INCONTRI CON MINISTRA E M5S – E LA CRUI?

  1. Centri di eccellenza. E la CRUI?
  2. Incontro con la Ministra Messa. Resoconto
  3. Incontro con i Deputati del M5S. Resoconto
  4. “Università libera, Università del futuro”:Un manifesto
  5. Confronto pubblico ANDU, FLC CGIL e Rete 29 aprile
  6. Elezione del nuovo Rettore dell’Università di Palermo
  7. Il 22 maggio 2021 Congresso nazionale dell’ANDU

1. Centri di eccellenza. E la CRUI?

             L’ANDU ritiene che in Italia occorra ricostruire un Sistema nazionale universitario con atenei diffusi nel territorio, tutti impegnati in attività di ricerca e di insegnamento di alta qualità, in una logica di cooperazione e non di competizione.

         Contro questo modello sono da decenni impegnate forze accademiche, ministeriali e imprenditoriali per concentrare le risorse pubbliche in pochi atenei autodefiniti eccellenti o in inventati centri.

         Strumenti dello smantellamento del Sistema sono stati nei decenni i Governi e il Parlamento, che hanno assecondato questo devastante progetto. Un ruolo importante è stato svolto anche dalla CRUI e, più recentemente, dall’ANVUR (v. il recente documento “Università. Autonomia o CRUI. Il CUN”).

         A proposito della CRUI non può non destare estrema preoccupazione quanto affermato dal suo Presidente, Ferruccio Resta: <<sulla divisione dei fondi in arrivo “servono programmi ad hoc, dobbiamo distinguere le sedi per la loro vocazione, quelle generaliste e quelle specializzate, quelle rispondenti a criteri locali (sic!) e quelle che hanno una dimensione internazionale”. No dunque a “livellare il sistema”, sì alle “differenze”, premiando anche “le corse in avanti” e chi prova a emergere perché può “aprire la strada a quanti vorranno seguirlo”>> (dall’articolo “Università, sfida futura” sul Corriere della Sera del 24 marzo 2021).

        Contro questa visione dell’Università si sono espressi in tanti e recentemente soprattutto criticando un intervento di Tito Boeri e Roberto Perotti comparso anche su Repubblica il 16 marzo 2021 con il titolo “Basta finanziamenti a pioggia per le Università. Per far funzionare la ricerca bisogna concentrare i fondi pubblici sugli atenei migliori”.

         Particolarmente importanti sono state le critiche alle posizioni di Boeri e Perotti espresse dalla senatrice Elena Cattaneo su Repubblica del 18 marzo 2021 (“Università e ricerca, no all’oligarchia della scienza”).

         E la volontà di volere “distinguere le sedi per la loro vocazione, quelle generaliste e quelle specializzate, quelle rispondenti a criteri locali (ancora sic!) e quelle che hanno una dimensione internazionale” sembra non essere condivisa anche dalla Ministra (v. al punto seguente il resoconto dell’incontro con l’ANDU) e nemmeno dai partecipanti all’incontro organizzato dalla LUISS su “Quali scelte e quali politiche per la reputazione dell’università”, con Gian Maria Gros-Pietro (Presidente Intesa Sanpaolo), Luciano Violante (Presidente Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine), Paola Severino (Vice Presidente Luiss) e Gaetano Manfredi (Professore di Ingegneria, Università Federico II di Napoli).     

 2. Incontro con la Ministra Messa. Resoconto dell’ANDU

     Il 30 marzo 2021 si è svolto, su richiesta dell’ANDU, un incontro telematico con la Ministra dell’Università e Ricerca Prof.ssa Maria Cristina Messa, accompagnata dal Capo della Segreteria Dott. Giuseppe Festinese, dal Capo dell’Ufficio Legislativo Dott. Giuseppe Cerrone e dalla Direttrice Generale Dott.ssa Maria Letizia Melina.

     Per l’ANDU all’incontro hanno partecipato Andrea Capotorti, Mauro Federico, Nunzio Miraglia e Paola Mura.

     Dopo aver ringraziato la Ministra per la disponibilità mostrata accettando la richiesta d’incontro (era dai tempi della Ministra Chiara Carrozza che ciò non avveniva, nonostante la nostra puntuale richiesta a tutti i suoi successori), il coordinatore nazionale Nunzio Miraglia ha ricordato il pluridecennale impegno dell’ANDU in difesa di un sistema universitario pubblico diffuso, efficiente, di qualità e democratico.

