= 31.10.10.
1. Un Parlamento commissariato vuole commissariare gli Atenei
2. “La cultura non è un prodotto”: intervista su DDL e CRUI
3. L’Università di Confindustria
1. Un Parlamento commissariato vuole commissariare gli Atenei.
“Il Parlamento di oggi è commissariato. E’ un obbrobrio: siamo rappresentati da persone che sono lì soltanto perché sono fedeli di un capo, di destra, di centro, di sinistra, che li ha messi lì per la loro fedeltà, non perché rappresentano qualcuno.” Lo ha sostenuto Enrico Letta, vice-segretario del PD, al Convegno dei giovani industriali. Lo stesso Letta ha detto di volere un patto anche per approvare la riforma sull’Università che lui voterebbe se prevedesse il pensionamento a 65 anni dei professori, “altri cambiamenti” e i soldi. Per ascoltare/vedere l’intervento di E. Letta cliccare qui.
Tra gli “altri cambiamenti” il PD non ha mai indicato come indispensabili un Senato accademico direttamente eletto da tutte le componenti e con poteri reali e un esecutivo di ateneo senza ‘esterni’, il rifiuto della messa a esaurimento del ruolo dei ricercatori che comporterebbe l’aumento e l’allungamento del precariato, il ruolo veramente unico della docenza con passaggio da una fascia all’altra ‘solo’ attraverso un giudizio di idoneità nazionale. Va peraltro sottolineato che la riforma del Governo “presenta FORTI punti di contatto anche con quella presentata dal Pd l’anno scorso, a partire dai meccanismi di reclutamento e di governance”, come ha rimarcato Gianfelice Rocca, vice-presidente di Confindustria. Inoltre va ricordato che E. Letta ha pubblicamente dichiarato di condividere sul DDL la linea di Confindustria, che lo “ha sempre appoggiato”, come ha scritto lo stesso Vice-presidente,
La Conferenza dei capogruppo (dove sono presenti TUTTI i Gruppi) della Camera ha deciso che il DDL sull’Università sarà discusso dal 18 novembre p.v., con la previsione della sua approvazione entro il 25 novembre.
I “capi di destra, di centro, di sinistra”, commissari – secondo E. Letta – dell’attuale Parlamento, vogliono, con tutti i mezzi e a ogni costo, commissariare gli Atenei, così come richiesto da Confindustria e dall’accademia che conta (rettori della CRUI in testa). Commissari, infatti, diventerebbero i Rettori, affiancati dai rappresentanti dei poteri forti economico-politici locali.
Si può accettare che mediante un Parlamento di “fedeli” si distrugga l’Università statale, privandola del tutto di autonomia e democrazia?
Si può accettare che questo Parlamento non tenga in alcun conto le richieste di un grande movimento di protesta che in tutti gli Atenei vede coinvolte tutte le componenti e che chiede il ritiro del DDL?
Si può accettare che questo Parlamento ascolti solo i suoi “capi”, che ‘rispettano’ solo i poteri forti? Un Parlamento che invece rimane totalmente sordo alla richiesta “di aprire finalmente un serio e ampio confronto con l’Università e di smettere di interloquire esclusivamente con la Confindustria, che ha interesse a monopolizzare la gestione delle risorse pubbliche destinate alla ricerca, e con la CRUI, che non rappresenta gli Atenei, ma solo i Rettori”. Questa richiesta è stata avanzata da 18 Organizzazioni dell’Università rappresentative dei docenti, dei tecnico-amministrativi e degli studenti ed è contenuta in un documento che indica precise proposte di riforma e che è stato censurato da tutta la ‘grande’ stampa, eccetto Avvenire.
2. “La cultura non è un prodotto”: intervista su DDL e CRUI.
Invitiamo a leggere l’intervista di Bruno Maida, dell’Università di Torino, su Nuova Società. Maida sostiene che tra gli effetti del DDL vi è “la messa in esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato e la precarizzazione della figura dei ricercatori.” Inoltre egli afferma che “la Crui che ha un peso politico e una visibilità straordinaria sostiene le ragioni opposte a quelle che sono affermate nelle università dove si trovano i rettori” e “che sia necessario un gesto forte, politico che sia quello delle dimissioni, dell’uscita del rettore dalla Crui non perché questo risolva il problema ma perché ci vuole un gesto che in qualche modo renda evidente pubblicamente che la Crui non rappresenta l’università.” E ancora: “in questo momento specifico in cui la legge è stata appena calendarizzata al 18 novembre e nel momento in cui c’e’ una battaglia contro questa legge sono molto importanti gli atti politici che rendano evidente l’opposizione radicale a questa riforma. Nell’immediato c’e’ bisogno di rendere visibile l’opposizione alla legge e l’idea che questa legge deve essere semplicemente bloccata.”
3. L’Università di Confindustria.
Invitiamo a leggere l’intervento di Francesco Sylos Labini, “Confindustria ed università”, che analizza le ‘prestazioni’ della Luiss, l’Università di Confindustria, e della Bocconi.
= 28.10.10.
1. DDL: dopo stop, vera riforma: documento unitario
2. Verso l’Assemblea nazionale degli Associati
1. DDL: dopo stop, vera riforma: documento unitario.
Le Organizzazioni universitarie invitano a continuare e a intensificare la protesta per “difendere e rilanciare il Sistema nazionale dell’Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti” e chiedono finanziamenti per una “Università riformata, che consenta a tutti gli Atenei di svolgere ricerca e insegnamento di qualità”.
2. Verso l’Assemblea nazionale degli Associati.
Sulla base di un “manifesto” che si sta elaborando, si svolgera’ entro novembre la prima Assemblea nazionale dei professori associati.
= 24.10.10.
– Fini non legge, Confindustria, CRUI e L. Berlinguer sì.
Il Presidente della Camera, riferendosi al Disegno di Legge sull’Università, fermato proprio alla Camera dalla protesta di tutto il mondo universitario, ha dichiarato che se non si impegnano fondi per promuovere la meritocrazia “si tradisce lo spirito della riforma”, e quindi “a quel punto sarebbe meglio ritirarla”.
Purtroppo, evidentemente, anche Gianfranco Fini, come tanti altri esponenti politici e quasi tutti i giornalisti e gli opinionisti, non ha letto il Disegno di legge perché altrimenti si sarebbe reso facilmente conto che con esso si metterebbe la parola fine alla meritocrazia. Infatti, come ha anche denunciato il Rettore del Politecnico di Bari, con il DDL si aumenterebbe il localismo dei concorsi e quindi il nepotismo accademico, con i connessi fenomeni clientelari e ‘parentali’.
A chiarire i veri obiettivi del DDL basterebbero gli entusiastici apprezzamenti che ne fanno la Confidustria e la Conferenza dei Rettori, che vogliono, ad ogni costo e con tutti i mezzi, questo provvedimento deleterio per l’Università e per il Paese.
Si tratta infatti di una controriforma con la quale si commissarierebbero gli Atenei proprio con i Rettori che avrebbero un potere assoluto e sarebbero affiancati dagli esponenti dei poteri forti economico-politici locali. Insomma, gli Atenei, privati di ogni autonomia e democrazia, diventerebbero delle ASL.
Che “il problema più importante” sia la gestione degli Atenei lo dice anche Luigi Berlinguer (intervista di Ustation*) che sostiene che finora si è data “tanta autonomia” agli Atenei, ma che è ora di uscire dal “provincialismo”, dall'”ottocento”, e affidare la gestione della “strategia dei singoli Atenei” a Consigli di Amministrazione che, come “nei paesi evoluti”, comprendano “rappresentanti degli interessi esterni”, al di fuori delle “corporazioni” accademiche.
Confindustria, CRUI e L. Berlinguer hanno il merito di dire con chiarezza che la cosidetta governance è il pilastro principale del DDL, a differenza di tanti altri (partiti, parlamentari e non solo) che su questo glissano, preferendo chiedere soprattutto meno tagli, come fanno tutti (Confindustria e CRUI compresi).
La cosidetta riforma non va finanziata, ma va comunque RITIRATA.
* Nell’intervista Luigi Berlinguer difende anche il ‘suo’ “3 + 2” e il ‘suo’ “Processo di Bologna”.
= 23.10.10.
1. Confindustria e PD
2. Intervista all’ANDU su DDL, Confindustria e Rettori
1. Confindustria e PD.
Sulla Stampa del 19 ottobre 2010 la Confindustria non molla: “la riforma è a portata di mano” (la sua). La Confindustria, attraverso il suo Vice-presidente Gianfelice Rocca, nel difendere strenuamente il suo DDL ha il merito di essere chiara, a differenza del PD che tenta di apparire oppositore di un DDL che è sostanzialmente anche il suo. Tentativo peraltro vanificato da tempo dalla dichiarazione di E. Letta, vice-segretario del PD, che ha dichiarato di condividere la linea della Confindustria sul DDL.
Gianfelice Rocca ha scritto che la riforma “presenta FORTI punti di contatto anche con quella presentata dal Pd l’anno scorso, a partire dai meccanismi di reclutamento e di governance.” In realtà i DDL del PD e del Governo prevedono una ‘governance’ che è la stessa di quella SCRITTA dalla confindustriale “lobby trasversale” TreELLEe già nel 2003.
E non c’è movimento che tenga: il PD, a cominciare dal suo Segretario, non vuole il RITIRO di un DDL che ha come pilastri (così li ha giustamente chiamati Rocca) la ‘governance’ che commissaria gli Atenei attraverso rettori-despoti affiancati da rappresentanti dei poteri forti economico-politici (Atenei-ASL), come dettato da Confindustria, e la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori che serve a ‘stabilizzare’ una docenza con pochi docenti in ruolo e una massa ‘illimitata’ di precari ‘a vita’.
Gianfelice Rocca nel suo intervento si chiede: “Esistono riforme migliori?” E aggiunge: “dobbiamo dire con franchezza che non le abbiamo viste nero su bianco”. Rocca ha ragione: non esistono riforme che servono gli interessi di Confindustria meglio del DDL dettato da Confindustria stessa. Esistono invece proposte unitarie delle Organizzazioni universitarie su punti importanti per ‘un’altra riforma’, ed esiste da anni, “nero su bianco”, una proposta organica elaborata dall’ANDU che ha l’enorme difetto (per Confindustria e per l’accademia che conta) di non prevedere l’ingresso di ‘esterni’ nella gestione degli Atenei, ma al contrario di renderne finalmente democratica la gestione, e di debellare sul serio il nepotismo, causa principale del degrado dell’Università italiana.
2. Intervista all’ANDU su DDL, Confindustria e Rettori.
Ieri UStation ha intervistato il Coordinatore nazionale dell’ANDU. Al momento dell’intervista non si conosceva la posizione del Rettore di PoliBa contro il DDL e la CRUI.
= 18.10.10.
