GOVERNO SENZA RETTORI – ROARS – GIAVAZZI, PD, ANDU – CATANIA – PRECARI – MARTINOTTI

= 10 dicembre 2012

1. UN GOVERNO SENZA RETTORI

2. MANCINI E LA ‘SUA’ CRUI

3. ROARS, IL NUOVO CHE AVANZA?

4. GIAVAZZI, PD E ANDU

5. CASO CATANIA: LA TOPPA PEGGIO DEL BUCO? E IL MINISTRO?

6. CONTRORIFORMA E PRECARI

7. GUIDO MARTINOTTI CI HA LASCIATO

1. UN GOVERNO SENZA RETTORI

       Nel recente documento dell’ANDU si denunciava il corporativismo del primo ministro  Monti (ex rettore) e si scriveva: “fa (dovrebbe fare) impressione sentire da un primo ministro che un ministro sia stato scelto perché “il più qualificato” della sua stessa ‘corporazione’.” E ancora: “E’ intollerabile – e non solo per l’Università e la Scuola statali – che a decidere su queste delicatissime e fondamentali istituzioni siano coloro che provengono da un ‘mondo’ che ha interesse – e opera – alla loro distruzione.”  E si concludeva: “C’è da augurarsi che del prossimo governo non facciano parte né rettori, né appartenenti all’accademia confindustriale.”

       Per il bene dell’Università – e quindi del Paese – bisogna far finire l’abitudine italiana che troppo spesso vede l’esercizio delle cariche accademiche seguito dall’assunzione di cariche politiche in veste di parlamentare, ministro o sottosegretario.

2. MANCINI E LA ‘SUA’ CRUI

      Marco Mancini è attualmente presidente della CRUI ed è stato segretario generale di quella CRUI che ha voluto e sostenuto la Legge cosiddetta Gelmini, contro la quale, invece, si è battuta la stragrande maggioranza del mondo universitario.

    Da qualche tempo Mancini sempre più impersona il ruolo del ‘contestatore’ della gravissima situazione dell’Università italiana, alla quale ha contributo per larga parte proprio la ‘sua’ CRUI. Ha cominciato nell’agosto scorso sull’Unità (v. “Noi ce la ricordiamo la CRUI”), ha proseguito, sempre sull’Unità, nel mese scorso (v. “CRUI: Problema schiettamente politico”), l’ha fatto qualche giorno fa anche all’inaugurazione dell’Anno accademico a Caserta.

      In quest’ultima occasione Marco Mancini ha, tra l’altro, affermato che bisogna “liberare gli Atenei dalle maglie di una legislazione fatta di cavilli, vincoli, lacci e lacciuoli. Alla forte autonomia deve poi corrispondere una valutazione gestita in maniera robusta e non approssimativa. Dunque: rafforzare l’autonoma responsabilità e, di converso, rafforzare e ripensare l’Agenzia ANVUR, oggi troppo debole e fragile.”

      La verità è che, per dare autonomia e libertà alla comunità universitaria, bisogna liberare il Sistema nazionale universitario dal ruolo prevaricatore della CRUI, che abusivamente se ne è assunta la rappresentanza per tutelare gli interessi dell’accademia che conta, e bisogna liberare gli Atenei dal dominio dei rettori-sovrani assoluti, mettendo  finalmente nelle mani di tutte le componenti la gestione democratica dell’Università.

     E non bisogna certamente “rafforzare” l’ANVUR che non è affatto “debole e fragile”, ma è già un micidiale strumento di dominio sull’Università.

3. ROARS, IL NUOVO CHE AVANZA?

Finte abilitazioni nazionali, finti concorsi locali, ruolo di ricercatore subalterno, avanzamenti a discrezione locale. La proposta alternativa dell’ANDU

      Dopo la controriforma cosiddetta Gelmini, ora una proposta da ROARS (“1. Reclutamento”)?

Finte abilitazioni nazionali

     Al punto A) si propongono le “Abilitazioni a numero programmato”. In tal modo si trasformerebbe l’abilitazione individuale in una prova comparativa e si manterrebbero per il reclutamento le inutili ‘abilitazioni’ nazionali, cioè la foglia di fico della cooptazione personale.

