DL precariato: «rivoluzione»? – Concorsi di Parisi – CRUI – IIT

DL 36: PRECARIATO SEMPRE E COMUNQUE
IL PESSIMO PROVVEDIMENTO PER VERDUCCI È UNA RIVOLUZIONE
I CONCORSI SECONDO PARISI
La CRUI E IL “SUO” GOVERNO
  1. Disattese le principali richieste delle Organizzazioni universitarie. Precariato a ogni costo
  2. Per il sen. Verducci il pessimo provvedimento è invece una rivoluzione
  3. Un vasto movimento per opporsi alla disgregazione dell’Università
  4. Governo della CRUI. A Draghi: “L’università ha bisogno di lei”. Ma il problema non è solo la CRUI
  5. I concorsi secondo Giorgio Parisi
  6. La protesta «in forma anonima» dei ricercatori dell’IIT
  7. Le principali tappe della demolizione dell’Università italiana
  8. Come ricostruire l’Università tutta
  1. Disattese le principali richieste delle Organizzazioni universitarie. Precariato a ogni costo

     Il 29 giugno 2022 è stato convertito in Legge il Decreto-Legge PNRR (DL 36). In questo DL è stato inserito e approvato un emendamento, a prima firma del sen. Francesco Verducci, riguardante soprattutto il precariato universitario (v. art. 14 del DL).

Nessuna delle principali richieste avanzate unitariamente dalle Organizzazioni universitarie è stata accolta:

– Non è previsto il bando straordinario di almeno 45.000 (v. nota) posti di ruolo, unico modo per dare uno sbocco, pur parziale, agli oltre 60.000 attuali precari, che sostengono in maniera determinante gran parte dell’attività di didattica e di ricerca, e per avvicinare l’Italia alla media europea del rapporto docenti/studenti.

– Si mantiene un percorso di precarietà che può arrivare fino a 17 anni, con la ‘normale’ espulsione di oltre il 90% degli stessi precari (attuali e futuri).

– Si introduce, al posto dell’assegno di ricerca, il contratto di ricerca, una figura che, nonostante il pur importante miglioramento contrattuale relativo a contribuzione e retribuzione, non è normata in modo omogeneo a livello nazionale, non è definita nazionalmente (modalità di reclutamento, compiti, valutazione) e può durare fino a 5 anni. Il numero dei contratti non sarà rapportato agli sbocchi in ruolo. La figura dei contrattisti di ricerca peraltro conviverà con le altre forme di precariato (borse, contratti d’insegnamento), con i nuovi assegnisti di ricerca per altri 6 mesi e con un esercito di nuovi RTDa per altri 3 anni, tutte figure rigorosamente senza sbocco in ruolo.

– Sostanzialmente le attuali figure dei RTDa e RTDb si sommano nella ‘nuova’ figura di Ricercatore universitario (RTT) che non prevede, come richiesto invece dalle Organizzazioni universitarie, «l’immissione in ruolo a tempo indeterminato sulla base di parametri oggettivi e omogenei a livello nazionale, con un passaggio esigibile da parte di ricercatori e ricercatrici in tempi certi e uniformi a livello nazionale». Inoltre, in questa ‘nuova’ figura è previsto un sistema di tenure-track nebuloso e ambiguo. Rispetto all’attuale RTDb, per il nuovo RTT si mantiene la possibilità di anticipare la conferma ad associato a domanda dell’interessato (di fatto con previa ‘autorizzazione’ del professore di riferimento), si aumenta la durata (6 anni invece di 3) e si introduce per legge (quindi obbligatoriamente) la prova didattica per la conferma ad associato dopo anni di insegnamento: un ulteriore elemento di controllo-dipendenza.

     I futuri precari, come gli attuali, saranno privi di autonomia e di rappresentanza e saranno scelti e ‘gestiti’ dai singoli professori.

    Non essendo previsto per i ‘nuovi’ contratti di ricerca un numero di posti rapportato agli sbocchi in ruolo e non essendo previsto il bando straordinario di 45.000 posti di ruolo, il provvedimento approvato porterà a una proliferazione di precariato in condizioni perfino peggiori di quelle attuali.

     Insomma con il provvedimento approvato si mantiene e consolida una sistema di precariato, come richiesto e imposto da un potere accademico-ministeriale-confindustriale che lo vuole a ogni costo, soprattutto a costo di abbassare la qualità della ricerca e della didattica e a costo di massacrare l’esistenza stessa di migliaia e migliaia di giovani considerati e utilizzati come strumenti usa e getta.

   Si segnala, quale utile contributo al confronto, un intervento sul Manifesto del 20 luglio 2022 intitolato “Se questa è una riforma. Pnrr2: un decreto che all’università taglia fino a 7 mila ricercatori”.