1. In Francia gli studenti
2. Intervento di un precario alla manifestazione FIOM
3. Bersani: salviamo l’Università con ANVUR e frequenze tv
4. Mazzarella (PD). Giuste critiche e pessime ‘soluzioni’
5. ‘Schedatura’ docenti
1. In Francia gli studenti.
“L’onda degli studenti il vero incubo del governo francese”: un articolo sull’Unità. Nell’articolo si ricorda, tra l’altro, che per la protesta studentesca nel 1986 “Jacques Chirac dovette ritirare la cosiddetta legge Devaquet sull’università.”
2. Intervento di un precario alla manifestazione FIOM.
Invitiamo ad ascoltare-vedere il bell’intervento di un ricercatore precario alla manifestazione della FIOM.
3. Bersani: salviamo l’Università con ANVUR e frequenze tv.
Mentre il mondo universitario protestava per impedire l’approvazione del DDL prevista per il 14 ottobre e per chiederne il ritiro, il 14 ottobre stesso sul Corriere della Sera il Segretario del PD proponeva di salvare l’Università con l’ANVUR e la vendita delle frequenze televisive. Non una sola parola contro i contenuti devastanti del DDL: ‘governance’, messa ad esaurimento dei ricercatori, precariato, nepotismo, ecc. Nel suo intervento Pier Luigi Bersani ha ricordato che “la maggioranza ha governato l’università quasi l’intero decennio passato con risultati negativi.” Bersani dovrebbe ricordare anche che l”opposizione’ ha sempre governato o ‘cogestito’ l’Università con risultati pessimi: finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, svuotamento del CUN, finti concorsi locali, devastante “3 + 2”, espansione senza limiti del precariato, crescenti tagli, blocco del reclutamento e degli avanzamenti. Le posizioni ‘alternative’ del Segretario del PD non sorprendono visto che il Vice-segretario dello stesso partito ha dichiarato di condividere la linea di Confindustria sul DDL.
4. Mazzarella (PD). Giuste critiche e pessime ‘soluzioni’.
Eugenio Mazzarella nel suo intervento sul Sole 24-ore descrive diversi contenuti negativi del DDL ‘fermato’, tra i quali “un drastico ridisegno degli organici non solo al ribasso ma in senso apicale: l’idea di pochi ordinari più tanti (relativamente) associati, di fatto equivalenti ai vecchi assistenti ordinari di ruolo, più ricercatori precarizzati nel tempo determinato (gli assistenti incaricati degli anni 70) e speranzosi di divenire ‘associati-assistenti'”. Tutto vero. Ma detto questo, Mazzarella propone “un piano di finanziamento straordinario sia per la tenure track che per le chiamate nei ruoli di ricercatori e associati che conseguano l’abilitazione nazionale”. In altri termini, Eugenio Mazzarella accetta la messa a esaurimento dei ricercatori, passaggio fondamentale per creare un precariato più vasto e piu’ lungo e per fare diventare gli associati “associati-assistenti”. Inoltre Mazzarella accetta il mantenimento in ruoli separati delle fasce della docenza e accetta una tenure track ad associato, una ‘novità’ del DDL (peraltro finta, “alle vongole”), quando una vera tenure track ad associato attualmente esiste già: i primi tre-sei anni di prova dell’associato che, sulla base di una valutazione nazionale, puo’ essere confermato o mandato via. L’on. Mazzarella conclude: “con lo slittamento del provvedimento, ora c’è un mese di tempo. Usiamolo.” Mazzarella evidentemente non vuole ascoltare la richiesta del mondo universitario che protesta contro un DDL che è INEMENDABILE e del quale si chiede il RITIRO. Una vera riforma democratica è necessaria e urgente, ma essa va elaborata con le forze interessate al bene dell’Istituzione e del Paese e per questo non può essere ‘recuperato’ un DDL voluto da chi (Confindustria e CRUI) è interessato a trasformare gli Atenei in ASL, dominate da un rettore-sovrano assoluto affiancato dai rappresentanti dei poteri forti locali economico-politici.
4. ‘Schedatura’ docenti.
Sulla ‘schedatura’ dei docenti che protestano, contro la quale si sono espressi i Rettori dell’Aquila e di Roma 1 e il Presidente della CRUI, hanno preso posizione anche i “giuslavoristi sul piede di guerra, contro un’iniziativa della Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali che viene considerata una lesione dell’autonomia degli atenei se non, addirittura, una sorta di schedatura di chi contesta la riforma dell’università” (v. articolo).
= 15.10.10.
1. No ai soldi per ‘bombardare’ l’Università
a) Confindustria
b) CRUI
c) Schiavone
d) Tocci
2. Le poche posizioni critiche
3. La disperazione della CRUI
4. Il livore della radio di Confindustria
5. ANDU sul Manifesto
= 18.10.10.
1. In Francia gli studenti
2. Intervento di un precario alla manifestazione FIOM
3. Bersani: salviamo l’Università con ANVUR e frequenze tv
4. Mazzarella (PD). Giuste critiche e pessime ‘soluzioni’
5. ‘Schedatura’ docenti
1. In Francia gli studenti.
“L’onda degli studenti il vero incubo del governo francese”: un articolo sull’Unità. Nell’articolo si ricorda, tra l’altro, che per la protesta studentesca nel 1986 “Jacques Chirac dovette ritirare la cosiddetta legge Devaquet sull’università.”
2. Intervento di un precario alla manifestazione FIOM.
Invitiamo ad ascoltare-vedere il bell’intervento di un ricercatore precario alla manifestazione della FIOM.
3. Bersani: salviamo l’Università con ANVUR e frequenze tv.
Mentre il mondo universitario protestava per impedire l’approvazione del DDL prevista per il 14 ottobre e per chiederne il ritiro, il 14 ottobre stesso sul Corriere della Sera il Segretario del PD proponeva di salvare l’Università con l’ANVUR e la vendita delle frequenze televisive. Non una sola parola contro i contenuti devastanti del DDL: ‘governance’, messa ad esaurimento dei ricercatori, precariato, nepotismo, ecc. Nel suo intervento Pier Luigi Bersani ha ricordato che “la maggioranza ha governato l’università quasi l’intero decennio passato con risultati negativi.” Bersani dovrebbe ricordare anche che l”opposizione’ ha sempre governato o ‘cogestito’ l’Università con risultati pessimi: finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, svuotamento del CUN, finti concorsi locali, devastante “3 + 2”, espansione senza limiti del precariato, crescenti tagli, blocco del reclutamento e degli avanzamenti. Le posizioni ‘alternative’ del Segretario del PD non sorprendono visto che il Vice-segretario dello stesso partito ha dichiarato di condividere la linea di Confindustria sul DDL.
4. Mazzarella (PD). Giuste critiche e pessime ‘soluzioni’.
Eugenio Mazzarella nel suo intervento sul Sole 24-ore descrive diversi contenuti negativi del DDL ‘fermato’, tra i quali “un drastico ridisegno degli organici non solo al ribasso ma in senso apicale: l’idea di pochi ordinari più tanti (relativamente) associati, di fatto equivalenti ai vecchi assistenti ordinari di ruolo, più ricercatori precarizzati nel tempo determinato (gli assistenti incaricati degli anni 70) e speranzosi di divenire ‘associati-assistenti'”. Tutto vero. Ma detto questo, Mazzarella propone “un piano di finanziamento straordinario sia per la tenure track che per le chiamate nei ruoli di ricercatori e associati che conseguano l’abilitazione nazionale”. In altri termini, Eugenio Mazzarella accetta la messa a esaurimento dei ricercatori, passaggio fondamentale per creare un precariato più vasto e piu’ lungo e per fare diventare gli associati “associati-assistenti”. Inoltre Mazzarella accetta il mantenimento in ruoli separati delle fasce della docenza e accetta una tenure track ad associato, una ‘novità’ del DDL (peraltro finta, “alle vongole”), quando una vera tenure track ad associato attualmente esiste già: i primi tre-sei anni di prova dell’associato che, sulla base di una valutazione nazionale, puo’ essere confermato o mandato via. L’on. Mazzarella conclude: “con lo slittamento del provvedimento, ora c’è un mese di tempo. Usiamolo.” Mazzarella evidentemente non vuole ascoltare la richiesta del mondo universitario che protesta contro un DDL che è INEMENDABILE e del quale si chiede il RITIRO. Una vera riforma democratica è necessaria e urgente, ma essa va elaborata con le forze interessate al bene dell’Istituzione e del Paese e per questo non può essere ‘recuperato’ un DDL voluto da chi (Confindustria e CRUI) è interessato a trasformare gli Atenei in ASL, dominate da un rettore-sovrano assoluto affiancato dai rappresentanti dei poteri forti locali economico-politici.
4. ‘Schedatura’ docenti.
Sulla ‘schedatura’ dei docenti che protestano, contro la quale si sono espressi i Rettori dell’Aquila e di Roma 1 e il Presidente della CRUI, hanno preso posizione anche i “giuslavoristi sul piede di guerra, contro un’iniziativa della Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali che viene considerata una lesione dell’autonomia degli atenei se non, addirittura, una sorta di schedatura di chi contesta la riforma dell’università” (v. articolo).
= 15.10.10.
1. No ai soldi per ‘bombardare’ l’Università
a) Confindustria
b) CRUI
c) Schiavone
d) Tocci
2. Le poche posizioni critiche
3. La disperazione della CRUI
4. Il livore della radio di Confindustria
5. ANDU sul Manifesto
1. No ai soldi per’ bombardare’ l’Università.
“Afghanistan, Bossi: “Bombe? Meglio dare i soldi all’università”. Così hanno scritto diversi quotidiani qualche giorno fa. Noi diciamo (ripetiamo) che non vogliamo che si finanzi la Controriforma; non vogliamo che si consenta alla Confidustria e alla CRUI di ‘bombardare’ gli Atenei, completando la demolizione portata avanti negli ultimi decenni da tutti i Governi e da tutti i Parlamenti: finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, svuotamento del CUN, finti concorsi locali, devastante “3 + 2”, espansione senza limiti del precariato, crescenti tagli, blocco del reclutamento e degli avanzamenti.
