ADI, ADU, AND, ANDU, APU, CIPUR-CONFSAL, CISL-Università, CNRU, CNU, CONFSAL, FLC-CGIL, RDB-CUB, SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR
Le sottoscritte Organizzazioni ribadiscono che le soluzioni proposte dal DDL governativo sull’Università non consentono il rilancio dell’Università pubblica come Istituzione strategica per il progresso culturale, sociale ed economico del Paese, anche per la mancanza di adeguati investimenti a copertura degli interventi previsti dal DDL governativo sulla qualità del Sistema; interventi peraltro al di fuori di un progetto strategico sul ruolo, la funzione e la missione dell’Università.
Ribadiscono inoltre i seguenti punti sui quali sono particolarmente critici:
– l’Università pubblica non viene più indicata come “sede primaria della ricerca”;
– l’autonomia del Sistema universitario viene svuotata sia a livello locale sia a livello centrale, concentrando in poche mani (il Rettore e il Consiglio di Amministrazione) il potere di gestione degli Atenei e assoggettando il Ministero competente a quello dell’Economia. Agli Atenei, invece, deve essere assicurata una gestione democratica attraverso la partecipazione di tutte componenti. In particolare, deve essere prevista l’elezione di un Senato Accademico a cui siano attribuiti poteri di programmazione, indirizzo e controllo;
– i previsti meccanismi concorsuali potrebbero addirittura accentuare il localismo, senza eliminare i casi di nepotismo e senza premiare il merito;
– la istituzione della figura del ricercatore a tempo determinato, in aggiunta alla pletora di figure post-dottorato, aggrava il problema del precariato. Deve, invece, essere prevista un’unica figura pre-ruolo, dotata di autonomia e responsabilità diretta di progetti di ricerca;
– la progressione economica dei professori e dei ricercatori viene completamente affidata alla discrezionalità dell’Esecutivo, di fatto del Ministro dell’Economia, tramite una delega i cui unici vincoli causerebbero penalizzazioni stipendiali anche a coloro che venissero valutati positivamente;
– assenza di qualsiasi riferimento al destino degli attuali ricercatori di ruolo;
– non viene prevista alcuna riforma del dottorato di ricerca che è invece necessaria e urgente anche per la formazione alla docenza;
– la nuova figura del “direttore generale” rischia di sovrapporsi a quella del rettore;
– le indicazioni sul diritto allo studio risultano generiche e rinviano ad una delega totale all’Esecutivo, invece di ridefinire un welfare studentesco oggi palesemente inadeguato.
Le Organizzazioni ritengono infine inaccettabile la differenziazione del regime pensionistico tra le varie figure docenti. In particolare, denunziano i prepensionamenti di associati e ricercatori, in corso in diversi Atenei, sulla base di recenti normative incoerenti e discriminatorie.
Queste posizioni comuni saranno rappresentate negli incontri con i Gruppi parlamentari e le forze politiche.
Roma, 15 gennaio 2010
LA SELEZIONE PIU’ IMPORTANTE E’ LA PRIMA
di Miriam del Salto
Osservo che nei post precedenti viene trascurata una realtà ben nota. E’ vero che nei passaggi ad associato ed ordinario viene spesso premiata la fedeltà al “maestro” di riferimento, ma non è che negli ingressi come ricercatore vigano dinamiche differenti. Anzi, trattandosi della selezione più importante, che consente di passare dall’incertezza alla garanzia di un posto stabile, è proprio qui che si instaurano le dinamiche peggiori.
E’ curioso notare come ognuno tenda a denunciare solo il malcostume imperante nei passaggi ai livelli superiori al proprio.
INGIUSTO IMPORRE IL PREPENSIONAMENTO
di Giovanni Pauletta dell’Università di Udine
Il raggionamento del Prof. Falaschi (“perché se un ricercatore a 30 anni dall’immissione in ruolo non ha ancora vinto un concorso a prof. Associato o Prof. Ordinario significa che era “fuori posto”, comunque inadatto alla ricerca”) non farebbe una piega se non mi venissero subito a mente un numero di ricercatori a cui non e’ stata concessa l’opportunita’ di avanzamento, benche continuino a fare ricerca valida, a causa di dinamiche che nulla hanno a che fare con valutazioni di merito. E’ alla modifica di queste dinamiche che dovrebbe mirare una riforma.
