= 9 ottobre 2013
- LA CRUI, A NOME DI CHI?!
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DAL GOVERNO DEI PROFESSORI AL MINISTERO DEI RETTORI
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E POI C’E’ ENRICO LETTA
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IL MINISTRO NON RISPONDE
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NUMERO CHIUSO: UN’INUTILE VIOLENZA. NECESSARIA LA SOSPENSIONE
Già il 10 giugno scorso ci si era domandato: “Università: ancora peggio?” e, in particolare, ci si chiedeva: “Il Ministro chi sta ascoltando? Il Parlamento chi ascolterà?”. Dopo quattro mesi …
1. LA CRUI, A NOME DI CHI?!
Stefano Paleari è stato recentemente ‘eletto’ per acclamazione presidente della CRUI. Il 7 ottobre scorso Paleari è intervenuto sul Sole 24-ore, quotidiano della Confindustria, “a nome di tutta la comunità accademica”.
Evidentemente anche il nuovo Presidente della CRUI ritiene che questa associazione privata di Rettori possa rappresentare e rappresenti “tutta la comunità accademica”. In realtà la CRUI non può strutturalmente svolgere questo ruolo perché raccoglie coloro che sono stati eletti ‘solo’ per dirigere il proprio ateneo, del quale dovrebbero rappresentare e difendere gli interessi specifici.
In realtà la CRUI ha sempre difeso gli interessi dei rettori, che non raramente hanno ‘incrementato’ l’immenso potere già loro attribuito dalle leggi (pluri-proroghe, pluri-incarichi, fondazioni ‘ad personam’, ecc.) e non raramente sono poi ‘passati’ a incarichi politici (ministri, parlamentari, assessori).
In questo quadro, la CRUI ha voluto e difeso la legge cosiddetta Gelmini. Una legge che, tra l’altro, ha trasformato i rettori-padroni in rettori-sovrani assoluti. Una legge combattuta da “tutta la comunità accademica” (meno la ristretta, ma potente accademia che conta), ma voluta e sostenuta, a ogni costo e con tutti i mezzi, dalla Confindustria per distruggere l’Università statale.
Invece – contro ogni evidenza, ma comprensibilmente – il nuovo presidente della CRUI sostiene, ancora nell’intervento sul Sole 24-ore, che “i fini della riforma erano da principio chiari: adoperarsi per l’autonomia responsabile, liberare dai vincoli gli atenei particolarmente virtuosi, favorire i processi di apertura internazionale e, non da ultimo, dare più risorse a chi meglio ne fa uso.” E aggiunge: “peccato che l’uso dei tanti mezzi di applicazione della riforma” “abbiano finito per offuscare i fini per i quali la riforma era stata proposta.”
Il nuovo Presidente della CRUI è ingeneroso con i Ministri che invece quella legge hanno applicato e stanno applicando coerentemente con i veri “fini della riforma.” Infatti la legge era stata concepita e approvata per smantellare l’Università statale e questo è quanto sta accadendo.
E quali erano i veri obiettivi e quali sarebbero stati gli effetti della legge cosiddetta Gelmini era stato ripetutamente denunciato dalle Organizzazioni dell’Università.
Per esempio, nel documento unitario del 9 aprile 2010 – mentre era in corso al Senato l’esame del DDL governativo e mentre si sviluppava un grande movimento di protesta nel mondo universitario, con in testa studenti e ricercatori – c’era scritto:
“Risulta ancora più evidente l’intenzione di scardinare il Sistema nazionale dell’Università pubblica, concentrando le scarse risorse in pochi Atenei ritenuti ‘eccellenti’ e ridimensionando il ruolo di tutti gli altri. A livello nazionale, si accentua l’attacco all’autonomia universitaria con l’attribuzione del potere di valutare l’attività del singolo docente ad una Agenzia nominata dal Ministro. A livello locale, si aumenta ulteriormente di fatto il potere del Rettore e del Consiglio di Amministrazione trasferendo la “competenza disciplinare” dal CUN a “collegi di disciplina” di Ateneo. Inoltre si aumenta la differenza tra gli ordinari e gli associati, nell’ambito di un modello che sarà sempre più costituito da pochi docenti di ruolo e da una ‘base’ amplissima di precari, in presenza di funzioni di docenza svolte e non riconosciute.
Il DDL modifica la natura stessa dell’Università sottraendole il ruolo di sede principale della Ricerca: non è un caso che non si affrontino la questione dei ricercatori e quella dell’accesso delle nuove generazioni.
E’ oramai più che evidente che si vuole demolire definitivamente l’Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti.”
2. DAL GOVERNO DEI PROFESSORI AL MINISTERO DEI RETTORI
Il nuovo presidente della CRUI può stare più che tranquillo sulla ‘corretta’ applicazione della legge cosiddetta Gelmini e sul raggiungimento dei suoi veri obiettivi.