Invece, sostanzialmente, solo di soldi da dare all’Università oggi scrivono in tanti, dopo che è stata posticipato quasi a tempo indeterminato il DDL attribuito al Ministro Gelmini, ma che e’ in realta’ della Confindustria e della CRUI.
a) CONFINDUSTRIA. La Confindustria non si arrende: “Rocca: subito i fondi agli atenei” titola il Sole 24-ore. Gianfelice Rocca, vice-presidente di Confindustria, ha il merito di dire con chiarezza a cosa (gli)servono i soldi quando afferma: “Confindustria ha sempre appoggiato la riforma Gelmini” perché “vengono distinti i compiti scientifici del Senato Accademico e quelli gestionali del Cda a cui potranno accedere anche membri esterni”. “Bisogna passare dall’autogoverno corporativo ad un meccanismo efficiente e produttivo”. Mettendo insieme l’efficienza e la produttivitaàdelle imprese italiane e la “non corporatività” dell’accademia che conta (a partire dai Rettori) si trasformeranno gli Atenei in ASL, facendola finita con la libertà di ricerca e di insegnamento e con l’autonomia e la democrazia (già scarse).
b) CRUI. Un po’ più rassegnato sembra invece il Presidente della CRUI. “Senza fondi rischiamo di affondare” titola la Stampa. Decleva, presidente della CRUI, aveva definito “ultima spiaggia” il DDL da lui sostenuto strenuamente per conto dei Rettori e contro il mondo universitario che si oppone alla Controriforma. Insomma, a mare è finita (si spera per sempre) la pretesa dei Rettori di commmissariare gli Atenei. Decleva, ricordando che nonostante le “convinzioni politiche” dei Rettori “in molti casi non sono proprio quelle del governo”, la CRUI “aveva valutato positivamente” il DDL che, precisa, “era uno degli argomenti di forza di questo governo”. Di buono nelle affermazioni di Decleva c’è solo il fatto che egli parla al passato. Pericolosa è invece l’ultima affermazione del Presidente della CRUI: “a questo punto, tutti hanno ragione a protestare.” No, a questo punto ancora di più bisogna mobilitarsi per chiedere il ritiro definitivo del DDL da sostituire con una rifoma che abbia contenuti ALTERNATIVI a quelli del DDL sostenuto dalla CRUI e bisogna sollecitare con forza le dimissioni dei Rettori che non si dissociano dalla CRUI stessa.
c) SCHIAVONE. Su Repubblica si è rifatto vivo Aldo Schiavone. Schiavone, assieme a Ernesto Galli della Loggia, Angelo Panebianco e Gaetano Quagliariello (nell’ambito della Fondazione Magna Carta presieduta da Marcello Pera, v. Appello per la Legge Moratti), ha sostenuto strenuamente la Legge Moratti il cui principale obiettivo era la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori. Nel suo intervento su Repubblica Schiavone accusa Tremonti di non dire “una parola sulla sostanza del provvedimenti: l’inquadramento dei ricercatori, o l’impianto del disegno Gelmini – sui quali si potrebbe discutere moltissimo”. Schiavone, come Tremonti, nel suo lungo fondo riesce a non dire una parola sul DDL.
d) TOCCI (PD). Anche Walter Tocci, deputato del PD, su Europa riesce a non dire una sola parola contro i contenuti principali del DDL: ‘governance’ e messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori. Tocci lamenta, ancora una volta, il numero eccessivo di norme e regolamenti che gravano sull’Università. Ma che c’entra il numero? L’importante è se le norme sono buone o cattive e se le poche norme con le quali le si vorrebbe sostituire sono peggiori o meno di quelle attuali. In realtà Tocci da anni espone una posizione ‘alternativa’ sull’Università. L’ANDU ha riportato e commentato più voltr le posizioni di Tocci: “Walter Tocci (PD): da una giusta analisi un mortale rimedio” (gennaio 2010), “L’on. Tocci e l’Agenzia dei DS”(novembre 2006), “DS peggio di Moratti? Molto peggio” (novembre 2005). Leggendo con attenzione (e invitiamo a farlo) gli scritti di Walter Tocci si coglie una differenza tra i contenuti dei DDL del Governo e del PD e le sue posizioni. Con i DDL si vuole demolire l’Università statale, Tocci ‘invece’ la vuole sciogliere: gli atenei, cioe’ le attuali oligarchie che li governano, facciano quello che gli pare (‘governance’, reclutamento, carriere, ecc.), mentre si commissaria il Sistema nazionale delle Università con l’ANVUR: un esempio di iper-liberismo iper-statalista.
Tocci e il PD vogliono “la proroga delle procedure concorsuali del decreto 180. Queste procedure non vanno bene perché mantengono ancora sostanzialmente la cooptazione personale. Per evitare questo occorre che TUTTI i componenti delle commissioni siano sorteggiati (senza il ‘membro interno’) e che siano queste Commissioni a DECIDERE i vincitori per i concorsi a ordinario e ad associato senza l’ulteriore intervento delle Facoltà (come già avviene per quelli a ricercatore). Tutto questo ha comunque senso se gli Atenei potranno disporre dell’intero budget di chi va in pensione e, soprattutto, se verrà previsto un finanziamento straordinario per i concorsi a ricercatore. In ogni caso, la giusta necessita’ di riaprire il reclutamento non deve diventare motivo per rallentare i tempi di un riforma democratica dell’Università, per la quale da anni l’ANDU ha elaborato una proposta organica e veramente alternativa ai DDL e alle posizioni di Walter Tocci: un Consiglio di Ateneo eletto da tutte le componenti (niente Presidi) e NON presieduto dal Rettore, un ESECUTIVO da affiancare al Rettore, un Organismo CONSULTIVO di ‘esterni’, ruolo unico in tre fasce, commissioni nazionali sorteggiate, un solo contratto pre-ruolo di non più di tre anni, bando di almeno 20.000 posti di ruolo nei prossimi anni con finanziamento straordinario.
2. Le poche posizioni critiche.
Alcune poche posizioni veramente critiche dei contenuti del DDL ospitate dai quotidiani:
– Intervista a Piero Fiorani (ordinario) “Rafforzerebbe solo i baroni” sul Tirreno;
– Intervista ad Alessadro Ferretti (ricercatore) “Non ci serve un contentino” sulla Stampa;
– Dichiarazioni di vari ricercatori sulla Sicilia.
3. La disperazione della CRUI.
Brutte notizie per la CRUI, quindi buone per l’Università. La CRUI (Conferenza nazionale dei Rettori) è disperata: il suo DDL non sarà approvato prima della discussione della Finanziaria.
Ora bisogna che si avveri quanto prevedono la CRUI e tutti coloro che vogliono imporre, con tutti i mezzi e a ogni costo, il DDL. La CRUI infatti teme che “il rinvio verrà inevitabilmente utilizzato da quanti hanno osteggiato e tanto più osteggeranno il processo riformatore” (dal comunicato della CRUI). Bisogna che il mondo universitario realizzi quanto previsto dalla CRUI.
E siamo sulla buona strada come dimostrano la grande manifestazione nazionale che si è tenuta davanti alla Camera e quelle che si sono svolte in tutti gli Atenei con la partecipazione di tutte le componenti (professori, ricercatori, precari, tecnico-amministrativi, studenti).
4. Il livore della radio di Confindustria.
Se si ha la pazienza di ascoltare la trasmissione condotta da Oscar Giannino dedicata all’Università si può ascoltare un esempio di livore misto a presunzione e ignoranza (“si blocca tutto”, “sono pagliacciate”, “è una buffonata”) contro chi si sta impegnando per salvare l’Università statale. Il conduttore si è solo un po’ calmato durante i ragionati interventi di Massimo Augello, nuovo rettore di Pisa, e di un ricercatore di Torino.
5. ANDU sul Manifesto.
Il Manifesto per la prima volta ha dato un significativo spazio alle posizioni dell’ANDU.
= 13.10.10.
1. DDL rinviato di un giorno.
2. DDL: “insulto alle nuove generazioni”
1. DDL rinviato di un giorno.
Si continua a ‘trafficare’ sui tempi della discussione del DDL da parte dell’Aula della Camera: si è spostato di un giorno – dal 14 al 15 (che è un venerdì) – l’inizio della discussione. Il motivo sarebbe la difficoltà di trovare la copertura economica per ‘comprare’ la protesta dei ricercatori con 9000 posti di associato in sei anni (v. notizia su Repubblica.it, dove viene citata l’ANDU, e sul Corriere.it).
Si continua a far finta di non sapere che i ricercatori, assieme agli altri docenti, ai precari e agli studenti, protestano contro l’INTERO DDL, perchè commissaria gli Atenei regalandoli ai Rettori e ai poteri economico-politici locali (trasformando le Universita’ in ASL) e cancellando, quindi, qualsiasi autonomia e democrazia, espelle quasi tutti gli attuali precari dall’Università, con la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori, ricreando un precariato ancora più ampio e più lungo. Inoltre con il DDL si aumenta il nepotismo rendendo ancora più locali il reclutamento e le progressioni di carriera.
Si tratta di una epocale (così l’ha definita il Ministro) Controriforma che non cambierebbe natura con l’eventuale riduzione dei tagli: di fatto si darebbero più soldi ai rettori-sovrani per costruire il loro ‘impero’!
La verità è che questo Governo e questo Parlamento, come i precedenti, sono chiamati a soddisfare, comunque e a ogni costo, le fameliche richieste di Confindustria e dell’accademia che conta, anziché dare ascolto al mondo universitario che chiede una vera riforma per un’Università efficiente, autonoma e democratica, utile agli studenti e all’intero Paese.
Questo DDL è inemendabile e va RITIRATO! Governo e Parlamento facciano finalmente l’interesse del Paese e non dei poteri forti accademico-confindustriali e compiano un atto di responsabilità, come richiesto anche dalle Organizzazioni universitarie dei professori, dei ricercatori, dei precari, dei tecnico-amministrativi e degli studenti: si fermino!
2. DDL: “insulto alle nuove generazioni”.
Invitiamo a leggere l’intervento “Perchè la riforma Gelmini è da rottamare prima che nasca”. Nell’intervento, tra l’altro, è scritto:
“La riforma Gelmini non solo sta per assestare un colpo mortale all’università ed alla ricerca in Italia, ma sembra essere un vero e proprio insulto alle nuove generazioni. Quelli che nell’università non sono ancora entrati e che probabilmente, a parte rare eccezioni, non ci entreranno mai. C’è bisogno di un’opposizione intransigente, con iniziative consone alla gravità della situazione, ma è necessario anche elaborare una riforma dell’universita’ che abbia presupposti e prospettive completamente differenti da quelle del DDL Gelmini. Perché rifiutare una riforma insensata come quella della Gelmini e’ necessario, ma difendere l’esistente è impossibile.”
= 12.10.10.
1. Organizzazioni unite contro DDL
2. Facoltà occupate
1. Organizzazioni unite contro DDL.
Le Organizzazioni universitarie ADI, ADU, AND, ANDU, AURI, CISAL, CISL-Università, CNRU, CNU, FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB, RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR, tra l’altro, chiedono “al Governo e al Parlamento un atto di responsabilitaà: si sospenda l’iter del DDL e si apra finalmente un serio e ampio confronto con l’Università, evitando di interloquire esclusivamente con chi non la rappresenta e con chi ha l’interesse a monopolizzare la gestione delle risorse pubbliche destinate alla ricerca e all’alta formazione” e “invitano tutte le componenti universitarie a continuare e a intensificare la protesta e, in particolare, a partecipare alla manifestazione del 14 ottobre 2010 davanti alla Camera, a partire dalle ore 10” (dal documento unitario dell’11.10.10)
2. Facoltà occupate.
Sono state occupate le Facoltà di Ingegneria di Roma La Sapienza (Repubblica, Messaggero, Manifesto) e la Facoltà di Lettere di Arezzo (Nazione).
