L’INCONTRO CON IL SOTTOSEGRETARIO FIORAMONTI – LE PROPOSTE DELL’ANDU

      L’INCONTRO

      Il 24 luglio 2018 una delegazione dell’ANDU (Mauro Federico, Nunzio Miraglia, Paola Mura) ha incontrato al MIUR il Sottosegretario Lorenzo Fioramonti.

      Con questo incontro – durante il quale il Sottosegretario ha espresso interesse e apprezzamento per le proposte e le argomentazioni dell’ANDU – si è proseguito un confronto che l’ANDU ha svolto anche durante la campagna elettorale incontrando i Responsabili nazionali del settore universitario di tutte le forze politiche e diversi candidati (compresa l’allora ministra Fedeli), in assemblee pubbliche.

      L’ANDU ha illustrato al Sottosegretario le proprie richieste dettagliate e organiche per salvare e rilanciare il Sistema nazionale dell’Università .

      Si è particolarmente insistito sull’urgenza di risolvere il drammatico problema del precariato e quello, ad esso connesso, dell’enorme riduzione dei docenti di ruolo. Per questo si è chiesto il bando di almeno 20000 posti di docenti dei terza fascia (ripristino del ruolo dei ricercatori, da trasformare in terza fascia di professore), la cancellazione di tutte le attuali figure precarie con l’introduzione di un solo contratto triennale di pre-ruolo (numero dei contratti rapportato agli sbocchi in ruolo) e la proroga di tutti gli attuali precari fino all’espletamento degli almeno 20000 concorsi.

      Si sono anche affrontate le questioni del diritto allo studio, della riorganizzazione della docenza (ruolo unico in tre fasce), del nepotismo (tutte le prove – dal dottorato in poi – devono diventare nazionali), della rappresentanza democratica del Sistema nazionale universitario (abolizione dell’ANVUR, netto ridimensionamento del ruolo improprio e dannoso della CRUI, costituzione di un organo nazionale di autogoverno), della gestione democratica degli Atenei (abolizione della figura del rettore-padrone assoluto e attribuzione di un ruolo centrale del Senato Accademico nella gestione degli Atenei), abbandono della logica distruttiva della cosiddetta eccellenza (dipartimenti eccellenti, cattedre Natta, Atenei “virtuosi”, ecc.). Per maggiori dettagli v. sotto il documento “Come ricostruire l’Università tutta”.

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                                            Come ricostruire l’Università tutta
a. Diritto allo studio
b. Abolizione del precariato e nuovo reclutamento nella terza fascia
c. Riorganizzazione della docenza con l’abolizione di ogni prova locale
d. Autonomia del Sistema nazionale dell’Università e CRUI
e. Gestione democratica degli Atenei
f. Finanziamento dell’Università per migliorare tutti gli Atenei

    Si può ricostruire l’Università italiana solo cambiando radicalmente il complesso dell’attuale assetto normativo e ciò si può ottenere se tutti coloro che vivono nell’Università abbandonano ogni logica corporativa o sub-categoriale, realizzando una unità vera tra tutte le sue componenti e all’interno di esse. Una unità basata su obiettivi che realmente ribaltino quanto imposto in questi decenni dalla potente lobby accademico-ministeriale-confindustriale.

a. Diritto allo studio

     Abolizione (non riforma) del numero chiuso, aumento dell’importo e del numero delle borse di studio da assegnare a tutti gli aventi diritto, innalzamento della soglia di reddito per l’esenzione da tutte le tasse, aumento degli alloggi, delle mense, dei luoghi di studio e di socializzazione, migliore didattica con radicale revisione del “3+2″ e con l’aumento e la stabilizzazione dei docenti. Aumento del numero e dell’ammontare delle borse di studio per i dottorati di ricerca e abolizione dei dottorati senza borsa.

     Tutto questo con l’obiettivo di rendere gratuita e di qualità l’istruzione universitaria, che va considerata uno strumento fondamentale per la crescita culturale, sociale ed economica del Paese e un pilastro fondamentale per la sua stessa democrazia.

b. Abolizione del precariato e nuovo reclutamento nella terza fascia

    Bando di almeno 20.000 posti di ruolo di terza fascia (RTI riformato) in 4 anni e proroga di tutti gli attuali precari fino all’espletamento dei relativi concorsi, cancellazione di tutte le attuali figure precarie e introduzione di una sola figura pre-ruolo di durata triennale, in numero rapportato agli sbocchi in ruolo e con piena libertà di ricerca.

