A tutti i Parlamentari
NELLA FINANZIARIA SI ELIMINI LA ROTTAMAZIONE DEI RICERCATORI UNIVERSITARI
Il 23 settembre 2009 al Senato il Governo ha accolto l’Ordine del giorno che “impegna il Governo: ad includere esplicitamente anche i ricercatori tra le categorie alle quali non si applica, per il triennio 2009-2011, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi a decorrere dal compimento dell’anzianita’ massima contributiva di 40 anni.” (per il testo completo dell’Ordine del giorno v. nota 1).
Nonostante cio’ e nonostante che gia’ nel luglio 2009 al Senato e alla Camera fossero stati approvati dei Pareri che andavano nella stessa direzione di impedire la rottamazione dei ricercatori universitari (per il testo dei Pareri v. nota 2), finora il Governo non ha preso nessuna iniziativa per impedire questa rottamazione, mentre ora sembra interessarsi solo della rottamazione dei medici (v. comunicato stampa in nota 3)
In occasione della votazione della prossima Finanziaria, chiediamo a tutti i Parlamentari di presentare e/o sostenere emendamenti volti a impedire la rottamazione dei ricercatori universitari.
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=== Nota 1. ORDINE DEL GIORNO ACCOLTO DAL GOVERNO NELLA SEDUTA DEL SENATO DEL 23.9.09:
“G1.74 (gia’ em. 1.74) – POSSA, D’AMBROSIO LETTIERI, MASSIDDA
Il Senato, in sede di esame del disegno di legge n. 1749 di conversione del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, premesso che: l’articolo 17, comma 35-novies del suddetto decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, prevede la possibilita’ per le pubbliche amministrazioni di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro a decorrere dal compimento dell’anzianita’ contributiva di 40 anni; la medesima norma correttamente prevede, fra l’altro, l’esplicita esclusione dei professori universitari; considerato che non si ravvisa motivo per non estendere anche ai ricercatori la medesima esclusione, soprattutto laddove il conseguimento di 40 anni contributivi sia dovuto al riscatto degli anni di laurea, ovvero al riscatto di precedenti periodi lavorativi in altro tipo di attivita’, ovvero al riscatto del periodo di servizio militare, tenendo presente che tali riscatti sono stati determinati unicamente dal fine di aumentare l’anzianita’ contributiva al momento dell’entrata in pensione; valutata l’inopportunita’ di rinunciare alla prestazione lavorativa di personale estremamente valido, con particolare riferimento ai soggetti di età anagrafica inferiore ai 60 anni; rilevata l’inopportunita’ di interrompere programmi di ricerca gia’ intrapresi di carattere pluriennale; mpegna il Governo:
ad includere esplicitamente anche i ricercatori tra le categorie alle quali non si applica, per il triennio 2009-2011, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi a decorrere dal compimento dell’anzianita’ massima contributiva di 40 anni.”
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=== Nota 2. PARERI al Senato e alla Camera nel luglio 2009:
– AL SENATO
Il 30 luglio 2009 la Commissione Istruzione del Senato ha approvato un parere che, per quanto riguarda la norma che prevede il pre-pensionamento anche dei ricercatori, e’ stato negativo:
“PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1724
(…)
esprime, per quanto di competenza, parere favorevole ad eccezione:
2. dell’articolo 17, comma 35-novies, atteso che si reputa necessario includere esplicitamente anche i ricercatori tra le categorie alle quali non si applica, per il triennio 2009-2011, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi a decorrere dal compimento dell’anzianita’ massima contributiva di 40 anni.”
Nel corso della discussione, sullo stessa questione sono stati svolti i seguenti interventi (dal resoconto sommario della seduta della Commissione):
“La senatrice Mariapia GARAVAGLIA (PD), (…) Ravvisa indi lacune con riferimento all’articolo 17, comma 35-novies, in quanto non menziona i ricercatori tra i soggetti esclusi dall’applicazione delle norme relative alla risoluzione unilaterale del contratto raggiunta l’eta’ contributiva di 40 anni.
