- Senza tanti precari sottopagati niente ricerca – Interventi di Verducci e Viola
- Ministra: precari fino a 36-37 anni
- Saltano le commissioni ASN e rimane il membro interno
- Concorsi veramente nazionali o finti concorsi locali con gli ‘annessi’ fenomeni di clientelismo, nepotismo, etc.
- Come ricostruire l’Università tutta
- Senza tanti precari sottopagati niente ricerca – Interventi di Verducci e Viola
Il provvedimento su reclutamento e precariato appena approvato (v. nota 1) non piace a tanti professori, ma non per il fatto che esso sia stato approvato sottraendolo al normale iter parlamentare e neanche perché esso non prevede il bando straordinario di 45.000 posti di ruolo (v. nota 2), non perché esso prevede un precariato che può – come ora – arrivare a oltre 17 anni, con la ‘normale’ espulsione di oltre il 90% degli stessi precari, non perché anche i futuri precari saranno privi di autonomia e di rappresentanza, non perché anche essi saranno scelti dal singolo professore e non perché anche i loro compiti sono di fatto definiti a piacimento da chi personalmente li sceglie.
Nulla di tutto ciò: questo gruppo di «esimi accademici», come li ha chiamati il sen. Francesco Verducci (v. il suo intervento al Senato nella nota 3), si dispera perché i nuovi assegnisti di ricerca (i contrattisti di ricerca) avranno un contratto, saranno pagati dignitosamente e il loro numero sarà contenuto. Secondo questi «esimi accademici» l‘introduzione dei ‘nuovi’ precari potrebbe addirittura portare al blocco della ricerca: allora è vero che la ricerca (e l’Università) si basa sul lavoro indispensabile e determinante dei precari (non solo gli assegnisti)?
L’intervento di Antonella Viola
Su questa questione è particolarmente emblematico l’intervento di Antonella Viola (v. nota 4), la quale ritiene che con il maggior costo del ‘nuovo’ assegnista e con il limite al loro numero, e (nel suo campo) assieme «agli aumenti dei reagenti e delle attrezzature», addirittura si «rischia di affossare in maniera irreparabile la ricerca scientifica pubblica». Antonella Viola alla fine del suo intervento scrive anche che i giovani non si aiutano «garantendo loro un “posto fisso” prima che abbiano potuto mostrare quanto valgono».
Se però è vero che entrando in ruolo («posto fisso») da giovani si lavora «molto di più di prima e meglio di prima», come testimonia Maria Chiara Carrozza (v. nota 5), perché trascinare in una vita infernale di precariato fino a 40-45 anni tanti ‘giovani’, prima di assumere in ruolo solo una minima parte di loro? E poi perché per «mostrare quanto valgono» prima del ruolo, per formarli alla ricerca e alla didattica, «superando l’arcipelago delle forme parasubordinate, lesive della dignità», non basterebbe «l’introduzione di una unica figura pre-ruolo, che abbia una durata contenuta e in numero proporzionale agli sbocchi in ruolo», come chiedono ormai da anni le Organizzazioni universitarie?
Nota 1. Il testo approvato, dalla pag. 6 comma 6-bis, cliccando qui.
Nota 2. Questo numero è indicato nella relazione tecnica della legge di bilancio 2022 e servirebbe anche ad avvicinare l’Italia alla media del rapporto tra docenti e studenti.
Nota 3. Il sen. Verducci e gli “esimi accademici”
«Eppure Presidente – voglio dirlo – è emerso in queste ore un dibattito allucinante, che ha i tratti della reazione, da conservatorismo notabilare, con esimi accademici che si stracciano le vesti e che con cinismo rimpiangono già di non poter utilizzare tipologie contrattuali precarie, che sono state un incubo per migliaia di persone. Apertamente e senza vergogna essi lamentano il costo eccessivo dei nuovi contratti, come se non fosse un dovere retribuire il lavoro, come se non fosse un dovere assicurare finalmente tutele e diritti basilari. Ed è quello che oggi facciamo, dando finalmente valore al lavoro della ricerca. C’è un modo per non diminuire i contratti: continuare ad aumentare i fondi per l’università, come avvenuto in questi anni, già dalla scorsa legislatura, con piani straordinari di reclutamento, che vogliamo dalla prossima legge di bilancio diventino un grande piano strategico pluriennale, che consolidi certezze.» – da pag. 24 del resoconto stenografico della seduta del Senato del 21 giugno 2022:
Nota 4. L’intervento di Antonella Viola “Vi spiego perché l’Università non riuscirà più a fare ricerca” è apparso sulla Stampa del 29 giugno 2022”
Nota 5. Dall’intervento di Maria Chiara Carrozza all’Incontro del 5 ottobre 2021 al Senato:
«Dobbiamo avere una grossa massa di ricercatori che stiano bene, che stiano socialmente rispettati, che possano contrarre un mutuo e avere una casa, che possano avere una famiglia, possano avere la maternità e altri welfare e quindi per me è estremamente importante oggi uscire dalla logica del precariato, dare una posizione decorosa e socialmente rispettabile». «Marginalizzarli o rendere la loro vita troppo precaria io non ci ho mai creduto, anche quando in questo Paese, in queste Aule, qualche anno fa c’era chi appunto diceva che tutte le posizioni di ricercatore devono essere a tempo determinato. Io sono sempre stata in favore di contratti stabili e di tranquillità. Personalmente la mia vita è cambiata quando a trentatré anni (e sono già tanti!, ndr) ho avuto il primo contratto a tempo indeterminato. Ho vinto un concorso e dopo che l’ho vinto io ho lavorato molto di più di prima e meglio di prima, quindi so quanto può rappresentare questo e quindi vi ringrazio per tutto quello che farete in questo senso.»
