Anche nel caso della vicenda dei “concorsi truccati” di Catania si rischia il solito repertorio: gli organi di informazione si occupano dello “scandalo” per qualche giorno, mentre nell’Università si sta a guardare o si parla d’altro. Poi tutto come prima, anzi peggio.
1. Il reclutamento è sempre stato fatto dal maestro e con la legge Berlinguer anche l’avanzamento
Tutti sanno che la cooptazione personale nei concorsi universitari, a tutti i livelli (dai posti di dottorato a quelli di ordinario), è LEGGE: da sempre le norme hanno consentito al maestro di scegliere il proprio allievo per la formazione e il reclutamento in ruolo (prima nel ruolo di assistente, e dal 1980 in quello dei ricercatori) e, dalla legge Berlinguer del 1999 in poi, anche per i posti di associato e di ordinario (v. nota).
Per coprire la cooptazione personale, con gli annessi fenomeni di localismo, clientelismo e nepotismo, si mantengono i finti concorsi locali e le abilitazioni scientifiche (concorsi senza posti), foglie di fico queste ultime per mantenere tutta la sostanza delle cooptazioni personali.
2. E gli organi universitari? E i docenti?
Anche questa volta nessun organismo di Ateneo o nazionale metterà in discussione l’attuale assetto normativo che favorisce e tutela la cooptazione personale?
Ci sarà qualche docente che lo farà oppure ci si limiterà a parlare di casi isolati?
3. Invece del concorso locale, un “buono posto”
Qualche tempo fa alcuni docenti hanno pubblicamente dichiarato che deve essere diritto/dovere del maestro scegliere il proprio allievo e che quindi vanno aboliti i concorsi. Una soluzione questa che certamente farebbe risparmiare tempo e denaro e che ridurrebbe al massimo gli “incidenti” giudiziari. Ciò in realtà equivarrebbe ad assegnare al maestro un “buono posto” che gli consentirà di scegliere senza infingimenti il proprio allievo; al maestro, esplicitamente e limpidamente, e non, come nella finzione attuale, al dipartimento e all’ateneo. Il modello degli “abolizionisti” è quello statunitense, dimenticando che l’accademia italiana ha una “tradizione” che rende altamente improbabile la scelta di chi non sta nella stanza accanto (v. il documento “Sostituiamo i finti concorsi con il ‘buono posto’”. Cliccare qui).
4. Lorenzo Fioramonti, attuale vice-ministro, nel 2010 sulla cooptazione
Una descrizione perfetta dello stato di sottomissione anche umana determinata dal sistema della cooptazione personale è stata fatta nel dicembre del 2010 da Lorenzo Fioramonti, allora “ricercatore precario all’Università di Bologna” e ora vice-ministro del MIUR. Fioramonti scriveva tra l’altro: “Chi entra nell’università viene inserito in un vero e proprio ingranaggio che lascia poco o nessuno spazio all’innovazione. Il talento, anche quando c’è, viene negato ed avvilito.” E poi: “I tagli imposti dal nostro ministro renderanno ancora più difficile sottrarsi all’assetto baronale dell’accademia italiana. Meno soldi e chiamata diretta. Quindi, aspettatevelo pure, assisteremo ad una nuova fase di nepotismo dilagante, con i poveri ricercatori a sgobbare dalla mattina alla sera pur di assicurarsi gli avanzi. Disposti a tutto pur di essere chiamati a fare qualche lavoretto.” Per leggere l’intervento del 2010 di Fioramonti cliccare qui.
5. Filippomaria Pontani: “Il familismo accademico e la legge”
Si segnala un recente intervento fuori dal coro di Filippomaria Pontani (“Il familismo accademico e la legge”) che propone un’alternativa ai concorsi locali e cioè l’introduzione di prove nazionali a tutti i livelli, nella direzione prevista dalla Proposta del Legge Torto in discussione alla Camera. Per leggere l’intervento di Pontani cliccare qui.