= 10.10.10.
1. Precari in Assemblea Nazionale contro DDL e CRUI
2. DDL approvato in Commissione Cultura: resoconti con emendamenti approvati
3. Precisazioni e ‘rettifiche’ dal PD all’ANDU
4. Università: chi la distrugge e chi la squalifica.
5. Mussi, come Valditara, NON critica il DDL
6. L’on. Lusetti non vuole accelerare il DDL
—
1. Precari in Assemblea Nazionale contro DDL e CRUI.
A Bologna l’8 ottobre scorso si è tenuta la prima Assemblea nazionale dei precari dell’Università. Oltre 200 precari hanno denunciato, tra l’altro, che il DDL indebolisce le strutture democratiche d’ateneo con l’istituzione del rettore-padrone e l’introduzione dei privati nei CdA e hanno deciso di chiedere il ritiro del DDL e, in alternativa, un unico contratto pre-ruolo, il ruolo unico della docenza in tre livelli, il rilancio del reclutamento attraverso concorsi a tempo indeterminato, l’adeguamento dell’eta’ pensionabile dei docenti universitari allo standard europeo di 65 anni. Si è inoltre denunciato il ruolo della CRUI a sostegno del DDL.
All’Assemblea e’ intervenuta Paola Mura dell’Esecutivo nazionale dell’ANDU.
Articoli di Repubblica di Bologna e del Resto del Carlino.
2. DDL approvato in Commissione Cultura: resoconti con emendamenti approvati delle sedute del 5 ottobre, 6 ottobre e 7 ottobre 2010 della Commissione Cultura della Camera.
3. Precisazioni e ‘rettifiche’ dal PD all’ANDU.
In riferimento al messaggio dell’ANDU del 7 ottobre 2010 (“Le mani del PD: la sinistra non sa cosa fa la destra?”) le onn. Donata Lenzi (Presidenza Gruppo Parlamentare PD Area Territorio, Cultura e Sociale) e Manuela Ghizzoni (Capogruppo del PD in Commissione Cultura) ci hanno inviato il testo integrale della dichiarazione dell’on. Dario Franceschini, presidente dei Deputati del PD, mettendo in evidenza che “la disponibilità (del PD) ad affrontare la riforma anche durante la sessione di bilancio che comincia il 15 ottobre” è condizionata “all’accoglimento delle nostre proposte”.
Tra le condizioni poste dall’on. Francechini non c’è l’eliminazine dal DDL del CdA con poteri immensi e con la presenza degli ‘esterni’, che trasforma in ASL gli Atenei, e non c’è la richiesta di cancellare la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori, che comporta l’espulsione degli attuali precari e la ricostituzione di un più ampio e più lungo precariato. Sono questi i contenuti centrali del DDL voluto dalla Confindustria e dall’accademia che conta. Un DDL che il mondo universitario invece chiede che sia RITIRATO.
Il PD si sforza di apparire come contrario a questo DDL, ma non ci riesce. Ed eè difficile riuscirsi quando lo stesso PD ha presentato, prima di quello governativo, un suo DDL che prevede sostanzialmente la stessa ‘governance’ prevista dal DDL approvato dalla Commissione, lo stesso PD ha accettato la messa ad esaurimento dei ricercatori e lo stesso PD ha dichiarato, attraverso il suo Vice-segretario, di condividere la linea della Confindustria sul DDL.
Chiedere, come fa il PD, la riduzione dei tagli senza chiedere anche il RITIRO di questo DDL e senza proporre una riforma che dia efficenza, autonomia e democrazia all’Università statale, equivale, di fatto, a chiedere il finanziamento per una gestione baronale-padronale degli Atenei.
4. Università: chi la distrugge e chi la squalifica. Intervento di Angelo D’Orsi dell’Università di Torino.
5. Mussi, come Valditara, NON critica il DDL.
Fabio Mussi, il piu’ ‘parlante’ (non)ministro dell’Università, in un’intervista riesce a non dire una sola parola contro i contenuti devastanti del DDL, preoccupandosi di dimostrare di essere stato più bravo dell’attuale (non)ministro Gelmini nel contenere i tagli.
In un’altra intervista, anche il sen. Giuseppe Valditara, relatore del DDL al Senato. si preoccupa solo dei tagli. Valditara sostiene inoltre che nella protesta “c’è l’anima conservatrice e regressiva che sempre è stata contro ogni riforma, che si è opposta a tutti governi, dalla Moratti a Berlinguer, e c’è una maggioranza di quelli che protestano che vive un autentico disagio.” Valditara ha ragione a mettere insieme Moratti e Berlinguer: entrambi, su richiesta dei soliti poteri forti accademico-confindustriali, hanno imposto le ‘loro’ controriforme all’Università.
6. L’on. Lusetti non vuole accelerare il DDL.
E’ stato già chiarito che l’on. Renzo Lusetti non fa più parte del PD essendo passato all’UDC. Ora è lo stesso on. Lusetti ha chiarire di “essere stato frainteso” quando gli era stata attribuita la richiesta di accelerare l’iter del DDL. L’usetti, nella seduta del 7 ottobre 2010 della Cammissione Cultura è intervenuto “per essere stato frainteso sui blog, sottolinea che il suo intervento della seduta di martedì 5 ottobre, volto a sollecitare l’avvio dell’esame degli emendamenti, era assolutamente ironico, solo per sottolineare l’atteggiamento di deputati della maggioranza i quali, con interventi ripetuti, miravano a ritardare l’avvio delle votazioni.” (dalla pag. 26 del resoconto della seduta).
2. DDL approvato in Commissione Cultura: resoconti con emendamenti approvati
3. Precisazioni e ‘rettifiche’ dal PD all’ANDU
4. Università: chi la distrugge e chi la squalifica.
5. Mussi, come Valditara, NON critica il DDL
6. L’on. Lusetti non vuole accelerare il DDL
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1. Precari in Assemblea Nazionale contro DDL e CRUI.
A Bologna l’8 ottobre scorso si è tenuta la prima Assemblea nazionale dei precari dell’Università. Oltre 200 precari hanno denunciato, tra l’altro, che il DDL indebolisce le strutture democratiche d’ateneo con l’istituzione del rettore-padrone e l’introduzione dei privati nei CdA e hanno deciso di chiedere il ritiro del DDL e, in alternativa, un unico contratto pre-ruolo, il ruolo unico della docenza in tre livelli, il rilancio del reclutamento attraverso concorsi a tempo indeterminato, l’adeguamento dell’eta’ pensionabile dei docenti universitari allo standard europeo di 65 anni. Si è inoltre denunciato il ruolo della CRUI a sostegno del DDL.
All’Assemblea e’ intervenuta Paola Mura dell’Esecutivo nazionale dell’ANDU.
Articoli di Repubblica di Bologna e del Resto del Carlino.
2. DDL approvato in Commissione Cultura: resoconti con emendamenti approvati delle sedute del 5 ottobre, 6 ottobre e 7 ottobre 2010 della Commissione Cultura della Camera.
3. Precisazioni e ‘rettifiche’ dal PD all’ANDU.
In riferimento al messaggio dell’ANDU del 7 ottobre 2010 (“Le mani del PD: la sinistra non sa cosa fa la destra?”) le onn. Donata Lenzi (Presidenza Gruppo Parlamentare PD Area Territorio, Cultura e Sociale) e Manuela Ghizzoni (Capogruppo del PD in Commissione Cultura) ci hanno inviato il testo integrale della dichiarazione dell’on. Dario Franceschini, presidente dei Deputati del PD, mettendo in evidenza che “la disponibilità (del PD) ad affrontare la riforma anche durante la sessione di bilancio che comincia il 15 ottobre” è condizionata “all’accoglimento delle nostre proposte”.
Tra le condizioni poste dall’on. Francechini non c’è l’eliminazine dal DDL del CdA con poteri immensi e con la presenza degli ‘esterni’, che trasforma in ASL gli Atenei, e non c’è la richiesta di cancellare la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori, che comporta l’espulsione degli attuali precari e la ricostituzione di un più ampio e più lungo precariato. Sono questi i contenuti centrali del DDL voluto dalla Confindustria e dall’accademia che conta. Un DDL che il mondo universitario invece chiede che sia RITIRATO.
Il PD si sforza di apparire come contrario a questo DDL, ma non ci riesce. Ed eè difficile riuscirsi quando lo stesso PD ha presentato, prima di quello governativo, un suo DDL che prevede sostanzialmente la stessa ‘governance’ prevista dal DDL approvato dalla Commissione, lo stesso PD ha accettato la messa ad esaurimento dei ricercatori e lo stesso PD ha dichiarato, attraverso il suo Vice-segretario, di condividere la linea della Confindustria sul DDL.
Chiedere, come fa il PD, la riduzione dei tagli senza chiedere anche il RITIRO di questo DDL e senza proporre una riforma che dia efficenza, autonomia e democrazia all’Università statale, equivale, di fatto, a chiedere il finanziamento per una gestione baronale-padronale degli Atenei.
4. Università: chi la distrugge e chi la squalifica. Intervento di Angelo D’Orsi dell’Università di Torino.
5. Mussi, come Valditara, NON critica il DDL.
Fabio Mussi, il piu’ ‘parlante’ (non)ministro dell’Università, in un’intervista riesce a non dire una sola parola contro i contenuti devastanti del DDL, preoccupandosi di dimostrare di essere stato più bravo dell’attuale (non)ministro Gelmini nel contenere i tagli.
In un’altra intervista, anche il sen. Giuseppe Valditara, relatore del DDL al Senato. si preoccupa solo dei tagli. Valditara sostiene inoltre che nella protesta “c’è l’anima conservatrice e regressiva che sempre è stata contro ogni riforma, che si è opposta a tutti governi, dalla Moratti a Berlinguer, e c’è una maggioranza di quelli che protestano che vive un autentico disagio.” Valditara ha ragione a mettere insieme Moratti e Berlinguer: entrambi, su richiesta dei soliti poteri forti accademico-confindustriali, hanno imposto le ‘loro’ controriforme all’Università.
E’ stato già chiarito che l’on. Renzo Lusetti non fa più parte del PD essendo passato all’UDC. Ora è lo stesso on. Lusetti ha chiarire di “essere stato frainteso” quando gli era stata attribuita la richiesta di accelerare l’iter del DDL. L’usetti, nella seduta del 7 ottobre 2010 della Cammissione Cultura è intervenuto “per essere stato frainteso sui blog, sottolinea che il suo intervento della seduta di martedì 5 ottobre, volto a sollecitare l’avvio dell’esame degli emendamenti, era assolutamente ironico, solo per sottolineare l’atteggiamento di deputati della maggioranza i quali, con interventi ripetuti, miravano a ritardare l’avvio delle votazioni.” (dalla pag. 26 del resoconto della seduta).
