PRECARIATO E CONCORSI

Il 24.1.04 è comparso sull’Unità un articolo di Nicola Tranfaglia dal titolo “Università tutta precaria” (Nota 1). È noto che i punti più qualificanti del progetto De Maio-Moratti sono la sostituzione del ruolo dei ricercatori con una nuova fascia di precariato che dura fino a dieci anni e la sostituzione degli attuali giudizi-concorsi decentrati con giudizi-concorsi nazionali, ferma restando la decisione finale delle facoltà di chiamare o meno gli idoneati. Sul piano del metodo Tranfaglia rimprovera al governo di “non confrontarsi con il mondo accademico e con le organizzazioni sindacali dei professori”; governo che viene indicato come una “forza di occupazione che oggi legifera sull’università: soltanto le forze di occupazione, infatti, non sentono in nessuna fase quello che pensano quelli che lavorano da anni nel sistema dell’istruzione superiore”. Una critica durissima all’attuale governo, dura forse più di quella avanzata dall’ANDU a questo come ai precedenti governi per quanto riguarda le questioni universitarie. Questo come i precedenti governi esegue quanto voluto dalla quella lobby di potenti professori che da sempre controlla – a volte anche direttamente – il Ministero, condiziona pesantemente il Parlamento e ha accesso esclusivo alla ‘grande’ stampa. Questa lobby ha imposto nel 1989 la finta autonomia statutaria, nel 1993 la pseudo autonomia finanziaria per far ‘gestire’ agli Atenei la riduzione progressiva dei finanziamenti, nel 1997 la riforma dei finti concorsi locali e la controriforma del CUN, più recentemente l’improvvisata riforma didattica. E proprio sullo stato giuridico il precedente governo ha tentato di imporre una riforma che, come quella dell’attuale governo, non conteneva nessuna delle richieste avanzate da quasi tutte le Organizzazioni della docenza.

Questa stessa lobby accademica, alla fine della scorsa legislatura, ha affossato la legge che trasformava il ruolo dei ricercatori nella terza fascia docente. Allora alla Camera, per togliere la sede deliberante al
provvedimento, furono raccolte le firme di 82 deputati: tutto il gruppo della Lega e altri deputati appartenenti a tutti gli altri gruppi, meno AN e RC (v. resoconto stenografico della seduta della Commissione Cultura del 16.12.99). Un’operazione sollecitata da un (af)fondo del solito Panebianco sul ‘Corriere della sera’ e da un appello di 30 accademici, soprattutto giuristi. L’approvazione di quella legge, sostenuta allora da tutti i gruppi politici (meno la Lega) e da tutte le Organizzazioni della docenza (meno l’USPUR), avrebbe non solo dato finalmente un giusto riconoscimento dell’attività di docenza svolta dai ricercatori, ma avrebbe anche sbarrato il passo ad ogni idea di precariato di lunga durata. Tranfaglia denuncia “l’apoteosi del precariato” contenuta nel progetto dell’attuale governo che prevede per i nuovi ricercatori, dopo il dottorato, “un percorso che li conduce a cinque-dieci anni di regime precario”. Si prende positivamente atto che anche Tranfaglia, come tanti altri importanti professori, è contrario alla precarizzazione della docenza, sia nella fase del reclutamento che in quella successiva. Ma se così è perché questi stessi professori non chiedono il ritiro del
disegno di legge n. 1416 presentato nel maggio del 2002 da senatori del centro-sinistra? Infatti, questo progetto prevede, come quello De Maio-Moratti, una lunga fase di precariato prima dell’ingresso in ruolo con
contratti di ricerca e di insegnamento di quattro più quattro anni (comma 2 dell’art. 7) e, in più, prevede il licenziamento per i professori: “il docente è collocato a riposo” se non supera una verifica quadriennale (comma 6 dell’art. 14) (Nota 2). Così il docente di ruolo si troverebbe nella condizione di “permanente precarietà”, che non è prevista nemmeno dal disegno di legge dell’attuale governo. Si è detto che il secondo punto qualificante del progetto governativo è la riforma dei concorsi. Su questa questione Tranfaglia ricorda che trattasi di un “ritorno alla norma proposta nel 1996 dal governo di centro-sinistra”. Anche qui l’attuale governo, come quelli precedenti e come, pare, lo stesso Tranfaglia, si ostinano a non tenere in alcun conto
le richieste della maggioranza delle Organizzazioni della docenza che indicano da anni la necessità di distinguere tra reclutamento (ingresso nell’università) e avanzamento di carriera e chiedono un concorso nazionale per l’ingresso e un giudizio di idoneità nazionale a numero aperto per l’avanzamento. In particolare l’ANDU chiede che sia le commissioni di concorso che quelle per l’idoneità siano composte da soli ordinari tutti sorteggiati e che a un giudizio positivo per il passaggio nella fascia superiore corrisponda il pieno e immediato riconoscimento della nuova qualifica.

Su questa questione l’accademia che conta vuole invece conservare in ogni caso i meccanismi di cooptazione personale che si realizza oggi con i finti concorsi a ricercatore e con i successivi finti concorsi per l’avanzamento nella carriera.

28 gennaio 2004

Nota 1. Per il testo integrale dell’articolo:
http://www1.crui.it/rassegna/040126/563fw.htm
oppure http://www.unipi.it/rassegna/archivio/2004/01/22546176.pdf

Per il testo del disegno di legge n. 1416 presentato dai senatori Tessitore, Monticone, Acciarini, Coviello, D’Andrea e Villone:
http://www.senato.it/bgt/ShowDoc.asp?leg=14&id= 00024405&tipodoc=Ddlpres&modo
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