    Miraglia ha rimarcato come la Ministra abbia più volte dichiarato che, assieme a maggiori risorse per l’Università, siano indispensabili le riforme, opinione che anche l’ANDU ha sempre espresso. Ma quali riforme?

     Si è poi soffermato soprattutto sulla richiesta di un completo e vero “diritto allo studio” ottemperato, oltre che con adeguati investimenti, anche garantendo ottimi livelli di formazione per tutti, con percorsi realmente efficaci. A questo proposito sono state riproposte le forti perplessità sull’efficacia dell’imposto sistema del “3+2” e si è rinnovata la richiesta di una partecipata verifica. Un vero diritto allo studio deve comprendere anche la libertà di scegliere il corso di studio a cui iscriversi e perciò deve essere abolito il numero chiuso, in particolare – ma non solo – a medicina.

     A questo proposito ha ricordato che da oltre un anno l’ANDU chiede di consentire l’ingresso a medicina ad almeno 20.000 giovani e di permettere a tutti i laureati di accedere alle scuole di specializzazione, rimarcando come invece la Ministra, nonostante il disastro sanitario in corso, abbia dichiarato di volere mantenere i numeri dell’anno scorso.

     Il coordinatore dell’ANDU ha sollecitato anche la riforma del dottorato aumentandone la retribuzione, valorizzandone il riconoscimento dentro e fuori l’università ed eliminando i dottorati senza borsa.

     E’ poi passato a sollevare il drammatico problema del precariato, sottolineando le criticità del sistema attuale e le storture presenti nel progetto di legge in discussione alla Camera: borse di ricerca post-laurea come ulteriore fascia di precariato ‘usa e getta’, assegni di ricerca (sic!) eccessivamente lunghi (6 anni invece dei più ragionevoli 3), assenza di una vera e unica figura di pre-ruolo con autonomia e disponibilità di finanziamenti (come in altri Paesi) e in numero rapportato agli sbocchi in ruolo, assenza di un piano di assunzione in ruolo di ameno 25mila professori nei prossimi 4/5 anni per colmare il gap con gli altri Paesi europei e dare uno sbocco a una buona parte degli attuali precari. Ha infine ribadito l’esigenza di cambio di paradigma sull’autonomia universitaria, che deve essere del Sistema nazionale e non quella dell’attuale finta autonomia dei singoli atenei. Un’autonomia del Sistema nazionale universitario statale che è impedita dal ruolo e dall’azione di ANVUR e CRUI e non è rappresentata da un CUN volutamente snaturato e svuotato e che andrebbe sostituito con un Organismo rappresentativo di tutte le componenti, con compiti di autogoverno e di coordinamento, per difendere l’Università dai poteri forti economici e politici interni ed esterni. Occorre anche – è stato aggiunto – abolire l’attuale figura dei rettori padroni-assoluti che ostacolano, tra l’altro, la cooperazione tra atenei e negli atenei, ‘obbligati’ a impegnarsi sempre più in una truccata e dannosa competizione. Si è anche insistito sulla necessità di superare l’attuale cooptazione personale, alla base anche dei periodici ‘scandali’, prevedendo a tutti i livelli concorsi con commissioni interamente sorteggiate tra tutti i docenti, escludendo quelli delle sedi direttamente interessate. È infatti questo l’unico modo per superare la subalternità anche umana al proprio ‘maestro’ e garantire la libertà di ricerca e di insegnamento dei singoli docenti universitari per aumentare la qualità della loro attività e della loro vita.

     È poi intervenuta Paola Mura, responsabile della Segreteria nazionale dell’ANDU, che ha posto l’accento sui danni provocati da una miope rincorsa delle “eccellenze”, finora supportate economicamente a discapito del sistema complessivo dell’Università. Un modello quello delle “eccellenze” che, tra l’altro, tanti danni ha già provocato nella sanità (rifacendosi come esempio all’attuale disastro nel sistema della medicina di base lombardo, nonostante le locali eccellenze nella medicina più d’avanguardia). Ingenti risorse sono state già sottratte agli atenei statali a vantaggio di presunti centri di eccellenza (citando il finanziamento all’ IIT promosso da Tremonti). Ha richiamato il rischio di valorizzare esclusivamente la ricerca, a discapito dell’importantissimo ruolo formativo della didattica soprattutto come passaggio di conoscenze tra generazioni. Infine ha espresso preoccupazione per l’interpretazione della “transazione ecologica” da un punto di vista meramente tecnologico (si veda l’attuale Ministero).