= 7.10.10
1. Le mani del PD: la sinistra non sa cosa fa la destra?
2. Resoconti (con emendamenti approvati) della Commissione Cultura
3. On. Mazzarella (PD) e sen. Garavaglia (PD) all’ANDU
4. Decleva: i ricercatori in lotta accettano l’esistente o vogliono l’ope legis
1. Le mani del PD: la sinistra non sa cosa fa la destra?
Ieri l’ANDU aveva inviato a un numero limitato di destinatari un messaggio dal titolo “Anche il PD accelera” nel quale si riportava il seguente passo del resoconto ufficiale della seduta del 5 ottobre 2010 della Commisione Cultura della Camera:
“Renzo LUSETTI (PD) sottolinea l’esigenza di passare all’esame degli emendamenti presentati, anche in relazione alla richiesta rappresentata da tutti i gruppi di accelerare l’iter del provvedimento.”
E’ poi pervenuto all’ANDU da parte dell’on. Ghizzoni, capogruppo del PD in Commissione, la seguente precisazione:
“Leggo dai resoconti della discussione sul DDL Gelmini fornita dal sito ANDU che il PD avrebbe accelerato l’iter del provvedimento.
Informo, come noto, che l’on. Lusetti ha da mesi abbandonato il PD per approdare nell’UDC.
Per quanto riguarda PRESUNTE ACCELERAZIONI, mi pare che il comportamento del PD sia netto e trasparente, come attestano le mie dichiarazioni e quelle del capogruppo Franceschini.
Manuela Ghizzoni”
Abbiamo inviato allo stesso Gruppo di destinari e ai Componenti della Commissione Cultura la ‘rettifica’ dell’on. Ghizzoni con le seguenti nostre due precisazioni:
“1. che l’on. Lusetti appartenesse al PD l’abbiamo ‘copiato’ dal resoconto ufficiale della Commissione Cultura: evidentemente si è trattato di un errore materiale degli estensori del resoconto, forse dovuto alla difficoltà di ‘inseguire’ i cambiamenti ‘politici’ di tanti Parlamentari;
2. l’on. Lusetti ha comunque parlato di “richiesta rappresentata da TUTTI i gruppi di accelerare l’iter del provvedimento”: forse sarebbe stato opportuno che, ‘a ruota’, il PD fosse intervenuto per dissociarsi da tale affermazione ‘onnicomprensiva’.”
Ecco la risposta dell’on. Ghizzoni:
“E’ da mercoledí della scorsa settimana, cioè da quando si è svolta la Conferenza dei Capigruppo della Camera, che la posizione del PD è nota: discussione generale il 14 ottobre, esame e voto degli articoli DOPO la sessione di bilancio. A seguito delle sollecitazioni da parte di opinionisti, rappresentanti di organizzazioni e di forze politiche che caldeggiavano (auspicavano) una accelerazione, è stata altrettanto chiara e resa pubblica (con molte dichiarazioni ufficiali dell’on. Franceschini e della sottoscritta, ampiamente ripreso dalla stampa) la nostra conferma del calendario già stabilito.
Farò pertanto rettificare i verbali di seduta della commissione per quanto riguarda il gruppo di appartenenza dell’on. Lusetti. Coglierò l’occasione per ribadire quanto e’ noto circa la nostra posizione in merito a presunte accelerazioni.
Manuela Ghizzoni”
Purtroppo quanto ribadito dall’on. Ghizzoni, capogruppo del PD in Commissione, non corrisponde a quanto dichiarato sulla stampa di oggi dall’on. Franceschini, capogruppo del PD in Aula. Infatti l’on. Franceschini ha dichiarato: “Possiamo affrontare la riforma anche NELLA sessione di bilancio che comincia il 15 ottobre” (dall’articolo “Università, riforma con patto bipartisan?”, su l’Avvenire di oggi).
E’ chiaro a tutti che i ‘tempi’ indicati dall’on. Ghizzoni vanno in qualche modo incontro alla richiesta del movimento di protesta che vuole il ritiro e la riscrittura del DDL, mentre i tempi ‘possibili’ indicati dall’on. Franceschini vanno nella direzione delle richieste della Confindistruia e dai Rettori della CRUI.
Evidentemente i due Capigruppo del PD non si sono ‘coordinati’, oppure, più probabilmente, l’on. Ghizzoni non fa parte di quella “buona parte del Pd” che ha promosso il DDL, come ricorda Giorgio Israel oggi sul Giornale. Certamente di quella “buona parte del Pd” fanno parte l’on. E. Letta, vice-segretario del PD, che ha dichiarato ufficialmente di condividere la linea della Confindustria sul DDL e coloro che hanno elaborato il DDL presentato dal PD prima di quello governativo, anticipandone l’impianto e, soprattutto nella parte riguardante la ‘governance’, i contenuti.
2. Resoconti (con emendamenti approvati) delle sedute del 5 ottobre e 6 ottobre 2010 della Commissione Cultura della Camera,
3. On. Mazzarella (PD) e sen. Garvaglia (PD) all’ANDU.
Riportiamo, su sua richiesta, l’intervento integrale dell’on. Mazzarella (PD) svolto in Commissione Cultura il 6 ottobre 2010. Mazzarella rivolge molte e giuste critiche al DDL, frutto di “una inimendabile visione dell’universita’ italiana”, ma non critica il motivo principe per il quale la Confindustria e l’accademia che conta vogliono imporre il loro DDL: un Consiglio di Ammnistrazione con ‘esterni’ e con poteri assoluti (Atenei-ASL). Questa ‘governance’ è la stessa di quella elaborata dalla confindustriale “lobby trasversale” TreeLLLe e di quella prevista anche dal DDL presentato dal PD.
La sen. Mariapia Garavaglia (PD), riferendosi al commento dell’ANDU “ORE CRUCIAlI: giù le mani dall’Università” del 4.10.10 (v. più sotto), ci ha scritto: “Questa volta condivido tutto!”.
4. Decleva: i ricercatori in lotta accettano l’esistente o vogliono l’ope legis.
Il Presidente della CRUI ha dichiarato: “Probabilmente chi contesta ritiene che lo stato in cui versa l’università sia accettabile. Oppure pensa che lasciando le cose come stanno si finirà con una ope legis generalizzata per tutti i ricercatori che diventeranno dunque associati o per legge o per sentenza del tribunale”.
Il fatto grave non è tanto che Decleva spari simili invenzioni contro il movimento di protesta, ma che finora non ci sia stato NESSUN Rettore che si sia dissociato dalle prese di posizioni a favore del DDL da parte della CRUI presieduta da Decleva.
= 5.10.10.
1. Panebianco: Fini, dimettiti!
2. Un ordinario ‘in via d’uscita’ all’ANDU
===
1. Panebianco: Fini, dimettiti!
Avendo appreso che – in ultima istanza – “è stato il presidente Fini a scegliere la data (il 15 ottobre) che mette a rischio il passaggio della riforma”, Angelo Panebianco ne ha per tutti: 1. perché la maggioranza non ha “deciso di polemizzare duramente con lui su un tema così importante?”. 2. Visto anche “il caso della riforma universitaria”, Fini prenda “in considerazione l’idea di lasciare la Presidenza.” (v. (af)fondo sul Corriere della Sera)
Ma come si è potuto permettere Fini di decidere di rallentare l’iter di un provvedimento già deciso da Confindustria e dall’accademia che conta e sostanzialmente sostenuto da tutti i Gruppi parlamentari? Ma dove vive il Presidente della Camera? Come fa a non sapere che da sempre il Parlamento non ha (non deve avere) alcuna voce in capitolo sulle questioni universitarie?
E il movimento di protesta – sempre più grande e consapevole – che si oppone a una “riforma” che regala gli Atenei ai poteri forti accademico-confindustriali, distrugendone l’autonomia e la già poca democrazia, non vale (non deve valere) nulla rispetto ai dictat dei professori-opinionisti che dettano legge dai ‘grandi’ quotidiani.
Sembra che il “pressing della maggioranza per anticipare l’esame della riforma dell’università” stia ottenendo ‘buoni’ risultati: “il presidente della Camera ha dato la sua disponibilità a far lavorare la commissione anche venerdi’ e sabato, quando normalmente i lavori parlamentari sono fermi” (articoli sul Corriere della Sera e sulla Stampa).
L’ANDU ieri, nel messaggio “ORE CRUCIALI: giu’ le mani dall’Università!”, aveva scritto:
“Il gioco è ormai scoperto, duro, senza esclusione di colpi: si vogliono mettere le mani sull’Università e per questo il Parlamento è richiamato all’ordine. Sconfiggere questo tentativo è difficile, ma indispensabile: finalmente, per la prima volta, si fermerebbero quei potenti che hanno prodotto negli ultimi decenni la rovina degli Atenei e che ora se ne vogliono impossessare completamente. Sarebbe un risultato importante nell’interesse dell’Università e della stessa democrazia. Per ottenere tutto cio’ bisogna, IN QUESTE ORE CRUCIALI, far fare un salto di qualità alla protesta utilizzando ogni occasione (riunioni di Organi accademici, assemblee, manifestazioni) per opporsi al tentativo di sequestrare l’Università statale da parte di quelle forze che la vogliono distruggere.”
2. Un ordinario ‘in via d’uscita’ all’ANDU: “forme di protesta più incisive e radicali” (messaggio).
= 4.10.10. ORE CRUCIALI: GIU’ LE MANI DALL’UNIVERSITA’!
Da manuale. Per completare la demolizione dell’Università statale attraverso l’approvazione del loro DDL, i poteri forti accademico-confindustriali hanno messo in moto la loro solita mortale macchina da guerra. Attraverso i ‘loro’ quotidiani (Corriere della Sera, Sole 24-ore e, tra poco – probabilmente – Repubblica) richiamano all’ordine il Parlamento perché smetta di fare le bizze e, come sempre, traduca in legge le loro richieste sull’Università: caro Deputato, vuoi mettere il peso politico-elettorale di una protesta, per quanto intensa e diffusa, nel mondo universitario con quello di Confindustria e della parte più potente dell’accademia, che dispongono dell”opinione pubblica’, ovvero della ‘grande’ stampa nazionale?
Il DDL s’ha da fare e subito e quindi la Camera non si azzardi a rinviarne la discussione che potrebbe determinarne la rottamazione, come teme anche il Presidente della CRUI che ha lanciato un appello per salvare il DDL che uccide l’Università statale, ma assegna ai Rettori poteri totali, da cogestire con i locali rappresentati del potere politico-confindustriale (come nelle ASL). (v. più sotto il messaggio dell’ANDU “Rottamare la CRUI, il suo DDL e i ‘suoi’ Rettori” dell’1.10.2010).
a) Il fiore del Ministro.
