dal Dipartimento di Scienze umane e messi in servizio il primo agosto; io, unica esterna, non sono stata chiamata. Il Dipartimento ha semplicemente messo in atto un comma del Regolamento d’Ateneo – illegittimo a norma Gelmini – che prevede la possibilità di non chiamare il vincitore. Preciso che la mia chiamata non è stata messa ai voti: semplicemente hanno passato sotto silenzio il mio caso, anche dopo l’approvazione rettorale degli Atti della procedura concorsuale.
È iniziata una battaglia legale di cui vi evito i dettagli, ma che non mi lascia ben sperare, nonostante una chiara presa di posizione del Consiglio di Stato a febbraio.
Se i concorsi locali, come scrivete, sono spesso finti, che cosa si può dire di un concorso “vero” – uno dei pochi di cui abbia mai avuto notizia, perché io personalmente non conosco molti esempi di concorso (da PO poi!) in cui abbia vinto un esterno – ma a cui poi l’Ateneo decide di non dare seguito? Io sono nella condizione paradossale di dover spendere molte migliaia di euro da vincitrice per ricorrere contro l’Ateneo che ha emanato il bando di concorso, e che ritiene che io sia la vincitrice ‘sbagliata’…
La rassegna stampa del mio caso è relativamente nutrita: metto solo un link tra quelli reperibili sui giornali online
https://www.umbria24.it/attualita/parla-la-prof-mai-chiamata-dalla-stranieri-ero-lunica-esterna-ad-aver-vinto-il-concorso-una-cosa-grave
Grazie,
sabrina stroppa
Per far funzionare un’attività di ricerca è necessario reclutare le persone adatte a quella specifica attività, che non sono sempre quelle con gli indicatori bibliometrici più alti. Quindi, la disciplina concorsuale è di per se stessa un danno per la produttività scientifica dell’Università; figuriamoci se la portiamo a livello di concorsi nazionali, come propone l’articolo! La proposta del Ministro mi sembra quindi almeno migliorativa rispetto alla situazione attuale.
Il problema di garantire la qualità reclutamento universitario dal “malaffare dei baroni” (vox populi a cui si da sempre immeritato credito) è irrisolvibile finché non si lascerà liberi i docenti di scegliersi i collaboratori, prendendosi poi in concreto la responsabilità della loro produttività. Propongo: il docente si sceglie direttamente i collaboratori; se il gruppo di ricerca che fa riferimento al docente non produce (valutazione oggettiva a cadenza tri- o quinquennale), il docente viene penalizzato (p.es. significativa parte dello stipendio legata alla produttività scientifica).
Buongiorno
quale parte di “le prove nazionali” sono il male assoluto (assieme all’ASN) ancora non capite?
A presto
Marco Antoniotti