1. SALVARE L’UNIVERSITA’: APPELLO UNITARIO – INIZIATIVA NAZIONALE
2. L’ANVUR DELL’APOCALISSE: CORREGGERLA, SOSTITUIRLA O ABOLIRLA?
Confindustria (nel 2006) e ANDU contro l’Agenzia di Valutazione
3. IIT: A CHI TANTO E A CHI NIENTE
1. SALVARE L’UNIVERSITà: APPELLO UNITARIO – INIZIATIVA NAZIONALE
ADI, ANDU, CISL-Università, CONFSAL-SNALS-CISAPUNI, CoNPAss, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SUN, UDU, UGL-INTESA-FP, UIL RUA e USB-Pubblico impiego hanno lanciato un APPELLO per salvare e rilanciare l’Università.
Nell’APPELLO “le Organizzazioni e le Associazioni universitarie denunciano ancora una volta lo stato di estrema criticità in cui versa l’Università italiana, aggravata dal recente Decreto Legge sulla spending review.”
Si criticano, in particolare, gli “interventi ministeriali” e gli “immensi poteri dell’ANVUR” e si denunzia un ”attacco al valore legale dei titoli di studio”, la ”ulteriore riduzione del diritto allo studio” e “il mantenimento del blocco delle assunzioni in ruolo e delle carriere”.
Si sviluppa una puntuale analisi e si avanzano precise proposte per “rapidamente modificare le norme sull’Università nella direzione opposta a quella finora seguita”.
Infine le Organizzazioni e le Associazioni universitarie chiedono “a tutte le forze politiche e alla società civile un confronto sulle questioni” “poste anche in vista della prossima scadenza elettorale che si augura possa portare alla costituzione di un Parlamento e di un Governo che non ascoltino soltanto coloro che hanno interesse allo smantellamento dell’Università statale.”
Le Organizzazioni e le Associazioni universitarie torneranno a riunirsi ai primi di settembre anche per promuovere “una iniziativa nazionale entro la fine di settembre”
2. L’ANVUR DELL’APOCALISSE: CORREGGERLA, SOSTITUIRLA O ABOLIRLA?
Confindustria (nel 2006) e ANDU contro l’Agenzia di Valutazione
Da mesi si discute intensamente su mediane, qualità delle riviste, bibliometria, indicatori, criteri, età accademica, ecc. ecc Da mesi è duramente criticato il lavoro ‘preparatorio’ alle abilitazioni nazionali svolto dall’ANVUR, le cui scelte sono state anche giudicate improvvisate e arbitrarie.
Va comunque ribadito che le abilitazioni sono ‘solo’ la “foglia di fico” per salvaguardare la cooptazione personale (v. il punto 2. di “Abilitazioni e/o concorsi?”) e che la loro inutilità è anche accresciuta dal “blocco delle assunzioni in ruolo e delle carriere, blocco aggravato dal DL e che sarà ulteriormente prolungato dalla crescente carenza di finanziamenti e da procedure arbitrarie, illogiche e farraginose che saranno bloccate da probabili ricorsi”, come denunciato nell’Appello unitario. Per una proposta alternativa alle attuali abilitazioni e agli attuali concorsi vedi la Proposta organica dell’ANDU.
Molte sono state le proposte per ‘correggere’ le scelte dell’ANVUR, e in qualche caso si è arrivati a chiedere la sostituzione dei componenti del direttivo dell’ANVUR stessa.
Non altrettante attenzione e passione sono state invece rivolte alla comprensione del ruolo politico-accademico che l’ANVUR deve svolgere, ruolo dal quale direttamente discendono composizione e scelte.
Nella convinzione che l’interesse per l’ANVUR non sia esclusivamente motivato da legittimi interessi di settore e/o di gruppo e/o individuali, si ripropongono le tappe e le motivazioni che hanno portato alla sua costituzione. L’ANVUR è “il tassello mancante dell’intero processo” con il quale “si aprirà una nuova stagione dell’università italiana”, come ha sostenuto già nel gennaio 2011 l’allorarettore e ora ministro Francesco Profumo, ricordando che “finalmente nel 2008, su proposta del ministro Mussi, fu istituita la nuova Agenzia di valutazione.” (Stampa del 5.1.11).