(…)
Il senatore VALDITARA (PdL) critica fortemente l’articolo 17, comma 35-novies, nella parte in cui non include esplicitamente i ricercatori tra i soggetti ai quali non si applica la risoluzione unilaterale del contratto con le pubbliche amministrazioni a decorrere dal raggiungimento di un’anzianita’ contributiva di 40 anni. Ritiene infatti che, con il riscatto degli anni di laurea, i ricercatori rischiano di essere collocati a riposo troppo presto rispetto al lavoro che ancora potrebbero svolgere nelle universita’. Auspica pertanto che il relatore, nello schema di parere che si accinge a presentare, voglia censurare
adeguatamente tale norma, contraria peraltro ad un principio di trasparenza.”
– ALLA CAMERA
Il 27 luglio 2009 alla Camera e’ stato approvato da quasi tutti i Deputati un ordine del giorno, riformulato e accettato dal Governo, che “impegna il Governo a valutare la possibilita’ di modificare la norma” che ha introdotto nel “DL 78/09: Provvedimenti anticrisi” la possibilita’ di pre-pensionare i dipendenti pubblici che abbiano maturato 40 anni di contributi.
A favore dell’ordine del giorno sono intervenuti i deputati Barani, Di Virgilio, Pepe e Cazzola del PDL e Miotto, D’Antoni, Lenzi e Gatti del PD. Il testo “riformulato” dell’ordine del giorno e’ qui riportato:
Testo riformulato dell’ordine del giorno approvato il 27 luglio 2009 dall’Aula della Camera con 415, 6 contrari e 7 astenuti:
“La Camera, premesso che:
nel decreto in esame, nel corso dell’esame in Commissione, e’ stata inserita una norma, poi confermata dal maxiemendamento del Governo al disegno di legge di conversione, riguardante il pensionamento obbligatorio a 40 anni, per i dipendenti pubblici, compresi i dirigenti, calcolati su base contributiva, e non effettiva, annullando una decisione parlamentare di pochi mesi fa introdotta con la legge n. 15 del 2009 che ha limitato la facolta’ delle Amministrazioni di risolvere il rapporto di lavoro ai soli dipendenti con 40 anni di servizio effettivo, non conteggiando a tal fine i periodi di contribuzione riscattati; tale norma ha effetti che verranno meglio esplicati di seguito; con l’ipotesi dei 40 anni contributivi, per parecchi soggetti, comprese le donne impiegate nel pubblico impiego, scattal’obbligo di pensione ancor prima del compimento dei 65 anni di eta’ (a soli 58-60
anni di eta’) in netta controtendenza con le politiche previdenziali perseguite nel nostro Paese. Lo stesso decreto prevede l’innalzamento a 65
anni l’eta’ pensionabile delle donne, gradatamente e per corrispondere agli omologhi parametri comunitari; evidentemente una contradictio in terminis;
il contraccolpo operativo e funzionale sarebbe evidente specie in alcune categorie del pubblico impiego che gia’ da un ventennio circa subisce il depauperamento continuo di organici, laddove sarebbe invece necessario assicurare, almeno un parziale turnover; il sistema previdenziale (INPDAP-INPS) subirebbe un inevitabile tracollo nel dover assicurare il trattamento pensionistico ad una eventuale moltitudine di “nuovi” pensionati senza un prevedibile scaglionamento temporale, di solito prevedibile attraverso la prassi delle cosiddette “finestre” di uscita; le Amministrazioni avranno la discrezionalita’ nel decidere se privarsi o meno di personale, tenuto conto di eventuali risparmi di spesa corrente, con il pericolo che una manovra, eventualmente clientelare o vessatoria, fatta all’interno delle amministrazioni pubbliche potrebbe portare alla volonta’ decisionale di allontanare comunque alcuni soggetti, a prescindere dalle esperienze professionali conclamate, anche in virtu’ della predetta anzianita’ di servizio; il collocamento a riposo forzato non tiene conto dell’elemento di volontarieta’ che si sostanza anche nell’aver scelto a suo tempo di riscattare