“LA “BUONA UNIVERSITA’” C’E’ GIA’”, CON TANTI PRECARI

  1. LA “BUONA UNIVERSITA’” C’E’ GIA’”
  2. PRECARI INDETERMINATI

1. “LA “BUONA UNIVERSITA’” C’E’ GIA’”

“La <Buona università> c’è già”. Lo ha affermato Gaetano Manfredi, neo-eletto (all’unanimità, naturalmente) presidente della CRUI. “Serve un’opera di manutenzione” e, in particolare, ora c’è bisogno di investimenti sul sistema “sennò perdiamo quanto abbiamo conquistato (abbiamo chi?, ndr)”.

Lo stesso Manfredi chiede di “assumere 10mila giovani ricercatori in modo da ringiovanire e reintegrare la perdita di docenti che c’è stata negli ultimi anni con il blocco del turn over.” “Credo che almeno al 50% di questi 10mila dovrebbe essere garantita la possibilità, attraverso un percorso di tenure track, di diventare professore associato.” (dall’intervista del 24 settembre 2015 al Sole 24 ore.com).

Mentre vanno apprezzati gli accenni del nuovo Presidente della CRUI alle questioni delle borse di studio e del blocco degli scatti, va sottolineato come nell’”opera di manutenzione” da lui auspicata non paiono rientrare la democratizzazione della gestione degli Atenei (rettori sovrani assoluti, v. nota 1) e la costituzione di un organo di rappresentanza dell’autonomia del Sistema nazionale delle Università (v. nota 2). E non rientrano nemmeno l’abolizione dell’ANVUR (un organismo ‘inemendabile’ voluto per commissariare l’Università, v. nota 3) e delle Abilitazioni scientifiche (inutili concorsi senza posti, v. nota 4).

Insomma la CRUI sembra destinata a continuare ad agire per aggiustare/consolidare il progetto della Confindustria di smantellamento dell’Università statale, messo in opera da anni e sostenuto (“conquistato”) da un ristretto ma potente gruppo di accademici che ha operato contro gli interessi del Paese e della stragrande maggioranza della comunità universitaria.

E gli aggiustamenti per peggiorare la “Buona università” – cioè la ‘Cattiva università’ che “c’è già” – saranno fatti, come al solito, attraverso provvedimenti blindati come la legge di stabilità, senza alcun preventivo e reale confronto del Governo con le Organizzazioni universitarie.

2. PRECARI INDETERMINATI

Il nuovo Presidente della CRUI, di fronte alla perdita di circa 20.000 posti di ruolo e di fronte a oltre 30.000 attuali precari, auspica di fatto il bando di circa 5.000 posti di ricercatori di tipo B!

Il fatto è che il precariato è un elemento fondamentale della “Buona università” e per questo è stato messo a esaurimento il ruolo dei ricercatori (binario morto): pochi docenti ‘veri’ (gli ordinari), un po’ più di assistenti (gli associati) e tanti precari (ricercatori a tempo determinato, assegnisti, borsisti, ecc.).

Per cancellare per davvero e definitivamente il precariato nell’Università italiana è necessario invece prevedere il divieto assoluto di ogni altra figura pre-ruolo che non sia quella di un contratto che preveda reale autonomia di ricerca, adeguata retribuzione, diritti (malattia, maternità, ferie, contributi pensionistici) e con un numero di posti rapportato a quello degli sbocchi nel ruolo della docenza.

Fondamentale è che i contratti vengano assegnati attraverso concorsi espletati a livello nazionale, con commissioni interamente sorteggiate.

Contestualmente dovrebbero essere banditi, con un apposito finanziamento aggiuntivo nazionale, almeno 20.000 (4.000 ogni anno per 5 anni) posti di ricercatori di ruolo (a tempo indeterminato), per consentire sul serio e subito il ringiovanimento della docenza.

Anche in questo caso è fondamentale che i posti vengano assegnati attraverso concorsi espletati a livello nazionale, con commissioni interamente sorteggiate. (v. Proposta articolata cliccando qui).

Nel frattempo è indispensabile prorogare gli attuali precari fino a quando non saranno espletate le prime tornate dei concorsi per il reclutamento straordinario in ruolo.

Quanto proposto è l’unico modo per risolvere il problema del precariato che in Italia si caratterizza per una vera e propria giungla di figure, per il numero elevatissimo di precari a fronte di pochi sbocchi in ruolo (a tempo indeterminato), per la lunga durata dello stato di precarietà e per la subalternità a un ‘maestro’ dal quale dipende l’accesso al pre-ruolo, la formazione, il reclutamento in ruolo e le progressioni di carriera (cooptazione personale, con ‘annessi’ fenomeni di nepotismo, localismo, clientelismo, ecc.).

