1. DDL: PRECARI A NON FINIRE
2. L’ALTERNATIVA DELL’ANDU
1. DDL: PRECARI A NON FINIRE
L’ANDU ha gia’ commentato la parte sulla ‘governance’ del DDL governativo sull’Universita‘. Per quanto riguarda i contenuti relativi al reclutamento si e’ gia’ anticipato che gli elementi centrali sono: blocco dei concorsi con espulsione di gran parte degli attuali precari, riduzione drastica dei docenti di ruolo, anticipazione della messa ad esaurimento dei ricercatori di ruolo ‘sostituiti’ da ricercatori precari, allungamento ulteriore del periodo di precariato, istituzione del super-ricercatore ministeriale precario, accentuazione del localismo concorsuale (nepotismo, clientelismo, ecc.) con ‘concorsi’ letteralmente ‘fatti in casa’.
Nel presente documento ci si occupera’ dei ricercatori precari che attualmente sono nell’Universita’ 70-80 mila in svariate figure, con una eta’ media molto alta, con un trattamento economico minimale o nullo, in condizioni di subalternita’ scientifica rispetto ai ‘maestri’ che li hanno ‘reclutati’. Questa situazione professionale e umana e’ grave non solo per le condizioni di estrema incertezza in cui vive per tanti anni il ricercatore precario, ma anche per la qualita’ dell’attivita’ scientifica e didattica che ne deriva e che inevitabilmente ne risente negativamente. Che la stabilita’ sia una condizione necessaria per l’attivita’ di ricerca lo ha da anni indicato anche la Comunita’ Europea.
Rispetto a questo intollerabile e dannoso fenomeno, il Governo con il suo DDL ha deciso di aumentare ancora di piu’ il periodo di precariato, prevedendo l’immediata messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori e sostituendolo con la figura del ricercatore a tempo determinato che dura sei anni. Anche in questo caso la ‘grande’ stampa e i suoi soliti opinionisti accademici hanno falsificato la realta’ sostenendo che con questa figura si introdurrebbe la “tenure track”. Ma la colpa non e’ dei giornalisti o degli opinionisti: essi hanno ‘solo’ copiato quanto hanno letto nel comunicato stampa ministeriale che tra i “punti salienti” del DDL elenca: “5. riforma del reclutamento con l’introduzione di un sistema di TENURE-TRACK: contratti a tempo determinato di 6 anni (3+3). Al termine dei sei anni se il ricercatore sara’ ritenuto valido dall’ateneo sara’ confermato a tempo indeterminato come associato.” In caso contrario terminera’ il rapporto con l’universita’ maturando pero’ dei titoli utili per i concorsi pubblici.” (dal comunicato stampa ministeriale del 28 novembre 2009) Questo quanto contenuto nel comunicato ministeriale. Nel testo del DDL invece si legge (art. 12, comma 6): “Le universita’ (…) POSSONO procedere alla chiamata diretta dei destinatari del secondo contratto triennale di cui al comma 4, i quali entro e non oltre la scadenza di tale contratto, conseguono l’abilitazione alle funzioni di professore associato, di cui all’articolo 8. I chiamati, alla scadenza del secondo contratto, sono inquadrati nel ruolo dei professori associati.”. Questa NON E’ una tenure-track: e’ ‘semplicemente’ un periodo di precariato di sei anni che si aggiunge ai sei anni di assegno, dopo, normalmente, tre anni di dottorato. Una vera tenure-track avrebbe dovuto prevedere che al momento del bando del posto di ricercatore a TD si impegni (anticipatamente) il budget per un posto di associato, posto che il ricercatore AUTOMATICAMENTE occuperebbe se ritenuto valido, cioe’ se conseguisse l’abilitazione nazionale (la libera docenza riesumata) ad associato. Peraltro una forma di tenure track e’ gia’ prevista per gli attuali docenti ed e’ la conferma nel ruolo. Anzi, per la verita’, la ‘follia’ baronale ne prevede ben tre di conferme: una per