o meno, a proprie spese, alcuni periodi ai soli fini contributivo-pensionistici e che in questa particolare fattispecie rischia di acquisire connotazioni quasi “punitive” per i laureati, quali medicina e ingegneria, che assommano riscatti, incluse le specializzazioni, da 6 a 11 anni, depauperando cosi’ miseramente le amministrazioni delle loro professionalita’: medici e ingegneri andrebbero in pensione molto prima e al meglio delle loro conoscenze e professionalita’, di certo utili alle amministrazioni, proprio in questo particolare momento di crisi, in cui le istituzioni hanno piu’ bisogno di tecnica e professionalita’. Tutto cio’ andra’ a discapito della professionalita’, con conseguente disparita’ di trattamento con i non professionisti, quindi fra i soggetti lavoratori del pubblico impiego appartenenti a medesime qualifiche e funzioni. Ad avviso dei presentatori, si rammenta che chi non e’ laureato e’ avvantaggiato, chi non si e’ specializzato e’ avvantaggiato, e, visto che entra nel conto anche il servizio militare, chi non ha servito la Patria e’ avvantaggiato; la norma salvaguarda alcune figure professionali (Primari ospedalieri, Magistrati, Professori universitari) di fatto mantenendo su piani differenti le professionalita’,
impegna il Governo a valutare l’opportunita’ di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la norma introdotta al fine di evitare le disparita’ segnalate e gli aggravi dei costi del sistema pensionistico nazionale. 9/2561/108. Barani, Di Virgilio, Palumbo, Bocciardo, Fucci, Castellani, De Nichilo Rizzoli, Girlanda, De Luca, Patarino, Mussolini, Mancuso, Ciccioli.”
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=== Nota 3.
“Roma, 3 nov. (Adnkronos Salute) – Sara’ cancellata la norma sulla rottamazione’ dei medici, che consente alle aziende sanitarie e ospedaliere di mandare in pensione i camici bianchi con 40 anni di contributi, compresi gli anni riscattati. Su questo punto si e’ raggiunto l’accordo nell’incontro di questa mattina fra i sindacati dei medici e del resto della dirigenza del Ssn, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi e Antonio Naddeo, capodipartimento della Funzione pubblica del ministero della Pubblica amministrazione e innovazione che ha appunto la ‘paternita” della norma in questione. Si e’ trattato della prima riunione di uno dei quattro tavoli annunciati e istituiti da Sacconi su alcune questioni chiave poste dai medici. E’ stato illustrato ai sindacati un testo che annulla la rottamazione dei camici bianchi, accolto positivamente dalle sigle della dirigenza. Adesso si attende l’ok delle Regioni e poi il provvedimento andra’ all’esame della Conferenza Stato-Regioni.”
La rottamazione é già iniziata e prosegue in molti ospedali (nella mia azienda due casi). Il provvedimento, se si trattasse di una circolare interpretativa, sarà comunque tardivo e non farà giustizia, anche perchè le “circolari” non sono leggi e i direttori generali, oppressi dal pareggio di bilancio, preferiscono “mandare a casa” senza farsi scrupoli; le Regioni faranno molto rapidamenti piani di ristrutturazione vanificando questi propositi. Lo stop alla rottamazione deve essere inserito in “finanziaria”, perchè aumenta la spesa pensionistica, e nel contratto dei medici e sanitari, che é in discussione. Altrimenti sono chiacchiere. E deve essere parimenti aumentata l’età concorsuale per i primariati, intesi come giusto coronamento di carriera professionale ospedaliera e non universitaria, e non “baronie” che ormai, stante l’impero della “politica”, non esistono più. Anzi, andrebbe fatta una “sanatoria-stabilizazzione” per tutte le funzioni primariali, le ormai tristemente famose “f.f” svolte “ad interim” per anni ed anni,con stipendi che in altri paesi d’Europa sono giudicati “ridicoli”.