La Ministra, premettendo di essere per sua natura “inclusiva” e quindi disposta al confronto, ha risposto sinteticamente a diversi dei punti sollevati. In particolare:

  • si è detta favorevole ad affrontare un’analisi e un possibile “ripensamento” del sistema “3+2”, basati anche sulle tante analisi già condotte in merito, sia a livello italiano che europeo, senza preclusioni a modificare ciò che non funziona e a mantenere solo ciò che c’è di valido, prospettando anche un possibile nuovo “processo di Bologna” in merito;
  • ha dichiarato che il numero chiuso è un problema “annoso”, ma “inevitabile” per una realistica impossibilità di adeguamento delle risorse (umane e logistiche) che possa assecondare le aspettative degli aspiranti studenti. Ha ritenuto il numero chiuso uno strumento di “selezione” più equo rispetto alla selezione “naturale” che si avrebbe con iscrizioni libere, dove si correrebbe il rischio di creare disuguaglianze tra chi studierebbe in sedi più dotate rispetto ad altre. Ha dichiarato di volere confermare i numeri programmati per medicina (circa 13mila matricole e 14mila specializzazioni) sostenendo che il vero problema è l’orientamento verso le specializzazioni meno ambite, ma anche esse necessarie e un più corretto impiego dei medici negli atti di loro stretta competenza, demandando gli altri ad altro personale (amministrativi, tecnici, para-medici);
  • sui concorsi, “problema molto grande”, ha specificato che più che sul “localismo” attualmente si “sbaglia su due fronti”: una “valutazione prettamente quantitativa” a discapito di una qualitativa (de facto annullata anche a causa degli innumerevoli ricorsi dove alla fine prevale l’asettico metro quantitativo) e una smarrita “catena di responsabilità” sulle assunzioni (frammentata ora tra commissioni, consigli di amministrazione, rettori, dipartimenti, etc.). Non si è detta d’accordo sul ritorno a concorsi nazionali, “sarebbe particolarmente complesso”, come soluzione a tali storture, auspicando invece una valutazione ex-post delle politiche d’assunzione dei vari atenei;
  • sulla valorizzazione delle eccellenze, si è detta d’accordo che deve essere aggiuntiva e non a discapito del sistema generale, valutando però positivamente il ruolo svolto dalla CRUI quale “garante degli equilibri territoriali” a protezione delle realtà più esposte e a salvaguardia di un sistema nazionale bene o male omogeneo. Ha sottolineato che il garantire un buon livello in tutti gli atenei non può andare a discapito di chi ha le capacità e potenzialità di “correre”, puntando al “buon reclutamento” come unico strumento di emancipazione delle sedi più “in difficoltà”;
  • ha anche ribadito l’inscindibilità tra ricerca e didattica in ambito universitario, essendone elemento distintivo rispetto agli altri livelli d’istruzione, sia secondario che specialistico (quali ad es. i nuovi ITS).

Alla Ministra è stata inviata la Proposta dell’ANDU per la rifondazione del Sistema nazionale universitario statale.

 3. Incontro con i Deputati del M5S. Resoconto dell’ANDU

      Il 29 marzo 2021 l’ANDU ha incontrato (telematicamente) gli Onorevoli del M5S Bella, Melicchio, Tuzi e Vacca, membri della VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati.

     Per l’ANDU hanno partecipato Mauro Federico, Giorgio Mancini, Anna Lorenzini, Nunzio Miraglia, Paola Mura e Marco A. Pirrone.

     Tema dell’incontroProposte di Legge “recanti norme in materia di reclutamento e stato giuridico dei ricercatori delle università e degli enti di ricerca, nonché di dottorato e assegni di ricerca”. Il Comitato ristretto si propone di ‘chiudere’ a breve un testo base da presentare in Commissione.

         L’ANDU ha espresso, sulla base delle sue proposte (v. resoconto dell’incontro con la Ministra) le critiche agli attuali contenuti della bozza di testo unico: si introducono le borse di ricerca post-laurea che verranno di fatto utilizzate per un precariato usa e getta, si mantiene ancora troppo lungo il periodo di post-dottorato che, per non lasciare alcun dubbio sulla sua natura precaria, viene chiamato “assegno di ricerca” (v. nota), non si prevede alcuno sbocco in ruolo per gli attuali precari che ‘naturalmente’ non vengono prorogati in attesa di reali possibilità, si mantiene la cooptazione personale prevedendo la presenza nelle commissioni di concorso di un membro interno.

