CHI E COME PUO’ RICOSTRUIRE L’UNIVERSITA’

  1. L’interessante intervento di Piero Bevilacqua
  2. Alcune considerazioni sull’intervento di Bevilacqua
    a) Un’analisi ampiamente condivisibile
    b) L’apatia di docenti, precari e studenti è frutto soprattutto delle controriforme
    c) Ceto politico e rettori
    d) E allora?

 

1. L’interessante intervento di Piero Bevilacqua

Sul “Manifesto” del 2 ottobre 2020 è apparso un interessante intervento di Piero Bevilacqua: “Il silenzio dell’università e le responsabilità del ceto politico”.

Bevilacqua descrive la regressione dell’università italiana e ritiene che dal suo mondo (docenti, precari, studenti), “schiacciato sotto il peso di una ideologia produttivistica che soffoca ogni visione generale, incatenato alla precarietà, non può più venire alcun moto di ribellione, né tanto meno un conato di revisione dello status quo.”

I docenti di oggi non hanno “molti legami con la vita politica e culturale della società”; i ricercatori, “oggi come nel peggiore passato, debbono la propria possibilità di carriera alla fedeltà ai professori ordinari, e soprattutto alla propria latenza politica, al loro carrieristico conformismo”; gli studenti “non studiano per un itinerario formativo, ma vanno a caccia di crediti da mettere insieme secondo una disposizione cumulativa, finalizzata ai risultati, che distrugge alla radice lo studio quale esperienza di riflessione”.

Bevilacqua ritiene che sia “necessario abolire l’Anvur e i suoi criteri di valutazione industriale della ricerca, cancellare i crediti a partire dal lemma finanziario che li designa, rivedere il 3 più 2 e i percorsi delle lauree brevi, riformare i criteri di accesso alla docenza, bandendo la precarietà che è il vessillo funesto dell’ideologia neoliberistica, la pestilenza culturale universale da cui dipendono i fallimenti a catena del nostro tempo.”

Bevilacqua sostiene anche che il fatto che a governare l’università “sia un ex rettore, un uomo che viene da quel mondo, non sembra cambiare le cose.”

Piero Bevilacqua pensa che, in presenza di un mondo universitario ‘impotente’, è “necessario che a intervenire sia dunque il ceto politico di governo” e una speranza gli è data dall’iniziativa del Presidente del Consiglio perché “ha annunciato un convegno internazionale sul nuovo umanesimo”.

2. Alcune considerazioni sull’intervento di Bevilacqua

a) Un’analisi ampiamente condivisibile

L’analisi di Piero Bevilacqua della situazione dell’Università italiana è sostanzialmente condivisibile e ancor più condivisibili sono le sue richieste di cambiamento: abolizione dell’ANVUR, revisione del “3 + 2” e superamento del numero chiuso, abolizione della precarietà, riforma dei meccanismi concorsuali, finanziamento per nuovi accessi. Queste richieste sono peraltro una parte significativa di quelle avanzate da anni dall’ANDU per la rifondazione dell’Università italiana (v. nota 1).

b) L’apatia di docenti, precari e studenti è frutto soprattutto delle controriforme

Lo ‘stato apatico’ che caratterizza oggi le componenti universitarie è certamente dovuto anche alla “ideologia neoliberistica”, ma più concretamente dipende soprattutto da un lavoro ‘scientifico’ di demolizione del Sistema nazionale statale operata attraverso interventi normativi dettati nel corso di oltre trenta anni da una potente lobby accademico-ministeriale-confindustriale (v. nota 2).

Solo attraverso la conoscenza approfondita di chi – per chi, perché, come e quando – ha prodotto negli ultimi decenni le norme devastatrici dell’Università statale è possibile elaborare un progetto alternativo, complessivo e articolato per la ricostruzione dell’Università.

c) Ceto politico e rettori

L’attuale “ceto politico”, come quelli precedenti, è stato finora subalterno al progetto di voluta e riuscita devastazione dell’Università: Governi e Parlamenti hanno sempre ratificato quanto dettato dalla potente lobby, la quale ha anche controllato direttamente (soprattutto tramite ex rettori) o indirettamente il Ministero.