- Ministra: precari fino a 36-37 anni
Carriera unica e veloce. Così i nostri ricercatori diventeranno professori è il titolo di una intervista di Gianna Fregonara alla ministra Cristina Messa sul Corriere della Sera del 26 giugno 2022 in versione cartacea.
La Ministra afferma: «Un giovane si laurea a 24 anni, fa il dottorato fino 27, prende un contratto e arriva a 30. Poi vince il posto di ricercatore, il tenure track (Rtt) che lo porta a 36-37 a diventare associato, anticipando di 6-7 anni rispetto ad ora»
Sei-sette anni in meno? In realtà un giovane che si laurea a 24 anni (?), prende una borsa pre-dottorato (v. nota) e può arrivare a 27, fa il dottorato fino a 30, prende un contratto e può arrivare a 35 anni, poi vince il posto di ricercatore e può arrivare a 41 anni, oltre ai ‘buchi’ temporali per il passaggio da una posizione all’altra.
Dove sta l’anticipo? E comunque diventare di ruolo a 36-37 anni è e sarebbe insostenibile per i diretti interessati e dannoso per l’Università (v. la nota 4 del punto precedente).
La verità è che il precariato, il più lungo e subalterno possibile, è indispensabile ad un modello di università che, come quella italiana, si basa sulla frammentazione dei docenti/ricercatori a tutti i livelli e su una gestione privatistica delle strutture e dei fondi pubblici. (v. il documento Il precariato s’ha da fare sempre e comunque).
Nota. Le borse pre-dottorato sono previste nella parte rimanente del DDL sul reclutamento ancora all’esame della Commissione Istruzione del Senato.
- Saltano le commissioni ASN e rimane il membro interno
Come è ormai prassi (esproprio di fatto del Parlamento, nessun coinvolgimento del mondo universitario), il Ministro, sempre in ‘collegamento’ con la CRUI, sta provando a ‘riformare’ rapidamente i concorsi:
a. Eliminazione delle commissioni per le ASN e introduzione di un sistema di certificazione quantitativa nazionale, con nuovi valori di soglia (per aree non bibliometriche) del MUR su proposta dell’ANVUR (v. nota 1), controllo automatizzato con parole chiave a Intelligenza Artificiale (sic!), nessuna valutazione della didattica.
Si vuole introdurre una valutazione nazionale robotizzata invece di togliere ogni ‘filtro’ nazionale (foglia di fico degli arbitrii locali) e introdurre concorsi veramente nazionali a tutti i livelli (v. al seguente punto 4).
b. Commissioni locali con un membro interno e 4 esterni sorteggiati da un albo, discussione dei titoli e seminario pubblico, nessun vincitore, ma fino a tre idonei.
Finalmente il potere baronale è salvo: si conferma, anzi si consolida, il suo pilastro fondamentale, cioè la cooptazione personale. Inoltre, con la prevista rosa di idonei, sarà probabilmente più difficile l’intervento della magistratura (ricorsi, indagini).
Così si elimina del tutto la possibilità che possa sfuggire di mano del singolo professore l’esito del ‘suo’ concorso. Un’eventualità invece che era resa possibile nel testo del DDL approvato alla Camera. Insomma tutto va come previsto (v. nota 2)
Nota 1. Nel PNRR approvato si è riusciti anche ad aumentare da quattro a sei anni la durata del mandato del Consiglio direttivo dell’ANVUR, prorogando anche gli attuali membri.