In realtà Presidente della CRUI era stato preceduto dal finto Ministro dell’Università che in Commissione Cultura, riferendosi al DDL appena ‘stoppato’ dalla ‘Capigruppo’ della Camera, aveva sostenuto che “approvarlo in tempi brevi rappresenterebbe il fiore (crisantemo, ndr) all’occhiello per tutti” (tutti chi?).
b) Confindustria.
Più importante di tutti è l’intervento della Confindustria che da anni vuole ‘entrare’ negli Atenei per cogestirne le risorse e le scelte, trovando ‘seguaci’ in tutti i Partiti e nell’accademia che conta. A rappresentare le ‘esigenze’ di Confindustria è ancora una volta Gianfelice Rocca, “vicepresidente di Confindustria con delega all’education”, nell’intervista sul Sole 24-ore del 2 ottobre 2010.
Rocca la mette in politica (“In gioco c’è la capacità italiana di fare le riforme”, “si dà uno straordinario segnale di impotenza del governo, del parlamento e della politica in generale”), quando invece in gioco c’è ‘solo’ la capacità di Confindustria e dei suoi ‘amici’ accademici di dettar legge sull’Università.
Rocca ricorda che l’impianto del DDL, ha accolto “aspetti presenti anche nel programma elettorale dell’opposizione”, quando in realtà l”opposizione’ ha partecipato all’elaborazione del DDL fin dal 2003 (Fondazione confindustriale TreeLLLe), ha anticipato il DDL governativo presentandone uno dello stesso tenore e ha rinnovato pochi mesi fa la sua sostanziale condivisione con il Vice-segretario del PD, che ha pubblicamente dichiarato di condividere la linea di Confindustria.
Gianfelice Rocca, come Tremonti e quindi anche la Gelmini, ripropone il ricatto: “le risorse aggiuntive chieste dagli atenei sono indispensabili ma non possono essere immesse in un impianto organizzativo che premia l’inefficienza”, “bisogna cambiare le regole, perché le risorse aggiuntive devono essere affidate a un’università piu’ dinamica e competitiva”. In altri termini, i soldi saranno (sarebbero) concessi solo per finanziare la demolizione dell’Università statale e il commissariamento degli Atenei con i Rettori-sovrani assoluti, affiancati dai rappresentanti dei potentati economico-politici locali.
c) Presidente CRUI.
Dopo l’intervento di Confidustria è ritornato in campo il Presidente della CRUI, il quale ripete sul Corriere della Sera del 4 ottobre 2010 che con la mancata approvazione del DDL “ingressi e carriere sarebbero bloccati”, quando tutti sanno che proprio l’approvazione del DDL bloccherebbe per circa un decennio l’entrata in ruolo di nuovi docenti, producendo nel frattempo l’espulsione di quasi tutti gli attuali precari e la ricrescita di un più massiccio e più lungo precariato. E tutti sanno anche che i primi avanzamenti di carriera si avrebbero non prima di tre-quattro anni.
d) Presidente CUN
A dar manforte al potente partito che vuole ora e subito e a ogni costo la Controriforma è sceso in campo anche il Presidente del CUN che ha lanciato un appello “a una condivisione dei miglioramenti della riforma universitaria ma NON ad un rinvio del disegno di legge che è da ritenere urgente per il nostro paese.” A nome di quanti e quali componenti del CUN ha parlato il Presidente? Lo sapremo presto perché certamente chi invece sta dalla parte del movimento di protesta, che vuole il blocco del DDL, si dissoceraà pubblicamente dal ‘suo’ Presidente.
e) Panebianco.
Il solito intervento-fondo di Angelo Panebianco sul solito Corriere della Sera non merita commento: è un intervento d’ufficio.
f) Quanto ‘vale’ un ricercatore.
La novità più ‘comica’, che viene da chi è impegnato a fare approvare comunque il DDL della Confindustria, sarebbe che al Ministero “stanno studiando la fattibilità di un emendamento che arriva dall’opposizione e prevede per i ricercatori un’indennità didattica, cioè una piccola aggiunta in busta paga” (Corriere della Sera del 2 ottobre 2010). Insomma con “intorno ai 150 euro netti al mese” si vorrebbe ‘comprare’ la protesta dei ricercatori contro un DDL che massacrerebbe irreversibilmente la libera ricerca e il libero insegnamento, con danni incommensurabili anche per gli studenti e le loro famiglie e per il Paese intero.
g) Che fare?
Il gioco è ormai scoperto, duro, senza esclusione di colpi: si vogliono mettere le mani sull’Università e per questo il Parlamento è richiamato all’ordine. Sconfiggere questo tentativo è difficile, ma indispensabile: finalmente, per la prima volta, si fermerebbero quei potenti che hanno prodotto negli ultimi decenni la rovina degli Atenei e che ora se ne vogliono impossessare completamente. Sarebbe un risultato importante nell’interesse dell’Università e della stessa democrazia. Per ottenere tutto ciò bisogna, IN QUESTE ORE CRUCIALI, far fare un salto di qualità alla protesta utilizzando ogni occasione (riunioni di Organi accademici, assemblee, manifestazioni) per opporsi al tentativo di sequestrare l’Università statale da parte di quelle forze che la vogliono distruggere.
– “Ricercatori mai docenti”. Segnaliamo un intervento di Giliberto Capano sul ruolo dei ricercatori.
= 1.10.10. Rottamare la CRUI, il suo DDL e i ‘suoi’ Rettori.
Una notizia buona per l’Università e, quindi, cattiva per la CRUI: il tentativo di fare approvare subito il DDL alla Camera (un ‘golpe’ invocato dalla CRUI e dalla Confindustria) sembra fallito. La discussione in Aula inizierà il 14 ottobre prossimo e ciò, secondo il Presidente della CRUI, “equivale molto probabilmente, nella situazione politica che stiamo attraversando, alla rottamazione anticipata del provvedimento”. Purtoppo non è certo che quanto temuto dal Presidente della CRUI si avveri. Certamente questo è il momento di intensificare la mobilitazione in tutti gli Atenei per ottenere il definitivo ritiro di un DDL che, se approvato, demolirebbe del tutto l’Università statale, come vogliono invece i Rettori della CRUI.
Bisogna essere certi che il DDL venga veramente e definitivamente rottamato e per questo bisogna chiedere al Governo, a TUTTI i Gruppi parlamentari e a TUTTI i Partiti di rinunziare a questo DDL che rottamerebbe l’Università e di iniziare finalmente un vero confronto per arrivare al più presto ad una riforma condivisa capace di dare efficienza e democrazia agli Atenei e all’intero Sistema nazionale delle Università statali.
Questo obiettivo passa anche dalla rottamazione di quei Rettori che non dovessero subito dissociarsi dalla CRUI, una ‘entità’ che sempre più si comporta come una ‘cupola’ separata e contrapposta agli Atenei, preoccupata esclusivamente di sostenere, con qualsiasi mezzo e a ogni costo, un DDL che farebbe aumentare a dismisura il potere degli attuali rettori-padroni, facendoli diventare rettori-sovrani assoluti. Questi ‘nuovi’ Rettori dominerebbero sugli Atenei assieme agli ‘esterni’ voluti dalla famelica Confindustria.
Per raggiungere questi risultati il Presidente della CRUI è arrivato a dichiarare che “il conseguente vuoto legislativo potrebbe per contro prolungarsi di nuovo per anni, bloccando, tra l’altro, le procedure sul reclutamento che interessano tanti giovani studiosi meritevoli.” Questo è veramente troppo! E’ infatti noto a tutti che se il DDL venisse approvato si avrebbe il BLOCCO del reclutamento nei ruoli della docenza per almeno sei anni, con l’espulsione dall’Università di quasi tutti gli attuali docenti precari.
La CRUI si ostina, come fanno ancora strumentalmente alcuni Rettori, a presentare l’attuale mobilitazione di tutte le componenti del mondo universitario come lotta dei soli ricercatori, esclusivamente interessati alle loro condizioni, quando è ormai l’intera Università che si oppone alla propria distruzione, rigettando un DDL che arrecherebbe danni immensi a tutti gli operatori unversitari, agli attuali e futuri studenti e all’intero Paese. Sul ruolo della CRUI v. anche l’intervista all’ANDU (“La CRUI è un imbroglio”).
Va tenuto presente che nel Parlamento – in tutti i Gruppi parlamentari – prevale ancora la richiesta della riduzione dei tagli e NON anche la critica radicale all’intero DDL, che è inemendabile. Una posizione questa che oggettivamente si traduce nella richiesta di finanziare una controriforma in qualche modo ‘migliorata’.
= 29.9.10. Nuova intervista all’ANDU su DDL e CRUI. Intervista di Ustation.it al coordinatore nazionale dell’ANDU. La precedente intervista ha riguardato il DDL e il PD.
= 27.9.10.
1. Un Rettore: “CRUI non autorevole”
2. Documenti Assemblee nazionali Ricercatori
1. Un Rettore: “CRUI non autorevole”.
Il Rettore di Perugia sostiene che “la Crui non ha più quell’autorevolezza che le può consentire di mettersi in un confronto serio con il governo. Non ne ha la forza, anche perché è sostenuta da nessuno, e anzi è stata delegittimata in parte dalla stampa e da interessi contrapposti: nord e sud, atenei privati e non …”.
L’Assemblea della CRUI, nonostante la sua non “autorevolezza”, ha confermato il sostegno al ‘suo’ DDL, invitando a interrompere la mobilitazione contro lo stesso DDL (v. anche articolo del Corriere della Sera).
In realtà la CRUI conta ‘solo’ perché è utile all’approvazione del DDL voluto dalla Confindustra e sostenuto di fatto da tutti i Gruppi parlamentari. Un DDL che consegna totalmente gli Atenei ai Rettori.
E alla Camera si sta operando un ‘golpe’ con la decisone di accelerare l’approvazione del DDL, antipandone la discussione in Aula al 5 ottobre prossimo: questa e’ la risposta provocatoria a un movimento sempre più grande e consapevole che si oppone alla definitiva demolizione dell’Università statale.
I Rettori sono eletti dagli Atenei. I Rettori che non condividono le proteste degli Atenei dovrebbero dimettersi volontariamente, altrimenti dovrebbero essere costretti alle dimissioni.
2. Documenti delle Assemblee nazionali dei Ricercatori.
Il 17 e il 24 settembre 2010 si sono svolte le Assemblee nazionali dei ricercatori.
= 23.9.10.
1. La CRUI di Tremonti contro l’Università
a. La conferenza stampa di Tremonti-Gelmini
b. L’adesione incondizionata della CRUI
c. Con chi stanno i singoli Rettori?
2. Precariato e ruolo unico.
3. ‘Esterni’ nel governo degli Atenei?
