1. Non c’è pandemia che tenga
La grave mancanza di medici e di infermieri era nota a tutti già prima della pandemia, che l’ha ‘solo’ resa più evidente e drammatica.
Già a partire dall’aprile 2020 l’ANDU aveva chiesto al Governo e al Parlamento alcuni interventi urgenti:
a. iscrivere, già per il 2020-2021, alle Scuole di specializzazione tutti i laureati in medicina;
b. aumentare a 20.000 gli ingressi a medicina per quest’anno e approvare immediatamente un piano per abolire il numero chiuso nell’arco di 4 anni;
c. riformare radicalmente il sistema nazionale sanitario pubblico.
Nulla di tutto ciò è stato fatto fino ad ora (v. “Medicina perduta. Cosa fare”).
E quanto previsto nella prima bozza del Recovery Plan è per l’Università ancora pochissimo e in gran parte ‘orientato’ verso l’industria privata (v., in particolare, pagg. 67-73 della bozza).
2. Legge bilancio. Ancora briciole o niente per studenti, precari, personale e docenti
Poco o nulla nella Legge di bilancio 2021 (testo) c’è per il diritto allo studio, i precari, il reclutamento, gli avanzamenti di carriera. Invece sono stati stanziati 84 milioni (+44%!) per le università private e 10 milioni per Invitalia, un’agenzia del MEF che si aggiunge ad ANVUR e ANR nel commissariamento dell’Università (comma 550).
Sul (non) rinnovo del contratto del personale tecnico-amministrativo si è svolta il 10 dicembre scorso la “Assemblea nazionale unitaria ‘università tradita’”, all’indomani dell’incontro con il Ministro, indetta dai sindacati di categoria.
3. Di nuovo Renzi: “togliere l’Università dal diritto amministrativo”
Al punto 42 delle recenti proposte di Italia Viva si legge:
“Università e ricerca. Occorre decidere quale sia il livello della nostra ambizione su questo punto. Vogliamo togliere l’Università dal diritto amministrativo? Vogliamo far scegliere il rettore al CdA e non farlo eleggere (il sapere non è democratico, ma meritocratico)? vogliamo cambiare governance – reclutamento – valutazione? Vogliamo abolire il valore legale del titolo di studio? Vogliamo limitarci a modificare le classi di laurea? Vogliamo un contratto nazionale del ricercatore che dia certezza di finanziamento a chi fa ricerca in Italia? Dove vogliamo il numero chiuso? Noi chiediamo una discussione pubblica, serrata, seria su questi temi. Perché questo è il settore su cui ci giochiamo il futuro: il capitale umano.
Le pagine che abbiamo letto sono tutte pagine che non creano divisioni o dissensi: ma serve una svolta, non un generico atto di indirizzo, se vogliamo davvero rilanciare l’università italiana.” (le sottolineature non sono nel testo originale).
Le intere proposte di Italia Viva sono state illustrate dal Matteo Renzi nella sua conferenza stampa del 28 dicembre 2020.
Già nel 2015 Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio, aveva sostenuto che “occorre sottrarre l’università dai vincoli della pubblica amministrazione restituendole autonomia”, così come avevano sostenuto anche l’allora ministro Stefania Giannini e la allora responsabile del PD Francesca Puglisi (v. qui).
Ecco in proposito la posizione assunta nell’aprile del 2015 da ADI, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, CONFSAL-CISAPUNI-SNALS, CoNPAss, CRNSU, Federazione UGL Università, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, UDU, UIL RUA:
“L’attacco alla Scuola pubblica è perfettamente in linea con quello contro l’Università, in corso da anni, e che ha come deliberato obiettivo quello di cancellare l’idea stessa di un’Università di qualità, democratica, aperta a tutti e diffusa nel Paese.
La demolizione dell’Università statale sta avvenendo con gli ingenti tagli alle risorse già scarse, l’accentramento esasperato dei poteri a livello nazionale e negli Atenei, la messa ad esaurimento dei ricercatori e il precariato reso ancor più feroce e senza sbocchi dalla legge “Gelmini”, lo svuotamento del diritto allo studio che dovrebbe invece essere garantito anche a chi è privo di mezzi. .
Inoltre la valutazione (mal concepita e peggio realizzata dall’ANVUR che ha commissariato il Sistema universitario) è diventata una clava per controllare, colpire e demolire, piuttosto che uno strumento per aiutare a far funzionare meglio la ricerca e l’alta formazione nel nostro Paese in una logica di Sistema nazionale.
E il peggio per l’Università statale sta per arrivare: con la scusa della sburocratizzazione si punta dichiaratamente all’uscita di questa Istituzione dalla Pubblica Amministrazione, ed è già annunciata l’applicazione del JobAct negli Atenei. Ovvero una ulteriore iper-precarizzazione di quasi tutto il personale docente, compreso quello ora in servizio al momento di un eventuale passaggio di carriera.
L’uscita dell’Università dalla Pubblica Amministrazione, richiesta da anni dalla Confindustria, porterebbe al rafforzamento ulteriore del potere dell’ANVUR e dei Rettori sulla didattica, sulla ricerca e sul reclutamento, le carriere e la retribuzione dei docenti, differenziando totalmente gli Atenei l’uno dall’altro.