      La comparazione/classificazione dei candidati è in realtà la caratteristica fondamentale di un CONCORSO pubblico bandito per individuare/scegliere un numero di VINCITORI pari (o inferiore) a quello dei posti da occupare. L’abilitazione, invece, è (dovrebbe essere) un accertamento individuale delle caratteristiche atte a svolgere delle mansioni (idonei possono anche essere tutti o nessuno dei candidati). Introdurre un numero massimo predeterminato di abilitati equivale a trasformare il giudizio individuale in un ‘concorso’ senza posti.

Finti concorsi locali

     Al punto C) si propone che “il reclutamento nelle diverse fasce deve avvenire mediante concorsi locali riservati ai possessori dell’abilitazione scientifica, con commissioni composte per i 4/5 da soggetti esterni all’ateneo”, “scelti per sorteggio pubblico tra coloro che sono dotati dei requisti minimi di produzione scientifica”.

      Si confermano così meccanismi la cui caratteristica localistica è anzi rafforzata dalle ‘abilitazioni’ nazionali: il reclutamento vero avverrà, come al solito, attraverso la cooptazione personale, sotto la ‘copertura’ di un concorso il cui esito è di fatto consegnato alla ‘componente’ locale della commissione, la stessa componente che sarà riuscita a fare bandire il posto per il candidato-allievo locale pre-scelto.

Ruolo di ricercatore subalterno

    Alla fine del capitolo 1. si propone di introdurre un “rinnovato (sic!) ruolo di ricercatore a tempo indeterminato (RTI), che tornerebbe pertanto ad essere il primo gradino della carriera accademica.” Questo “rinnovato ruolo” – al quale si accederebbe  solo se in possesso di “un’abilitazione di III livello” – sarebbe “orientato prevalentemente all’attività di ricerca”. Insomma il “rinnovato ruolo del ricercatore a tempo indeterminato” non sarebbe altro che il ruolo (ruolo, naturalmente, separato da quelli dei professori) così come previsto dal DPR 382 del 1980, che successive norme (aggancio economico, compiti didattici, ecc.) hanno invece reso di fatto una terza fascia di professore.

E un ruolo ruolo unico della docenza?

      Contrariamente a quanto richiesto dalle Organizzazioni universitarie (“ruolo unico della docenza, senza distinzioni di diritti e doveri”, con un “avanzamento di carriera sulla base di valutazioni individuali”), la proposta del ROARS prevede il mantenimento della docenza in ruoli separati (ordinari, associati, ricercatori), così come stabilito già dal 1980 dal DPR 382. Infatti si prevede che “gli atenei POSSONO DELIBERARE la chiamata degli interni che abbiano conseguito l’abilitazione al RUOLO superiore”, mentre nella promozione all’interno di un ruolo veramente unico, all’abilitazione ai livelli superiori dovrebbe  corrispondere l’immediato e pieno riconoscimento del nuovo livello, senza alcuna ulteriore delibera.

La proposta alternativa dell’ANDU

     L’ANDU, ormai da decenni, chiede – ESCLUSIVAMENTE per il reclutamento (cioè l’entrata in ruolo di chi non è già in ruolo e quindi oggi NON per i ricercatori a TI che aspirano a diventare associati o ordinari e non per gli associati che aspirano a diventare ordinari) – che sia previsto un concorso veramente nazionale (commissari esclusivamente e direttamente sorteggiati, esclusione dei docenti appartenenti agli Atenei dove sono ‘allocati’ i posti, presenza di commissari tutti appartenenti a sedi diverse, classifica dei vincitori per la scelta della sede in cui prendere servizio). Questo meccanismo in Italia non è stato MAI previsto per l’accesso nella fascia iniziale della docenza, perché il mantenimento della scelta comunque locale doveva/deve garantire la cooptazione personale dell’allievo da parte del suo maestro. E allora sarebbe più trasparente, più rapido e meno costoso introdurre il “buonoposto”, e non è uno scherzo! (v. il punto 2. di un recente documento ”Abilitazioni e/o concorsi? Capra e cavoli. Meglio un “buono posto”).