1. La CRUI di Tremonti contro l’Università:
a. La conferenza stampa di Tremonti-Gelmini. Il finto Ministro dell’Università (Gelmini), accompagnato dal vero Ministro dell’Università (Tremonti), nella conferenza stampa del 22 settembre 2010 ha difeso la controriforma dell’Università, voluta dalla Confindustria e, nella sostanza, sostenuta da tutti Gruppi parlamentari. La controriforma sarà discussa dall’Aula della Camera il 5 ottobre prossimo, nonostante la crescente protesta del mondo universitario che ne chiede il ritiro.
b. L’adesione incondizionata della CRUI. La Giunta della CRUI (Conferenza dei Rettori) si è precipitata ad aderire piattamente a tutto quello che hanno detto i due Ministri, accettando la vaga promessa di riduzione dei tagli e, soprattutto, confermando il totale sostegno della CRUI alla controriforma che demolisce l’Università statale e trasforma gli attuali rettori-padroni in rettori-sovrani assoluti.
c. Con chi stanno i singoli Rettori? In diversi Atenei i Rettori hanno espresso critiche anche pesanti al DDL. Non è tollerabile che un Rettore abbia due ‘versioni’: nel proprio Ateneo critica il DDL e nella CRUI invece l’accetta totalmente; vanno chieste le DIMISSIONI di tutti quei Rettori che non si dissociano esplicitamente e pubblicamente dalle posizioni espresse dalla CRUI.
2. Precariato e ruolo unico:
a. Precariato. Chi è realmente contro il precariato e contro la cacciata dall’Università di quasi tutti gli attuali precari non può chiedere o accettare la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori. Con la messa ad esaurimento, infatti, si istituzionalizzerebbe una docenza fatta da pochi docenti di ruolo e da una massa di precari.
b. Ruolo unico. Il ruolo unico è tale SOLO se il passaggio da una fascia all’altra dipende ESCLUSIVAMENTE da una valutazione (nazionale) dell’attività scientifica e didattica e non anche da successive scelte locali che in realtà servirebbero solo a salvaguardare l’attuale potere di cooptazione personale (localismo, clientelismo, parentopoli).
3. ‘Esterni’ nel governo degli Atenei? La presenza, anche ridotta, di ‘esterni’ negli Organi di gestione degli Atenei (voluta ad ogni costo da Confindustria) porterebbe alla trasformazione in ASL delle Università. Gli ‘esterni’ potrebbero invece essere utili se inseriti, come a Camerino, in Organi consultivi.
= 20.9.10. DDL:
a. Cresce la protesta contro il DDL: articoli su Corriere della Sera, Messaggero, Manifesto, Liberazione, Repubblica di Milano. Rinvio dell’inizio delle lezioni: a Bari, a Brescia, a Pisa.
b. Prima la Confindustria. Il 23 settembre 2010 la Commissione Cultura della Camera inizia le audizioni sul DDL (ora n. 3687). La Confindustria sarà ascoltata per prima, prima degli Organi universitari e prima delle Organizzazioni della docenza. Ed è giusto così visto che il DDL è ‘dettato’ dalla Confindustria, la cui linea è condivisa dalla Maggioranza e dal PD.
c. “Valga per tutti”. Paolo Bertinetti sulla Stampa: “se la riforma è buona perché deve valere solo per le università statali e non per quelle private e quelle telematiche?”
= AGGIORNAMENTO del 16.9.10. Nemesi dei ricercatori”. Intervento di Sergio Luzzatto: “Logica avrebbe voluto che una simile realtà delle cose – l’evidenza per cui i ricercatori sono professori de facto, docenti a tutti gli effetti – trovasse un riscontro de iure, un formalizazzione giuridica. E infatti, più volte negli ultimi lustri sono stati discussi in parlamento disegni di legge che avrebbero istituito la cosiddetta ‘terza fascia di docenza’: soddisfacendo così la naturale aspirazione dei ricercatori di non essere più considerati professori-fantasma, manovalanza innominabile. Ma ogni volta, un’altrettanto naturale alleanza dei ‘baroni’ universitari e delle forze politiche più retrive ha vanificato il proposito.”
= AGGIORNAMENTO del 14.9.10. Tremonti: contro i rettori più potere ai rettori (v. articolo “I rettori italiani? Come l’Urss”, sul Corriere della Sera). Tremonti, vero ministro dell’Università, vuole “porre fine ai poteri dei baroni”, ritiene che “la conferenza dei rettori” ia l'”idea di cosa era l’università sovietica” e lamenta che i “concorsi sono locali”. Contro tutto questo lo stesso Ministro vuole aumentare i poteri dei baroni, accrescere enormemente il potere dei rettori, rendere più locali i concorsi, così come prevede il DDL sull’Università approvato al Senato e che a Tremonti piace: “la riforma dell’Università è positiva”, “è una buona riforma”. Tremonti con i tagli sta continuando la distruzione dell’Università statale che sara’ completata dal DDL voluto da tutti i Gruppi parlamentari, ma nel frattempo ha finanziato profumatamente il ‘suo’ “Istituto italiano di Tecnologia (Iit) con sede a Genova per introdurre in Italia un laboratorio di cervelli sul modello del bostoniano Mit.” Un Istituto a gestione ‘privatistica’, ma fatto finanziare “ingentemente” dallo Stato e fortemente sostenuto dalla Confindustria. Per conoscere meglio la ‘storia’ dell’IIT invitiamo a leggere il documento dell’ANDU “”All’Iit i soldi non mancano ma …”.
Di fronte a tutto questo è indispensabile che TUTTI i docenti (ordinari, associati, ricercatori) , con le stesse modalità di mobiltazione, assieme ai precari e agli studenti, si oppongano con forza all’approvazione del DDL in discussione alla Camera e si battano per eliminare i tagli e per ottenere una riforma che renda democratica ed efficiente l’Università: vero diritto allo studio, eliminazione del precariato e nuovo reclutamento con concorsi nazionali, ruolo unico in tre fasce e avanzamento per idoneità nazionale, poteri di programmazione e indirizzo a Senati accademici senza Presidi, Organismi di Ateneo senza ‘esterni’, ecc. (v. proposte dell’ANDU).
= AGGIORNAMENTO del 6.9.10.
a) Ricatto. Rispondendo ad un articolo sulla Stampa riguardante i tagli all’Università il Ministro ha chiarito, ma non era necessario, che l’obiettivo è quello dello “scambio tra riforma e risorse”. In altri termini, per rivedere i tagli che stanno massacrando l’Università occorrerebbe accettare una legge che demolirebbe del tutto l’Universita’ statale. Una legge contro la quale va crescendo la protesta del mondo universitario e che la Confindustria vuole ad ogni costo imporre, con il sostanziale accordo di tutti i Gruppi parlamentari e il sostegno della CRUI.
b) Appello a Napolitano. E’ in corso la sottoscrizione di un Appello al Presidente della Repubblica contro la rottamazione dei ricercatori.
c) Ruolo unico della docenza. L’on. Eugenio Mazzarella del PD propone per “gli attuali ricercatori ed associati che maturino 12 anni di anzianita’” il passaggio da una fascia all’altra attraverso l’abilitazione nazionale e la “chiamata diretta”, “con l’incremento di budget garantito da un apposito fondo ministeriale”. L’ANDU ha sempre sostenuto che per i docenti (non solo quelli attuali) debba essere previsto il “passaggio di fascia per idoneità nazionale individuale (a numero aperto), con immediato e pieno riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della Facoltà dove il docente già lavora e continuera’ a lavorare” e che “per il passaggio di fascia e’ indispensabile prevedere uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali”. La proposta dell’on. Mazzarella – la prima proveniente dal mondo politico che si avvicini a quella dell’ANDU – ha i seguenti limiti:
– ha una validita’ transitoria;
– prevede troppi anni (12) di ‘attesa’ per il passaggio di fascia;
– con la “chiamata diretta” si mantiene un immenso potere nelle mani del “maestro” locale che di fatto deciderà se ‘convalidare’ il giudizio di merito dato a livello nazionale.
Lo ripetiamo, la proposta dell’ANDU è l’unica che può debellare sul serio il nepotismo e il localismo.
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a) Il ‘nuovo’ testo del DDL approvato dal Senato il 29 luglio 2010.
b) Martinotti e “l’insano inciucismo tra PD e governo”.
c) La CRUI(?) è contenta.
d) L’ANVUR e i pericoli della valutazione.
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a) Il ‘nuovo’ testo del DDL approvato dal Senato il 29 luglio 2010.
b) Martinotti e “l’insano inciucismo tra PD e governo”. Il recente intervento di Guido Martinotti (“La breve vita infelice della campagna d’estate del compagno Marco Meloni”) è interessante anche perché Martinotti è uno dei pochi che prende di petto le responsabilità del PD, attacca frontalmente la “premiata ditta Giavazzi e Co” che “si pavoneggia (sul Corriere della Sera) gongolante della bontà delle pratiche della sua università privata (la Bocconi) in uno spot a favore del proprio ateneo” e denuncia “la politica del MIUR” fatta “da un team (chiamiamolo così) di consulenti prevalentemente provenienti da università private e fortemente appoggiati da Confindustria”. Il fatto è “che questa riforma s’ha da fare”. Martinotti denuncia anche che non tutti “hanno accesso alle colonne dei quotidiani controllati dalla lobby pro-Gelmini”.
Le critiche di Martinotti al PD sembrano riferirsi agli anni più recenti, mentre è vero che la responsabilità di una scelta lucidamente demolitrice dell’Università statale risale ad alcuni decenni fa: finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, finti concorsi locali, imposizione del “3 + 2”, svuotamento del CUN, progressiva riduzione dei finanziamenti, ripetuto blocco dei concorsi, aumento a dismisura del precariato. L’attuale “responsabile Università del PD” (il “compagno Marco Meloni”) ha quindi ‘ereditato’ una politica praticata e consolidata negli anni, politica che egli sta ‘solo’ continuando. In ogni caso ben più ‘alte’ sono le responsabilità della politica del PD: vedasi la esplicita condivisione delle posizioni della Confindustria da parte del Vice-segretario e le ‘vuote’ dichiarazioni del Segretario. Su tutto questo l’ANDU da anni, sostanzialmente da sola, ha – come ben sa Martinotti – costantemente informato il mondo universitario, anticipando di volta in volta le conseguenze disastrose delle scelte trasversali fatte contro l’Università statale e avanzando contestualmente proposte organiche e alternative per un Sistema nazionale di Università aperta, autonoma e democratica. Su tutto questo vedi (ascolta) anche la recente intervista all’ANDU. Sulle questioni dell’età dei docenti di ruolo e del precariato invitiamo a leggere un commento dell’ANDU del giugno 2007 (ministro era Mussi).
