L’Aquila-Concorsi-“La bufala del 3+2”

15 aprile 2009 – ANDU
Messaggio e lettera del Rettore dell’Università dell’Aquila.
Su G.U. i ‘Nuovi Concorsi”
Il “3+2”
L’UNIVERSITA’ DELL’AQUILA  

Invitiamo ad ascoltare il messaggio e a leggere la lettera del Rettore dell’Universita’ dell’Aquila. Cliccare: http://www.univaq.it/?q=node/2

Su G.U. I ‘NUOVI’ CONCORSI

“E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2009 il decreto del Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca contenente le ‘modalita’ di svolgimento delle elezioni per la costituzione delle commissioni giudicatrici di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari'”, dall’articolo “Concorsi, nuove regole” su ItaliaOggi del 14 aprile 2009.
Per leggere l’articolo cliccare: http://www.stampa.cnr.it/RassegnaStampa/09-04/090414/LDO5K.tif

Segnaliamo l’articolo “Atenei, concorsi difficili in aree con meno docenti” sul Sole 24-ore del 14 aprile 2009. Per leggere l’articolo cliccare: http://www.stampa.cnr.it/RassegnaStampa/09-04/090414/LDKVB.tif

Sulla questione delle modalita’ concorsuali ricordiamo il documento dell’ANDU “I ‘nuovi’ concorsi ‘ministeriali'”. Per leggere il documento cliccare: http://www.orizzontescuola.it/orizzonte/article22571.html

IL “3+2”

Segnaliamo l’articolo “La bufala del 3+2” su Io Donna, magazine del Corriere della Sera, dell’11 aprile 2009. Per leggere l’articolo cliccare: http://www.stampa.cnr.it/RassegnaStampa/09-04/090411/LD03V.tif

Si ricorda che l’ANDU sul “3 + 2” ha raccolto e diffuso in questi anni un ampio dibattito e nel luglio 2006 ha tenuto un Convegno nazionale. Di seguito si riporta il testo dell’intervento introduttivo al Convegno, purtoppo ancora oggi attuale.

INTRODUZIONE al Convegno nazionale ANDU sul “3 + 2”, 11 luglio 2006, Roma

“L’ampia partecipazione di oggi al Convegno conferma l’esistenza della forte ‘domanda’ di discussione. Il fatto e’ che la didattica e’ l’attivita’ che piu’ di qualsiasi altra e’ ‘sentita’ dai docenti perche’ interessa la formazione dei giovani, con conseguenze concrete, ‘visibili’, sui diretti interessati, sul loro avvenire, sulle loro famiglie e, in ultima istanza, sul Paese. La finalita’ di questo Convegno e’ anche quella di proporre un metodo, nuovo rispetto a quello finora seguito dalle Istituzioni, per affrontare le questioni cruciali per l’Universita’. Un metodo che veda coinvolti il piu’ possibile tutti gli interessati.

Noi riteniamo che sul “3 + 2” sia indispensabile e urgente che il Ministero avvii una verifica basata non solo su indagini statistiche, ma principalmente sulla partecipazione-testimonianza di tutto il mondo universitario, compresi gli studenti. Certamente in questa verifica un Organismo di rappresentanza del Sistema nazionale delle Universita’ avrebbe potuto avere un ruolo importante. Un Organismo la cui costituzione e’ sempre stata avversata dalla lobby accademica trasversale, con le dannose conseguenze che si sono avute soprattuto nell’elaborazione e nell’applicazione della riforma di cui oggi discutiamo. Per la sua importanza ‘primaria’, forse la riforma della didattica avrebbe dovuto essere fatta per ultima, perche’ potesse risultare utile agli studenti e al Paese.

1. Occorreva prima – anche per ‘prevenire’un uso subordinato alle ben note logiche di potere accademico – cambiare l’assetto Organizzativo degli Atenei a partire dalla costituzione di un Organo che, a differenza degli attuali Senati Accademici, dominati dalla presenza paralizzante dei Presidi, esprimesse una politica e una gestione nell’interesse dell’intera comunita’ universitaria. Occorreva valorizzare i Dipartimenti (in cui incardinare i docenti), rivedendone le dimensioni e le finalità (anche a beneficio della didattica). Occorreva inoltre, finalmente!, assegnare ai Consigli di Corsi di Studio compiti, poteri e strumenti per assicurare in maniera continua il coordinamento e la verifica delle attività e dei contenuti degli insegnamenti. Ai Consigli di Facolta’ doveva restare ‘solo’ un ruolo di raccordo, togliendo loro quello oggi quasi esclusivo di ‘produttore’ di posti.

2. Occorreva prima affrontare la questione degli sbocchi professionali e intervenire, in particolare, sugli Ordini professionali. Un’operazione preliminare indispensabile, come aveva ampiamente gia’ mostrato l’esperienza dei diplomi di laurea attivati ‘alla cieca’.

3. Occorreva prevedere che la ‘progettazione’ del primo livello avvenisse contestualmente al secondo.

4. Occorreva prima realizzare il diritto allo studio: Statuto dei diritti e dei doveri degli studenti, strutture didattiche, borse di studio, residenze, ecc.

5. Occorreva prima riformare lo stato giuridico della docenza ed eliminare il precariato, per creare le condizioni ‘soggettive’ dell’applicabilita’ della riforma didattica.