Nota. Questo numero è indicato nella relazione tecnica della legge di bilancio 2022 e servirebbe anche ad avvicinare l’Italia alla media del rapporto tra docenti e studenti.

  1. Per il sen. Verducci il pessimo provvedimento è invece una rivoluzione

     Il sen. Francesco Verducci è relatore del DDL 2285 sul precariato universitario, approvato alla Camera e all’esame da un anno, in sede redigente, della Commissione Istruzione ed è anche il primo firmatario di un emendamento prima presentato in Commissione e subito dopo inserito, su richiesta del Ministro, nel Decreto-Legge PNRR (DL 36), convertito in Legge il 29 giugno 2022.

     Il DDL 2285 e gli emendamenti presentati non sono mai stati discussi dalla Commissione Istruzione.

      Il sen. Francesco Verducci (PD) ha inviato una lettera, pubblicata su Avvenire del 9 luglio 2022 (Al lavoro per dare futuro stabile agli atenei e ai giovani studiosi), nella quale, riferendosi al suo emendamento, tra l’altro sostiene che:

– il «Decreto Pnrr contiene una nuova riforma dell’Università. È uno dei fatti politici più importanti dell’intera legislatura. Nessun blitz, come qualcuno ha scritto».

     «Nessun blitz, come qualcuno ha scritto»? In effetti «qualcuno» il 25 maggio scorso, il giorno prima dell’intervento del Ministro nella Commissione del Senato, ha considerato questa operazione come «un improvviso deragliamento (…) un percorso che non solo chiuderebbe rapidamente i tempi, ma impedirebbe di fatto ogni seria discussione parlamentare (…) introducendo una riforma universitaria per emendamento ad un decreto.»

     E lo stesso «qualcuno», in riferimento alla parte dell’emendamento riguardante i “Gruppi e settori scientifico-disciplinari”, ha giudicato questa scelta «una ancor più grave e pesante accelerazione, di fatto e forse anche di diritto, con un’evidente e grave scorrettezza istituzionale, a fronte di un provvedimento ministeriale che ha incontrato una palese contrarietà di larga parte del mondo accademico ed anche un inedito pronunciamento negativo del CUN.» (dal documento unitario di ANDU, ARTED, CISL UNIVERSITÀ, CNU, FLC CGIL, RETE 29 APRILE, UIL RUA e UNIVERSITÀ MANIFESTA).

– le nuove figure di Contrattisti di ricerca e di Ricercatore universitario rappresentano una rivoluzione.

     Il sen. Verducci forse dovrebbe rileggere il suo emendamento meglio e con meno, diciamo, entusiasmo.

«c’è un modo per non diminuire il numero dei contratti: continuare ad aumentare i fondi per l’università»

     Più soldi per aumentare il numero dei precari?! Ma il precariato non dovrebbe essere abolito? E per abolirlo veramente occorrerebbero adeguati fondi per il bando straordinario nazionale di 45.000 posti di RUOLO (sarebbe bastata/basterebbe solo una parte di quanto ‘rivolto’ alle imprese) e contestualmente occorrerebbe introdurre una sola figura di pre-ruolo con numeri rapportati agli sbocchi programmati in ruolo, abolendo TUTTE le figure precarie.

  1. Un vasto movimento per opporsi alla disgregazione dell’Università

        In troppi, pur consapevoli dei danni che produrrà il ‘nuovo’ provvedimento sul precariato, cominciano a pensare che trattandosi di una legge ormai approvata non rimanga che tentare di ridurre i danni della sua applicazione. Un atteggiamento già sperimentato anche nei confronti della cosiddetta Legge Gelmini, con i risultati fin troppo noti.

    Invece occorre puntare alla creazione di un vasto movimento per rifondare l’Università nel suo complesso, un movimento che coinvolga il più possibile la comunità universitaria e soprattutto gli studenti e i precari.

     Un movimento che abbia una visione generale e obiettivi dettagliati e interconnessi da contrapporre all’azione di quanti in questi decenni sono riusciti a disgregare l’Università italiana con provvedimenti mirati e coerenti con la loro visione e i loro interessi (v. al punto 5). Un’opera di demolizione che si è avvalsa anche del sostegno dei ‘grandi’ organi di informazione, dei governi e del parlamento.

    Un movimento che abbia lucidità, continuità e coerenza, al di fuori di compatibilità politico-accademiche e scevro da logiche e interessi corporativi.

     In questa direzione si ripropone la proposta complessiva e dettagliata dell’ANDU (v. al punto 7), frutto di oltre 30 anni di impegno e di elaborazione.

