Lo stato giuridico dei docenti Universitari secondo AN e Senatori DS e della Margherita
DIRITTO SULL’UNIVERSITÀ
Come prima, peggio di prima. E’ noto che l’attività del Parlamento della precedente legislatura riguardante l’Università è stata caratterizzata dalla difesa, ad ogni costo e con tutti i mezzi, degli interessi politico-accademici di professori potenti delle Facoltà di Giurisprudenza, soprattutto quella di Roma “La Sapienza”. L’uso improprio e trasversale delle Istituzioni (in special modo della Commissione Affari Costituzionali del Senato), la campagna di stampa e un appello sottoscritto soprattutto da giuristi, portò alla non approvazione della legge che istituiva la terza fascia dei professori che avrebbe avuto come conseguenza la partecipazione di tutti i ricercatori ai Consigli di Facoltà e la fine della crisi degli Atenei prodotta dalla guerra contro gli Statuti.
Da allora nessun provvedimento sulla docenza è stato approvato, eccetto un ambiguo decreto-legge sugli statuti universitari che avrebbe dovuto avere come conseguenza immediata la decadenza di tutti gli attuali statuti, ma che ha lasciato tutto come prima. Quando il Diritto vuole chiude entrambi gli occhi!
Recentemente è stata resa nota la posizione di AN (he quella dei senatori Tessitore, Monticone, Acciarini, Coviello, D’Andrea e Villone sullo stato giuridico della docenza.
Si colgono meglio i “principi” ispiratori dei due “nuovi” progetti se si ha presente la composizione dei Consigli delle Facoltà di Giurisprudenza e, in particolare, di quelli di Roma 1, Napoli e Torino. Roma 1: Ordinari 87, Associati 0 (zero), Ricercatori e Assistenti 129; Napoli: Ordinari 74, Associati 12, Ricercatori e Assistenti 126; Torino: Ordinari 54, Associati 15, Ricercatori e Assistenti 46. Attualmente i Ricercatori e gli Assistenti nei Consigli di Facoltà sono 3 a Roma 1, il 15% dei professori a Napoli e il 20% dei professori a Torino.
L’obiettivo primario dei due progetti, così come lo era stato quello dell’azione politico-accademica nella precedente legislatura, è impedire che venga modificata sostanzialmente la composizione dei Consigli delle Facoltà di Giurisprudenza con l’entrata di tutti i ricercatori. A questa esigenza vitale vengono subordinati gli interessi generali dell’Università che richiedono da tempo il pieno riconoscimento del ruolo docente svolto dai ricercatori e, a partire da ciò, una riforma globale della docenza per renderne possibile un maggiore e migliore impiego, con una più adeguata e serena formazione e progressione di carriera.
AN vuole “proteggere” la composizione dei Consigli di Facoltà con la messa ad esaurimento dei ricercatori e la non istituzione della terza fascia, mentre il disegno di legge Tessitore-Villone vuole consentire la “scrematura” degli attuali ricercatori prevedendo che essi “sono inquadrati nella terza fascia della docenza, previo giudizio di idoneità formulato dai consigli di corso di laurea di appartenenza” (comma 6, art. 15). La preoccupazione di salvaguardare l’alta qualità dei Consigli di Giurisprudenza emerge clamorosamente dal comma 5 del citato articolo che prevede la composizione degli organismi collegiali “in misura paritetica tra le tre fasce della docenza” (gli ordinari in minoranza!), ma solo “qualora il numero dei componenti dei consigli .. sia superiore a 200”, cioè non per le Facoltà di Giurisprudenza!
Un altro comune obiettivo dei due progetti è quello di modificare i meccanismi concorsuali per aggiungere all’attuale potere dei gruppi accademici locali quello dei gruppi forti nazionali. AN lo fa prevedendo una lista nazionale a numero chiuso e a termine. Lo stesso fa il progetto Tessitore-Villone che la prevede in via sperimentale (comma 5, art. 6), preoccupandosi comunque di introdurre negli attuali concorsi “un unico vincitore”, in realtà un unico idoneo (comma 3, art. 6). Insomma, il progetto di AN e quello Tessitore-Villone sono uniti nell’escludere l’avanzamento per verifica individuale, nonostante ciò venga richiesto da tutte le Organizzazioni della docenza.
Il disegno di legge Tessitore-Villone prevede, “naturalmente”, una lunga fase di precariato con contratti di ricerca e di insegnamento di durata 4 + 4 anni (comma 2, art. 7) che si sommeranno di fatto agli anni di dottorato, la verifica quadriennale con possibilità di licenziamento (comma 7, art. 14) come nel progetto del sen. Asciutti di FI, la possibilità di svolgere la libera professione senza essere esclusi dalle commissioni concorsuali (art. 11).
Il progetto di AN (due sole fasce) è quello di ripristinare esplicitamente l’antica gerarchia accademica: i “professori veri” (gli ordinari) e gli assistenti (gli associati).
Insomma gli ingredienti dei progetti sullo stato giuridico sono sempre gli stessi e prodotti per i vari Senatori e Deputati e per i Ministri di turno dalla solita accademia che conta.
Nel frattempo continua la demolizione del sistema universitario nazionale e pubblico (riduzione dei finanziamenti, “aziendalismo”, rafforzamento delle università private) e questo anche grazie ad un CUN prorogato e con una composizione illegittima e una Conferenza dei rettori che continua a rispettare i poteri forti. Poteri che anche a livello locale fanno il bello e il cattivo tempo decidendo in proprio, contro la legge, di rifare lo stato giuridico dei docenti, come recentemente nell’Università di Sassari dove si sono decisi maggiori impegni per professori e ricercatori. Per non parlare del tentativo in un altro Ateneo di “anticipare” la figura del ricercatore a termine attraverso una delibera del Senato Accademico. Insomma una vera e propria giungla in cui democrazia e legalità non sempre sono di casa.
15 luglio 2002