1. Il MIUR attacca quel po’ di autonomia: a Torino e Genova
2. Autonomia del Sistema Confindustria-CRUI-ANVUR
3. ASPEN: la TreeLLLe 2
4. ANDU-UNIME: il Rettore si dimetta
5. ANDU-UNIPA: il 23 Assemblea di Ateneo
1. Il MIUR attacca quel po’ di autonomia: a Genova e a Torino
Alessandro Schiesaro l’aveva anticipato e il ministro Gelmini aveva poi messo la firma a una lettera che avvertiva: autonomia, ma con giudizio.
Schiesaro, capo della Segreteria tecnica del MIUR, aveva chiarito il 4 maggio scorso che il Ministero avrebbe effettuato sugli Statuti “un vaglio non solo di legittimità (come impone la Legge), ma anche di opportunità”. Un singolare compito che il Ministero si sarebbe attribuito perché “non è consentito di tradire lo spirito della Legge”. Consentito è, invece, di “mettere in pratica la legge, ma non di smontarla”. E aveva aggiunto che per “evitare che arrivino all’esito finale proposte statutarie che potrebbero creare una dialettica (sic!) con il Ministero”, sarebbe stato meglio “sminare prima i problemi, nell’interesse di tutti”.
La Lettera con la firma del Ministro, datata 4 maggio 2011, conteneva sostanzialmente quanto esposto da Alessandro Schiesaro: “norme e regolamenti (devono) essere coerenti con l’impostazione della riforma e armonici tra loro”, saranno “rigorosamente tutelati i principi fondamentali della riforma”,
L’ANDU aveva allora denunciato che “opportunità”, “spirito della legge”, “impostazione della riforma”, “principi fondamentali della riforma”, “doveroso equilibrio” sono ‘categorie’ NON contemplate dalla Legge. E’ evidente che si voleva far fare al Ministero un uso improprio del potere di indicare “le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito” (commi 9 e 10 dell’art. 6 della Legge 9 maggio 1989, n. 168).
E l’ANDU aveva anche ricordato ai Rettori e agli Organi degli Atenei che avessero voluto non sottomettersi alle ‘prescrizioni’ ministeriali, che NON è il Ministero ad avere l’ultima parola sugli Statuti. Infatti nel richiamato comma 10 si legge: “Gli organi competenti dell’università possono non conformarsi ai rilievi di legittimità con deliberazione adottata dalla maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, ovvero ai rilievi di merito con deliberazione adottata dalla maggioranza assoluta. In tal caso il Ministro può ricorrere contro l’atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emanate.”
– al Politecnico di Torino
La tesi – totalmente infondata – del MIUR è che l’elezione dei membri del CdA sarebbe vietata per legge. Ed è proprio l’elezione dei componenti interni del CdA che è stata prevista al Politecnico di Torino dalla Commissione Statuto e dal Senato Accademico, allora presieduto da Francesco Profumo, oggi ministro dell’IUR.
Negli Organi di Ateneo del Politecnico sembra stia – giustamente – prevalendo l’intenzione di non sottomettersi alle ‘direttive’ ministeriali, confortati peraltro dal fatto che la giurisprudenza ha espresso un orientamento conforme allo spirito e alla lettera della Legge: il controllo del ministero è esercitabile per una sola volta. Ciò consente alla Commissione statuto e al Senato Accademico di procedere alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dello Statuto nell’attuale versione. Spetterà all’attuale Ministro decidere se ricorrere al TAR contro il ‘proprio’ Statuto.
– all’Università di Genova
Anche all’Università di Genova il MIUR ha contestato la norma dello Statuto che prevede l’elezione dei componenti del CdA.
A Genova il rettore Giacomo Deferrari sembra invece orientato ad accettare il dictat ministeriale: “diciamo che forse siamo stati troppo democratici”, “la nostra commissione statuto si è rimessa al lavoro per le correzionivadel caso.”
Il Rettore di Genova sembra, peraltro, non rendersi conto che la “correzione del caso” dovrebbe comportare la riscrittura dello Statuto, visto che si tratta di un norma che è ‘connessa’ a tutte le altre relative alla governance.