L’obiettivo finale è quello di ridurre a pochissimi gli Atenei “veri”, quelli che svolgono didattica e ricerca, emarginando o cancellando tutti gli altri. E tutto questo nella direzione di un uso ancora più privatistico delle risorse pubbliche concentrate in poche mani.
Si tratta di un progetto dannoso per l’intero Paese che con la cancellazione dell’Università statale perderebbe un pilastro fondamentale del suo sistema democratico.”
4. Commissione Cultura. Solo con CRUI e CUN?
A quanto ci risulta, la Commissione Cultura della Camera, dopo avere auditi il 15 dicembre scorso CRUI e CUN, non ha ancora convocato le Organizzazioni e le Associazioni universitarie per avere anche da loro opinioni sul testo ancora in ‘lavorazione’ nel Comitato ristretto. Questo testo riguarda il reclutamento e lo stato giuridico dei ricercatori delle università e degli enti di ricerca e il dottorato e gli assegni di ricerca (v. “Camera. Finte e vere audizioni?”).
Nel frattempo il Comitato ristretto ha proseguito la sua attività, mentre il testo fatto avere a CRUI e CUN non ci è ancora noto.
Ci rifiutiamo di credere che la Commissione, il suo Ufficio di Presidenza e il Comitato ristretto abbiano alla fine scelto come interlocutori ‘speciali’ la CRUI e anche il CUN, non convocando anche quanti erano stati auditi un anno fa assieme a CRUI e CUN. Una scelta che sarebbe nuova negli ultimi decenni solo per il fatto che questa volta avverrebbe in maniera ‘ufficiale’ grazie alla video-registrazione dell’audizione-incontro del 15 dicembre scorso, che tutti possono vedere.
Ma non sarebbe preoccupante solo il metodo, anche istituzionalmente scorretto, che la Commissione starebbe adottando, ma anche quanto si starebbe decidendo. Infatti, sulla base di quanto emerso nell’audizione del 15 dicembre scorso, sembra che il Comitato ristretto voglia mantenere i ruoli separati di associato e di ordinario (altro che docente unico!), confermare il localismo dei concorsi (cooptazione personale) con la presenza nelle commissioni concorsuali di un membro interno e mantenere anche la foglia di fico delle ASN (inutili concorsi senza posti), prevedere un lungo periodo di precariato (“assegni di ricerca”, sic!) in quantità non limitata, non prendere in considerazione una seria prospettiva di sbocco per gli oltre 50.000 attuali precari (precari usa e getta).
Pare anche che si voglia prevedere una nuova e ‘micidiale’ figura ultra-precaria attraverso l’introduzione di “Borse di ricerca”, post-laurea e pre-dottorato, di durata tra 3 e 12 mesi per un periodo complessivo non superiore a 18 mesi.
5. Da 15 scienziati: 25000 nuovi posti in 5 anni
Il 2 gennaio 2021 quindici scienziati hanno inviato al Presidente del Consiglio una seconda lettera. In questa nuova lettera gli scienziati ribadiscono la loro richiesta “di investire 15 miliardi di Euro in 5 anni per mettere la ricerca pubblica di base al passo coi principali Paesi europei” e specificano ora la richiesta che dei 15 miliardi “nel prossimo quinquennio, 4 miliardi di Euro potrebbero permettere concorsi per circa 5000 ricercatori ogni anno. Ciò ridurrebbe in modo significativo il divario che separa la popolazione di ricercatori nelle strutture pubbliche in Italia (…) rispetto a Francia e Germania”.
Questa sembrerebbe una richiesta non lontana da quella che da anni l’ANDU avanza: bandire almeno 20.000 posti di professore universitario di ruolo in 4 anni (5000 all’anno).
L’ANDU chiede anche di cambiare radicalmente le attuali modalità di reclutamento prevedendo – anche per tutte le prove precedenti e successive – commissioni nazionali interamente sorteggiate (abolizione della cooptazione personale), chiede inoltre di abolire il precariato senza abolire gli attuali precari, chiede anche l’introduzione di un vero docente unico, etc.
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Per leggere la Proposta dell’ANDU di riforma complessiva dell’Università (diritto allo studio, precariato, docente unico, riforma concorsi, autonomia Sistema nazionale, gestione democratica atenei, etc.) cliccare qui.
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La storia della devastazione dell’Università può essere approfondita in questo sito utilizzando la “ricerca avanzata”, in alto a sinistra.
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Con la recente aggiunta nel sito dell’ANDU di tutte le Agenzie mensili di “Università Democratica” (dal settembre 1984 all’ottobre 1999) è ora più ampiamente documentata sia l’opera di demolizione dell’Università condotta da oltre 40 anni, sia l’opposizione portata avanti da oltre 40 anni prima dal movimento dei precari, poi da quello dei ricercatori e quindi dall’ANDU.
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Se altri volessero ricevere notizie dall’ANDU, inviino una e-mail ad anduesec@tin.it con oggetto “notizie”.