Questi obiettivi consentirebbero di cancellare per sempre il precariato, unendo i più diretti interessati che, nel loro interesse e di quello dell’Università, è auspicabile riescano a organizzarsi nazionalmente in un movimento di tutti i precari (tutti coloro che non sono a tempo indeterminato), coinvolgendo le altre componenti.

NOTE

(1) E’ necessario introdurre – sarebbe la prima volta – la gestione democratica e responsabile degli Atenei, con la partecipazione di tutte le componenti (professori, ricercatori, tecnico-amministrativi, studenti) e con organi collegiali eletti e composti democraticamente, affidando compiti esecutivi al Consiglio di Ammnistrazione (senza esterni) ed escludendo il Rettore dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione.

(2) Al Sistema nazionale universitario serve un Organo nazionale, democraticamente composto con l’elezione, diretta e per i docenti non frammentata per fasce e settori, dei rappresentanti di tutte le componenti. Un Organo di rappresentanza piena e di coordinamento degli Atenei, in grado di difendere l’autonomia del Sistema nazionale dai poteri forti politico-accademico-confindustriali. Un Sistema nazionale nel quale i vari settori degli Atenei vengano stimolati alla collaborazione nazionale, rifiutando la logica di una competizione artificiosa tra Atenei statali (finanziati dallo stesso e unico Stato), utile solo a chi, come la Confindustria, vuole ridurre a pochi (non più di venti) gli Atenei veri (didattica e ricerca) ed emarginare (solo didattica) o chiudere tutti gli altri.

(3) In un documento del settembre 2012 l’ANDU scriveva:

In Italia non può esistere un’Agenzia di valutazione terza; come si è detto già nel 2006, anche se a dirigerla dovessero essere chiamati dei marziani, l’accademia che conta li ‘umanizzerebbe’ subito (v. video, dell’intervento dell’ANDU, da 2:28:48, al Forum dei DS a Milano nel febbraio del 2006). E i ‘dirigenti’ attuali dell’ANVUR non sono certo dei marziani e non lo sarebbero nemmeno coloro che dovessero sostituirli.

(4) Nello stesso documento del 2012 si scriveva:

Con questo sistema (abilitazioni nazionali e concorsi/chiamate locali, ndr), dopo l’inutile e onerosa (impegno dei commissari e dei candidati, costi economici, ecc.) foglia di fico delle abilitazioni, la ‘sostanza’ la decideranno gli Atenei, ovvero a scegliere chi reclutare e promuovere sarà come sempre il singolo maestro, al quale sarebbe invece meglio (più rapido, meno costoso e più trasparente) consegnare un ‘buono posto’.”

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alessandra ciattini
alessandra ciattini
8 anni fa

A proposito di precari vorrei segnalare un articolo ahimè in spagnolo di un docente statunitense Paul Street, il quale scrive che negli USA il 50% dei docenti universitari non hanno un lavoro stabile (lo dice anche l’associazione americana dei docenti universitari) e lavorano in qualità di assistenti o aggiunti. Street segnala anche la ricattabilità di questi docenti e le politiche di esclusione nei confronti di coloro che hanno un atteggiamento critico verso il governo statunitense, oltre ai debiti spaventosi che gli studenti hanno fatto per studiare. Questo è il modello di università tanto propagandato

.http://www.telesurtv.net/opinion/El-mito-de-la-Academia-izquierdista-20160104-0010.html

Stefano Follesa
Stefano Follesa
9 anni fa

Apprezzo e condivido la volontà di ringiovanire il corpo docente ma dobbiamo essere consapevoli che ogni scelta ha il suo prezzo.
In questo caso il prezzo è quello di sacrificare interamente una generazione di cinquantenni e più che in questi ultimi vent’anni ha portato avanti silenziosamente la didattica e la ricerca per poi essere messa da parte nel nome del ringiovanimento del corpo docente. La stessa generazione che aveva inizialmente trovata sbarrata ogni strada di accesso dalla generazione precedente che negli anni settanta aveva fagocitato ogni ruolo possibile. La stessa generazione che dopo aver retto sulle proprie spalle il peso di una didattica a costo zero si è vista cancellare dall’ASN qualsiasi valore a tale didattica (un libro, qualunque esso sia, vale oggi più di dieci anni di corsi).
Tutto ciò mentre in altri ambiti (ad esempio la scuola) il precariato storico ha finalmente trovato giustizia senza che ciò limitasse l’accesso alle nuove generazioni ma semplicemente avanzando su un doppio binario di giovani e meno giovani. Tanti colleghi alcuni dei quali anche sessantenni che hanno lavorato da sempre nella scuola hanno avuto quest’anno un giusto riconoscimento del loro ruolo. Credo che la politica cerchi di insegnare a ogni generazione che il diritto di esistere passa attraverso la cancellazione della generazione precedente (mors tua vita mea ) ma almeno qualche dubbio sulla correttezza di tali prassi penso sia giusto porcela.