     Per il M5S sono intervenuti Melicchio, Vacca e Bella che hanno difeso quanto finora previsto nella bozza, ritenendolo significativamente migliorativo della situazione attuale. I Deputati hanno affermato di condividere in buona parte le posizioni dell’ANDU, ma che essi devono però tenere conto dei problemi nel raffronto in Aula (realismo politico), ritenendo comunque di avere raggiunto una buona mediazione.

     Ecco i contenuti dell’attuale testo base illustrati dai Deputati del M5S:

     introduzione delle “borse di ricerca” post laurea (e prima del Dottorato) per un periodo massimo di 18 mesi; riforma del dottorato di ricerca con maggiori tutele contrattuali; assegni di ricerca ridotti nella durata temporale e con maggiori tutele contrattuali; eliminazione del Ricercatore a Tempo determinato di tipo “A” e mantenimento del Ricercatore con “tenure track” (RTD/B); presenza di un solo membro interno nelle commissioni concorsuali.

     Dagli stessi Deputati è stato rimarcato, tra l’altro, come con queste nuove norme si passerebbe da una attesa media di 17 anni per entrare in ruolo (a 41.2 anni), a un tempo massimo di 7 anni.

Nota. Anche Giuliano Amato ha affermato che il titolo di assegnista “suona precario” ed “è un pessimo nome” (v. al ‘punto’ 1:35:00 del video dell’incontro svoltosi il 30 marzo 2021, organizzato dalla Scuola Sant’Anna di Pisa “Per il futuro della ricerca in Italia. Le storie, il profilo e le criticità dei protagonisti: gli assegnisti di ricerca”).

 4. “Università libera, Università del futuro”: “Un manifesto”

         Si segnala l’interessante iniziativa di un gruppo di docenti universitari che hanno elaborato “Un manifesto per l’Università” articolato in dieci tesi:

  1. L’università libera è l’università del futuro.
  2. L’università del futuro non è un’azienda.
  3. Promuovere la libertà e il pluralismo nella ricerca.
  4. Tecnologie a servizio della didattica e non didattica a servizio delle tecnologie.
  5. Promuovere il pluralismo della didattica.
  6. Università e internazionalità.
  7. L’università come esperimento democratico.
  8. L’università del futuro non riduce la formazione ad apprendimento di competenze professionali.
  9. L’università libera è un’università che libera.
  10. L’università rilancia il desiderio del sapere e della capacità di convivenza.

 5. Confronto pubblico ANDU, FLC CGIL e Rete 29 aprile

Il 12 marzo 2021 si è tenuto un Confronto pubblico (inizio dopo 6 minuti) promosso da ANDU, FLC CGIL e Rete 29 aprile. Si è discusso su “Autonomia e Sistema nazionale Universitario”.

6. Elezione del nuovo Rettore dell’Università di Palermo

         Si segnala il documento di uno dei candidati alla vicina elezione del nuovo Rettore dell’Università di Palermo perché è uno dei pochi casi in cui un candidato a rettore si ‘qualifichi’ anche esprimendosi sul quadro nazionale dell’Università: ruolo dei Rettori, dell’ANVUR e della CRUI. Particolarmente interessante è l’intenzione di difendere l’autonomia dell’Ateneo “anche attraverso l’introduzione di specifiche norme statutarie che prevedano la decadenza dalle cariche di governo dell’Ateno (anche) per chi presenti la propria candidatura in qualsivoglia competizione elettorale per cariche politiche”; una norma che l’ANDU chiede da tempo che venga prevista per legge per tutti gli Atenei.

7. Il 22 maggio 2021 Congresso nazionale dell’ANDU

         Il Congresso nazionale dell’ANDU si terrà telematicamente sabato 22 maggio 2021 a partire dalle ore 10. Al Congresso potranno partecipare, oltre ai delegati, tutti gli iscritti all’ANDU che lo richiederanno entro il 19 maggio 2021 inviando una mail a anduesec@tin.it. Per iscriversi all’ANDU v. qui.

==== La storia della devastazione dell’Università in corso da oltre 30 anni può essere approfondita in questo sito  utilizzando la “ricerca avanzata”, in alto a sinistra.


