= 18 febbraio 2013
1) Le ‘risposte’ del PD alle 7 Emergenze (democrazia, precari, studenti, docenti, dottorato, tecnico-amministrativi, ANVUR)
2) Le 6 Emergenze della CRUI
1) Le ‘risposte’ del PD alle 7 Emergenze (democrazia, precari, studenti, docenti, dottorato, tecnico-amministrativi, ANVUR)
Il 10 febbraio scorso l’ANDU, riportando contenuti del documento sottoscritto il 15 gennaio scorso dalle Organizzazioni universitarie, ha formulato PRECISE DOMANDE su 7 EMERGENZE rivolte a chi formerà il nuovo governo e a chi, al suo interno, è destinato a occuparsi dell’Università.
Il 14 febbraio scorso il PD ha definito il suo Programma sull’Università. Queste sono le indirette risposte del PD alle precise domande relative alle 7 Emergenze.
1. EMERGENZA DEMOCRAZIA
Atenei
Le richieste unitarie sono:
– di ritirare i ricorsi ministeriali contro gli statuti ‘troppo democratici’ e di cancellare le proroghe dei rettori;
– di prevedere che il “consiglio di amministrazione sia rappresentativo e sia eletto da tutte le componenti e si configuri come organo meramente esecutivo e istruttorio del senato accademico”, cancellando “la disposizione che prevede la nomina di membri esterni all’ateneo nel consiglio di amministrazione”.
Il PD non risponde a queste precise richieste e su questa Emergenza scrive (punto 6 de “Le nostre proposte”) soltanto che “interverremo sulla governance degli atenei (che deve presentare un maggiore bilanciamento (?) dei poteri nella chiarezza delle responsabilità)”.
CUN
La richiesta unitaria è di riformare “il CUN attraverso un miglioramento della sua natura elettiva con l’elezione diretta di tutti i componenti”, restituendogli la nomina del “Collegio di disciplina” e quindi la “funzione disciplinare ora attribuita ai singoli atenei”. Insomma, si chiede di costituire “un organo nazionale di piena rappresentanza e di coordinamento del Sistema nazionale delle Università”.
Il PD non risponde a questa precisa richiesta e su questa Emergenza non scrive nulla.
2. EMERGENZA STUDENTI
Le richieste unitarie sono di “difendere il valore legale dei titoli di studio”, innalzando “la qualità dell’offerta formativa in TUTTI gli Atenei”, “assicurando a tutti gli studenti idonei la borsa di studio” (senza introdurre “prestiti d’onore” e qualsiasi altro “strumento di indebitamento”), annullando “i provvedimenti che prevedono l’aumento della tassazione studentesca” (che va resa “equa e progressiva”) ed eliminando il “numero chiuso”.
Il PD (punto 1) dà una risposta positiva alla richiesta di evitare che ci siano studenti “idonei senza borsa” e si impegna a “ridurre decisamente le tasse universitarie e ristabilire il limite del 20%”, prevedendo che “la tassazione deve essere maggiormente progressiva e più omogenea territorialmente.” IL PD prevede un “Programma nazionale per il merito e il diritto allo studio, finanziato con 500 milioni”.
Il PD, invece, non risponde alle precise richieste di non introdurre “prestiti d’onore” e di eliminare il “numero chiuso”.
Il PD, rispetto alla precisa richiesta di “difendere il valore legale dei titoli di studio”, scrive (punto 2): “piuttosto che la sua generica abolizione”, “proponiamo di eliminarne l’uso distorto ove esso opera, ovvero nella PA”. “L’uso distorto” è la possibilità che oggi si ha nella PA di valutare il voto di laurea. L’ANDU ha denunziato da tempo e più volte che “si vuole non tanto – per il momento – abolire il valore legale del titolo, ma subito azzerare il valore del VOTO della laurea e sostituirlo con il valore (chi lo accerterà e come?) dell’Università che rilascia il titolo” (dal documento del giugno 2012). V. anche l’ampio documento “Il valore dell’Università” sul significato del valore legale e del valore del voto di laurea.
3. EMERGENZA PRECARI
La richiesta unitaria è di cancellare “tutte le attuali figure precarie ivi compresi i ricercatori a tempo determinato e gli assegnisti di ricerca” e di introdurre “un’unica figura pre-ruolo a tempo determinato, di breve durata e adeguata retribuzione, con reale autonomia di ricerca e il riconoscimento pieno dei diritti”. Inoltre si chiede “un piano per il reclutamento STRAORDINARIO per l’accesso nel nuovo ruolo unico della docenza”
Nel suo Programma il PD scrive (punto 4): “Partiremo dalla semplificazione delle figure pre-ruolo, concentrando tutti i post-doc in due tipologie: a) un Contratto unico di ricerca, con garanzie assistenziali e previdenziali; b) professori junior in tenure track, con proporzioni certe per l’ingresso in ruolo.”
Viene quindi condivisa dal PD l’introduzione di un Contratto unico, anche se non se ne precisa la durata. Ma, accanto a questa prima figura pre-ruolo, viene prevista anche quella del “professore junior” che, se fosse realmente “in tenure track”, dovrebbe di fatto essere già in ruolo (come quelle – veramente “in tenure track” – nel periodo in attesa di conferma nei ruoli di ricercatori TI, associati e ordinari) e pertanto non richiederebbe “proporzioni (?) certe per l’ingresso in ruolo”.