In questa direzione, il precedente “governo dei professori” aveva già svolto un buon lavoro per lo smantellamento dell’Università statale. Quel governo era stracarico di professori universitari “eccellenti” e aveva due rettori come primo ministro e come ministro per l’Università.
Nell’attuale governo vi è invece un solo rettore, che è il ministro per l’Università. Un ministro che è stato presidente del forum università del PD, il partito che con la sua finta opposizione ha determinato l’approvazione della legge cosiddetta Gelmini. E quello stesso PD aveva anticipato in un disegno di legge questo devastante provvedimento e in un altro disegno di legge la micidiale ANVUR.
Ma la presenza di un solo rettore nell’attuale governo è stata ampiamente ‘compensata’ con la nomina a capo del Dipartimento per l’Università del MIUR di un rettore. Si tratta di una scelta senza precedenti, che la dice tutta su quanto sia vitale un’applicazione coerente e determinata della controriforma ‘Gelmini’. Il rettore scelto è Marco Mancini, presidente della CRUI fino a ieri e segretario generale di quella CRUI che ha sostenuto l’approvazione della legge cosiddetta Gelmini.
E a completare la ‘squadra’ di Rettori che garantirà che il Ministero farà del suo meglio per raggiungere i veri fini della legge cosiddetta Gelmini è stato nominato a capo della Segreteria tecnica del Ministro Fulvio Esposito, che da rettore ha anticipato nel suo Ateneo quella governance che è stata poi imposta a tutti gli altri Atenei per legge e che era stata precedentemente sostanzialmente prevista nel citato disegno di legge del PD. Esposito allora dichiarò che quello statuto era “nato dei migliori cervelli (chi sono?, ndr) che in Italia lavorano sulla governance da anni”.
Quindi il nuovo presidente della CRUI può stare più che tranquillo sulla buona applicazione della legge cosiddetta Gelmini e, in particolare, sul raggiungimento dell’obiettivo che sembra gli stia più a cuore: “dare più risorse a chi meglio ne fa uso”. Un obiettivo che equivale a concentrare le risorse pubbliche in pochi Atenei (auto)eccellenti (17 ne ha ‘ordinati’ la Confindustria, 5 ne vuole invece Matteo Renzi, candidato alla segreteria del PD), mentre a tutti gli altri Atenei toccherà l’emarginazione o la chiusura.
3. E POI C’E’ ENRICO LETTA
Ancora più sereno sarà il nuovo Presidente della CRUI se tiene conto che l’attuale primo ministro è Enrico Letta che, da vice-segretario del PD, durante l’approvazione della legge cosiddetta Gelmini ha pubblicamente “apprezzato” la linea della Confindustria.
4. IL MINISTRO NON RISPONDE
Le Organizzazioni universitarie circa un mese fa hanno chiesto un incontro al Ministro e a tutti i Gruppi parlamentari e alla Commissione Cultura della Camera. Mentre la Commissione e tutti i Gruppi hanno dato riscontro alla richiesta, il Ministro, invece, finora non ha dato alcuna risposta alla richiesta d’incontro inviatale il 16 settembre e alla “Lettera aperta al Ministro” inviatale il 4 ottobre.
Lo stesso Ministro, dopo l’incontro (l’unico) di giugno (v. resoconto) con le Organizzazioni universitarie, non ha poi mantenuto in nessun modo l’impegno allora assunto di instaurare un confronto costante e articolato,
Nel frattempo lo stesso Ministro ha compiuto e compie scelte in piena continuità politico-accademica con i precedenti Ministri: introduzione delle borse di studio per la mobilità, repentini cambiamenti sui test d’ingresso, rafforzamento dei poteri dell’ANVUR (che invece andrebbe chiusa), riduzione dell’offerta formativa, modifiche ‘improprie’ e inefficienti dei concorsi locali, intenzione di abolire il valore del voto di laurea, ecc.
Nel frattempo nessuna delle richieste di modifica normativa avanzate dalle Organizzazioni universitarie ”Per salvare e rilanciare l’Università” è stata introdotta dal Ministro.
Almeno per quanto riguarda il Ministro, sembra che stia cadendo nel vuoto la richiesta delle Organizzazioni “che il nuovo Parlamento e il nuovo Governo non ascoltino soltanto coloro che hanno interesse allo smantellamento dell’Università statale.”
5. NUMERO CHIUSO: UN’INUTILE VIOLENZA. NECESSARIA LA SOSPENSIONE
Quella che segue è una nota diffusa ai primi di settembre che è stata pubblicata su alcuni siti e ripresa dall’Unità (v. in calce).
Successivamente le Organizzazioni universitarie hanno inviato a tutti i Gruppi parlamentari e al Ministro il documento “Numero chiuso e diritto allo studio”, che contiene una proposta di emendamento al decreto-legge 104/2013 per sospendere per quest’anno accademico l’applicazione del numero chiuso, “anche in considerazione dei cambiamenti repentini delle date e delle regole che hanno prodotto ulteriori disagi ai diretti interessati e aumentato i motivi di ricorso.”
