L’11 dicembre 2019 la Commissione Cultura della Camera ha deciso (cliccare qui, v. pag. 117) di abbinare la Proposta di Legge C. 2218 del PD (nota 1) a quella del M5S (cliccare qui).
La PdL del PD, per le materie trattate, differisce da quella del M5S.
Si ricorda che, come emerso dai recenti incontri dell’ANDU con il PD e il M5S (cliccare qui), tra questi due Gruppi parlamentari è stato raggiunto l’accordo di non trattare in questa fase norme riguardanti l’articolazione e gli avanzamenti della docenza e di occuparsi delle norme riguardanti il dottorato, il precariato e il reclutamento in ruolo.
Su queste stesse questioni l’ANDU ha avanzato da tempo una proposta (nota 2) nell’ambito di una complessiva riforma della docenza (cliccare qui) che prevede anche il docente unico.
L’ANDU esprimerà le proprie osservazioni sulla nuova proposta del PD.
DISCUTIAMO
L’importanza e l’urgenza delle questioni all’esame del Parlamento richiede una larga e tempestiva discussione nel mondo universitario e per questo invitiamo a inviare pareri e proposte a anduesec@tin.it o inserendoli qui sotto .
– Nota 1. PdL del PD:
“Proposta di legge: PICCOLI NARDELLI e CIAMPI: “Norme concernenti la disciplina del dottorato di ricerca e i contratti di ricerca nonché modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, in materia di reclutamento, stato giuridico e trattamento economico dei ricercatori universitari” (2218)”
Per leggere la relazione e gli articoli della PDL cliccare qui.
– Nota 2. Proposta dell’ANDU:
“Vanno eliminate TUTTE le figure precarie attuali introducendo una sola figura di pre-ruolo di durata massima di tre anni, con tutti i diritti garantiti, adeguata retribuzione e autonomia di ricerca, e in numero rapportato agli sbocchi in ruolo.
Occorre bandire SUBITO almeno 20.000 posti (5000 all’anno) di professore di terza fascia, su fondi nazionali e con commissioni interamente nazionali, e si devono prorogare, a domanda, gli attuali precari fino all’espletamento dei bandi.”
= Congresso nazionale dell’ANDU il 7 e 8 febbraio 2020 a Roma
Il Congresso nazionale dell’ANDU si terrà il 7 e 8 febbraio 2020 a Roma.
==== Per informazioni sull’ANDU (Costituzione, Organi, Statuto, Adesione) cliccare:
https://www.andu-universita.it/info/
==== La storia della devastazione dell’Università può essere approfondita in questo sito ( https://www.andu-universita.it/ ) utilizzando la “ricerca avanzata”, in alto a sinistra.
e che dire degli RTDA che non sono stati rinnovati per mancanza di fondi (come nel mio caso) e che comunque hanno già passato tutta la loro vita da precari (dottorato + assegni di ricerca + RTDA e adesso contratto, sempre a tempo det, di tecnologo… in attesa di tempi migliori).?.. siamo in tanti e non necessariamente, per vari motivi, vogliamo diventare a tutti i costi PA e proseguire la carriera… secondo me prevedere la posizione da RI per chi si vuole dedicare completamente alla ricerca senza fare insegnamento sarebbe una ottima soluzione… lasciando aperto uno spiraglio sporadico per l’insegnamento con eventuali incarichi di professore a contratto.
grazie per l’attenzione
emanuela grassilli, precaria da una vita
Pienamente d’accordo, soprattutto per quanto riguarda i ricercatori di
tipo A. Che debbano sottoporsi a un secondo concorso che ricalca il
primo è una vera assurdità . La soluzione mi sembra semplice: passato
un biennio o un triennio, i dipartimenti di afferenza decidono,
valutate le attività didattiche e scientifiche, se assumere a tempo
indeterminato i singoli ricercatori. In tal modo si eviterebbe un
precariato, ripeto, illogico, si coopterebbero giovani studiosi di
valore e si risparmierebbero spese inutili. Cordialità. Stefano
Manferlotti
Marco Calaresu
4 anni fa
Gent.mi,
vi ringrazio per il vostro lavoro e per i puntuali aggiornamenti.
