= L’articolo sul rapporto del CNVSU del 16.12.09 “Laurea breve ma non troppo“, sul Sole 24-ore Scuola del 21 gennaio 2010, inizia con “Cinque anni di studio per conseguire la laurea triennale”.
= Nell’intervento di Vittorio Coletti su Repubblica di Genova del 24 gennaio 2010, tra l’altro, si legge: “La qualità della didattica universitaria è stata compromessa dieci anni fa dalla divisione dei percorsi di studio in due tronconi irrelati (3+2), con riti di passaggio dall’uno all’altro che fanno perdere tempo e non hanno alcun valore (lauree triennali). Gli esami sono stati spezzettati (in moduli) e moltiplicati e sono stati richiesti inutili crediti da pseudo esperienze lavorative che costano un paio di mesi studio allo studente. Risultato: ritardi enormi nelle lauree, scadimento incontestabile della preparazione.” Coletti conclude scrivendo: “I veri problemi non li vedono soprattutto quelli che li hanno in gran parte provocati, sponsorizzando qualche anno fa la famigerata riforma Berlinguer che sta alla loro origine. E si dà il caso che, tra i suggeritori, locali e nazionali, delle nuove proposte statutarie ci siano alcuni i tra i vecchi consiglieri (‘progressisti’) della devastazione berlingueriana. Si capisce che loro meno degli altri vedano i guasti che hanno causato e cerchino altrove i problemi e le soluzioni.”
= Riproponiamo la lettura della ‘vecchia’ introduzione (in calce al documento) al Convegno nazionale sul “3 + 2″ del 2006 promosso dall’ANDU.
Una riforma che ha portato a un guasto notevole, con preparazione insoddisfacente in molti casi e la trasformazione di molte università ancora più di prima in laureifici.
CONFERMO IN GERMANIA
di Salvatore Nicosia dell’Università di Palermo
Per quello che so della formazione tecnica universitaria in Germania, Paese col quale in Ingegneria abbiamo diversi gemellaggi ERASMUS, posso confermare la lettera di Elvira Lima.
Il Diploma nelle Fachochschule (FH) infatti è tuttora ottenuto in 4 anni, e per la laurea nelle Università scientifiche servono 5 anni “a ciclo unico” oppure un “+1” dopo la FH.
Salvatore Nicosia
IN GERMANIA SI PENSA DI RIPRISTINARE IL VECCHIO ORDINAMENTO
di Elvira Lima dell’Università di Palermo
Il giudizio sulla riforma del 3+2 non può che essere negativo, a prescindere dai guasti irreparabili provocati dalla sua applicazione. Già solo l’idea di trasformare così radicalmente la struttura dei curricula universitari italiani a costo zero non poteva che tradursi in una catastrofe peraltro evitabile, se si pensa che in Germania i nuovi ordinamenti sono stati introdotti in via sperimentale e che si medita di ripristinare il vecchio. Per la Facoltà dove insegno (Lettere) la laurea triennale è comunque nulla di più che un completamento di alfabetizzazione, corredato da un incerto balbettio in lingua straniera, appena sufficiente ad accogliere i clienti dei call center con un esotico “hallo” anziché con il nostrano “pronto”.
“3 + 2” PER RISPARMIARE
Renato Migliorato dell’Università di Messina
È quanto mai semplicistico, anche se comodo, giustificare il 3+2 invocando il fatto che sistemi simili (ma simili significa uguali?) esistono in altri in paesi (senza dire quali) e (talvolta) funzionano. L’errore fondamentale sta nel fatto che l’Università è un organismo vivo che è parte di un sistema complesso, il sistema paese, con cui interagisce. Pensare di prendere parti staccate di un modello strutturale e organizzativo, che pur funziona in un dato paese, e trapiantarlo in un’altro sistema universitario di un paese diverso, è come fare ad un paziente una trasfusione di sangue senza verificare se il gruppo sanguigno è compatibile. Altro gravissimo errore è dovuto alla smania semplificatoria di chi pensa di potere annullare le differenti esigenze che sussistono tra campi diversi del sapere. Ma non è detto, in realtà, che ciò che può funzionare per gli studi economici, o per quelli letterari, vada automaticamente bene anche in ingegneria o in veterinaria.
C’è poi un aspetto, che nasconde la fondamentale ipocrisia di tutti i governi: ed è che fin dal primo vagito della riforma Berliguer, ma poi sempre in crescendo con il passare del tempo, si mascherano di nobili intenzioni riformistiche le molto più banali limitazioni di bilancio e la scarsa propensione ad investire nella cultura.
Ed infatti il 3+2 in serie, invece di un 3 affiancato ad un 4 o 5 in parallelo, presentato con motivazioni demagogicamente nobili, era nato in realtà per non incrementare la spesa (riforma a coso zero, come si diceva allora). In seguito gli investimenti nell’Università e nella ricerca sono ulteriormente diminuiti, mentre la polverizzazione dei corsi faceva crescere le ore di didattica, riducendone proporzionalmente la qualità. Ma la polverizzazione dei corsi, dice qualcuno, è colpa del corpo docente. Forse si, almeno in parte, anche perchè il corpo docente non è qualcosa di separato dalla società italiana e soprattutto dalla sua classe dirigente. E poi anche la sete di risorse, sempre più scarse, obbliga ad aguzzare l’ingegno: cosa dire per esempio della proliferazione di sedi staccate sorte nei posti più disparati per soddisfare le esigenze della politica locale?
L’ERRORE DI BERLINGUER
di Giovanni Vittorio Pallottino dell’Università di Roma “La Sapienza”
Può darsi veramente che in Italia gli esiti complessivi del 3+2 siano alquanto insoddisfacenti. Notando tuttavia che questo schema funzionava da tempo in vari paesi ed è stato poi seguiti da molti altri, in quasi tutta l’Europa. Può anche darsi infatti che l’errore di Berlinguer sia stato quello di affidare l’attuazione del nuovo schema a un sistema universitario malato. Sistema ricco di burocrati, a cui si devono le pastoie che, come giustamente lamentato, fanno perdere inutilmente tempo ai ragazzi nel passaggio dal 3 al 2: chi è in ritardo perde la possibilità, a differenza di com’era in passato, di frequentare il primo semestre della magistrale. Ma sistema ricco anche di docenti scarsamente responsabili, ai quali si deve la proliferazione dei corsi e degli esami, essenzialmente per motivi di voracità didattica, e la confusione che ne è derivata. Non mancano tuttavia luoghi dove dopo la riforma si sono registrati aumenti del numero di esami superati e dei passaggi regolari da un anno al successivo. Forse dove la progettazione dei curricula è stata del tipo student oriented anzichè barone oriented.
PERCORSI BREVI ACCETTABILI, MA …
di Rosario Nicoletti
Ho sempre trovato demenziale la riforma “3+2”, tenendo conto del quadro generale sul quale è stata innestata, e la sua realizzazione da parte degli atenei. L’idea di percorsi universitari più brevi è in sé accettabile, ma ad alcune condizioni al contorno. a) non tutti i settori si prestano ad una tale trasformazione b) la finalità “professionalizzante” può sussistere in molti casi, ma non in tutti c) una parte delle università dovrebbero essere trasformate in “scuole professionali”. In realtà si sono posti in essere dei corsi di laurea triennale basati su una moltitudine di insegnamenti “bonsai”, completamente fuorvianti per gli studenti, di nessun valore formativo.