c) La CRUI(?) è contenta. La CRUI(?), nel documento del 3 agosto 2010, “esprime una valutazione positiva” sul DDL votato dal Senato che avrebbe approvato le “proposte migliorative (sic!) avanzate”. La CRUI(?) conclude ‘minacciando’: “scelte e comportamenti della CRUI e del mondo universitario (sic!) alla vigilia del nuovo anno accademico” dipenderanno dalla “quantificazione” delle risorse. Ma cosa c’entra la CRUI, contenta del ‘suo’ DDL, con “il mondo universitario” che invece lo rigetta? Abbiamo messo il punto interrogativo dopo la parola “CRUI” perchè riusciamo con difficoltà a credere che quei Rettori che nei loro Atenei criticano anche duramente i contenuti del DDL siano gli stessi che, ‘in versione CRUI’, li condividono.
d) L’ANVUR e i pericoli della valutazione. Carlo Galli su Repubblica del 5 agosto 2010 scrive sulle problematiche relative alla valutazione della ricerca. Tra l’altro prevede “la quasi inevitabile tendenza dei revisori a promuovere alcune linee di pensiero o di ricerca – certo, le più autorevoli e consolidate (mainstream) – e a scoraggiarne altre. Ed ecco che proprio dall´interno della scienza rispuntano possibili censure, o almeno pressioni e orientamenti che fanno sì che la ricerca e il sapere siano esposti, come minimo, al potere che da essi stessi promana. Si dirà che questi condizionamenti esistevano anche prima che si parlasse di valutazione; ed è vero. Ma la valutazione li enfatizzerà, e spingerà gli studiosi a pubblicare fin troppo, e a cercare di scrivere su riviste prestigiose e diffuse anche al prezzo di sacrificare qualche idea troppo originale.” E ancora: la valutazione “potrà essere il veicolo di un controllo capillare sulla ricerca, che ne determina stili e obiettivi in sintonia con le richieste dei poteri politci e sociali”. Galli ritiene che tali pericoli vanno comunque corsi. L’ANDU ribadisce che l’immenso potere attribuito all’ANVUR produrrà IN ITALIA l”aslizzazione’ del Sistema nazionale universitario.
– ha una validita’ transitoria;
– prevede troppi anni (12) di ‘attesa’ per il passaggio di fascia;
– con la “chiamata diretta” si mantiene un immenso potere nelle mani del “maestro” locale che di fatto deciderà se ‘convalidare’ il giudizio di merito dato a livello nazionale.
Lo ripetiamo, la proposta dell’ANDU è l’unica che può debellare sul serio il nepotismo e il localismo.
Le critiche di Martinotti al PD sembrano riferirsi agli anni più recenti, mentre è vero che la responsabilità di una scelta lucidamente demolitrice dell’Università statale risale ad alcuni decenni fa: finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, finti concorsi locali, imposizione del “3 + 2”, svuotamento del CUN, progressiva riduzione dei finanziamenti, ripetuto blocco dei concorsi, aumento a dismisura del precariato. L’attuale “responsabile Università del PD” (il “compagno Marco Meloni”) ha quindi ‘ereditato’ una politica praticata e consolidata negli anni, politica che egli sta ‘solo’ continuando. In ogni caso ben più ‘alte’ sono le responsabilità della politica del PD: vedasi la esplicita condivisione delle posizioni della Confindustria da parte del Vice-segretario e le ‘vuote’ dichiarazioni del Segretario. Su tutto questo l’ANDU da anni, sostanzialmente da sola, ha – come ben sa Martinotti – costantemente informato il mondo universitario, anticipando di volta in volta le conseguenze disastrose delle scelte trasversali fatte contro l’Università statale e avanzando contestualmente proposte organiche e alternative per un Sistema nazionale di Università aperta, autonoma e democratica. Su tutto questo vedi (ascolta) anche la recente intervista all’ANDU. Sulle questioni dell’età dei docenti di ruolo e del precariato invitiamo a leggere un commento dell’ANDU del giugno 2007 (ministro era Mussi).
Precari e vittime dei tagli, uniamoci:
https://sites.google.com/site/ricercatoriprecaridibattito/
Le mie congratulazioni a Kostya Novoselov, “ricercatore precario”, vincitore del premio Nobel per la fisica 2010. (grafene)…….
scrive rete 29aprile
all’On. Mario Pepe del PdL (medico, ricercatore (!) alla Sapienza) che porta la durata dei mandati dei rettori delle università italiane TUTTI a sei anni, escludendo la possibilità di un rinnovo. Ma i rettori attualmente in servizio possono stare tranquilli perché se il loro mandato scade nel 2011, la scadenza è spostata ope legis alla fine dell’anno accademico successivo all’entrata in vigore dei nuovi statuti che ogni sede universitaria dovrà predisporre per legge. Un anno accademico, per doverosa informazione, comincia il 1° ottobre e termina il 31 settembre dell’anno successivo.
Supponendo così che la legge entri in vigore, come il Governo spera, entro il 2010, e ponendo il 2011 come anno durante il quale le università si daranno i nuovi statuti, il giochetto è abbastanza evidente: le università adottano i nuovi statuti nel corso del primo semestre 2011 e i rettori, invece di lasciare il 31 settembre 2011 vanno in scadenza il 31 settembre 2012. Questo passaggio interesserà almeno 20 rettori delle 66 università pubbliche italiane. Un anno “omaggio”, con i complimenti del Ministro, per il disturbo che i rettori si sono presi di difendere, a spada tratta e con una foga degna di miglior causa, il progetto governativo.
Ma non tutti i rettori scadranno nel 2011, senza contare che quando si fa un dono collettivo non sta bene lasciare fuori nessuno. Ecco allora il tocco da maestro dell’ennesima norma ad personam (o meglio, ad rectores): se il rettore è una matricola al suo primo incarico, la durata del mandato è aumentata ope legis di due anni: scadenza a settembre 2014. Poi, se proprio non si riuscisse a scambiarsi il posto con un collega (la sincronia delle cessazioni delle cariche sembra fatta apposta per un “Magnifico” giro di valzer), si tornerà a insegnare in aula, speriamo, con un enorme bagaglio di esperienza in più, potendo insegnare ai giovani virgulti della Nazione come si fa a restare in carica ben oltre lo sperato, per giunta grazie a una norma infilata di straforo in un disegno di Legge che un Paese tenuto in un torpore quasi completo ha potuto capire solo a spizzichi e Bocconi.
Sappiamo che i Rettori ce l’hanno con i ricercatori, con quelle migliaia di giovani colleghi che hanno protestato per mesi al grido di “no ope legis” (almeno loro), cercando di richiamare l’attenzione su un provvedimento che va a incidere sul sistema della formazione e della ricerca in maniera devastante. Ebbene, non ce l’avranno certamente col collega ricercatore On. Mario Pepe, che ha proposto il miglior regalo che potesse essere fatto a un gruppo che si prepara a diventare casta di potere.
Questo è il rinnovamento generazionale dell’università italiana, mica chiacchiere!
occorre come da mesi diciamo riformare un organismo oligarchico che pensa solo a se ………….
art 33 della costituzione italiana
A) gli enti ed i privati hanno diritto ad organizzarsi scuole ed università senza oneri per lo stato
finanziamento pubblico aile Università private (FFO) 88.101.254,
iscritti 95 000,
laureati 24000
POI il Ministro del MIUR e delle finanze di turno dichiarano non abbiamo fondi,non possiamo assumere ,no allo stato giuridico dei ricercatori in attesa dal 1980,no alla stabilizzazione dei precari,no al ruolo unico docente,no ad una università democratica….
adesso andremo alle elezioni …..
Nel ‘mare magnum’ di proposte, dichiarazioni e proteste di questi giorni alcune ‘chicche’, vere perle di saggezza elargite dai nostri politici, rischiano di passare inosservate. Anche questa volta, ovviamente, a brillare nell’Olimpo della beata ignoranza, delle uscite, diciamo così, disinvolte, c’è lei, l’incontrastata regina-sapientessa: Maria Stella Gelmini. Sarebbe un peccato non rilevare la malevola astuzia di una recente dichiarazione del ministro. Dopo aver passato mesi a spiegare e lodare la taumaturgica presenza nel ‘suo’ DDL di una sedicente ‘tenure track’, viene ora fuori, dalle parole stesse di Gelmini, la realtà di un provvedimento che precarizza e umilia i giovani (e i non più tali). “Va superata una posizione un po’ retriva”, cinguetta il ministro, “cioè che tutti i ricercatori debbano trovare un’occupazione nell’università. […] o si vince il concorso da associato, e abbiamo trovato i soldi per bandirlo, o si può trovare un impiego negli enti di ricerca o nel privato” (cfr. Avvenire, 07/10/2010, p. 10, foglio 1/2). Il gioco è svelato, l’incantesimo è infranto. Ai futuri ‘ricercatori a tempo determinato’, dopo anni di lavoro precario, può spalancarsi davanti il vuoto, soprattutto in considerazione dei tagli a ricaduta pluriennale che stiamo vivendo (e che, sia detto per inciso, mettono in discussione la stessa possibilità concreta di bandire i medesimi posti). Una nuova figura ‘a termine’, neanche nata, è già ricacciata nel limbo dell’ ‘usa e getta’. Non sono molti in Italia gli enti di ricerca alternativi all’Università che assumono correntemente ricercatori, e così pure i privati brillano nel nostro paese per la carenza di investimenti in ricerca. Tutti lo sanno, basta guardarsi intorno. E leggere qualche cifra. Che sfugga solo al ministro e alla sua ‘corte’? Piuttosto, pare che il principio tipicamente neoliberista dei rapporti a termine, finalizzati al mero ‘do ut des’, all’utilizzo della persona come mezzo e non come fine, stia palesando sempre più il suo volto di vero ispiratore del DDL 1905. Al di là delle mistificazioni verbali e sostanziali, delle infiocchettature retoriche, che gli stessi promotori del DDL hanno dovuto propinarci fino ad ora.
L’asse ANDU-CRUI si rinsalda. Nonostante le schermaglie verbali, quando si arriva al sodo l’unione per proseguire lungo la strada della difesa dei privilegi generazionali e della macelleria sociale degli attuali under-40 si rinsalda. E la grande stampa italiana, ospitando articoli solo ed esclusivamente di professori ordinari, preferibilmente attempati, fornisce il degno sottofondo musicale a questo canto in cui tante voci riescono a fondersi mirabilmente in un solo coro.
La regola si conferma nuovamente.
Un nuovo avversario del pensionamento a 65 anni, professione: professore ordinario, classe: 1938.
La voce dei precari, in massa favorevoli alla proposta, è ovviamente azzittita dall’ANDU, dalla CRUI, da La Voce e dalla grande stampa nazionale!
occorre pensare la crui non èsiste
le nuove università pensarle senza rettori,con un organismo eletto democraticamente a governo degli atenei con mandato quadriennale,senza possibilità di essere rieletti, Un ruolo unico docente con aggiunta degli emolumenti in base all’attività dei singoli docenti,liberalizzazione delle professioni,elettorato attivo e passivo per rappresentanza a tutte le componenti Universitarie.con valutazione 5 anni ex post
forse cosi si puo pensare di ragionare