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Gino Vollaro
Gino Vollaro
3 anni fa

A proposito della questione tecnici con ASN sollevata dall’ing Mario Minacapilli e che condivido pienamente vorrei aggiungere un contributo raccontando questa storia (ovviamente realmente accaduta, ma non vengono nominati nè l’Ateneo coivolto nè le persone, per ovvi motivi di privacy):

Cosa accade in quei rari casi in cui un Tecnico Laureato con ASN che si trova quasi tutte le strade chiuse decide di concorrere in uno di quei rari casi di concorsi aperti a tutti (art. 18 c.1)?
Quello che accade è che un Tecnico con ASN, abilitato sia nel ruolo dei professori associati che in quello dei professori ordinari, vi partecipa, proprio perché si tratta di uno di quei rari bandi pubblici ai sensi dell’art.18 c.1 nella sua originale forma (ormai mosche bianche), pur accettando l’idea di trasferirsi in un’altra sede, lontano dalla propria famiglia.
E come finisce quel concorso che vede la partecipazione di questo temerario Tecnico con ASN insieme ad altri candidati già professori associati che sperano di diventare professori ordinari?
Succede che dopo l’espletamento del concorso il nostro Tecnico laureato riceve una e-mail con la quale lo si avvisa di essere stato giudicato “idoneo” alla chiamata nel ruolo di professore Ordinario. Pensa quindi veramente di avercela fatta, di avere vinto il concorso … ma … un attimo, c’è qualcosa di strano: perché nell’e-mail si usa il termine “idoneo”? in fondo lui e tutti gli altri candidati sono già idonei, avendo superato il concorso per l’idoneità ASN. Perché invece la commissione non ha indicato il vincitore del concorso, come logica vorrebbe o almeno una graduatoria con chiara indicazione del candidato migliore?

La risposta è semplice: è sempre l’abilità dei “sistemi forti” di reinterpretare le norme, volutamente lasciate ambigue a libere interpretazioni; sono sempre le ragioni della “volontà”, per cui “se si vuole, si fa tutto”, perché nel mondo accademico italiano nessuno può pensare di imporre il rispetto delle norme, che quindi devono essere sempre dotate di “gradi di libertà”, all’insegna di un’autonomia piuttosto larga e male interpretata. Infatti, ad oggi, sono già 13 gli Atenei italiani, che nei loro regolamenti interni per l’espletamento dei concorsi per la chiamata degli abilitati ASN, diversamente dal resto degli altri circa 51 Atenei, non obbligano i commissari ad individuare il candidato maggiormente qualificato, ma si invita semplicemente la commissione a stilare una lista di idonei (normalmente tutti i partecipanti al concorso) rimandando alla stessa Università che ha bandito il concorso la scelta del candidato “migliore” da “chiamare” a ricoprire quel ruolo. Nel caso in questione, dalla lettura dei verbali del concorso è poi emerso che pur avendo la commissione espresso dei giudizi sintetici dai quali ovviamente si sarebbe potuto risalire al “migliore”, l’università e in particolare il consiglio di Dipartimento in cui il vincitore doveva prendere servizio ha poi deciso di rimodulare i criteri della commissione dichiarando vincitore un altro candidato, non il primo (il migliore?) ma il secondo arrivato.

Tutto ciò, oltre che paradossale, è chiaramente illegittimo, perché la “ratio giuridica” di quel concorso vuole che lo stesso sia di tipo comparativo, in cui la commissione giudicatrice deve esprimersi in maniera chiara indicando il vincitore del concorso e non delegare l’assunzione ad altri soggetti che potrebbero utilizzare “criteri diversi” da quelli che la stessa commissione aveva l’obbligo di utilizzare.
Perché tutto questo? Perché bandire un concorso, con spreco di denaro pubblico oltre che inutile, nel momento in cui lo stesso termina con un verbale che dichiara che tutti i partecipanti al concorso, già idonei a ricoprire il posto a concorso, sono … “tutti idonei”?
Forse la risposta a quest’ennesima domanda si può trovare in alcune recenti cronache di vicende giudiziarie in cui diversi TAR (e tribunali) hanno già bacchettato quella che – all’insegna del solito “malessere generale” – è diventata una prassi: ossia concorsi per la “chiamata” degli idonei con bandi eccessivamente “profilati”, o meglio bandi che gli stessi giudici hanno definito “sartoriali”, in cui venivano imposti “requisiti” che avrebbero facilitato la commissione a nominare come “maggiormente qualificato” il “candidato cooptato” di turno. Ovviamente, con questi nuovi e quanto meno originali regolamenti che alcune università stanno utilizzando si è trovata una “soluzione” che è davvero la quadratura del cerchio.
Questo è il vero malessere degli Atenei italiani! L’assoluta necessità di imporre la propria autoreferenzialità, di legittimare il sistema della “cooptazione” spacciandolo per “virtuoso” ma che troppo spesso sfocia nella difesa del “nepotismo”, sempre grave, sia esso di tipo “accademico” e ancora peggio se di tipo “familiare” ed infine questa facilità di reinterpretare le norme e di redigere propri regolamenti in grado di ribaltare la “ratio giuridica” delle leggi; ma questo sempre e solo se si tratta di favorire “chi ha accettato quel sistema” e mai se, ad esempio, si tratta di riconoscere le giuste aspirazioni di carriera di taluni (e in questa categoria ci sono tutti i Tecnici laureati) che chiedono soltanto di poter partecipare a dei concorsi per i quali hanno già ottenuto l’abilitazione ed essere valutati all’insegna della vera meritocrazia.