6. Occorreva prevedere consistenti e specifici finanziamenti: nessuna riforma puo’ realizzarsi a costo zero.

7. Occorreva che la riforma fosse ‘costruita’ con il coinvolgimento del mondo universitario, individuando settore per settore i problemi e ricercando le specifiche soluzioni, senza dare numeri (“3 + 2”) uguali per tutti (nel 1983-86 il gruppo dei docenti di Ingegneria del CUN aveva previsto il “4 + 1”). Occorreva far partecipare, spiegare, convincere, responsabilizzare, sperimentare.

Occorreva prevedere la verifica-coordinamento in itinere della riforma, sia a livello ministeriale, sia autonomamente (nazionalmente attraverso un Organo di rappresentanza democratico e localmente con le riformate strutture degli Atenei).

Oggi comunque vanno registrati disagi e difficolta’ ampiamente diffusi. E’ interesse del Paese capire al piu’ presto quanto questo ‘malessere’ sia profondo ed vasto, coglierne la natura e trovare le soluzioni necessarie e possibili. Bisogna, in particolare, tenere conto dell’opinione degli studenti e ricordarsi che tra gli obiettivi che hanno portato in piazza oltre 50.000 di loro contro il DDL Moratti vi era proprio il ‘no’ al “3 + 2”, indicato come strumento della parcellizzazione del sapere e di una condizione di studio insostenibile. A proposito del movimento degli studenti (quello contro la Legge Moratti, ndr), partecipando a diverse loro assemblee, mi ha colpito il fatto che quando nelle critiche rivolte alla riforma della didattica questa veniva chiamata “riforma Berlinguer” (e non “3 + 2 ” o “riforma Zecchino”), puntualmente c’era qualcuno che diceva “compagni, non facciamoci del male!”. Il fatto è che bisogna impedire a coloro che che hanno tatto e stanno facendo del male all’Università statale (che deve essere di massa e di qualità) di continuare a farlo. Dobbiamo impedirlo a tutti, siano essi di destra o di sinistra.

E’ peraltro singolare che vengano posti questi problemi ‘politici’ quando sono le stesse oligarchie accademiche ad esibire, anzi ad ostentare, la loro trasversalità, come nel caso delle Fondazioni Magna Carta e TreELLEe. In quest’ultima ministri e sottosegretari (passati e attuali) e segretari di partito di sinistra ‘convivono’ tranquillamente con esponenti politico-accademici e giornalisti di destra. D’altronde ancora oggi da sinistra si propongono ‘patti’ e ‘riforme bipartisan’ per affrontare le questioni universitarie. Questo e’ un problema, forse – a nostro avviso – e’ il problema: non prendere atto che da decenni esiste una sinistra che opera e legifera per demolire l’Universita’ statale: falsa autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, abolizione di fatto del CUN, finti concorsi locali, imposizione della riforma didattica, riduzione dei finanziamenti, aumento a dismisura del precariato, ecc. Questo ‘problema’ ha portato, tra l’altro, una certa sinistra a criticare, giustamente, le forzature istituzionali e finanziarie con le quali si e’ premiato il Centro di (auto)eccellenza di Lucca, tacendo del tutto, invece, su quello perfettamente ‘parallelo’ di Firenze.

Il ministro Mussi, che sbaglia a mettere ‘paletti’ alla verifica della riforma della didattica, giustamente denuncia le responsabilita’ dei docenti che hanno portato alla “frammentazione degli insegnamenti e all’abnorme proliferazione dei corsi”. Critiche che non possono essere accettate quando a farle sono ex ministri ed ex sottosegretari che erano perfettamente a conoscenza dei ‘limiti’ dei loro colleghi e che questi limiti avrebbero dovuto tenere in conto, quando hanno imposto il “3 + 2”. Questi ‘riformatori’ sono gli stessi che hanno criticato, a posteriori, l’applicazione della loro riforma dei concorsi, quando era facile prevedere (e noi l’abbiamo fatto PRIMA dell’approvazione della legge) che i finti concorsi locali avrebbero accresciuto i fenomeni del clientelismo, del nepotismo e del localismo. “Mai piu’ riforme dall’alto” dice, giustamente, anche il ministro Mussi. Ma mai piu’ anche il ricatto di chi sostiene che qualsiasi cambiamento debba essere comunque accettato per affrontare le situazioni critiche dell’Universita’. Non si possono, infatti, spacciare per riforme quelle che, come negli ultimi decenni, sono state controriforme. Insomma, bisogna impedire che ancora una volta riforme letali per l’Universita’ statale vengano imposte, come si rischia con quella che vorrebbe introdurre non una giusta valutazione, ma una Agenzia per la valutazione dotata di “forti poteri”, come quella annunciata dal ministro Mussi che sembra essere quella prevista dal DDL dei DS. Una riforma vera e’ ormai indispensabile e urgente: l’eliminazione del precariato e la riforma del reclutamento.

Occorre abolire e vietare TUTTE le figure attuali che compongono la giungla del precariato (assegni, borse, contratti, ecc.) e sostituirle con UNA sola figura a contratto, ben retribuita e con tutti i diritti, che duri al massimo tre anni e con un numero di posti proporzionato agli sbocchi nella fascia dei ricercatori di ruolo. E’ indispensabile pero’ che il reclutamento in questa fascia non avvenga piu’ con le regole dell’attuale non-concorso, che servono alla cooptazione personale. Occorre invece prevedere concorsi nazionali svolti da una commissione composta esclusivamente da ordinari tutti sorteggiati. Con questo nuovo meccanismo, devono essere banditi almeno 20.000 posti di ricercatore nei prossimi anni, con un finanziamento nazionale specifico e aggiuntivo.

Nunzio Miraglia – coordinatore nazionale dell’ANDU”

 

 

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