Conferenza stampa su piattaforma

ANDU, CISL Universita’, CNU, CNRU, FLC Cgil, SUN, UILPA UR AFAM. Lunedi’ 3 novembre 2008 alle ore 12 a Roma alla Sapienza nell’Aula Conversi del Dipartimento di Fisica in una Conferenza Stampa sara’ illustrata la “Piattaforma programmatica per l’Universita’ italiana”, elaborata dalle Organizzazioni e Associazioni della docenza, dei ricercatori precari, dei dottorandi e degli studenti (il testo della Piattaforma e’ qui riportato in calce).

Sulle proposte contenute nella Piattaforma, gia’ diffusa nel mondo universitario, chiediamo un confronto diretto con il Governo, il Parlamento e i Partiti.

Per difendere e cambiare l’Universita’

UN PROGRAMMA PER L’UNIVERSITA’

Proposto da

Associazione Docenti Universitari (ADU)
Associazione Dottorandi Italiani (ADI)
Associazione Nazionale Docenti Universitari (ANDU)
Associazione Professionale Universitaria (APU)
CISAL Universita’
CISL Universita’
Comitato Nazionale Universitario (CNU)
Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari (CNRU)
FLC CGIL
Rete Nazionale Ricercatori Precari (RNRP)
Sindacato Universitario Nazionale (SUN)
UIL P.A.-U.R. AFAM
Unione degli Universitari (UDU)

I recenti provvedimenti legislativi e quelli annunciati, se non abrogati e bloccati, determineranno la definitiva scomparsa dell’Universita” pubblica, mutandone radicalmente la natura, la missione, le finalita’ e l’assetto. Un’Universita’ alla quale la nostra Costituzione assicura autonomia e liberta’ di ricerca e di insegnamento. Le sottoscritte Organizzazioni ed Associazioni della docenza universitaria, dei ricercatori precari, dei dottorandi e degli studenti nel respingere fermamente le scelte di fondo che ispirano tali provvedimenti, intendono riproporre a tutti gli interlocutori, a cominciare dal Governo, un quadro di interventi alternativi che affrontino le criticita’ evidenti del sistema, valorizzino le risorse presenti, sollecitino la crescita della qualita’ della didattica e della ricerca, e consentano all’Universita’ italiana di svolgere quel ruolo sociale di promozione della cultura e dell’innovazione di cui il Paese ha enorme bisogno.