     Per l’avanzamento di chi è già in ruolo l’ANDU invece propone un meccanismo ‘facile’ e sensato. Se oggi si vuole accertare che un ricercatore abbia raggiunto la ‘qualità’ di associato (o di ordinario) o un associato abbia raggiunto la ‘qualità’ di ordinario, questo lo si deve fare attraverso una valutazione INDIVIDUALE (un vero giudizio di idoneità) da parte di una Commissione nazionale composta come appena detto. Al riconoscimento della ‘qualità’ superiore deve corrispondere un IMMEDIATO riconoscimento, che non va legato a un’ulteriore chiamata in un posto che è già quello fino ad allora occupato dallo stesso idoneo. Un riconoscimento che deve, ovviamente, essere anche economico, a carico di un apposito fondo nazionale.

      Si deve uscire dalla follia accademico-giuridica che consente, p.e., che ad un associato venga riconosciuta la ‘qualità’ di ordinario (cioè di stare svolgendo ricerca e didattica ‘superiori’) senza che questo stato di cose possa essere ‘formalizzato’ per mancanza del posto. In realtà anche in questo caso si vuole mantenere la dipendenza dell’allievo dal maestro che prima l’ha fatto entrare in ruolo e poi deve gestirne gli avanzamenti di carriera, ottenendo il budget per un posto che già c’è e gestendo l’avanzamento attraverso finti concorsi locali. Per leggere la proposta organica dell’ANDU cliccare qui.

4. GIAVAZZI, PD E ANDU

       L’intervento di Francesco Giavazzi “Se Bersani fa scuola”, del 28 novembre 2012 su Lavoce.info, si conclude con: “Leggete che cosa scrive l’Andu, il sindacato dei docenti universitari, sull’aumento delle rette e capirete che un governo Bersani non lo farà mai.”

      Forse Giavazzi sarebbe stato meno pessimista su cosa farebbe “un governo Bersani” se avesse letto quanto scritto sull’Unità del 7.6.12 dal “Responsabile Università del Pd” (intervento peraltro ripreso e commentato dall’ANDU in “Prestiti e tasse”, punto 3. del documento del 26.6.12):

     “Noi (il PD, ndr) proponiamo un piano nazionale per il merito e il diritto allo studio, da finanziare con risorse INTERNE al sistema universitario. Seicento milioni per le borse di studio da dare a chi ha un reddito Isee basso e altrettanti per i PRESTITI d’onore, che serviranno anche come sostegno al post-lauream.”

       E Giavazzi sarebbe stato ancora più tranquillo se avesse anche letto:

      “L’abbiamo proposto per primi: pensiamo all’abolizione del valore legale del voto di laurea, ad ampliare le classi di laurea che consentono di accedere ai concorsi, ecc. Farà discutere ma per noi non deve essere un tabù.” (v. “Il PD vuole abolire subito il valore della laurea. Monti, Letta, Meloni”, punto 1. del documento dell’11.6.12).

      Nella sua replica a Giavazzi, il Responsabile del PD scrive, tra l’altro: “La tassazione media non solo non deve essere aumentata, ma diminuita: non certo perché lo sostiene l’Andu, ma per riportarla nella media Ue.”

5. CASO CATANIA: LA TOPPA PEGGIO DEL BUCO? E IL MINISTRO?

     Marco Mancini, presidente della CRUI e rettore dell’Università della Tuscia, aveva individuato nel Collegio di disciplina un “punto estremamente delicato nella vita prossima futura delle nostre Università” e uno “strumento efficace di governance”.

     L’ANDU invece aveva previsto che si sarebbe andati verso “una casalinga giustizia sommaria, al di fuori di qualsiasi moderno elementare principio giuridico, tanto per fare capire fino in fondo a tutti chi comanda nell’Ateneo” e aveva individuato nel ”collegio di disciplina di ateneo” un “micidiale strumento di ‘controllo’ dei comportamenti dei docenti.