     La battaglia contro il precariato nell’Università richiede una convinzione e una compattezza particolari perché deve contrastare anche interessi baronali consolidati e diffusi che fanno arrivare a sostenere contro ogni evidenza che lo stato di precarietà (degli altri) – cioè anni e anni di subalternità, scarsa retribuzione e incertezza – farebbe bene alla qualità della ricerca. E’ questo il modello che si è voluto rafforzare con la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori e la conseguente enorme espansione del numero di precari “usa e getta”.

c. Riorganizzazione della docenza con l’abolizione di ogni prova locale

     Per debellare la cooptazione personale e gli “annessi” fenomeni di localismo, nepotismo, clientelismo, parentopoli, ecc., tutte le prove, a partire dall’ammissione ai dottorati, devono essere nazionali, con commissioni tutte sorteggiate e con regole che impediscano il prevalere di cordate (delle commissioni non devono far parte docenti degli Atenei interessati e non deve farne parte più di un docente dello stesso Ateneo). Su questa questione recentemente “Localismo, malattia dei nostri atenei” su Avvenire.

     Unico ruolo per i docenti in tre fasce con uguali compiti e uguali diritti e doveri all’interno di uno stato giuridico nazionale (uguale in tutti gli Atenei). Ingresso nel ruolo con concorsi nazionali e passaggi di fascia per idoneità nazionali individuali, con automatico riconoscimento della nuova qualifica (senza ulteriori “filtri” locali) e con gli eventuali aumenti economici a carico di un apposito fondo nazionale. Conseguentemente abolizione (non riforma) della ASN, foglia di fico del localismo.

     Nel transitorio va previsto per tutti i ricercatori di ruolo e gli associati che hanno conseguito l’ASN il riconoscimento automatico e immediato del passaggio di fascia, con i relativi incrementi economici a carico dello Stato.

d. Autonomia del Sistema nazionale dell’Università e CRUI

    Abolizione (non riforma) dell’ANVUR (istituito per commissariare l’Università) e sostituzione del CUN con un Organismo di autogoverno del Sistema nazionale dell’Università, con tutti i membri eletti direttamente e, per la componente docente, con criteri proporzionali alla numerosità delle aree (non più di 5-6) e con elettorato attivo e passivo non distinto per fasce. E’ questo uno strumento indispensabile per difendere l’autonomia dell’Università dai poteri forti interni ed esterni che insieme da decenni la stanno demolendo.

     In questa direzione è indispensabile neutralizzare il ruolo della CRUI che ha sempre voluto e/o sostenuto lo smantellamento del Sistema nazionale universitario.

e. Gestione democratica degli Atenei

     Rendere il Senato Accademico organo decisionale e rappresentativo di tutte le componenti, trasformando il Consiglio di Amministrazione in organo puramente esecutivo. Netta riduzione dei poteri (oggi assoluti) del Rettore che non deve fare parte del Senato Accademico.

In particolare bisogna riportare a livello nazionale l’azione disciplinare riguardante i docenti per eliminare l’attuale Collegio di disciplina di Ateneo, definito uno “strumento efficace di governance” da Marco Mancini, Segretario della CRUI che ha sostenuto la “Legge Gelmini”, poi Presidente della CRUI e quindi Capo del Dipartimento del MIUR (vedi in “Atenei caserme?”).

Un intervento legislativo questo reso ancora più urgente alla luce di quanto sta accadendo nell’Università di Tor Vergata (v. interrogazione al Senato). E’ però fondamentale che il nuovo Collegio di disciplina nazionale sia composto rispettando i più elementari principi della democrazia e quindi non come quello precedente.

f. Finanziamento dell’Università per migliorare tutti gli Atenei

     Occorre capovolgere la logica del (de)finanziamento dell’Università statale che punta a concentrare in pochi Atenei presunti eccellenti (non più di 17 secondo Confindustria), chiudendo o emarginando tutti gli altri, invece di mirare alla crescita di tutti gli Atenei, incentivando la collaborazione tra di loro, invece che spingerli ad una impari competizione, disastrosa per la qualità complessiva della ricerca e della didattica.