  1. Governo della CRUI. A Draghi: “L’università ha bisogno di lei”. Ma il problema non è solo la CRUI

     Il Presidente della CRUI ha indirizzato al Presidente del Consiglio una lettera riportata nel sito ufficiale della CRUI stessa.

        Oltre a chiedere a Mario Draghi di «garantire stabilità e una mano ferma (sic!) alla guida di un’Italia stanca delle logiche di partito», il Presidente della CRUI, riferendosi ai giovani universitari, si rammarica che Draghi «probabilmente non li vedrà scendere in piazza» per chiedergli di rimanere alla guida del Governo.

         Alla CRUI questo Governo piace, come le sono piaciuti tutti i Governi degli ultimi decenni che hanno sempre soddisfatto quanto ‘dettato’ dai poteri forti accademico-economici. E da decenni l’ANDU documenta e denuncia il ruolo centrale svolto dalla stessa CRUI nello smantellamento del Sistema nazionale universitario.

      La CRUI ha sempre promosso e/o sostenuto i numerosi provvedimenti che hanno demolito l’Università italiana (v. al punto 7) e lo ha fatto anche in stretto rapporto con la Confindustria, con la quale negli anni ha sottoscritto accordi.

       La stessa CRUI, associazione privata, ha sempre trovato (e trova) facile sponda in tutti i partiti che nel tempo e sempre più le hanno riconosciuto, anche sul piano legislativo, il ruolo di rappresentante dell’Università, togliendolo al CUN.

       Ma il problema non è solo la CRUI, è anche dei singoli Rettori che a questo sistema di potere partecipano, senza quasi mai prendere pubblicamente le distanze dalle scelte della CRUI e dalle posizioni espresse dai suoi Presidenti (v. nota).

          E il problema è anche e soprattutto che negli Atenei, a ogni livello, non si chieda conto ai propri Rettori del loro operato all’interno della CRUI e non si pretenda da loro di discutere prima quanto è previsto negli Ordini del giorno della stessa CRUI (v., tra l’altro, il documento Università. Autonomia o CRUI. Il CUN).

Nota. Finora solo il rettore Tomaso Montanari si è pubblicamente dissociato dalla lettera del Presidente della CRUI. Lo stesso Montanari era stato il solo a votare contro l’accordo della CRUI con la Fondazione Med-Or della Leonardo (v. al punto 3. di questo documento).

  1. I concorsi secondo Giorgio Parisi

     Si segnala l’interessante intervento di Giorgio Parisi del 4 luglio 2022 su Huffpost (Nuove norme per i concorsi universitari, proposte al Parlamento).

     Giorgio Parisi, riferendosi alla recente proposta della Ministra (v. qui al punto 2), scrive, tra l’altro, che «non è facile fare delle norme legislative che da un lato salvino l’autonomia delle scelte culturali dei singoli dipartimenti e che nello tempo evitino possibili malversazioni degli stessi dipartimenti o dei commissari.»

     Poi, partendo da un esempio relativo alla fisica teorica, Parisi scrive:

   «È quindi cruciale che nella scelta delle commissioni si faccia un doppio passaggio, le università scelgano i potenziali commissari in numero doppio o triplo dei posti disponibili in base alla competenza specifica per il posto messo a concorso e poi venga fatto un sorteggio su questa lista, in maniera da garantire la competenza nella sottodisciplina. È un sistema che viene attualmente usato da molte università di eccellenza italiane e dovrebbe essere quello inserito nella futura legge.»

    Si chiede a Giorgio Parisi: proprio per evitare possibili «malversazioni degli stessi dipartimenti o dei commissari», non sarebbe meglio, nell’ambito di concorsi nazionali, comprendere nella lista dei sorteggiabili tutti i professori che abbiano una «competenza specifica per il posto messo a concorso», escludendo quelli del dipartimento interessato?

    Inoltre Giorgio Parisi ricorda che «una ventina di anni fa ho partecipato come commissario a un concorso per la selezione di un professore in un’università svedese» e racconta dettagliatamente le modalità di svolgimento di quella selezione.

    Due sole domande a Parisi: i candidati erano tutti locali? Alla fine è stato scelto un candidato locale?

  1. La protesta «in forma anonima» dei ricercatori dell’IIT

     Si segnala una lettera di protesta del 23 giugno 2022 promossa dal Comitato Ricercatrici e Ricercatori Precari di IIT e che «è stata firmata in forma anonima da 99 ricercatori. Le ricercatrici ed i ricercatori di IIT, a qualsiasi livello di carriera (PhD, PostDoc, Researchers e PI)».

     «Firmata in forma anonima». Anche per questo si ritiene che essere precario sia una maledizione che solo chi è fornito di un altro tasso di ‘indifferenza’ può coltivare e/o tollerare.