Dal 2006
All’inizio del 2006, a Camere sciolte e con campagna elettorale in corso, è stata ‘fondata’ l’Agenzia di valutazione. Mentre l’Ulivo elaborava un vasto (oltre 200 pagine) programma con un vago capitolo sull’Università, Luciano Modica e Walter Tocci, con tempistica e metodi inusitati, hanno condotto la loro ‘campagna parallela’ presentando un disegno di legge per la costituzione di una Agenzia di valutazione, discutendolo anche in iniziative pubbliche. Gli unici a denunciare il significato e la pericolosità dell’Agenzia sono stati, allora, la Confindustria e l’ANDU.
La Confindutria (nel 2006): no all’Agenzia dell’Apocalisse, anzi no a un podestà
Nel febbraio 2006, a Milano nel “Forum Ricerca e Università” promosso dai DS, Gianfelice Rocca, vice-presidente di Confindustria, riferendosi al Direttivo dell’Agenzia proposta da Luciano Modica e Walter Tocci, ha parlato di “cavalieri dell’Apocalisse che si trovano (si sarebbero trovati, ndr) a maneggiare uno spazio GIGANTESCO dell’economia e della conoscenza” e di non opportunità di “inventare qualcosa di nuovo”, di “chiamare il podestà” (v. video dell’intervento di Rocca, da min 78:57).
Ora che l’Agenzia è stata costituita, Gianfelice Rocca è diventato presidente del Comitato consultivo dell’ANVUR. Il Comitato consultivo ha il compito di dare pareri e formulare proposte al Consiglio direttivo, in particolare sui programmi di attività e sulla scelta dei criteri e dei metodi di valutazione.
L’ANDU (nel e dal 2006): con l’Agenzia si commissaria l’Università
Già all’inizio del 2006 l’ANDU, nel confronto diretto con Modica e Tocci (‘profetico’ l’intervento dell’ANDU al Forum di Milano, v. video,da min 148:33) e nei documenti di allora, sostenne che con l’istituzione dell’Agenzia “si realizzerebbe di fatto il commissariamento dell’Università per mezzo di una Autorità che difficilmente potrebbe rimanere impermeabile ai poteri forti accademico-politici, i quali hanno ampiamente e continuamente condizionato pesantemente le scelte ministeriali e parlamentari e controllato la stampa.” E ancora: “Con questa sorta di esternalizzazione dell’autonomia dell’Università, si concentrerebbe in poche mani l’immenso potere di gestione della politica e delle risorse nazionali per le Università.” “Si tratta dunque di un progetto che porterebbe all’asservimento dell’Università ai poteri forti dell’accademia. Questo progetto è contrario al dettato costituzionale che garantisce l’autonomia dell’Università” (dal documento dell’ANDU del 2 febbraio 2006).
E come si legge nell’APPELLO unitario di qualche giorno fa, l’ANVUR “ormai dispone della vita e della morte delle strutture universitarie e di fatto determina i contenuti stessi della ricerca”.
Nel febbraio scorso Alberto Baccini, riferendosi all’ANVUR, si chiedeva se “non sarebbe il caso che l’attuale ministro (Profumo), prima che la macchina finisca nel burrone, la fermi per un po’?” (Lettera su Repubblica dell’11.2.12).
Ma non basta chiedere di “fermare” l’ANVUR. Il problema non sta nell’attuale direttivo e nelle scelte che esso compie. Il problema è l’ANVUR stessa e si risolve solo ABOLENDOLA: va eliminato quello che è un micidiale strumento progettato e realizzato per cancellare ogni residuo di libertà nell’Università italiana.
= A chi volesse APPROFONDIRE la ‘storia’ dell’ANVUR si suggerisce di leggere anche l’ampia documentazione che è contenuta in questo sito e in particolare quanto riportato in un documento del febbraio scorso.
= A chi volesse APPROFONDIRE il quadro politico-normativo che ha portato all’attuale situazione dell’Università si suggerisce di leggere anche “L’azienda-università di Confindustria. Vent’anni di riforme bipartisan” di Giovanna Baer (Paginauno n. 21, febbraio – marzo 2011).