I valori fondanti

Noi crediamo che qualsiasi intervento non possa prescindere dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi che rappresentano la parte migliore della storia e dell’esperienza dell’Universita’ italiana, valori che desideriamo sinteticamente ricordare: ” la natura pubblica del sistema universitario. Il ruolo dello Stato come erogatore e garante di un sistema di alta formazione e’ indispensabile per assicurare le condizioni affinche’ l’Universita’ resti, ed anzi divenga sempre piu’, elemento centrale del sistema di welfare. E’ compito del sistema pubblico garantire parita’ di condizioni universali nell’accesso all’Universita’, assicurare la qualita’ dell’offerta didattica, e per questa via ripristinare una mobilita’ sociale che appare ridotta, presidiare la ricerca in tutti i campi, anche quelli che, pur dotati di alto valore culturale e scientifico, non presentano possibilita’ di valorizzazione economica immediata, garantire la liberta’ didattica e di ricerca costituzionalmente sancita. Va inoltre assicurato il carattere unitario del Sistema nazionale universitario, dotato di effettiva autonomia, all’interno del quale deve essere garantita l’autonomia dei singoli Atenei. Il ruolo del privato rappresenta un’utile integrazione, uno stimolo ed una risorsa, che deve avere tuttavia carattere complementare al mantenimento di un forte, prevalente sistema pubblico di Atenei. La stessa idea di autonomia, che e’ autonomia del sistema ed autonomia dei singoli Atenei, si tiene nella misura in cui il riferimento concettuale e’ ad un sistema nazionale pubblico. ” il ruolo sociale del sistema universitario, ruolo che si estrinseca in un rapporto trasparente tra la domanda sociale, il concreto funzionamento degli Atenei e la loro capacita’ di dare risposte sulla base di un misurabile rapporto costi-benefici, da rendere visibile attraverso una congrua valutazione del sistema e delle sue singole articolazioni (Atenei, Facolta’, Dipartimenti, progetti di ricerca, percorsi formativi). ” la natura cooperativa e partecipata del sistema universitario. L’Universita’ deve rappresentare il modello di una comunita’ di pari, libera da gerarchie formali e sostanziali, capace di autogovernarsi perche’ fondata su una salda cultura democratica della responsabilita’ individuale e collettiva. Una comunita’ che si fonda sulla libera circolazione dei saperi e su una virtuosa competizione di meriti scientifici. Ogni provvedimento di riforma deve misurarsi con questi valori fondanti e con la natura laica e razionale dell’Universita’. Siamo perfettamente consapevoli della distanza che separa oggi l’Universita’ dalla compiuta realizzazione di un modello ideale: l’Universita’ italiana e’ in condizioni difficili, in parte prodotte dal contesto politico-istituzionale, in parte da una distorta applicazione dell’autonomia la cui responsabilita’ e’ da imputare al ceto accademico. E’ tuttavia nostra convinzione che non vi sia riforma possibile che non muova dall’affrontare i nodi ed i valori che dovrebbero sostenerne il modello. Nei provvedimenti di Governo vediamo invece disegnarsi una prospettiva di liquidazione del ruolo pubblico ed un sistema universitario sempre piu’ impoverito sul piano finanziario e, soprattutto, sul piano delle risorse intellettuali ed umane. Un sistema che nel giro di pochi anni compira’ fino in fondo una parabola discendente che portera’ ad una condizione di paralisi e di irrilevanza istituzionale. Per queste ragioni proponiamo un programma che muove da quelli che a noi appaiono i veri nodi del sistema universitario. Chiediamo al Governo di fermare gli iter legislativi in corso, di abrogare gli art. 16 e 66 della L. 133/2008, e di aprire un confronto autentico con tutti i soggetti coinvolti ed interessati.

1) Il sistema di finanziamento

Il settore della conoscenza deve essere considerato una risorsa strategica del Paese. I finanziamenti devono essere pertanto adeguati a questo compito. La valutazione dell’utilizzo di questi finanziamenti deve essere effettuata a partire dalle ricadute sull’intero sistema Paese. Utilizzare gli Atenei per fare cassa non e’ l’approccio migliore ad una discussione seria sulle necessita’ del finanziamento e sulla qualita’ della spesa. Occorre partire da un dato incontrovertibile: qualunque indicatore venga assunto, il sistema italiano e’ largamente sottofinanziato, ed in
queste condizioni ogni agionamento credibile sulla qualita’ e’ pura poesia. Se si realizza il taglio ulteriore di un 25% in termini reali nei prossimi quattro anni, come prevede la L. 133, si entra in una condizione di bancarotta degli Atenei, anche quelli che oggi si considerano “virtuosi”. Occorre invece partire da:
a) una previsione pluriennale di crescita del finanziamento che avvicini il nostro Paese alla media OCSE;
b) una rimodulazione delle regole della distribuzione del FFO che valorizzi indicatori credibili di crescita della qualita’ dei servizi e delle prestazioni dei singoli Atenei, e su di essi distribuisca le risorse evitando di incentivare comportamenti perversi (la caccia all’iscritto o le promozioni facili). Un finanziamento cosi’ rivisto esplicherebbe inoltre la sua piena funzione se, riconoscendo che le universita’ possono vivere solo nel binomio inscindibile di attivita’ di didattica e di ricerca, si
osservasse che tali requisiti non vengono attualmente rispettati in tutti gli Atenei italiani,e si procedesse quindi ad un attento monitoraggio delle loro caratteristiche in maniera tale da porre rimedio a queste situazioni;
c) una rigorosa revisione delle regole di finanziamento dei fondi di progetto, insieme con l’ampliamento degli investimenti a progetto, a cominciare dai PRIN (che quest’anno calano da 160 a 98 milioni).