P.S. (per vostra conoscenza):
Gli Atenei che hanno modificato il proprio regolamento di chiamata nel senso anzidetto sono:
Bocconi, Milano Bicocca, Pisa, Cattolica del Sacro Cuore, Trento, Bolzano, Camerino, Foggia, LIUC Carlo Cattaneo, Messina, Politecnica delle Marche, Sassari, Verona

Pamela Parenti
Pamela Parenti
3 anni fa

Vorrei sottolineare l’importanza della lettera allegata dall’Ing. Mario Minacapilli relativa a un’annosa questione ancora irrisolta che riguarda un gruppo di dipendenti universitari inquadrati nel ruolo di Personale Tecnico (ex tecnici Laureati) e in possesso ASN per i quali è stato, ed è tuttora, impossibile intravedere uno sviluppo della carriera a causa di una serie di interpretazioni delle vigenti norme sul reclutamento universitario.

https://www.andu-universita.it/blog/wp-content/uploads/2021/04/lettera_ANDU.pdf

Cinzia Gravili
3 anni fa

Ritengo che i dipendenti universitari inquadrati nel ruolo di Personale Tecnico (ex tecnici Laureati), in possesso di un’elevata formazione (Laurea, Dottorato di Ricerca e/o Scuola di Specializzazione, etc.) e di specifiche competenze nel campo della ricerca e della didattica che hanno conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) (introdotta dalla L. 240/2010, come requisito essenziale per l’accesso al ruolo di docente universitario) debbano avere gli stessi diritti di altre categorie universitarie per l’accesso al ruolo della docenza universitaria.

Mario Minacapilli
Mario Minacapilli
3 anni fa

Si inoltra la seguente la lettera allegata (v. link in calce) in rappresentanza di un gruppo di dipendenti universitari inquadrati nel ruolo di Personale Tecnico (ex tecnici Laureati), in possesso di un’elevata formazione (Laurea, Dottorato di Ricerca e/o Scuola di Specializzazione, etc.) e di specifiche competenze nel campo della ricerca e della didattica. Grazie ai suddetti titoli abbiamo conseguito, così come alcuni professori e ricercatori universitari, l’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), introdotta dalla L. 240/2010, come requisito essenziale per l’accesso al ruolo di docente universitario.
dott. ing. Mario Minacapilli – Università degli studi di Palermo

https://www.andu-universita.it/blog/wp-content/uploads/2021/04/lettera_ANDU.pdf

Luigi Paura
Luigi Paura
3 anni fa

A proposito di eccellenze e meritocrazia mi piacerebbe sapere quale è la motivazione che giustifica l’unico emendamento (il 185.79) approvato dalla commissione bilancio alla Camera presentato dal deputato Mauro D’Attis (Forza Italia).
L’ emendamento aggiunge all’art.185 il comma 15.bis che dispone di destinare 5 milioni di euro al Consorzio Cursa per realizzare processi di digitalizzazione delle imprese. Tutti gli altri consorzi di ricerca che si sono sottoposti alla procedura nazionale della valutazione della ricerca(VQR) possono partecipare previa presentazione di una proposta di progetto competitivo ad un bando che prevede uno stanziamento complessivo di 2 milioni di euro.
Mi piace precisare che questo emendamento ‘rivoluzionario’ è stato presentato dopo l’avvento del nuovo governo.