     A Catania il 28 settembre scorso il nuovo CdA ha approvato Linee guida comportamentali” con le quali “si pretende di impedire la discussione pubblica su procedimenti disciplinari in corso”, come denunciatodalle Organizzazioni universitarie nazionali.

      Il 26 ottobre scorso si è tenuta a Catania l’”Assemblea pubblica nazionale dell’Università”. L’Assemblea – molto partecipata – ha approvato un documento nel quale si chiedeva la REVOCA della delibera del CdA.

       Il 30 novembre scorso il CdA ha deciso “di SOSPENDERE l’operatività della deliberazione assunta il 28.09.2012, in materia di linee-guida comportamentali nel caso di apertura di provvedimenti, sino al 31.10.2013.”

      Il CdA ritiene ancora o non ritiene più che le linee-guida siano necessarie per la regolare e serena attività del Collegio di disciplina? Nel primo caso il CdA ha fatto malissimo a interrompere “l’operatività” del suo provvedimento, mentre nel secondo caso ha fatto malissimo a non REVOCARLO. La sospensione non ha alcun senso e ancor meno senso ha farla durare quanto durerà in carica l’attuale Rettore, come se  la vita dell’Ateneo dipendesse strettamente dai ‘tempi’ dell’attuale Rettore.

      “Forse gli “organi collegiali” dell’Ateneo catanese si stanno sempre più avvitando su se stessi in maniera dannosa” (v. il punto 2. del documento dell’ANDU del 7.11.12).

Il Ministro

      Sul “caso Catania” l’attuale rettore-ministro continua a tacere. E’ infatti noto che il ministro Profumo è rigorosamente rispettoso dell”autonomia’ degli Atenei, salvo nei casi in cui dall”automia’ venga fuori qualche barlume di gestione democratica degli stessi Atenei (eleggibilità dei componenti del CdA) o venga ‘contenuta’ la proroga dei Rettori. In questi casi il rettore-ministro ricorre ai TAR (è la prima volta nella storia della Repubblica) o, addirittura, ‘sforna’ apposite leggi per rimettere le cose al loro giusto posto.

6. CONTRORIFORMA E PRECARI

      “Una controriforma che soffoca l’università” sul Manifesto dell’1.12.12.

7. GUIDO MARTINOTTI CI HA LASCIATO

       Abbiamo appreso da Alberto Martinelli sul Corriere della Sera di oggi, 6 dicembre 2012, che Guido Martinotti è improvvisamente scomparso (v. in calce).

     Guido Martinotti è stato anche il ‘padre’ – fino a un certo punto – del “3 + 2”, che l’ANDU ha sempre criticato per il metodo, per il merito e per le conseguenze.

       Eppure questo non ha impedito a Martinotti di essere stato uno dei più attenti e ‘tempestivi’ interlocutori dell’ANDU. Ricordiamo, in particolare, la sua partecipazione nel 2006 ad un Convegno nazionale proprio sul “3 + 2” da noi promosso. E non era nemmeno raro che ci si trovasse d’accordo (“siamo al 50% d’accordo”, ci ha scritto una volta), su diverse questioni e, soprattutto, sulla necessità di difendere la natura pubblica dell’Università italiana.

       Guido Martinotti era laico e appassionato, ironico e autoironico ed era anche un fine polemista che a volte diventava ‘feroce’ (mai con l’ANDU).

       Con la scomparsa di Guido Martinotti viene a mancare all’Università italiana uno dei suoi elementi migliori e all’ANDU uno dei suoi più utili e squisiti interlocutori.

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gianni porzi
gianni porzi
11 anni fa

L’attuale Ministro che, per il bene dell’Università, è auspicabile torni a fare il professore al Politecnico di Torino, ha saputo fare molto bene solo due cose : i ricorsi ai TAR della Liguria, del Piemonte e della Toscana (tutti persi) e recentemente anche al Consiglio di Stato, contro gli Atenei che hanno “osato” mettere in Statuto l’eleggibilità dei membri interni del CdA. E’ stato un Ministro al quale va riconosciuto un primato e cioè quello di aver dichiarato guerra a coloro che hanno messo in pratica i principi fondamentali della democrazia rappresentativa.
Gianni Porzi