3. IIT: A CHI TANTO E A CHI NIENTE
L’IIT ha una “disponibilità’ liquida” di “442 milioni di euro”. “Nella stagione della spending review è un mistero che cosa ci facciano tanti soldi fermi. Forse una risposta potrà darla Vittorio Grilli, viceministro (ora ministro, ndr) dell’Economia, fino a novembre capo della fondazione Iit.” “L’opposizione iniziale dell’accademia bollata di inefficienza, è durata poco. Forse perché Iit riconosce contributi alla formazione per vari milioni e finanzia progetti in una decina di sedi universitarie, i cosiddetti Centri della rete.” (dall’articolo “A Genova l’Iit si tiene liquido” sul Mondo datato 20.7.12).
“Secondo Profumo, l’Iit «è un buon esempio di un modello chiuso che si è aperto e che oggi ha una interazione vera con dieci poli di ricerca nelle università’ italiane. Questo è l’elemento di maggiore interesse dell’istituto genovese».” (dal Sole 24-ore del 24.4.12).
“La crisi non toccherà i fondi che a pochi anni dalla fondazione hanno contribuito a fare grande, nel mondo, l’Istituto italiano di tecnologia. La rassicurazione sul fatto che i soldi del grande cervello di Morego non siano per niente a rischio è arrivata ieri dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e dal numero due del ministero dell’Economia – nonché ex presidente dello stesso Iit – Vittorio Grilli (oggi ministro dell’Economia, ndr). «Per avere vera crescita servono innovazione e ricerca – ha detto il ministro Passera – qui a Genova l’Iit è un buon esempio di come si possa fare bene una cosa partendo da asset valorizzabili.” (dal Secolo XIX del 24.4.12).
Sull’IIT di Genova nel giugno 2008 l’ANDU aveva scritto: “Le Università, specie quelle statali, – si sa – sprecano le risorse pubbliche e per questo è bene tagliare loro i finanziamenti e puntare su centri di eccellenza da inventare e da finanziare abbondantemente a parte (IIT di Genova, SUM di Firenze, IMT di Lucca). E all’IIT, centro che per eccellenza è il più eccellente, presieduto dal Direttore Generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, si destinano ulteriori Fondi, devolvendogli “le dotazioni patrimoniali” della Fondazione IRI, con l’articolo 17 del DL (Legge 113/08) il cui titolo non lascia alcun dubbio sul fatto che l’IIT sia ‘depositario’ esclusivo dei “progetti di ricerca di eccellenza” (titolo dell’articolo). Il Ministero dell’Economia continua a strangolare finanziariamente l’Università statale e lo stesso Ministero continua a iperfinanziare una struttura presieduta dal suo Direttore generale (oggi ministro di quel Ministero, ndr)”.
Gentili Signori, la vera valutazione della qualità è sempre stata data dalla comunità scientifica di cui si fa parte e mai nessuna commissione ministeriale potrà sostituire efficientemente quella del settore scientifico nel quale svolgiamo le nostre ricerche. Che ci sia l’anagrafe delle ricerche è giusto, magari seguendo i semplici criteri bibliografici internazionali, ma che poi da tre pubblicazioni prodotte dal 2005 al 2011 si possa giudicare la qualità e sulla base di questa elargire i fondi, mi sembra cosa un po’ discutibile. Oltre tutto il sistema inventato mi sembra macchinoso. Il ministero poi non si ferma mai nel richiedere nuovi aggiornamenti, introducendo spesso varianti di catalogazione, non appena si sono aggiornati i nostri dati.
Bisognerebbe che ci fosse più stabilià nel sistema di acquisizione dei dati: non possiamo stare sempre a rivedere quanto abbiamo già inserito in U-gov, perché dopo poco che si sono inseriti i dati, a
qualcuno del Ministero viene l’idea di creare altre categorie. Sarebbe bene ci pensassero una volta per tutte. Ad esempio ora dobbiamo risistemare tutte le schede già inserite in U-gov secondo le nuove categorie e per di più entro il 31 luglio. Sarebbe stato meglio che l’avessero stabilito quando abbiamo dovuto fare l’aggiornamento per la VQR. In questo modo sembra proprio che vadano a caso senza avere una
vera e propria programmazione, come se agissero a seconda di come si levano la mattina. Il che per un ministero e per i suoi organismi che vogliono acquisire dati scientifici e valutarne la qualità, mi sembra l’esatto contrario della qualità scientifica.