Bisogna ricordare, in particolare, che la CRUI ha sempre proposto e/o sostenuto o non contrastato i provvedimenti man mano decisi.

Per quanto riguarda l’attuale Presidente del Consiglio va ricordato, tra l’altro, il suo ruolo fondamentale nell’istituzione – all’insaputa dello stesso Ministro di allora – dell’ANR, un’agenzia che insieme all’ANVUR completerà il commissariamento dell’Università e della Ricerca.

d) E allora?

Abbiamo sempre pensato che il mondo universitario possa/debba riuscire a opporsi allo smantellamento dell’Università, pilastro fondamentale dello stesso assetto democratico del nostro Paese.

Docenti, precari, personale tecnico-amministrativo e studenti non possono non volere un Sistema nazionale universitario autonomo, non competitivo, senza precari, con accesso aperto a tutti, con docenti liberi e con pari diritti e doveri, con un organismo nazionale che lo coordini e lo difenda dai poteri forti interni ed esterni, con Atenei liberati dalle oligarchie e dai rettori padroni assoluti.

Per questo siamo impegnati da decenni nell’informare (e documentare) sui singoli provvedimenti, nell’invitare alla mobilitazione tutte le categorie, cercando di convincere tutti che solo uniti si possono risolvere anche i problemi dei singoli. Unità che può realizzarsi utilmente solo se basata su precise richieste che facciano parte di un progetto realmente alternativo per ricostruire l’Università.

NOTA 1. Proposta per rifondare il Sistema nazionale universitario

Si propone quanto elaborato per ricostruire il Sistema nazionale universitario. Una ricostruzione che può avvenire solo abbandonando ogni logica e ogni interesse categoriale o sub-categoriale, avendo una visione e una piattaforma complessive e veramente alternative al progetto e alle azioni di chi da decenni sta sistematicamente devastando l’Università statale, in una logica aziendalistica e mercantilistica (usando però i finanziamenti pubblici).

La rifondazione dell’Università richiede un finanziamento che poteva essere già previsto all’interno del Decreto Rilancio e che potrà esserlo ampiamente nell’ambito dei prossimi ingenti finanziamenti europei.

Questo finanziamento potrà essere utile al Paese solo se contestualmente si rifonda il Sistema nazionale universitario rendendolo autonomo, democratico, efficiente, diffuso nel territorio, aperto a tutti i giovani, senza precariato. Un sistema che garantisca a tutti i docenti-ricercatori la libertà di ricerca fin dalla loro formazione, cancellando ogni forma di subalternità culturale e umana.

Ecco, in sintesi, le proposte dell’ANDU:

1. costituire un Organismo nazionale, eletto direttamente da tutte le componenti, per rappresentare e coordinare gli Atenei e per difendere l’autonomia del Sistema nazionale universitario dai poteri forti interni (come la CRUI) ed esterni (come la Confindustria), superando la finta autonomia dei singoli Atenei;

2. abolire l’incostituzionale e costosissima ANVUR, voluta per commissariare gli Atenei e per mortificare la libertà di ricerca e di insegnamento, costringendo a pubblicare in modo ossessivo (publish or perish). Cancellare le “annesse” abilitazioni nazionali, foglie di fico dei finti concorsi locali;

3. abolire la costosissima ANR imposta per affiancare l’ANVUR nell’opera di controllo totale dell’Università e della Ricerca;

4. rendere i Senati Accademici organi decisionali e rappresentativi di tutte le componenti, trasformando i Consigli di Amministrazione in organi puramente esecutivi e prevedendo la netta riduzione dei poteri dei Rettori, che non devono fare parte del Senato Accademico;