Colgo la vostra sollecitazione in merito all’apertura di un dibattito attorno alla Proposta di Legge C. 2218 del PD, e vi segnalo che a mio parere manca nel dispositivo di legge una previsione transitoria per tutti colori i quali (come lo scrivente) sono  stati titolari di un rinnovo biennale di contratto triennale per ricercatore a tempo determinato di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 2010,n.240.
All’art. 7 della PdL si leggono infatti solo previsioni dedicate ai titolari di contratto triennale di tipo a), che non abbiano ancora finito il loro incarico, oppure che lo abbiano ultimato da non più di 4 anni (entro 4 anni dalla scadenza, si legge nel testo). A mio avviso questo creerebbe un grave e indebito svantaggio – se non precisato, in un senso o nell’altro, dal legislatore – ai danni di chi ha avuto il rinnovo (e naturalmente, come previsto dalla PdL anche in possesso dell’Abilitazione Scientifica Nazionale), per almeno due ragioni: 1) anzitutto, non si capirebbe (o sarebbe molto difficile da capire, quantomeno soggetto ad interpretazioni), da quale data devono decorrere per quella particolare categoria di soggetti i 4 anni previsti dalla Legge ex art. 7. Ovvero, dalla data di scadenza del contratto triennale? Oppure dalla scadenza del biennio di rinnovo, attualmente previsto dalla legge Gelmini? 2) In secondo luogo, se si procedesse ad una interpretazione restrittiva, i ricercatori triennali rinnovati si troverebbero nella spiacevole situazione di vedere nella peggiore delle ipotesi dimezzato il tempo a loro disposizione per concorrere per i posti senior, oppure di doversi dimettere per potervi concorrere. Se si volesse invece dare un’interpretazione estensiva, e il termine di 4 anni valesse invece a partire dalla scadenza del rinnovo biennale, con la previsione attuale i due anni di estensione del contratto sarebbero di fatto “persi” per il ricercatore, “cancellati” ai fini della carriera, senza che in alcun modo si possano fare valere per regola di legge ai fini dell’accesso al concorso senior.
Se ho letto e interpretato correttamente la PdL, forse vale la pena segnalare questo vulnus al legislatore?
Vi ringrazio anticipatamente per la disponibilità e l’attenzione, e vi invio i miei più cordiali saluti,
Marco Calaresu
Marco Antoniotti
4 anni fa
La proposta di legge PD a firma Piccoli Nardelli e Ciampi contiene molte cose negative.
Innanzitutto non risolve il problema della prima figura “di ruolo”, comunque in “tenure track”. In secondo luogo insiste nel porre vincoli inutili e controproducenti alle figure “precarie”, facendo grande confusione sul ruolo degli *studenti* di dottorato.
Sorvoliamo poi sui “posti soprannumerari” di dottorato riservati ai dipendenti PA. Abbiamo già visto quali possano essere gli effetti di misure siffatte.
Quindi, in totale, si dimostra per l’ennesima volta come la politica italiana non abbia contezza di ciò che servirebbe all’Accademia.
Ovviamente non è solo colpa dei politici. Sono cose che capitano quando questi si sentono dire che “bisognerebbe reintrodurre i concorsoni nazionali”.
A presto
Marco Antoniotti
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e che dire degli RTDA che non sono stati rinnovati per mancanza di fondi (come nel mio caso) e che comunque hanno già passato tutta la loro vita da precari (dottorato + assegni di ricerca + RTDA e adesso contratto, sempre a tempo det, di tecnologo… in attesa di tempi migliori).?.. siamo in tanti e non necessariamente, per vari motivi, vogliamo diventare a tutti i costi PA e proseguire la carriera… secondo me prevedere la posizione da RI per chi si vuole dedicare completamente alla ricerca senza fare insegnamento sarebbe una ottima soluzione… lasciando aperto uno spiraglio sporadico per l’insegnamento con eventuali incarichi di professore a contratto.