2. Autonomia del Sistema Confindustria-CRUI-ANVUR
Luisa Ribolzi, del Direttivo dell’ANVUR, è entusiasta dell’”Accordo Confindustria-Crui” (v. il punto 1 del precedente messaggio dell’ANDU). Ribolzi, sul quotidiano della Confindustria, oggi, tra l’altro, scrive: “sapere che la Crui, che rappresenta il governo del sistema, e la Confindustria, che nelle sue imprese accoglie il ‘prodotto’ dell’istruzione superiore, condividono il giudizio sull’importanza della valutazione rende il lavoro dell’Agenzia ancora più rilevante.”
Luisa Ribolzi, che fa parte di un organismo che, di fatto, è incaricato di commissariare il sistema universitario, sembra non sapere che la CRUI NON “rappresenta il governo del sistema”. Non può per legge e non può per la sua composizione. Infatti la CRUI è la somma di ‘gestori’ di singoli atenei di cui dovrebbero curare e rappresentare i differenti interessi. L’unica azione ‘generale’ che la CRUI ha finora espresso è stata quella eminentemente ‘politica’ di sostegno alle leggi volute dalla Confindustria e che distruggono l’Università statale, ma ampliano a dismisura il potere dei rettori.
Le ‘manifestazioni’ dei componenti del Direttivo dell’ANVUR confermano la ‘confisca’ dell’Università statale che sta attuandosi con l’asse Confindustria-CRUI-ANVUR.
3. ASPEN: la TreeLLLe 2
La missione dell’Aspen Institute Italia “è l’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del Paese attraverso un libero confronto tra idee e provenienze diverse per identificare e promuovere valori, conoscenze e interessi comuni. L’Istituto concentra la propria attenzione verso i problemi e le sfide più attuali della politica, dell’economia, della cultura e della società, con un’attenzione particolare alla business community italiana e internazionale.”
E’ estremamente interessante leggere la composizione degli “organi direttivi” e del “comitato esecutivo” dell’ASPEN e la composizione della governance della “lobby trasparente” confindustriale della TreeLLLe: si capisce meglio chi e come ‘governa’ l’Università italiana.
4. ANDU-UNIME: il Rettore si dimetta
“Università, l’Andu sul no del Tar all’autoproroga: il Rettore di dimetta” (articolo su Normanno.com). Documento dell’Assemblea di Ateneo. V. anche l’articolo “Messina, per il rettore un possibile nuovo mandato. Tra le polemiche” sul Corriere del Mezzogiorno dell’11.11.11.
5. ANDU-UNIPA: il 23 Assemblea di Ateneo
Dopodomani, mercoledì 23 novembre 2011, alle 16 ASSEMBLEA DI ATENEO nell’Aula A2 di Lettere mercoledì 23 novembre 2011. Si discuterà su: 1. Situazione nazionale; 2. Statuto approvato e situazione dell’Ateneo. Alla fine della riunione gli iscritti all’ANDU eleggeranno il Coordinatore di Ateneo e verificheranno la composizione dell’Esecutivo.
Resistete, resistete…, cari e stimati colleghe/i!
Da ex-docente, continua a rattristarmi la situazione creatasi nell’Università italiana con la (contro-)riforma Gelmini. Mi preme soprattutto passarvi un ‘testimone’, che è stato il mio vessillo in ca. 40 anni di docenza alla ‘Federico II’ di Napoli: curate e promuovete i giovani capaci e migliori, valenti (specie se non benestanti!). Che restino tutti/e tra noi per programmare un presente/futuro migliore nelle nostre accademie. Oggi la cosa è/sembra possibile, visto che l’allodoletta del Kapo (lèggi, la sig.ra Gelmini) non svolazza più, inutilmente, nei cieli vuoti della incultura, se non ignoranza (talvolta perfino crassa…, non solo a proposito dei tunnel inesistenti dei ‘suoi’ neutrini, etc.).
“Tempora bona veniant!”, auguriamoci nel linguaggio/auspicio del prossimo Avvento 2011. Valete omnes atque shalom, cum parrhesia.