Per quanto riguarda l’anticipazzione dell’eta’ di pensionamento, invece, ritengo ingiusto imporlo a chiunque abbia accettato un impiego in base a condizioni diverse. Si fanno scelte di vita in base all’eta’ di pensionamento. Vedersele modificare successivamente puo’ corrispondere a grave disagio finanziario. Questo vale in modo particolare per ricercatori e docenti universitari, la cui entrata nel sistema pensionistico e’ ritardata da una formazione particolarmente lunga e da successivi periodi di impiego precario, spesso all’estero. Questi si ritrovano ad essere gravemente penalizzati da un anzianita’ pensionistica bassa. Il disagio finanziario e’ aggravato dal fatto che, sempre a causa della lunga formazione e precarieta’, queste persone tardano spesso a formare famiglia. Finiscono per trovarsi “prepensionati” con figli ancora carico.
BEL TEMPO, NO DILUVIA
di Massimo Borgogni dell’Università di Siena
Sono un “ricercatore anziano”, entrato all’Università con concorso nel 1983. Ho all’attivo 11 anni di insegnamento (per supplenza ed affidamento) ed ho pubblicato, 6 monografie, 7 curatele, più altri lavori fra articoli e recensioni, quasi sempre rimettendo di tasca propria un buon 50% delle spese fra ricerca e pubblicazioni.
Il motivo per cui non ho seguito le regole baronali è piuttosto banale:…molti anni fa il mio maestro fece guardare il suo gruppo di giovani pupilli fuori dalla finestra del suo studio e poi osservò… guardate che bella giornata. Tutti annuirono. Io fui l’unico a dire:… professore, ma fuori sta diluviando!
PENSIONE A 65 ANNI PER TUTTI
di Giulio Peruginelli
Parto dal principio che ogni persona DOVREBBE andare in pensione a 65 anni (come accade in Francia ad esempio, dove poi c’e’ la figura del prof. emerito, che pero’ non credo percepisca uno stipendio).
Quindi un prof. (o ricercatore) di 70 anni (o anche piu’!!) ha gia’ avuto un ‘preavviso’ di 5 anni da come la vedo io.
E comunque ci sono anche professori, associati e ordinari (!), che quanto a ricerca hanno fatto ben poco…. come la mettiamo con questi?
ANZIANITA’, VECCHIAIA E GIOVENTU’
di Ugo Picillo – Ricercatore Confermato (60 annni)
Le idee espresse dal Prof. Falaschi sono chiaramente surrettizie allineandosi ad altre simili diffuse in altre occasioni ed in altre sedi quando “dall’alto” si è discusso del destino dei Ricercatori. Fanno trasparire anche una posizione di parte quando si mettono sui due piatti della bilancia Ricercatori ed Ordinari, che con la stessa dignità e professionalità non dipendenti dall’età anagrafica e/o contributiva continuano a sostenere la didattica universitaria in tutti i suoi momenti dall’esercitazione agli studenti alla seduta di laurea. Ritengo che i pesi si equivalgano, non così le “misure” con le quali vengono trattate le due categorie. I consulenti (universitari) che si sono succeduti presso i vari Governi degli ultimi 20 anni hanno operato sempre nella stessa direzione nei confronti dei Ricercatori, senza mai proporre (con l’eccezione dell’attribuzione dell’etereo titolo di Prof. Aggregato) strumenti per il riconoscmento dell’attività svolta indipendentemente dai Concorsi che sono stati e saranno sempre occasioni molto limitate e offerte a pochi. Pertanto una proposta che ritengo equa sarebbe un definitivo pensionamento per tutti a 65 anni: le opportunità di progressione aumenterebbero e avremmo un’Università in cui il paradosso corrente di vecchiaia a 60 anni e di gioventù a 70 anni sarebbe finalmente abolito.
NON SI TRATTA DI ORDINARI O RICERCATORI
di Giovanni Morana
Qui non si tratta di Ordinari o Ricercatori: si tratta di produzione scientifica e didattica, il fulcro del mondo universitario. Si stabiliscano criteri chiari di valutazione del Personale Docente universitario: numero di pubblicazioni, impact factor, citation factor, giudizio degli Studenti, ecc.