ogni ingresso in ognuna delle tre fasce della docenza. Quindi con il DDL governativo il precariato aumenta notevolmente nella quantita’ e nella durata e si accentua la subalternita’ scientifica e umana al ‘maestro’, dando cosi’ ulteriore linfa a quella cooptazione personale, con gli ‘annessi’ fenomeni di localismo, clientelismo, nepotismo e anche peggio, che caratterizza l’accademia italiana. E che il ricercatore a TD sia una figura subalterna, ‘affidata’ al ‘maestro’ che l’ha scelto e ‘coltivato’, lo attesta anche la previsione contenuta nello stesso DDL governativo del super ricercatore a TD ministeriale. Infatti il comma 9 dell’art. 12 del DDL prevede il “finanziamento di bandi per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato da destinare” “su base nazionale” “a giovani studiosi di elevate e comprovate capacita’” “previa presentazione di specifici programmi di ricerca. La selezione dei vincitori e’ affidata a una o piu’ commissioni composte da eminenti studiosi, anche stranieri, designati dal Ministro su proposta dell’ANVUR”. Insomma esisteranno ricercatori a TD scelti a livello nazionale e ricercatori a TD di produzione locale, di capacita’ meno elevate e meno comprovate, che serviranno a foraggiare il nepotismo accademico. Va evidenziato che in ogni caso passeranno almeno 8-10 anni prima che il primo ricercatore a TD possa diventare associato per chiamata diretta. Comunque tutti i precari vecchi e nuovi avranno una possibilita’ di sbocco nel ruolo degli associati solo tra molti anni (approvazione del DDL, emanazione dei decreti attuativi e dei regolamenti di ateneo, indizione e svolgimento delle abilitazioni nazionali, bando e svolgimento dei concorsi locali o della chiamata diretta) e dovranno ‘competere’ con gli attuali oltre 20.000 ricercatori di ruolo per un numero di posti ad associato estremamente ridotto per il quasi blocco del turn over e per il taglio dei finanziamenti.
Cancellando il ruolo dei ricercatori, oltre a emarginare ulteriormente gli attuali ricercatori che svolgono da anni attivita’ di piena docenza ancora non riconosciuta, si realizzerebbe finalmente un vecchio e trasversale progetto di una docenza in due fasce, con a monte un vasto ‘serbatoio’ di precari. Un progetto contro cui e’ stata sempre espressa una forte opposizione, fin dai tempi del “Decreto Pedini” che nel 1978 consentiva ai precari di allora uno sbocco nel “ruolo AD ESAURIMENTO degli aggiunti universitari” e, piu’ recentemente, contro la Legge Moratti che nel 2005 voleva subito mettere ad esaurimento l’attuale ruolo dei ricercatori (operazione poi .rinviata al 2013).
2. L’ALTERNATIVA DELL’ANDU
– Proposta dell’ANDU su docenza e concorsi
Premessa.
Solo con la riforma proposta dall’ANDU (v. piu’ sotto) si puo’ porre veramente e immediatamente fine al precariato e al nepotismo accademico, consentendo finalmente ai docenti di qualsiasi livello di svolgere piu’ liberamente, piu’ proficuamente e piu’ serenamente l’attivita’ di ricerca e di insegnamento. Si sottolinea inoltre che l’introduzione dei concorsi nazionali per l’ingresso nella fascia iniziale della docenza (dal 1980 il ruolo dei ricercatori) rappresenterebbe una novita’ ASSOLUTA per l’Universita’ italiana: per la prima volta ci sarebbero concorsi veramente nazionali, TOTALMENTE sganciati dal ‘maestro’ che ha ‘allevato’ il suo allievo e che ritiene di avere il diritto-dovere di farlo entrare in ruolo e di fargli fare carriera.
In questa direzione si potrebbe anche prevedere una graduatoria dei vincitori dei concorsi nazionali per il reclutamento, facendo scegliere ai vincitori stessi, seguendo l’ordine della graduatoria, la sede tra quelle che hanno bandito o hanno avuto assegnati i posti.