5. abolire il numero chiuso, strumento di inutile violenza contro il diritto dei giovani a scegliere i corsi di laurea in cui vorrebbero studiare e inoltre assicurare un vero diritto allo studio (borse e alloggi a tutti gli aventi diritto, riduzione delle tasse e ampliamento degli esoneri, strutture adeguate, buona didattica con una adeguata ristrutturazione dei corsi e con un adeguato numero di docenti, ecc.);

6. valorizzare il dottorato di ricerca anche all’esterno dell’Università, aumentare significativamente l’entità delle borse e abolire i dottorati senza borse;

7. bandire immediatamente, su fondi nazionali e oltre al naturale turnover, almeno 20.000 (5000 all’anno) posti di professore di ruolo, unico modo per recuperare i posti in ruolo persi in oltre un decennio e dare un credibile sbocco a buona parte degli attuali precari. Precari da prorogare a domanda fino all’espletamento dei concorsi;

8. superare tutte le attuali figure precarie per sostituirle con una sola figura pre-ruolo di breve durata (tre anni), in numero rapportato agli sbocchi in ruolo, autonoma e adeguatamente garantita e retribuita;

9. costituire un unico ruolo (organico unico) di professore universitario articolato in tre fasce retributive, con uguali compiti e uguali diritti (compreso l’elettorato attivo e passivo) e uguali doveri all’interno di un unico stato giuridico nazionale (uguale in tutti gli Atenei), con la stessa età pensionabile e con gli scatti economici legati esclusivamente all’età di servizio (retribuzione differita). L’ingresso nel ruolo deve avvenire con concorsi nazionali (senza ASN) e il passaggio di fascia deve avvenire, a domanda, attraverso una valutazione complessiva (ricerca e didattica) nazionale individuale. In caso di valutazione positiva, deve conseguire l’automatico riconoscimento della nuova posizione (senza alcun ulteriore “filtro” locale).

L’elettorato passivo deve essere riservato ai professori con anzianità nel ruolo unico di almeno cinque anni.

I vincitori dei concorsi nazionali devono potere scegliere dove prendere servizio, tra le sedi dove sono stati banditi i posti messi a concorso, sulla base di una graduatoria.

Transitorio

Gli attuali ricercatori a tempo indeterminato, i professori associati e i professori ordinari, a domanda, fanno parte rispettivamente della terza, della seconda e della prima fascia, mantenendo all’ingresso l’attuale retribuzione.

A tutti i ricercatori di ruolo e agli associati che hanno conseguito l’ASN deve essere riconosciuto immediatamente e automaticamente il passaggio di fascia, con i relativi incrementi economici a carico dello Stato.

10. eliminare a tutti i livelli i finti concorsi locali e le prove locali, prevedendo che, sempre a tutti i livelli (dal dottorato in poi), le scelte siano operate da parte di commissioni nazionali con tutti i membri sorteggiati tra tutti i docenti, escludendo quelli appartenenti agli Atenei direttamente interessati ai concorsi o alle prove e consentendo la presenza di non più di un docente dello stesso Ateneo. Per le motivazioni dell’abolizione dei concorsi e delle prove locali v. ”Ruolo unico e cancellazione del precariato” cliccando qui.

NOTA 2. Le principali tappe della demolizione dell’Università italiana:

Finta autonomia statutaria (1989) per salvaguardare le oligarchie degli atenei, finta autonomia finanziaria (1993) per far gestire agli Atenei la riduzione progressiva dei finanziamenti, finti concorsi locali (1997) e ASN (2010) per dare ulteriore spazio alla cooptazione-arbitrio personale, introduzione del numero chiuso (1999) per negare ai giovani la scelta degli studi, imposizione del “3 + 2″ (2000) con la frammentazione dei saperi, invenzione dell’IIT (2003) costosissimo “giocattolo” ministeriale-confindustriale a discapito dell’Università, istituzione “personalizzata” del SUM di Firenze e dell’IMT di Lucca (2005), svuotamento del CUN (2006) a favore della CRUI, introduzione dell’ANVUR (2006) per commissariare l’Università, messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori (2010) per moltiplicare i precari, cancellazione di ogni parvenza di democrazia negli atenei (2010) con il rettore-padrone assoluto, localizzazione dei collegi di disciplina (2010) per tenere meglio a bada i docenti, istituzione dell’Human Technopole (2016) che è una sorta di duplicazione milanese dell’IIT di Genova, invenzione della costosa Scuola superiore napoletana (2018) – v. “Il Caso della Normale è normale?”, l’istituzione dell’ANR (2019) per controllare ancora di più l’Università e la Ricerca. E anche: Cattedre Natta, scatti premiali ai docenti, borse per studenti eccellenti, aumento delle tasse, finanziamenti per alcuni docenti, finanziamenti per dipartimenti eccellenti, riduzione dei finanziamenti agli Atenei e loro iniqua distribuzione per “merito”, ecc.

==== La storia della devastazione dell’Università può essere approfondita in questo sito utilizzando la “ricerca avanzata”, in alto a sinistra.

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m.caterina federici
m.caterina federici
3 anni fa

quanto mai opportuna la presa di posizione, largamente condivisibile, dei colleghi de la Sapienza che mette l’accento sui nodi critici del n sistema , oggi ampiamente desertificato ed esposto a utti i venti.

ANDU
ANDU
4 anni fa

Si segnala un interessante commento di Luigi Campanella, già presidente SCI:
https://ilblogdellasci.wordpress.com/2020/12/07/chi-e-come-puo-ricostruire-luniversita/

Salvatore NICOSIA
Salvatore NICOSIA
4 anni fa

L’articolo di Bevilacqua a me sembra giusto, aggiornato, bene ispirato, progressista. Dice “qualcosa di sinistra”. Ma la conclusione farebbe tenerezza, se la situazione non fosse tragica, in quanto ripone speranze nel Governo attuale..
Ora, il Governo è composto dal Movimento Cinque Stelle, che è anti-scientifico in profondità, e coltiva accuratamente questa sua qualità e la conferma in tutte le occasioni possibili.
E dal PD, nel quale sono rimaste tracce del neo-liberismo che il Sen. Renzi importò in Italia forse vent’anni fa.
A dispetto delle lezioni di Fabrizio Barca, oggi il PD non ha altro pensiero economico che quello liberista compensato dall’assistenzialismo. E’ il “mostro mite” descritto da Raffaele Simone.
Da questo Governo dunque non possiamo aspettarci nulla; e questo è anche giusto, perchè la libertà, la partecipazione, la responsabilità non si debbono e non si possono ricevere in regalo. Si debbono guadagnare, come spiegava il prof. Giovanni Serravalle cinquant’anni fa.
Da dove e con chi cominciare a risalire la china? Pensiamo anzitutto a noi stessi, e alle occasioni che ci aspettano.
– Chiediamo ai candidati – Rettori di promettere di scomporre ragionevolmente questi mostruosi Dipartimenti unici che sono andati di moda negli ultimi anni: Dipartimenti così grossi che ognuno di noi componenti è sconosciuto per l’altro, e solo le Giunte li possono realmente governare.
– Chiediamo ai nostri Rappresentanti nei SA e nei CdA che ad ogni ricercatore sia garantito un Fondo annuale per la Ricerca, che è condizione per la libertà e la creatività.
Fondo da incrementare se i ricercatori formano gruppi o conseguono risultati speciali, ma comunque garantito.
– E poi, stabiliamo rapporti regolari col mondo produttivo e culturale: Agricoltura, Industria, Editoria, Volontariato. Non tanto per cercare fondi; non per organizzarci i “nostri” Convegni; ma per servizio. Ne saremo ricompensati come ricercatori, come e quanto non ce lo immaginiamo nemmeno.