Cib/unicobas Università di Bari
12 anni fa
Il disegno di legge Gelmini sull’Università, mira a depotenziare fortemente il ruolo dell’Università pubblica statale per un’offerta formativa di massa; pertanto, rimaniamo fermamente convinti, che la legge doveva essere boicottata piuttosto che applicata;
La “legge Gelmini” stravolge l’Università italiana, rappresenta un generalizzato attacco al sapere critico delle generazioni future, inserisce logiche imperanti del libero mercato. Istituisce in forma dilagante il numero chiuso che sbarra ai giovani l’accesso alle Facoltà, con criteri di selezione che nulla hanno a che fare con la preparazione scolastica. Infatti, quanti giovani meritevoli non superano questi test?
Perché lo sbarramento? Non sono sufficienti a selezionare l’attitudine dei giovani gli stessi esami universitari? Come la mettiamo dal punto di vista Costituzionale sul diritto allo studio?
Questa legge, sconvolge l’assetto storico della riproduzione scientifica ed intellettuale nel nostro paese. Il precariato diventa legge con l’art. 12, comma 4, relativa ai ricercatori a tempo determinato, dove i contratti hanno durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta per un solo triennio previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte. Quindi il vassallaggio al potere diventa assoluto, altro che le polemiche della Gelmini contro i baroni.
Per quanto riguarda la stesura del nuovo statuto dell’Università di Bari, nonostante lo sforzo e la volontà del Magnifico Rettore a renderlo più partecipativo possibile, non lo condividiamo nel merito perché non possiamo fare a meno di constatare che la definizione degli organi di governo, come imposto dalla legge 240/2010, oltre che a ridurre la base di partecipazione democratica alla gestione dell’Università, non permette di rispettare il principio della pari dignità. Di fatto, qualunque sia l’articolazione del nuovo statuto, verrà aggravata, rispetto alla situazione attuale, la divisione tra componenti di serie A (il corpo docente), con accentramento del potere decisionale, e componenti di serie B (personale tecnico-amministrativo, precari e studenti), praticamente inesistenti.
Infine, di fronte a leggi calate dall’alto funzionali ad un modello che fa solo profitti sull’essere umano, non rimane che ribellarsi.
silvana yamiozzo
12 anni fa
Occasione persa, quella della Riforma universitaria, perché diretta da una persona non all’altezza come la ex ministra Gelmini (e della sua troupe), il cui più grave difetto è stato quello della incapacità di ascolto intrecciata alla mancanza di comprensione. La faziosità ideologica del suo mandato ha avuto gravissime ripercussioni sul mondo universitario. Prona fino al ridicolo al sistema berlusconiano non ha tenuto conto che l’università per sua natura non potrà mai essere un’azienda del “capo”. L’università andava riformata, andavano razionalizzate molte cose, e in molti si era pensato che non bisognava chiudersi con preclusioni all’unica Riforma che ci veniva incontro. Ma l’evidenza del fallimento di questa Riforma è sotto gli occhi di tutti: pletora di delegati del Rettore, burocrati, manager e managerini deputati alla realizzazione della Riforma (e i manager non sono quasi mai bravi professori e studiosi), facciate vuote come quinte teatrali al posto dei contenuti e del prestigio degli studi, svilimento della lingua italiana a vantaggio di formule anglicizzanti spesso neppure corrette che nessuno capisce, terrorismo informatico che complica e appesantisce il lavoro, mancanza di incentivi veri alla ricerca e alla promozione di giovani studiosi e adesso mancanza ufficializzata di vera autonomia. Non dispero tuttavia, gli studiosi e i bravi studenti resistono e prima o poi verrà il momento della rinascita (o, per restare a un tema caro al Ministro Gelmini, dell’uscita dal tunnel…)
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Resistete, resistete…, cari e stimati colleghe/i!
Da ex-docente, continua a rattristarmi la situazione creatasi nell’Università italiana con la (contro-)riforma Gelmini. Mi preme soprattutto passarvi un ‘testimone’, che è stato il mio vessillo in ca. 40 anni di docenza alla ‘Federico II’ di Napoli: curate e promuovete i giovani capaci e migliori, valenti (specie se non benestanti!). Che restino tutti/e tra noi per programmare un presente/futuro migliore nelle nostre accademie. Oggi la cosa è/sembra possibile, visto che l’allodoletta del Kapo (lèggi, la sig.ra Gelmini) non svolazza più, inutilmente, nei cieli vuoti della incultura, se non ignoranza (talvolta perfino crassa…, non solo a proposito dei tunnel inesistenti dei ‘suoi’ neutrini, etc.).