Nota 2. Nel documento dell’ANDU del 26 giugno u.s. era, tra l’altro, scritto:
«In realtà o si manterrà il sistema vigente che garantisce con il membro interno l’esito dei concorsi (‘vince’ l’allievo predestinato) o si otterrà lo stesso risultato rendendo però più difficile l’intervento della magistratura.
Il fatto è che se si dovessero introdurre concorsi veramente nazionali crollerebbe l’attuale sistema baronale, sconvolgendo tutte le attese di reclutamento e di promozione accumulate nel tempo dagli allievi e vanificando tutti gli impegni assunti dai singoli baroni.»
- Concorsi veramente nazionali o finti concorsi locali con gli ‘annessi’ fenomeni di clientelismo, nepotismo, etc.
In Italia per contrastare veramente il localismo concorsuale (cooptazione personale) si dovrebbe prevedere per legge e per tutti gli Atenei che tutte le prove (da quelle per i dottorati a quelle per il livello più alto dei docenti di ruolo) diventino nazionali e che i componenti delle commissioni siano tutti sorteggiati tra tutti i professori. Delle commissioni non dovrebbero fare parte i professori che appartengono alle sedi dove sono stati banditi i posti e non ne dovrebbe fare parte più di un professore della stessa sede.
I vincitori dei concorsi nazionali dovrebbero poter scegliere dove prendere servizio, tra le sedi dove sono stati banditi i posti messi a concorso, sulla base di una graduatoria.
Importante
In Italia MAI ci sono stati concorsi nazionali per tutte le fasi della carriera dei docenti. I concorsi nazionali, fino alla Legge Berliguer del 1999 (v. nota), ci sono stati solo per associati e ordinari e non per i ricercatori di ruolo o per le figure precarie. E comunque quei concorsi nazionali non prevedevano le modalità proposte qui dall’ANDU.
Nota. Dopo la Legge Berlinguer anche i concorsi per associato e per ordinario sono diventati locali.
- Come ricostruire l’Università tutta
Per ricostruire l’Università italiana occorre cambiare urgentemente e radicalmente il complesso dell’attuale assetto normativo.
In questa direzione l’ANDU ha elaborato una proposta riguardante i punti di maggiore criticità dell’Università:
- Diritto allo studio
- Abolizione del precariato (non degli attuali precari) e nuovo reclutamento nel terzo livello di professore
- Docente unico
- Autonomia del Sistema nazionale dell’Università
- Gestione democratica degli Atenei
- Finanziamento dell’Università per migliorare tutti gli Atenei
== La storia della devastazione dell’Università può essere approfondita in questo sito utilizzando la “ricerca avanzata”, in alto a sinistra.
== Con la recente aggiunta nel sito dell’ANDU di tutte le Agenzie mensili di “Università Democratica” (dal settembre 1984 all’ottobre 1999) è ora più ampiamente documentata sia l’opera di demolizione dell’Università condotta da oltre 40 anni, sia l’opposizione portata avanti da oltre 40 anni prima dal movimento dei precari, poi da quello dei ricercatori e quindi dall’ANDU.
Noto che se per i nuovi dottori il precariato può arrivare a 5+6 anni dal dottorato, quindi attorno ai 40 anni, per gli attuali precari la prospettiva è molto peggiore, perché per loro, liberati dal vincolo dei dodici anni, si apre un percorso che ai 12 anni attuali aggiunge appunto i 5+6, portando quindi ad un totale di ben 23 anni, superando largamente i 50 anni anagrafici.
La riserva, peraltro transitoria (che non varrà per i RTDA che saranno assunti nei prossimi 3 anni), a valere soltanto sulla nuova figura di RTT, resta drammaticamente insufficiente ad assorbire gli attuali 15.200 Assegnisti + 5.800 RTDa, pari a 21.000, oltre alle altre figure atipiche che portano il numero dei precari a 45.000.
Trovo anche odiosa la clausola che prevede l’assoluta incompatibilità del contratto di ricerca con la frequenza di corsi di laurea dei diversi livelli, dottorati di ricerca, specializzazione medica e borse di studio, in quanto prevede un’imperativa rinuncia al perfezionamento professionale, magari su discipline diverse, nella direzione di quella interdisciplinarietà innovativa consacrata di recente anche con la possibilità di frequenza in contemporanea di più corsi di laurea. Meglio sarebbe prevedere la possibilità su autorizzazione della sede. Impedire di default la possibilità di perfezionare la propria qualificazione professionale è una limitazione di un diritto fondamentale della persona che non può a mio avviso essere limitato. Infatti oggi la frequenza di secondo o terzo dottorato di ricerca è libera, fatta salva la norma che si può usufruire della borsa una sola volta nella vita.