    In questa direzione occorre che il finanziamento dell’Università raggiunga almeno quello della media europea e bisogna portare ai livelli europei il numero dei laureati e il rapporto docenti di ruolo/studenti.

==== Queste proposte e la storia della devastazione dell’Università possono essere approfondite in questo sito utilizzando la “ricerca avanzata”.

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Carlo Penco
6 anni fa

Non credo che portare tutte le prove, compreso il dottorato, a livello nazionale sia la soluzione al “localismo, nepotismo, clientelismo, parentopoli”. A livello nazionale sopravviverebbero le clientele, solo a un livello più centralizzato (come è sempre avvenuto nel passato quando gli esami erano nazionali; ho vissuto quel periodo ed il problema era solo come “organizzare le cordate”). Inoltre imporre a un Dipartimento una persona brava ma del tutto inadatta a lavorare in quel dipartimento non sempre è la soluzione migliore.

L’idea di “concorso pubblico” sarebbe da abolire, e l’ideale sarebbe fare come negli Stati Uniti dove un Dipartimento vuole un docente, fa una chiamata, seleziona i migliori e poi ne sceglie uno, senza “concorso” ma con discussione tra membri del Dipartimento (magari dopo aver invitato a una cena con tutti i membri del Dipartimento i candidati). Si chiama “cooptazione”, ma l’idea è che si co.opta il migliore sul mercato. Impensabile da noi (per ora).

L’unico modo per proseguire una lotta al clientelismo ecc. in Italia è (1) abolire il valore legale del titolo di laurea (2) dare più soldi a chi fa meglio.

Ma qui si propone l’abolizione dell’ANVUR che è uno dei pochi veri tentativi di sconfiggere il clientelismo. Solo se un’Università verrà danneggiata dall’avere docenti scarsi e dottorandi scarsi allora vi potranno essere passi verso una “moralizzazione” del sistema universitario.

L’università si fa “con i piedi”, diceva Marco Santambrogio: le università attrattive avranno più studenti e più soldi. Le scelte fatte con clientelismo porteranno meno soldi, quelle fatte con criteri di qualità porteranno più soldi e le sedi universitarie meritevoli si potranno sviluppare.

Ma se si abolisce qualcosa come l’ANVUR allora si tagliano i piedi alla possibilità di un vero controllo a livello nazionale e internazionale. Capisco che occorrerebbe selezionare più duramente le riviste di classe A (che hanno immesso riviste di levello basso per soddisfare esigenze di gruppi di pressione). Ma già adesso c’è una differenza dal passato: per poter passare una abilitazione occorre passare le “soglie”, cioé occorre un minimo di decenza.

Togliete l’ANVUR e sostituitelo con concorsi nazionali e anche quel minimo di decenza sparirà.

Clara Brentano
Clara Brentano
6 anni fa

Ma è il trionfo della stupidità: e con questi begli argomenti sono anche andati dal sottosegretario?? La cordata di un altro Ateneo va a fare altrove ciò che non può fare nel proprio e illudersi che la parentopoli venga sgominata rendendo le prove nazionali è davvero patetico. Chi è leale lo resta ovunque, chi ha venduto l’anima l’ha venduta in qualunque sede si trovi. Perché mai un professore che conosce la bravura di un suo laureato non può farsene garante nella propria sede? Quanto all’abolizione del numero chiuso è un’ipocrisia; dove li mettiamo questi laureati, impreparati, illusi e per di più alleggeriti nel portafoglio? I test di orientamento svelano abissi di ignoranza: far finta di niente è disonesto, e anche rovinoso per i più preparati che avrebbero diritto a qualcosa di meglio invece dei corsi sempre più addomesticati per chi non riesce a seguire i collegamenti più elementari. Le lezioni universitarie sono pubbliche, chi ha ansia di migliorare i propri saperi non ha che da andarci. Ci rendiamo conto che il rimedio è peggiore del male? Chiediamoci una cosa: se scegliamo un medico vorremmo essere curati da chi ha passato brillantemente il test di ammissione o da chi è entrato in nome di un garantista ‘diritto allo studio’?