“Tempora bona veniant!”, auguriamoci nel linguaggio/auspicio del prossimo Avvento 2011. Valete omnes atque shalom, cum parrhesia.
Il disegno di legge Gelmini sull’Università, mira a depotenziare fortemente il ruolo dell’Università pubblica statale per un’offerta formativa di massa; pertanto, rimaniamo fermamente convinti, che la legge doveva essere boicottata piuttosto che applicata;
La “legge Gelmini” stravolge l’Università italiana, rappresenta un generalizzato attacco al sapere critico delle generazioni future, inserisce logiche imperanti del libero mercato. Istituisce in forma dilagante il numero chiuso che sbarra ai giovani l’accesso alle Facoltà, con criteri di selezione che nulla hanno a che fare con la preparazione scolastica. Infatti, quanti giovani meritevoli non superano questi test?
Perché lo sbarramento? Non sono sufficienti a selezionare l’attitudine dei giovani gli stessi esami universitari? Come la mettiamo dal punto di vista Costituzionale sul diritto allo studio?
Questa legge, sconvolge l’assetto storico della riproduzione scientifica ed intellettuale nel nostro paese. Il precariato diventa legge con l’art. 12, comma 4, relativa ai ricercatori a tempo determinato, dove i contratti hanno durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta per un solo triennio previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte. Quindi il vassallaggio al potere diventa assoluto, altro che le polemiche della Gelmini contro i baroni.
Per quanto riguarda la stesura del nuovo statuto dell’Università di Bari, nonostante lo sforzo e la volontà del Magnifico Rettore a renderlo più partecipativo possibile, non lo condividiamo nel merito perché non possiamo fare a meno di constatare che la definizione degli organi di governo, come imposto dalla legge 240/2010, oltre che a ridurre la base di partecipazione democratica alla gestione dell’Università, non permette di rispettare il principio della pari dignità. Di fatto, qualunque sia l’articolazione del nuovo statuto, verrà aggravata, rispetto alla situazione attuale, la divisione tra componenti di serie A (il corpo docente), con accentramento del potere decisionale, e componenti di serie B (personale tecnico-amministrativo, precari e studenti), praticamente inesistenti.
Infine, di fronte a leggi calate dall’alto funzionali ad un modello che fa solo profitti sull’essere umano, non rimane che ribellarsi.
Occasione persa, quella della Riforma universitaria, perché diretta da una persona non all’altezza come la ex ministra Gelmini (e della sua troupe), il cui più grave difetto è stato quello della incapacità di ascolto intrecciata alla mancanza di comprensione. La faziosità ideologica del suo mandato ha avuto gravissime ripercussioni sul mondo universitario. Prona fino al ridicolo al sistema berlusconiano non ha tenuto conto che l’università per sua natura non potrà mai essere un’azienda del “capo”. L’università andava riformata, andavano razionalizzate molte cose, e in molti si era pensato che non bisognava chiudersi con preclusioni all’unica Riforma che ci veniva incontro. Ma l’evidenza del fallimento di questa Riforma è sotto gli occhi di tutti: pletora di delegati del Rettore, burocrati, manager e managerini deputati alla realizzazione della Riforma (e i manager non sono quasi mai bravi professori e studiosi), facciate vuote come quinte teatrali al posto dei contenuti e del prestigio degli studi, svilimento della lingua italiana a vantaggio di formule anglicizzanti spesso neppure corrette che nessuno capisce, terrorismo informatico che complica e appesantisce il lavoro, mancanza di incentivi veri alla ricerca e alla promozione di giovani studiosi e adesso mancanza ufficializzata di vera autonomia. Non dispero tuttavia, gli studiosi e i bravi studenti resistono e prima o poi verrà il momento della rinascita (o, per restare a un tema caro al Ministro Gelmini, dell’uscita dal tunnel…)