Sulla base di quello, e solo di quello, c’è chi deve restare e chi deve essere rottamato. Conosco eccellenti Ricercatori con curricula da Ordinari ed Ordinari con curricola ridicoli.
Età e grado non contano.
PREPENSIONAMENTO: BRUTALE PER GLI ORDINARI, NORMALE PER I RICERCATORI
di Roberto Caimmi dell’Universtà di Padova
Il collega Falaschi dovrebbe spiegare, da uomo di scienza quale si professa, come mai trova “brutale il modo con cui alcuni sono stati pensionati, spesso con pochi mesi di preavviso”, mentre invece trova del tutto normale l’applicazione dello stesso provvedimento a quei ricercatori che avendo avuto coscienza che non si possono servire due padroni, si sono dedicati interamente alla Scienza rifiutando qualsiasi compromesso, e che magari hanno pagato di tasca propria il completamento dei 40 anni di contributi. Da quanto ha scritto il collega summenzionato, si evince che gli uomini NON sono tutti uguali, bensi’ esistono i puri e gli immondi: il corollario naturale di questo teorema e’ che il mondo e’ fatto per i primi, e gli ultimi sono meno che niente. Per il resto, ognuno e’ in grado di giudicare liberamente. Se mi e’ consentito, voglio ancora spiegare perche’ ho scelto l’oscurita’: nell’empireo dei luminari, abbacinato da tanto fulgore, dovrei procedere con una mano davanti agli occhi, mentre nelle tenebre sono libero di protendere entrambe le braccia…
SONO UNA RICERCATRICE ‘ANZIANA’
di Stefania Stefanelli della Normale di Pisa
Sono una ricercatrice “anziana” diventata tale soltanto perché non ho seguito le logiche baronali; come me, penso che ce ne siano tanti altri, culturalmente migliori di molti ordinari che invece le hanno seguite. Quanto al discorso sugli ordinari settantenni, mi pare di capire che il collega Falaschi è un ordinario vicino alla settantina.
LA REALTA’ DEI RICERCATORI ‘ANZIANI’
di Giovanna Paolin dell’Università di Trieste
Il ragionamento fatto a proposito dei ricercatori “anziani” dimostra come si può dire qualcosa di apparentemente logico e condivisibile, che però collide con una realtà molto diversa, purtroppo. Voglio pensare che lo scrivente appartenga ad un settore disciplinare esemplarmente virtuoso, al punto da non conoscere quanto avviene in altri.
BENE PREPENSIONARE I ‘VECCHI’ RICERCATORI, MALE PERNSIONARE GLI ORDINARI A 70 ANNI SENZA PREAVVISO
di Giovanni Falaschi
Sono d’accordo col documento per tutto quanto propone. Ritengo tuttavia di non essere sufficientemente illuminato e tollerante nei confronti del (pre)pensionamento dei ricercatori entrati col DPR 382/80. Ritengo che vadano prepensionati, perché se un ricercatore a 30 anni dall’immissione in ruolo non ha ancora vinto un concorso a prof. Associato o Prof. Ordinario significa che era “fuori posto”, comunque inadatto alla ricerca. Certo, potrebbero esserci stati casi persecutori, ma non credo che questi siano molti. Ricordo invece i concorsi degli anni passati, con tre o due idonei, in cui veramente le promozioni venivano moltiplicate. Dunque a quei ricercatori le occasioni per vincere un concorso alla fascia superiore sono state offerte ripetutamente (ma invece vanno in pensione eccellenti proff. ordinari). Ora mi riferisco proprio a questi proff. ordinari – con un breve discorso che solo apparentemente è contraddittorio – : per quanto l’età di settant’anni sia un limite giusto per mandarli in pensione (qualcuno propone anche di anticipare, ed è una proposta da prendere in considerazione), trovo brutale il modo con cui alcuni sono stati pensionati, spesso con pochi mesi di preavviso. Inoltre, trovo al limite dell’incostituzionalità che i decreti rettorali di proroga dei due anni in servizio emessi anni fa siano poi stati annullati in base alla legge Gelmini, legge che di per sé appare costituzionale ma che nella sua applicazione ha di fatto un effetto retroattivo, appunto incostituzionale.