2) La docenza universitaria

La necessita’ primaria del sistema e’ costituita dal riavvio di un processo di immissione di giovani che vada ad equilibrare la “gobba” di uscite per pensionamento previste nei prossimi anni. E’ esattamente il contrario di
quanto previsto dalla L.133, che viceversa blocca sostanzialmente il turn-over. Sempre in virtu’ della centralita’ strategica dell’universita’ l’approccio al turn-over deve essere totalmente ribaltato: a fronte dei pensionamenti il personale docente e tecnico-amministrativo di ruolo deve essere aumentato in modo da rispondere in misura adeguata agli standard europei. E’ necessario programmare un’operazione di reclutamento straordinario di consistenti dimensioni, su fondi nazionali aggiuntivi, che consenta di dare una prospettiva alle competenze presenti nella abnorme area del precariato; e al tempo stesso programmare la ripresa di un reclutamento ordinario che eviti l’andamento disomogeneo per classi di eta’,dovuto nel passato agli “sbottigliamenti” legati ad ondate di immissioni concentrate nel tempo. L’investimento nel reclutamento di giovani e precari puo’ essere gestito anche attraverso meccanismi che consentano di utilizzare le risorse derivanti dai pensionamenti, e/o attraverso forme di anticipo delle competenze, da restituire man mano che i costi immediati tendano a riequilibrarsi, prendendo in considerazione preparazione e pregresse attivita’ di coloro che possono dimostrare interesse e impegno nella ricerca e nella didattica. Partendo dalla constatazione che ai fini istituzionali concorrono a pieno titolo gli attuali professori e ricercatori, occorre una revisione profonda delle carriere e del sistema di reclutamento, allo scopo di fornire risposte reali alla crescita scientifica e retributiva dei docenti, all’ingresso e alle prospettive dei giovani, all’enorme serbatoio di precariato prodottosi negli ultimi anni. Va affermata la unitarieta’ della funzione docente; la carriera, che deve essere unica, puo’ essere articolata in fasce, scandita da verifiche periodiche che diano luogo alla progressione stipendiale e ai passaggi di fascia, che devono realizzarsi ad esito di valutazioni della qualita’ scientifica e didattica del singolo docente. Va salvaguardata una quota di accessi dall’esterno, attraverso un meccanismo concorsuale, a tutte le
fasce, ed abolito lo straordinariato per il passaggio da una fascia all’altra . Per quanto attiene al reclutamento iniziale, va introdotta una figura post-doc (o attivita’ di ricerca assimilabile), con contratto a tempo determinato triennale e retribuzione assimilata al ricercatore, con funzioni esclusive di ricerca. Quest’approccio richiede la definizione di alcune condizioni di contesto:

a) la fissazione di un rapporto esplicito e credibile tra il numero di coloro che entrano nel percorso triennale e il numero di docenti da reclutare;
b) un’applicazione graduale, che consenta di ridurre il precariato esistente attraverso un consistente reclutamento straordinario;
c) il divieto per gli Atenei, a regime, di utilizzare strumenti diversi dal contratto triennale (atipici, co.co.co., ecc,);

d) la creazione di un meccanismo che faciliti la mobilita’ dei docenti fra i diversi Atenei, per esempio rendendo impossibile lo svolgimento della carriera (laurea magistrale (dottorato-postdottorato-docenza) nella stessa sede e fornendo le risorse necessarie a detta mobilita’; tramite successive modifiche di statuto.
e) la distinzione tra il budget destinato al reclutamento e quello dedicato all’avanzamento di carriera;
f) la rivisitazione, anche rivedendone l’impianto, della remunerazione dei docenti per renderla piu’ omogenea possibile a quella degli altri. paesi europei.