  1. Le principali tappe della demolizione dell’Università italiana

    La maggior parte di questi provvedimenti, come ora quello sul pre-ruolo, sono stati approvati all’interno di leggi blindate (Decreti legge, leggi di bilancio).

Finta autonomia statutaria (1989) per salvaguardare le oligarchie degli atenei, finta autonomia finanziaria (1993) per far gestire agli Atenei la riduzione progressiva dei finanziamenti, finti concorsi locali (1997) e ASN (2010) per dare ulteriore spazio alla cooptazione-arbitrio personale, introduzione del numero chiuso (1999) per negare ai giovani la scelta degli studi, imposizione del “3 + 2″ (2000) con la frammentazione dei saperi, invenzione dell’IIT (2003) costosissimo “giocattolo” ministeriale-confindustriale a discapito dell’Università, istituzione “personalizzata” del SUM di Firenze e dell’IMT di Lucca (2005), svuotamento del CUN (2006) a favore della CRUI, introduzione dell’ANVUR (2006) per commissariare l’Università, messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori (2010) per moltiplicare i precari, cancellazione di ogni parvenza di democrazia negli atenei (2010) con il rettore-padrone assoluto, localizzazione dei collegi di disciplina (2010) per tenere meglio a bada i docenti, istituzione dell’Human Technopole (2016) che è una sorta di duplicazione milanese dell’IIT di Genova, invenzione della Scuola superiore napoletana (2018), l’istituzione dell’ANR (2019) per controllare ancora di più l’Università e la Ricerca, invenzione del Biotecnopolo di Siena (2021), il mantenimento e il consolidamento del precariato (2022). E anche: Cattedre Natta, scatti premiali ai docenti, borse per studenti eccellenti, aumento delle tasse, finanziamenti per alcuni docenti, finanziamenti per dipartimenti eccellenti, riduzione dei finanziamenti agli Atenei e loro iniqua distribuzione per “merito”, etc.

  1. Come ricostruire l’Università tutta

     Per ricostruire l’Università italiana occorre cambiare urgentemente e radicalmente il complesso dell’attuale assetto normativo.

         In questa direzione l’ANDU ha elaborato una proposta riguardante i punti di maggiore criticità dell’Università:

  1. Diritto allo studio
  2. Abolizione del precariato (non degli attuali precari) e nuovo reclutamento nel terzo livello di professore
  3. Docente unico
  4. Autonomia del Sistema nazionale dell’Università
  5. Gestione democratica degli Atenei
  6. Finanziamento dell’Università per migliorare tutti gli Atenei

== La storia della devastazione dell’Università può essere approfondita in questo sito utilizzando la “ricerca avanzata”, in alto a sinistra.

== Con la recente aggiunta nel sito dell’ANDU di tutte le Agenzie mensili di “Università Democratica” (dal settembre 1984 all’ottobre 1999) è ora più ampiamente documentata sia l’opera di demolizione dell’Università condotta da oltre 40 anni, sia l’opposizione portata avanti da oltre 40 anni prima dal movimento dei precari, poi da quello dei ricercatori e quindi dall’ANDU.

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Paola Sonia Gennaro
Paola Sonia Gennaro
2 anni fa

Al di là degli sforzi meritori della Commissione VII del Senato che dopo aver ascoltato tutte le organizzazioni che ne hanno fatto richiesta e pubblicato l’indagine sul precariato e sulla condizione studentesca, portando alla approvazione di importanti modifiche al regime della legge 240 del 2010, assistiamo sempre più sgomenti alla picconatura del sistema universitario nazionale, alla disgregazione della universitas in direzione della concorrenza spietata non solo tra atenei o dipartimenti, ma perfino tra i singoli ricercatori e docenti l’un contro l’altro, a colpi di pubblicazioni con molti nomi, di concorsi, abilitazioni, fondi più o meno rilevanti attribuiti per “correnti” di pensiero o di potere. Uno sminuzzamento di stato giuridico, di compiti e riconoscimenti, che mantiene co-vigenti discipline normative diverse l’una dall’altra, tagliando alla radice ogni possibilità di interscambio e di collaborazione oltre che di mobilità, anche degli studenti.
Un disegno folle, o meglio un non disegno che non si cura di verificare le conseguenze e le ricadute dei provvedimenti adottati non tanto sui diretti interessati, ma sull’intero sistema paese.
Probabilmente è già tardi e ancora non si scorge il bambino che accorra a mettere il dito nella piccola falla della grande diga. I giovani hanno iniziato a scappare prima da dottori di ricerca, poi da laureati, oggi scappano dall’università stessa (-3% di immatricolati), aumentano i bandi per assegni e ricercatori che vanno deserti. Qualcuno se ne accorge che il sistema sta per collassare?