buone ferie
Isabella Bigazzi
Elena Rubei
12 anni fa
Nei criteri per stabilire l’ammissibilita’ dei candidati al concorso per l’abilitazione nazionale c’e’ una cosa che a parere mio è particolarmente ingiusta (e favorisce chi lavora dentro grosse scuole), ma non e’ sottolineata abbastanza nei vari blog sull’argomento:
nessuno dei parametri individuati per stabilire l’ammissibilita’ dei candidati tiene conto del numero dei coautori delle pubblicazioni prodotte dai candidati. Con i criteri fissati dal decreto, due pubblicazioni di ugual “valore” (=numero di citazioni, per i settori scientifici), rispettivamente del candidato X e del candidato Y, vengono conteggiate allo stesso modo anche se la prima e’ a nome solo del candidato X e l’altra ha come autori Y e altre tre persone….
Lo trovo decisamente ingiusto e totalmente assurdo, per lo meno nel mio campo (matematica), ma non solo…. Quando si fanno lavori in collaborazione, ci puo’ essere una certa fatica nel coordinarsi (ma c’e’ una certa fatica anche nel lavorare soli perche’ manca l’entusiasmo che danno gli altri), ma in genere ogni coautore apporta comunque un contributo, anche in termini qualitativi, ed e’ semplicemente ridicolo che i lavori a piu’ nomi, a parita’ di valore, vengano considerati alla stessa stregua dei lavori a un nome….
Fra l’altro, a mio parere, chi lavora spesso in collaborazione, magari dentro grosse “scuole”, puo’ essere facilitato
nell’ottenere citazioni e quindi doppiamente favorito. Mi parrebbe quindi essenziale, se si vuole una valutazione equa,
tenere conto in qualche modo del numero dei coautori sia nel conteggio delle pubblicazioni che nei parametri legati
alle citazioni. Per inciso, non so se le autocitazioni conteranno o no, ma se non conteranno, allora, nel valutare le citazioni del candidato A, sarebbe giusto non contare nemmeno la citazione nel lavoro di B e C del lavoro fatto da A e B…. Altrimenti, di nuovo, chi lavora in collaborazione è ultrafavorito…
Oltretutto non vorrei che, in seguito all’approvazione di criteri che non tengono conto del numero dei coautori, si creasse (o si incrementasse, nel caso esista gia’…) una specie di “mercato di libero scambio” per i furbi (“io ho fatto un lavoro, tu ne hai fatto un altro, li facciamo apparire entrambi a due nomi e ci guadagniamo entrambi…”).
La cosa puo’ apparire di poca importanza perche’ sono “criteri di minimo”, cioe’ criteri che servono solo per giudicare
l’ammissibilita’ al concorso, ma in realta’, esaminando i dati di qualche settore a me vicino, ho la sensazione che il
gruppo delle persone ammissibili con i criteri del decreto e il gruppo della persone che sarebbero giudicate ammissibili
con criteri simili ma che tengano conto in qualche modo del numero dei coautori, sia abbastanza diverso…
Alessandro Morelli
12 anni fa
Senza ricerca di base non si va da nessuna parte e senza di essa la tecnologia annaspa. Ma oggi la ricerca di base non paga e i politici non credono in essa. La ricerca di base, piaccia o non piaccia, si svolge largamente nelle università statali e non. Constato che tante ricerche, peraltro costosissime, svolte dai cosiddetti “centri di eccellenza” sono in genere aria fritta, non scoprono niente di nuovo, ma appunto per questo possono chiedere altri finanziamenti per inseguire le chimere. Vedo che gran parte della ricerca esula dai dettati popperiani, in quanto non è falsificabile. La situazione è gravissima e vedo che i centri di eccellenza (IIT in primis) , più si frustano perché non trovano alcunché e più ringhiano nei confronti dei poveri tapini che svolgono ancora ricerca di base con quattro soldi e minacciano, riuscindoci purtroppo, di togliergli anche quelli.