“In questi giorni si sta ripetendo la lotteria dei test per i corsi di laurea a numero chiuso. Il futuro di migliaia di giovani dipende da prove inaffidabili, le cui regole cambiano continuamente. Le organizzazioni degli studenti, assieme a quelle dei docenti, chiedono da tempo l’abolizione del numero chiuso, la cui costituzionalità è altamente dubbia e che certamente è uno strumento di inutile violenza contro migliaia di ragazzi e le loro famiglie.
Quello che le Organizzazioni di tutte le componenti dell’Università chiedono è “l’eliminazione di uno strumento iniquo di limitazione all’accesso all’Università e che limita la libertà’ di scelta dello studente nel potere seguire le proprie aspirazioni.”
Invece anche l’attuale Ministro si ostina a non accogliere questa richiesta sensata e sta cercando tempi e modi ‘nuovi’ per correggere ancora una volta un meccanismo introdotto anni fa senza validi motivi.
L’attuale Ministro ritiene che il numero chiuso “in Italia è necessario, per due motivi. L’accesso ad alcune professioni va contingentato rispetto ai bisogni del paese: spesso formiamo persone che poi vanno a esercitare all’estero. E il numero chiuso è legato alla disponibilità’ di attrezzature: non si può aumentare indiscriminatamente il numero degli studenti, ogni ragazzo ha diritto a un insegnamento di qualità’.”
Le ragioni del Ministro – sbocchi professionali e qualità dell’insegnamento -, se applicati ‘coerentemente’, dovrebbero portare, come in parte sta già’ accadendo, all’estensione del numero chiuso a TUTTI i corsi di studio, per assicurare a TUTTI gli studenti sbocchi e qualità degli insegnamenti.
A parte la pretesa di prevedere-programmare gli sbocchi professionali in Italia (e perché’ comunque sarebbe grave “esercitare all’estero”?) e a parte la violenza sui giovani da contingentare e ‘intruppare’ d’ufficio da parte di un Ministero che ha sempre esclusivamente ascoltato e rispettato gli interessi della Confindustria e dell’accademia che conta (con in testa la CRUI), che senso ha limitare il numero dei laureati quando e’ noto a tutti che il numero di quelli italiani (oggi il 20% dei giovani nella fascia di età 30-34 anni) andrebbe invece RADDOPPIATO, se si volesse raggiungere l’obiettivo europeo (40%), o andrebbe comunque fortemente aumentato se si volesse raggiungere l’attuale media europea (32,5%)?”
== Su Unità del 10.9.13, Tecnica della Scuola.it, OrizzanteScuola.it, Corriere dell’Università, BlogSicilia:
Ma e’ possibile che i sindacati e le associazioni si schierino contro la qualita’? Siamo anche noi contribuenti. Come fanno questi a definire “micidiale” l’anvur? Magari non funziona come deve, ma bisgona migliorare e insistere per quella strada: e’ quello che serve per rendere l’universita’ un po’ meritocratica. Lettori, aprite gli occhi: questi stanno dalla parte dei baroni, e di tutti i loro leccapiedi che sperano un giorno di entrare nel paradiso dell’attuale universita’, che garantisce stipendi alti e nessun obbligo. Alla faccia dei lavoratori, quelli veri, che il sindacato dovrebbe tutelare.
Devo ammettere che è ammirevole la vostra costante denuncia delle disfunzioni dell’Università italiana a tutti i livelli. Ma non credo che riuscirete a intaccare l’asse granitico che si è formato tra il MIUR e la CRUI (non casuale, ma voluto). L’Università non interessa più a nessuno, anzi è un peso che, potendo, i politici incapaci e/o intellettualmente disonesti eliminerebbero volentieri.
L’unica vera riforma universitaria seria coerente, democratica, che sarebbe ancora valida con piccoli ritocchi, è stata la “382” del 1980, alla quale mise mano un politico di notevole spessore, di grande cultura, un professore universitario che conosceva bene il mondo universitario ed aveva un forte senso delle istituzioni e della democrazia vera e non parlata, si chiamava SPADOLINI. Ma poi, purtroppo, sono arrivati i “politicanti” di professione che sono riusciti a distruggere tutto il lavoro fatto per costruire un’Università efficiente, efficace, moderna e democratica.
Tutta un’altra stagione, uomini politici di ben altro spessore, a confronto dei quali gli attuali sono “nanetti”.
Premesso che sono perfettamente d’accordo su tutto quanto lamentato dal Sindacato, non riesco a comprendere come e perchè la grande maggioranza dei Rettori, all’interno della CRUI, non obbietta nulla allo smantellamento progressivo di quasi tutte le Università italiane realizzato attraverso la riduzione progressiva delle risorse economiche, l’introduzione del mai sufficientemente deprecato precariato dei giovani ricercatori e l’estensione del numero chiuso
Cordiali saluti
Giuseppe Falzea