3) Il governo dei singoli Atenei e del Sistema nazionale

E’ ormai evidente come sia necessario rivisitare l’assetto del governo degli Atenei, caratterizzato da forti differenze legate ai singoli Statuti, ma comunque accomunato da alcuni punti critici: il rapporto spesso clientelare che lega i Rettori al loro elettorato, soprattutto in occasione del rinnovo del mandato; la sovrapposizione e confusione dei ruoli tra Senato e Consiglio di Amministrazione; la composizione degli organi di governo e la loro base elettiva. Noi riteniamo necessario che il mandato rettorale sia unico, e che comunque il mandato non possa essere prolungato. Che gli Statuti regolino in modo puntuale, sulla base di un quadro normativo nazionale, le competenze degli organi, distinguendo con nettezza l’indirizzo, dal controllo, dalla gestione. Che si valorizzi il lavoro di gestione della dirigenza amministrativa e dei dipendenti tecnico-amministrativi, riconducendo la docenza alle funzioni sue proprie ed evitando di assegnare ai docenti improprie funzioni di dirigenza. Che si prevedano forme di partecipazione
effettiva degli studenti alla vita democratica degli Atenei. E’ indispensabile, infine, prevedere un Organismo di coordinamento nazionale capace di assicurare l’autonomia del Sistema Universitario ed un suo sviluppo organico. Un Organismo non corporativo e non disciplinare, elettivo e rappresentativo della comunita’ accademica nazionale, aperto ai contributi del mondo del lavoro e delle imprese, in grado di aiutare a stabilire le priorita’ di sviluppo del Sistema Universitario.

4) Il diritto allo studio

L’Universita’ dovrebbe svolgere un ruolo di promozione della mobilita’ sociale; questa funzione, oggi piu’ di ieri, e’ un’utopia che rischia di essere ulteriormente compromessa dalla legge 133. Per garantire che questo avvenga e’ necessario che il sistema universitario sia effettivamente accessibile a tutti, indipendentemente dalle condizioni economiche e dal contesto sociale di origine, rimuovendo le barriere, formali e sostanziali, che ostacolano l’accesso e la prosecuzione degli studi. Il sistema del numero chiuso sta progressivamente estendendosi anche all’accesso alla laurea magistrale, creando un ulteriore sbarramento intermedio; esso esclude gli studenti sulla base di un meccanismo che ha poco a che vedere con la valorizzazione dei piu’ meritevoli, e trae spesso
le sue origini dallo scarso investimento economico sulle Universita’, che le costringe a limitare il numero delle immatricolazioni in assenza di strutture e di personale docente adeguati. Si deve allora prevedere l’adozione di piani pluriennali di adeguamento, affiancati da un congruo e mirato investimento, che porti progressivamente alla rimozione delle barriere all’accesso. Allo stesso tempo, e’ necessario ragionare su un’adeguata valorizzazione del merito degli studenti, che devono essere valutati sulla base dei risultati conseguiti nel corso del loro percorso di studio. Il definanziamento del sistema del diritto allo studio e la sua
organizzazione tarata su modelli ormai superati (la legge quadro nazionale risale al 1999 e l’ultimo DPCM che regola l’erogazione dei benefici del diritto allo studio al 2001) fanno si’ che molti degli studenti idonei in base ai previsti parametri di merito e di reddito non possano di fatto beneficiare dei servizi per il diritto allo studio, e non abbiano la possibilita’ di scegliere quale sede e quale corso di laurea frequentare. E’ necessario che gli investimenti statali siano in grado di garantire la copertura totale delle borse di studio, integrando l’offerta con il necessario investimento in mense, alloggi, agevolazioni sui trasporti. Le differenze di condizione economica di origine portano di per se’ a differenze nell’accessibilita’ all’offerta culturale, anch’essa componente essenziale della formazione. Perche’ siano garantite pari opportunita’ per tutti e’ necessario intervenire anche su quest’aspetto con agevolazioni mirate.