Il Programma del PD prevede “bandi NAZIONALI per posizioni post-doc e di tenure track che offrano ai vincitori il budget e i fondi, lasciando loro la possibilità di scelta dell’ateneo in cui svolgere l’attività (escluso l’ateneo di origine).” E’ un’intenzione non completamente chiara, ma comunque grave. Non è chiaro infatti se queste modalità di bando dei posti di formazione-reclutamento riguardino tutti i posti o se questi “bandi nazionali” si affianchino a bandi locali. Nel primo caso si ‘orienterebbero’ i vincitori verso gli Atenei già più forti, determinando la ‘messa ad esaurimento’ degli altri Atenei. Nel secondo caso si attenuerebbe l’emarginazione/cancellazione di tanti Atenei, ma si produrrebbe la follia giuridico-accademica dello ‘sdoppiamento’ di identiche figure in ‘eccellenti’ (quelle bandite nazionalmente) e ‘casalinghe’ (quelle bandite localmente). Tutt’altra cosa sarebbe se i bandi fossero SOLO nazionali e riguardassero SOLO posti PREVENTIVAMENTE allocati negli Atenei, tra i quali consentire ai vincitori – sulla base di una graduatoria definita dalla commissione – la “scelta dell’ateneo in cui svolgere l’attività (escluso l’ateneo di origine)”. Occorrerebbe inoltre escludere dalla commissione gli appartanenti agli atenei in cui sono stati allocati i posti. Questo meccanismo farebbe fuori ‘solo’ la cooptazione personale e non anche la maggioranza degli Atenei.
In tutti i casi il PD non prevede alcuna credibile soluzione per le decine di migliaia di attuali precari per i quali non è certo sufficiente la rimozione degli “attuali vincoli al turn-over” e per i quali non si prevede alcun piano “per il reclutamento STRAORDINARIO per l’accesso nel nuovo ruolo unico della docenza”. Una soluzione peraltro impossibile visto che per il PD “il primo obiettivo è ripristinare le risorse del FFO del 2012, rimediando al taglio di 300 milioni operato dal governo Monti.” A questo molto parziale recupero dei ben più ampi tagli operati dagli ultimi governi, va aggiunta la previsione dello stesso PD che i 500 milioni con cui si intende finanziare il “Programma nazionale per il merito e il diritto allo studio”, “per i primi anni (saranno) tratti IN LARGA PARTE dal Fondo ordinario per l’università”.
4. EMERGENZA DOCENTI
La richiesta unitaria è di riformare “l’attuale stato giuridico della docenza universitaria, riorganizzandolo intorno ad un ruolo unico cui accedere attraverso concorsi”, riconoscendo che “ il personale in ruolo ha pari funzioni didattiche, scientifiche e gestionali e di governo dell’ateneo”, con la previsione che “gli avanzamenti devono avvenire sulla base di valutazioni individuali” e che “gli attuali ricercatori a esaurimento, i professori di I e II fascia, a domanda, entrino nel ruolo unico”.
Il PD su questa questione fondamentale, in sette pagine di Programma, si limita a scrivere (punto 4): “si adotterà il ruolo unico della docenza articolato in due fasce”, punto e basta.
Eppure gli ‘esperti’ del PD non possono non sapere che già il DPR 382 del 1980 prevede un solo “ruolo dei professori universitari” (art. 1, comma 1) “articolato in due fasce”. E nello stesso DPR viene abbondantemente ‘chiarito’ che le due fasce sono due ruoli distinti, visto che per il passaggio da una ‘fascia’ all’altra occorre superare un concorso, ovvero una prova comparativa.
Infatti, un ruolo è veramente unico SOLO se gli avanzamenti dipendono ESCLUSIVAMENTE da una valutazione individuale, NON comparativa. E SOLO un ruolo veramente unico può dare uguale dignità e uguale libertà didattica e di ricerca a tutti i docenti.
Nello stesso articolo 1, al comma 4, del DPR del 1980 era prevista l’istituzione del “ruolo dei ricercatori universitari”, un ruolo che successive leggi hanno di fatto trasformato in terza fascia (terzo ruolo) della docenza. Per questo ruolo è stata prevista, a partire dal 2013, dalla Legge Moratti la messa a esaurimento, che è stata anticipata dalla Legge Gelmini, senza l’opposizione del PD, che comunque ora la conferma nel suo Programma di governo.
L’eliminazione del ruolo dei ricercatori, oltre a mettere su un umiliante binario morto gli oltre 20.000 attuali ricercatori, serviva e serve a ridurre il numero dei docenti di ruolo, ‘riportando’ il ruolo degli associati a quello del vecchio assistente, e soprattutto serve ad ampliare ulteriormente il numero dei precari, aumentandone il tempo di permanenza ‘in servizio’ e riducendo drasticamente gli sbocchi in ruolo. Tutto questo, tra l’altro, determina la progressiva riduzione dell’offerta formativa vincolata ‘ragioneristicamente’ al numero dei docenti di ruolo.
Quando il PD, comincerà ad occuparsi seriamente del numero chiuso nelle università? Il sistema dei test lede il diritto di ciascuno a scegliere il corso di studi che desidera. Da sempre e’ esistita la selezione durante il corso di studi. E’ naturale che i Rettori siano contrari all’abolizione del numero chiuso: troppi soldi hanno incassato in questi anni. Ridate agli studenti la libertà di scegliere.