LA PROPOSTA
Stato giuridico nazionale dei docenti collocati in un ruolo unico, articolato in tre fasce con uguali mansioni. Ingresso (v. specificazioni sotto) nel ruolo docente per concorso nazionale (prevalentemente nella terza fascia) e passaggio di fascia per idoneita’ nazionale individuale (a numero aperto), con immediato e pieno riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della Facolta’ dove il docente gia’ lavora e continuera’ a lavorare.
Per il passaggio di fascia e’ indispensabile prevedere uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali.
Le commissioni nazionali, per i concorsi e per i passaggi, devono essere interamente sorteggiate e composte da soli ordinari.
Periodo pre-ruolo massimo di 3 anni in un’unica figura definita da una legge che preveda adeguata retribuzione, diritti (malattia, maternita’, ferie, contributi pensionistici) e liberta’ di ricerca, con un numero di posti rapportato a quello degli sbocchi nel ruolo della docenza.
Bando nei prossimi anni, su nuovi specifici e aggiuntivi fondi statali, di almeno 20.000 posti di terza fascia, con cancellazione dell’attuale giungla di figure precarie.
Trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia di professore, prevedendo la partecipazione di tutti ai Consigli di Facolta’ e l’accesso ai fondi di ricerca anche per i professori di terza fascia non confermati.
Distinzione tra tempo pieno e tempo definito con esclusione per docenti a tempo definito dalle cariche accademiche e dalle commissioni concorsuali.
Specificazioni sul reclutamento.
I concorsi per i posti nella fascia iniziale della docenza (oggi il ruolo dei ricercatori) devono essere espletati a livello nazionale, ‘concentrando’, con cadenza certa, i posti banditi in autonomia dai vari Atenei su fondi propri e/o ministeriali.
La scelta dei vincitori deve essere fatta da una commissione nazionale composta solo da ordinari direttamente sorteggiati, escludendo quelli degli Atenei che hanno bandito i posti e prevedendo non piu’ di un componente appartenente a una stessa sede.
Ai candidati devono essere adeguatamente riconosciuti i periodi di attivita’ didattica e scientifica svolti a qualsiasi titolo: dottorato, assegni, borse, incarichi, ecc.
RICERCATORI NUOVI E VECCHI
di Mario Ascheri dell’Università Roma 3
Da destra e da sinistra le fughe in avanti (si fa per dire…) sono sempre all’ordine del giorno! A me sembrerebbe di ordinario buon senso oggi, oltreché pensare ai doverosi nuovi ricercatori, cosa sacrosanta visto quanti siamo noi ‘matusa’ in scadenza:
1 – definire lo status dei ricercatori attuali (un 40% dei docenti attuali!), mancanza che crea mille tensioni ed equivoci, e
2 – prevedere d’urgenza la selezione che li immetta nel ruolo degli associati tenuto conto prevalentemente dei titoli scientifici maturati (la didattica in alcune Facoltà non è mai stata affidata ai ricercatori ufficialmente).
due precisazioni
– l’assegno di ricerca è rinnovabile per 10 ANNI
quindi dottorato+assegno + ric TD = 20 ANNI
(alla faccia dell’abolizione del precariato)
– non è corretto affermate che i RTD “dovranno ‘competere’ con gli attuali oltre 20.000 ricercatori di ruolo” infatti fino all’80% degli scorrimenti ad associato può essere sottratto alle procedure di valutazione locale (art.9 comma 3a). In altre parole per i ricercatori TD “amici” (gli altri competono con i 20000) è prevista la chiamata DIRETTA (art.12 comma 6) NEGATA agli attuali ricercatori TI (possibile incostituzionalita?).
sempre parlando di amici, si nota l’introduzione di una strada abbreviata che permette di diventare RTD evitando selezioni pubbliche
(art.12 comma 9) e senza neppure necessità di possedere il Dottorato di Ricerca (Art.12 comma 2)
In sintesi
per gli amici: laurea a 24 – RTD poi associato a 30
per gli altri: laurea 24 PhD a 27 RTD a 37 e maestro elementare a 43
[…] tema è affrontato con molto dettaglio in un documento dell’ANDU, un’associazione di docenti impegnata da anni per rivendicare una riforma […]