5) L’offerta didattica

Il giudizio sul modello 3+2, a distanza di alcuni anni dall’avvi’o, e’ un giudizio molto articolato e differenziato tra Atenei e discipline.I dati quantitativi sembrano indicare notevoli avanzamenti sul fronte della percentuale di successo negli studi, nonche’ sui tempi di compimento dei percorsi di laurea. Tuttavia, vanno segnalati elementi di criticita’ da affrontare: a) la percentuale elevata di chi prosegue dopo il triennio indica l’insufficiente consistenza della laurea triennale, sia sul piano culturale sia su quello della preparazione professionale; b) si rileva in modo diffuso la percezione di una caduta di qualita’ dei percorsi: va svolta una riflessione sull’effettivo ruolo dell’Universita’, che sta oggi progressivamente licealizzandosi e perdendo il ruolo di elaborazione e formazione culturale; c) non e’ stato colto e valorizzato in modo adeguato il sistema dei crediti, tant’e’ che ci sono ancora forti difficolta’ nel loro riconoscimento, nel passaggio tra un Ateneo e l’altro, e perfino all’interno dello stesso Ateneo. Tali aspetti vanno a riferirsi, sia all’architettura del modello, sia all’applicazione che ne e’ stata fatta dagli Atenei. Ne’ hanno giovato i
reiterati interventi legislativi, che hanno parzialmente corretto alcune criticita’, ma hanno per altro verso generato confusione e difficolta’ applicative. Noi riteniamo che sia necessario un intervento esteso di ricognizione, di ascolto e monitoraggio sistematici: una campagna nazionale di rilevazione, da concludersi con una iniziativa nazionale che faccia il punto, indichi i punti di sofferenza, individui percorsi di correzione condivisi, prima di procedere a qualsiasi ulteriore intervento di aggiustamento. Non e’ piu’ possibile procedere alla modifica dell’offerta didattica sulla base di decreti, in cui ogni Ministro dice la sua: va dato un assetto stabile alle Universita’, inquadrando l’ordinamento all’interno di una legge ordinaria.

6) La valutazione

Un efficace e credibile sistema di valutazione e’ parte essenziale di un processo di revisione degli statuti normativi dell’Universita’. Valutazione della qualita’ del prodotto universitario, del funzionamento di ogni articolazione del sistema. Senza una valutazione che consenta di misurare meriti e difetti in modo puntuale, l’Universita’ non sara’ in grado di ristabilire una bussola condivisa e condivisibile sul proprio operato. Il precedente Governo aveva costituito l’Agenzia per la valutazione del sistema universitario e di ricerca (ANVUR), provvedimento a lungo discusso e sul quale avevamo prodotto numerose critiche, a cominciare dalla sua effettiva terzieta’ e dalla quantita’ di compiti assegnati, per finire con una certa farraginosita’ dell’impianto costitutivo. Nonostante i numerosi punti di dubbio e contrarieta’, l’ANVUR costituiva tuttavia il primo tentativo sistemico di introdurre una valutazione continua e ricorrente. L’attuale Governo ne ha congelato la costituzione, e non e’ dato sapere se intende riaprire il capitolo. Noi riteniamo necessario riprendere in mano il progetto, verificarne e correggerne i punti di debolezza, e procedere operativamente alla sua costituzione. Va garantita per l’Agenzia la natura di soggetto terzo, problema che sussiste anche all’interno dello schema proposto dal Governo precedente, per evitare strumentalita’ e autoreferenzialita’ del valutatore. I risultati della valutazione devono essere correlati con l’erogazione delle risorse da parte dello Stato. Va, infine, assicurato un effettivo coinvolgimento degli studenti nel funzionamento, attribuendo un peso reale al giudizio dei discenti e agli attuali questionari di valutazione.

7) Il dottorato di ricerca

Occorre una riforma del dottorato che riorganizzi i corsi in scuole di dottorato dotate di un progetto formativo, aperte alla dimensione internazionale della ricerca e valutate periodicamente. Le scuole potrebbero cosi’ diventare, nel territorio, agenti di dialogo fra mondo della ricerca universitaria e privata e motori di innovazione. L’aumento delle borse di dottorato a 1040 euro rappresenta un importante passo avanti nella valorizzazione della formazione alla ricerca. Si deve pero’ superare la figura del dottorando senza borsa, che, oltre a rappresentare una palese ingiustizia, non vede garantita la qualita’ del percorso formativo e di ricerca. Occorre pertanto affiancare ai dottorandi a tempo pieno e destinatari di borse di studio una figura di dottorando lavoratore, che permetta a persone inserite nel mondo del lavoro di rafforzare il proprio profilo professionale e le proprie capacita’ di ricerca. Il dottorato deve essere poi valorizzato e individuato come strumento privilegiato di formazione alla ricerca in vista della carriera accademica, ma anche in relazione al mondo del lavoro, della pubblica amministrazione, delle professioni.
Deve infine essere approvata, a partire dalla Carta Europea dei Ricercatori, una carta dei dottorandi, che riconosca loro i diritti legati al loro doppio status di studenti del terzo ciclo di formazione superiore e di giovani ricercatori.

Roma, 20 ottobre 2008

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