Sembra ripartita la campagna per l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Per ora se ne stanno facendo carico quotidiani nazionali ‘minori’: Foglio e ItaliaOggi. In entrambi i casi si insiste molto nel qualificare “di sinistra” questo obiettivo, con l’evidente invito all’attuale Governo di fare il proprio ‘dovere’.
= FOGLIO
Si è iniziato con l’intervento di Antonio Gurrado sul Foglio del 16 settembre 2015 (“Abolire il valore legale del titolo di studio deve essere una battaglia di sinistra”). – Per leggere l’intervento cliccare qui.
= ITALIAOGGI
Dopo l’intervento sul Foglio è Michele Magno a rilanciare la questione su ItaliaOggi del 18 settembre 2015 (“Abolire il valore del titolo di studio è sicuramente una scelta di sinistra”).
Michele Magno, in particolare, esalta il modello USA che “esclude sia il valore legale del titolo di studio sia il ruolo unico pubblico dei cattedratici”. – Per leggere l’intervento cliccare qui.
= CORRIERE DELLA SERA
A proposito del “modello USA”, si invita a leggere l’intervento di Massimo Gaggi sul Corriere della Sera del 18 settembre 2015 (“Quei costosi atenei Usa dai risultati scarsi”). – Per leggere l’intervento cliccare qui.
= ANDU
L’ANDU da anni denuncia che l’abolizione del valore legale è il principale strumento – voluto da Confindustria e sostenuto fortemente da ‘sinistra’ – per lo smantellamento in corso dell’Università statale. – Per conoscere meglio la posisizione dell’ANDU, richiamata nell’intervento sul Foglio, cliccare qui.
Abolire il valore legale della laurea vuol dire disconoscere la funzione delle università pubbliche.
Da una parte è essenziale che lo Stato metta a disposizione molti più fondi alla ricerca. Non è questione di essere di sinistra:gli USA sono il paese con la più alta percentuale di PIL destinato alla ricerca. Quanto al valore legale del titolo di studio, ormai esso è semplicemente ridicolo, alimenta aspettative irrealistiche, vuole stabilire un egualitarismo malato e deprimente. Collegarlo alla questione del diritto allo studio è fuorviante, quanto non ideologico.
Franco Rampazzo
Università di Padova
da RICCARDO FAUCCI
Mi sia consentito di intervenire sulla questione dell’abolizione o meno del valore legale dei titoli:
in sostanza è come se si sostenesse che, siccome alcuni poliziotti e carabinieri si sono comportati illegalmente con cittadini fermati (vedi la cronaca), allora è meglio abolire la pubblica sicurezza e tornare alle milizie private.
L’ipocrisia umana in genere non ha limiti, ma l’ipocrisia accademico-politica ne è il prodotto più raffinato.
La situazione attuale della scuola in Italia è che i tagli al finanziamento dell’istruzione pubblica di ogni ordine e grado hanno reso insostenibile la situazione. Siamo assai sotto il livello di guardia. Come si fa a garantire l’efficienza e la competitività di un sistema a cui sia è tolta l’aria?
La mancanza di fondi e di posti rende necessario ricorrere a supplenze di docenti in pensione. E’ un fenomeno che sta assumendo dimensioni patologiche. Il modo migliore per uscirne è far funzionare il sistema dei concorsi.
Tutta la pubblica istruzione è stata mandata più o meno consapevolmente in malora. In particolare i dottorati di ricerca sono moribondi e nessuno si ribella.
Si dirà che le università italiane non primeggiano nelle graduatorie mondiali. Sarà vero (per quanto i nostri laureati quando vanno all’estero non sono tanto disprezzati!), ma per fare queste classifiche è indispensabile confrontare i risultati con i costi, cioè con quanto lo stato destina.
Io non ho nulla in contrario a che esistano e prosperino istituti di istruzione superiore privati in concorrenza con gli istituti pubblici, ma da qui a predicare la fine dell’istruzione pubblica ce ne corre. I “liberali” di oggi sappiano che la Destra storica ha voluto fortemente l’istruzione pubblica. Si rileggano i grandi dibattiti di fine ottocento.
Riccardo Faucci
Ordinario di storia del pensiero economico nell’università di Pisa