6. L’ANDU alla Camera pochi giorni prima dello “scandalo”
E proprio alcuni giorni prima che scoppiasse lo “scandalo” di Catania, nell’Audizione alla Camera del 12 giugno 2019, l’ANDU aveva, tra l’altro, sottolineato come nella PdL Torto “si confermano a tutti i livelli i finti concorsi locali e le prove locali per mantenere il controllo personale da parte del “maestro” sul reclutamento e sugli avanzamenti del proprio allievo. Occorrerebbe invece prevedere a tutti i livelli che le scelte venissero operate da parte di commissioni nazionali con tutti i membri sorteggiati tra tutti i docenti, escludendo quelli appartenenti agli Atenei direttamente interessati ai concorsi o alle prove e consentendo la presenza di non più di un docente dello stesso Ateneo” (v. il documento “Camera: sempre precariato e localismo” dove si trova anche il link del video dell’audizione. Per leggere il documento cliccare qui.).
7. La terza fascia di ruolo o la terza fascia precaria
Le PdL Torto e Melicchio sul reclutamento dei ricercatori saranno discusse nell’Aula della Camera a partire da 29 luglio 2019. Cliccare qui.
Nell’audizione alla Camera l’ANDU ha evidenziato come con la PdL Torto “si introduce una “nuova” figura subalterna di ricercatore a tempo indeterminato. Occorrerebbe invece prevedere una terza fascia di professore, con le stesse mansioni e con lo stesso stato giuridico (compresa l’età di pensionamento) degli associati e degli ordinari.”
La messa a esaurimento del ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato è stato attuato nel 2010 con la cosiddetta Legge Gelmini proprio per sostituirli con una terza fascia di precari usa e getta, sparpagliata in una giungla di figure, in numero quasi uguale a quello dei docenti di ruolo, con “giovani” che spesso a oltre 40 anni non sanno ancora cosa faranno da “grandi”.
Opporsi alla introduzione della terza fascia di ruolo equivale a volere mantenere la terza fascia precaria, ricercando uno sbocco in ruolo nella fallimentare figura del ricercatore di tipo b solo per una parte limitata degli attuali precari.
8. L’analisi articolata sulla cooptazione personale
A chi fosse interessato ad approfondire la questione, drammatica e urgente, dei concorsi proponiamo di leggere un documento dell’ANDU (“‘Corruzione’: tu vuo’ fa’ l’americano ma …”) scritto nell’ottobre 2017 in occasione di un altro “scandalo” concorsuale. In questo documento, purtroppo ancora attuale, si trattano i seguenti punti
- Le scelte sono già tutte locali
- I finti “concorsi” locali
- Abolire l’abilitazione, foglia di fico
- Non abolire stato giuridico e valore legale
- La radice del male: la cooptazione personale
- Prove esclusivamente nazionali
Concordo pienamente con l’analisi e le battaglie sostenute dall’ANDU (di cui sono un vecchio iscritto).
Due punti andrebbero a mio avviso evidenziati.
1) Il paragone con gli Stati Uniti è improprio in quanto il sistema Americano prevede una costante verifica di risultato sui vertici che vengono rimossi in caso di performances insufficienti. E’ quindi logico lasciare libera scelta nella assunzione dei collaboratori in quanto il vertice ne paga le conseguenze in prima persona in caso di scelte sbagliate (in U.S. un vertice non può mai scaricare responsabilità sui suoi sottoposti pena la immediata rimozione del vertice). In Italia se si volesse dare ai vertici il potere di assunzione discrezionale bisognerebbe precarizzarli e sottoporli a verifica di risultato ogni anno.
2) L’ASN dovrebbe prevedere il conseguimento dell’abilitazione automaticamente in base al rispetto dei parametri: la commissione potrebbe intervenire solo in casi di parametri non rispettati appieno in base a particolari titoli e requisiti posseduti dal candidato integrando così la valutazione dei soli titoli in casi particolari.Si eviterebbero così sia casi di giudizi eclatantemente discrezionali sia una eccessiva rigidità di un sistema basato su soli requisiti.
Cordialmente
Antonio Cortese
Concordo con Marrapodi, altrimenti andiamo sempre più a fondo – PB
Una semplice cosiderazione: e se scimmiottasimo sino in fondo gli americani introducendo la normativa che un candidato non puó diventare docente nell’università in cui si è laureato?
Il concorso deve essere vinto da chi è più bravo tramite giudizi obiettivi formulati con criteri internazionali. Se l’allievo del maestro è il più bravo vincerà, altrimenti deve lasciare il posto a chi lo merita.