La valutazione degli atenei italiani secondo il Ministero

Il prof. Franco di Quarto, ordinario di Elettrochimica nell’Università di Palermo, ci ha inviato un commento all’articolo a firma Gianni Trovati comparso sul Sole-24 Ore del 23 novembre sulla qualità del sistema universitario italiano in base alla valutazione fatta dal Ministero dell’Istruzione.

Ci sembra opportuno precisare che l’idea ministeriale secondo la quale da una graduatoria si debba desumere che chi sta al 1° posto è ottimo e chi sta all’ultimo è pessimo, quando anche il primo potrebbe essere pessimo e l’ultimo ottimo, denuncia ancora una volta la leggerezza, a cui la grande stampa fa indebita eco, con la quale il Ministero tratta la questione della formazione superiore nel nostro Paese.

Nell’anticipare che torneremo presto su questo tema, aggiungiamo che risulta altresì discutibile, già solo in linea di principio, l’idea che gli  atenei in ritardo rispetto agli altri debbano essere soffocati con l’ovvia conseguenza di accentuarne le difficoltà e non piuttosto sostenuti per raggiungere migliori performances.

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“Nell’edizione di Lunedi’ 23 novembre u.s. a pagina 3 del Sole-24 Ore sono state riportate le distribuzioni premiali, alla didattica e alla ricerca, della quota di FFO assegnate dal Ministero, alle diverse Universita’ e per il corrente anno finanziario, sulla base di nove indicatori ministeriali. Per il modo in cui sono costruiti i nove indicatori non mi pare che essi possano essere utilizzati per stabilire delle graduatorie sull’efficacia della didattica e sull’efficienza delle attivita’ di ricerca portate avanti nelle diverse sedi universitarie. In questa sede, pero’, quello che vorrei sottolineare sono due aspetti dell’articolo che stravolgono completamente i risultati ottenibili sulla base delle graduatorie presentate dal curatore della pagina.
Il primo aspetto riguarda il titolo a sette colonne sulle Universita’ da 110 e lode (Roma e Bologna) mentre il secondo attiene al commento del curatore Gianni Trovati il quale, scambiando le percentuali di distribuzione dei fondi come una implicita graduatoria di merito, definisce La Sapienza di Roma come Universita’ piu’ votata alla ricerca (Research University) rispetto alla Universita’ di Torino piu’ votata alla didattica (Teaching University). Tradotto in termini premiali la prima sarebbe una universita’ da finanziare la seconda da finanziare meno.
Si da’ il caso che una riflessione appena piu’ attenta sui numeri smentisca sia il titolo, a sette colonne, dell’articolo in questione sia il commento del curatore della pagina. Infatti basta dividere le quote di riequilibrio erogate dal Ministero per il numero di docenti delle tre fasce, incardinati in ogni Ateneo, per arrivare a risultati completamente difformi rispetto al titolo e al commento richiamati. La nuova graduatoria vedrebbe in testa l’Universita’ di Trento, premiata con 13820 euro per docente, seguita a ruota da Politecnico di Milano e Politecnico di Torino, con circa 11000 euro per docente, con Bologna e Torino quasi alla pari con piu’ di seimila euro per docente. La Sapienza di Roma si trova a meta’ classifica con circa 5200 euro per docente mentre agli ultimi posti si trovano le Universita di Palermo, Messina e Foggia con 3350, 3075 e 2043 euro per docente. Completezza di informazione vorrebbe che il Ministero (e/o il curatore della pagina) dicesse quale e’ il numero medio di lavori per docente e il numero medio di citazioni per articolo associati a questa distribuzione premiale di fondi alla ricerca. Qualcuno al Ministero dovrebbe spiegare perche’ una produttivita’ media per docente della Universita’ di Trento inferiore a quella di Palermo e con un numero medio di citazioni per articolo pur’esso inferiore a quello di Palermo si traduce in un premio alla ricerca quattro volte piu’ alto che all’Universita’ di Palermo.
In attesa (o in assenza voluta) di queste ulteriori informazioni credo che l’operazione avviata dal Ministero sia una operazione di pura propaganda mediatica che purtroppo nasconde un disegno politico che puo’ ben definirsi una operazione da Robin Hood alla rovescia. Come definire altrimenti l’operazione premiale avviata dal Ministero, sulla scia delle pressioni mediatiche portate avanti in questi anni da diversi organi di stampa e dal giornale confindustriale in primis, senza tenere in alcun conto le effettive condizioni di partenza di studenti e docenti che studiano e lavorano nelle realta’ economicamente piu’ depresse del paese e che si vedono descritti sulla stampa come lavativi e fannulloni senza che nessun governo, e meno che mai l’attuale, si sia mai preoccupato di eliminare le obbiettive sperequazioni esistenti nella formazione scolastica e nelle opportunita’ di finanziamento largamente differenti fra universita’ meridionali e universita’ del centro-nord. Tutto cio’ senza volere minimizzare sulle responsabilita’ e sui vizi interni all’accademia che hanno dato origine a fenomeni di nepotismo e di spreco di risorse finanziarie ed umane.

Prof. Francesco Di Quarto
Universita’ di Palermo”

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Gabriele Pallotti
Gabriele Pallotti
15 anni fa

VALUTAZIONE NON BASATA SU INDICATORI RIDICOLI
di Gabriele Pallotti dell’Università di Modena e Reggio Emilia

La cosa più scandalosa nella valutazione degli atenei è il criterio che premia chi promuove di più e chi laurea tutti in fretta: questa non è meritocrazia ma istigazione al lassismo e al menefreghismo. Se vogliamo che l’università sia presa sul serio dobbiamo batterci per l’abrogazione di questi criteri di valutazione. Rimangano pure quelli basati sulla ricerca, opportunamente corretti come suggerisce Di Quarto o in altri modi, ma che si basano comunque su principi logici. Se vogliamo premiare la qualità della didattica, facciamo delle prove di valutazione degli studenti alla fine del corso di studi, per vedere chi ha regalato le lauree e chi no. Se certe aree sono depresse e producono diplomati con competenze inferiori alla media nazionale (vedi dati Ocse), non è regalando la laurea a quesi ultimi che si risolvono le cose: magari si potranno valutare i progressi dal livello di entrata a quello di uscita. Cosa ardua, ma non impossibile.
Insomma, chiediamo una valutazione seria e rigorosa, non l’assenza di valutazione e tanto meno una valutazione basata su indicatori ridicoli.

Laura Giarre'
Laura Giarre'
15 anni fa

Il collega Di Quarto ha fatto bene a puntualizzare. In un mondo dove i ricchi sono più ricchi e i poveri più poveri, anche le universita’ seguono la stessa sorte.

Antonio Cortesew
Antonio Cortesew
15 anni fa

Concordo pienamente con quanto scritto dal collega Di Quarto, aggiungo che il fenomeno veramente odioso ed inaccettabile che avviene putrtroppo in maniera abbastanza diffusa nelle nostre università è lo sfruttamento da parte dei vertici delle categorie più deboli che, in carenza di una tutela giuridica viene sfruttata per il lavoro più oneroso e difficile senza spesso avere nessun riconoscimento (precari) o, nel caso dei ricercatori, viene boicottata ed emarginata con meccanismi di mobbing per evitare una scomoda concorrenza interna e far avanzare di carriera solo i parenti o i compiacenti.
Con un tipo di riforma verticistica come quella proposta si rischiano di accentuare tali fenomeni, spesso alla base della “fuga di cervelli”, per cui è necessario un assetto giuridico che tuteli le figure più deboli e dei controlli sui vertici che impediscano tali degenerazioni.