CONTRO IL DDL E OLTRE

Grandioso! Non altrimenti può essere definito il movimento di protesta che da mesi coinvolge sempre più il mondo universitario e che avrà una importante tappa nella manifestazione nazionale del 25 ottobre a Roma. Un movimento senza precedenti, che vede unite tutte le componenti (professori, ricercatori, precari e studenti) e che si sta ribellando all’imposizione della controriforma sullo stato giuridico, la quale, se approvata, completerebbe la demolizione dell’Università statale, uno dei pilastri della democrazia nel nostro Paese. Un movimento che, per la prima volta, ha coinvolto gli Organi locali (SA, CdA, CdF, ecc.) e nazionali (CRUI, Conferenze dei Presidi), e che sta ricorrendo a forme di protesta anche ‘eccezionali’, come la sospensione dell’attività didattica decisa da tanti Organi accademici, l’occupazione di Facoltà e di Dipartimenti e ora anche le dimissioni dalle cariche accademiche. Un movimento partecipato e consapevole che ha come obiettivo immediato il blocco del provvedimento, inaccettabile per i suoi contenuti e per i metodi usati per imporlo. Precari e studenti sono le categorie più danneggiate dal DDL e sono quelle che stanno sempre più impegnandosi non solo contro di esso, ma anche per eliminare i principali mali che già affliggono l’Università italiana: un precariato dalle dimensioni e dalle condizioni inaccettabili sul piano professionale e umano, e una didattica dequalificata dopo l’imposizione del ‘3 + 2’. E proprio l’eliminazione definitiva del precario e la riqualificazione
della didattica (alla quale sono interessati anche gli studenti medi) devono diventare i principali obiettivi di tutte le componenti universitarie; obiettivi opposti a quelli della lobby accademica trasversale che da decenni sta smantellando l’Università statale per appropriarsi del tutto delle risorse pubbliche, dirottandole nei ‘loro’ auto-proclamati “centri di eccellenza”.
Se il provvedimento dovesse essere comunque approvato anche dalla Camera, si dovrà chiedere al Presidente della Repubblica di non promulgarlo per la sua evidente incostituzionalità, evidenziata anche dalla Commissione Affari costituzionali. E se il provvedimento dovesse essere comunque promulgato, si dovrà chiedere agli Atenei di non applicarlo e, in particolare, di non utilizzare la ‘nuova’ figura di ‘contrattista’, prevista per aumentare mediamente di sei anni l’attuale intollerabile periodo di precariato, bandendo invece posti di ruolo. Si dovrà inoltre chiedere con forza a tutti i Partiti di prendere il formale e chiaro impegno di abrogare nella prossima legislatura la legge e di ‘costruire’ una riforma universitaria assieme al mondo universitario (e non contro di esso), per arrivare finalmente a norme condivise, a differenza di quanto avvenuto in questa e nelle precedenti legislature. Una riforma che allarghi la partecipazione democratica di tutte le componenti nella gestione degli Atenei e nella rappresentanza del Sistema nazionale delle Università, che preveda l’eliminazione definitiva dell’attuale precariato (contenendolo in un massimo di tre anni), che introduca il reclutamento nazionale alla docenza e il passaggio da una fascia all’altra per idoneità nazionale individuale .Per ottenere tutto ciò occorrerà ‘costringere’ i Partiti a non ubbidire più agli interessi e alle richieste della solita lobby accademica trasversale che da decenni governa e legifera sull’Università e che vuole continuare a farlo.

24 ottobre 2005

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