Occorre mandare a casa questo ministro, abolire l’ANVUR e riaprire i concorsi perché di giovani sani con gran voglia di ricercare ce ne sono tanti, per fortuna. Occorre dar loro una sistemazione dignitosa.
Salvatore Nicosia
12 anni fa
Il Convegno di Settembre del quale parliamo non dovrebbe essere meramente legalitario, donmilanista, ecumenico e così via, come è nostro solito.
Questi sono stili e argomenti che oggi – a torto o a ragione – hanno corso in Italia quanto dal 2000 ne ha la Lira.
Io proporrei di centrare il Convegno (una giornata basta!) sulla ricerca, o su didattica & ricerca, fatta oggi in Italia da tutti i soggetti; soprattutto da quelli che vantano meriti.
Gli industriali fanno ricerca e innovazione? Ci portino i dati.
Gli industriali hanno promosso progetti europei, ma l’Università li ha delusi e/o piantati? Ci raccontino come è andata.
L’IIT supporta Dipartimenti e Centri di Ricerca eccellenti? Bene: quali sono? E al CNR quali funzioni sono rimaste?
Le scuole confessionali coltivano valori e usano bene il denaro? Parliamo anche delle loro rette, dei successi dei loro diplomati, dell’accoglienza degli svantaggiati, delle ferie dei loro prof.
Insomma, un confronto a tutto campo. Al quale andare preparati e senza patetismi, per favore.
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Gentili Signori, la vera valutazione della qualità è sempre stata data dalla comunità scientifica di cui si fa parte e mai nessuna commissione ministeriale potrà sostituire efficientemente quella del settore scientifico nel quale svolgiamo le nostre ricerche. Che ci sia l’anagrafe delle ricerche è giusto, magari seguendo i semplici criteri bibliografici internazionali, ma che poi da tre pubblicazioni prodotte dal 2005 al 2011 si possa giudicare la qualità e sulla base di questa elargire i fondi, mi sembra cosa un po’ discutibile. Oltre tutto il sistema inventato mi sembra macchinoso. Il ministero poi non si ferma mai nel richiedere nuovi aggiornamenti, introducendo spesso varianti di catalogazione, non appena si sono aggiornati i nostri dati.
Bisognerebbe che ci fosse più stabilià nel sistema di acquisizione dei dati: non possiamo stare sempre a rivedere quanto abbiamo già inserito in U-gov, perché dopo poco che si sono inseriti i dati, a
qualcuno del Ministero viene l’idea di creare altre categorie. Sarebbe bene ci pensassero una volta per tutte. Ad esempio ora dobbiamo risistemare tutte le schede già inserite in U-gov secondo le nuove categorie e per di più entro il 31 luglio. Sarebbe stato meglio che l’avessero stabilito quando abbiamo dovuto fare l’aggiornamento per la VQR. In questo modo sembra proprio che vadano a caso senza avere una
vera e propria programmazione, come se agissero a seconda di come si levano la mattina. Il che per un ministero e per i suoi organismi che vogliono acquisire dati scientifici e valutarne la qualità, mi sembra l’esatto contrario della qualità scientifica.
buone ferie
Isabella Bigazzi
Nei criteri per stabilire l’ammissibilita’ dei candidati al concorso per l’abilitazione nazionale c’e’ una cosa che a parere mio è particolarmente ingiusta (e favorisce chi lavora dentro grosse scuole), ma non e’ sottolineata abbastanza nei vari blog sull’argomento:
nessuno dei parametri individuati per stabilire l’ammissibilita’ dei candidati tiene conto del numero dei coautori delle pubblicazioni prodotte dai candidati. Con i criteri fissati dal decreto, due pubblicazioni di ugual “valore” (=numero di citazioni, per i settori scientifici), rispettivamente del candidato X e del candidato Y, vengono conteggiate allo stesso modo anche se la prima e’ a nome solo del candidato X e l’altra ha come autori Y e altre tre persone….