grazie per l’attenzione
emanuela grassilli, precaria da una vita
Pienamente d’accordo, soprattutto per quanto riguarda i ricercatori di
tipo A. Che debbano sottoporsi a un secondo concorso che ricalca il
primo è una vera assurdità . La soluzione mi sembra semplice: passato
un biennio o un triennio, i dipartimenti di afferenza decidono,
valutate le attività didattiche e scientifiche, se assumere a tempo
indeterminato i singoli ricercatori. In tal modo si eviterebbe un
precariato, ripeto, illogico, si coopterebbero giovani studiosi di
valore e si risparmierebbero spese inutili. Cordialità. Stefano
Manferlotti
Gent.mi,
vi ringrazio per il vostro lavoro e per i puntuali aggiornamenti.
Colgo la vostra sollecitazione in merito all’apertura di un dibattito attorno alla Proposta di Legge C. 2218 del PD, e vi segnalo che a mio parere manca nel dispositivo di legge una previsione transitoria per tutti colori i quali (come lo scrivente) sono  stati titolari di un rinnovo biennale di contratto triennale per ricercatore a tempo determinato di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 2010,n.240.
All’art. 7 della PdL si leggono infatti solo previsioni dedicate ai titolari di contratto triennale di tipo a), che non abbiano ancora finito il loro incarico, oppure che lo abbiano ultimato da non più di 4 anni (entro 4 anni dalla scadenza, si legge nel testo). A mio avviso questo creerebbe un grave e indebito svantaggio – se non precisato, in un senso o nell’altro, dal legislatore – ai danni di chi ha avuto il rinnovo (e naturalmente, come previsto dalla PdL anche in possesso dell’Abilitazione Scientifica Nazionale), per almeno due ragioni: 1) anzitutto, non si capirebbe (o sarebbe molto difficile da capire, quantomeno soggetto ad interpretazioni), da quale data devono decorrere per quella particolare categoria di soggetti i 4 anni previsti dalla Legge ex art. 7. Ovvero, dalla data di scadenza del contratto triennale? Oppure dalla scadenza del biennio di rinnovo, attualmente previsto dalla legge Gelmini? 2) In secondo luogo, se si procedesse ad una interpretazione restrittiva, i ricercatori triennali rinnovati si troverebbero nella spiacevole situazione di vedere nella peggiore delle ipotesi dimezzato il tempo a loro disposizione per concorrere per i posti senior, oppure di doversi dimettere per potervi concorrere. Se si volesse invece dare un’interpretazione estensiva, e il termine di 4 anni valesse invece a partire dalla scadenza del rinnovo biennale, con la previsione attuale i due anni di estensione del contratto sarebbero di fatto “persi” per il ricercatore, “cancellati” ai fini della carriera, senza che in alcun modo si possano fare valere per regola di legge ai fini dell’accesso al concorso senior.
Se ho letto e interpretato correttamente la PdL, forse vale la pena segnalare questo vulnus al legislatore?
Vi ringrazio anticipatamente per la disponibilità e l’attenzione, e vi invio i miei più cordiali saluti,
Marco Calaresu
La proposta di legge PD a firma Piccoli Nardelli e Ciampi contiene molte cose negative.
Innanzitutto non risolve il problema della prima figura “di ruolo”, comunque in “tenure track”. In secondo luogo insiste nel porre vincoli inutili e controproducenti alle figure “precarie”, facendo grande confusione sul ruolo degli *studenti* di dottorato.
Sorvoliamo poi sui “posti soprannumerari” di dottorato riservati ai dipendenti PA. Abbiamo già visto quali possano essere gli effetti di misure siffatte.
Quindi, in totale, si dimostra per l’ennesima volta come la politica italiana non abbia contezza di ciò che servirebbe all’Accademia.
Ovviamente non è solo colpa dei politici. Sono cose che capitano quando questi si sentono dire che “bisognerebbe reintrodurre i concorsoni nazionali”.
A presto
Marco Antoniotti