Lo trovo decisamente ingiusto e totalmente assurdo, per lo meno nel mio campo (matematica), ma non solo…. Quando si fanno lavori in collaborazione, ci puo’ essere una certa fatica nel coordinarsi (ma c’e’ una certa fatica anche nel lavorare soli perche’ manca l’entusiasmo che danno gli altri), ma in genere ogni coautore apporta comunque un contributo, anche in termini qualitativi, ed e’ semplicemente ridicolo che i lavori a piu’ nomi, a parita’ di valore, vengano considerati alla stessa stregua dei lavori a un nome….
Fra l’altro, a mio parere, chi lavora spesso in collaborazione, magari dentro grosse “scuole”, puo’ essere facilitato
nell’ottenere citazioni e quindi doppiamente favorito. Mi parrebbe quindi essenziale, se si vuole una valutazione equa,
tenere conto in qualche modo del numero dei coautori sia nel conteggio delle pubblicazioni che nei parametri legati
alle citazioni. Per inciso, non so se le autocitazioni conteranno o no, ma se non conteranno, allora, nel valutare le citazioni del candidato A, sarebbe giusto non contare nemmeno la citazione nel lavoro di B e C del lavoro fatto da A e B…. Altrimenti, di nuovo, chi lavora in collaborazione è ultrafavorito…
Oltretutto non vorrei che, in seguito all’approvazione di criteri che non tengono conto del numero dei coautori, si creasse (o si incrementasse, nel caso esista gia’…) una specie di “mercato di libero scambio” per i furbi (“io ho fatto un lavoro, tu ne hai fatto un altro, li facciamo apparire entrambi a due nomi e ci guadagniamo entrambi…”).
La cosa puo’ apparire di poca importanza perche’ sono “criteri di minimo”, cioe’ criteri che servono solo per giudicare
l’ammissibilita’ al concorso, ma in realta’, esaminando i dati di qualche settore a me vicino, ho la sensazione che il
gruppo delle persone ammissibili con i criteri del decreto e il gruppo della persone che sarebbero giudicate ammissibili
con criteri simili ma che tengano conto in qualche modo del numero dei coautori, sia abbastanza diverso…
Senza ricerca di base non si va da nessuna parte e senza di essa la tecnologia annaspa. Ma oggi la ricerca di base non paga e i politici non credono in essa. La ricerca di base, piaccia o non piaccia, si svolge largamente nelle università statali e non. Constato che tante ricerche, peraltro costosissime, svolte dai cosiddetti “centri di eccellenza” sono in genere aria fritta, non scoprono niente di nuovo, ma appunto per questo possono chiedere altri finanziamenti per inseguire le chimere. Vedo che gran parte della ricerca esula dai dettati popperiani, in quanto non è falsificabile. La situazione è gravissima e vedo che i centri di eccellenza (IIT in primis) , più si frustano perché non trovano alcunché e più ringhiano nei confronti dei poveri tapini che svolgono ancora ricerca di base con quattro soldi e minacciano, riuscindoci purtroppo, di togliergli anche quelli.
Occorre mandare a casa questo ministro, abolire l’ANVUR e riaprire i concorsi perché di giovani sani con gran voglia di ricercare ce ne sono tanti, per fortuna. Occorre dar loro una sistemazione dignitosa.
Il Convegno di Settembre del quale parliamo non dovrebbe essere meramente legalitario, donmilanista, ecumenico e così via, come è nostro solito.
Questi sono stili e argomenti che oggi – a torto o a ragione – hanno corso in Italia quanto dal 2000 ne ha la Lira.
Io proporrei di centrare il Convegno (una giornata basta!) sulla ricerca, o su didattica & ricerca, fatta oggi in Italia da tutti i soggetti; soprattutto da quelli che vantano meriti.
Gli industriali fanno ricerca e innovazione? Ci portino i dati.
Gli industriali hanno promosso progetti europei, ma l’Università li ha delusi e/o piantati? Ci raccontino come è andata.
L’IIT supporta Dipartimenti e Centri di Ricerca eccellenti? Bene: quali sono? E al CNR quali funzioni sono rimaste?
Le scuole confessionali coltivano valori e usano bene il denaro? Parliamo anche delle loro rette, dei successi dei loro diplomati, dell’accoglienza degli svantaggiati, delle ferie dei loro prof.
Insomma, un confronto a tutto campo. Al quale andare preparati e senza patetismi, per favore.