Diffondiamo un intervento sul “3 + 2” di Cosimo Perrotta, della Universita’ del Salento, che fa riferimento alla lettera di Luciano Guerzoni pubblicata parzialmente su Repubblica e diffusa integralmente dall’ANDU (http://www.bur.it/ sezioni/sez_andu.php 05 luglio 2007)
Da Cosimo Perrotta sul “3 + 2”:
“Cari amici,
seguo con interesse i vostri interventi, e quelli di altri che riportate. Come presidente di un Corso di studi, posso fare qualche commento all’ultimo intervento, di Guerzoni? I motivi per cui si avvio’ la riforma erano sacrosanti. E le critiche alla Piero Citati non hanno senso. Rimpiangono solo un’universita’ di elite, che invece di mettere barriere all’ingresso preferiva disperdere in itinere la maggior parte del capitale umano; con costi economici, sociali ed esistenziali enormi. Ma il vero problema non e’ se la riforma era opportuna; bensi’ se e’ stata organizzata bene. Qui le carenze sono state tali e tante che stanno allontanando persino i piu’ accaniti difensori della riforma. Ad esempio, come si fa ad incoraggiare la mobilita’ degli studenti se non si e’ nemmeno stabilita una base di misura comune per il calcolo dei crediti? Nel mio CdS 30 ore di lezione frontale equivalgono a 4 crediti; ma nel CdS accanto al mio (non quindi di un altro ateneo; ne’ di un’altra Facolta’) valgono 5 crediti. Per di piu’ una malintesa autonomia, tutta ideologica, ha permesso di cambiare a piacimento i nomi delle materie, i programmi d’esame, i moduli, ecc. Il risultato – prevedibilissimo – e’ stato che la mobilita’ degli studenti e’ molto piu’ difficile di prima. Lungi dal diventare europea, non e’ praticabile nemmeno da un CdS all’altro della stessa Facolta’! Altro esempio. Guerzoni dice in sostanza che il corporativismo e la politica di potere hanno guastato la riforma. E’ vero, ma e’ lo stesso che dire che la mancanza di regole nazionali chiare ha incoraggiato il corporativismo e la politica di potere. Non si sa ancora quante ore di didattica sono obbligatorie per un docente; ne’ qual e’ il massimo di
ore consentito. Nessuno sanziona le decine di migliaia di docenti che
figurano, sulla carta, titolari di 5 o 8 corsi d’insegnamento, e li accorpano di fatto tutti in uno solo. Non si sono posti limiti precisi ai CdS attivabili per Facolta’ o per ateneo; ne’ in base al numero degli studenti iscritti ne’ in base al numero dei docenti. Naturalmente, essendo in Italia, si e’ scambiata l’autonomia per anarchia, e la democrazia per demagogia e per corporativismo. Ma questo scambio e’ avvenuto gia’ a monte, a livello nazionale. Terzo e ultimo esempio. Se si voleva garantire la riforma dalle gravi degenerazioni in atto bisognava prima eliminare almeno alcune delle cause dello strapotere corporativo e baronale: diminuire il numero incredibile di raggruppamenti scientifico-disciplinari, aggregandoli; e riformare i concorsi per le carriere dei docenti eliminando la chiamata locale che sta a monte dei concorsi stessi. Finche’ il bando dei concorsi rimane iniziativa dei singoli atenei, non si eliminera’ il controllo baronale su di essi. Un controllo che pesa innanzitutto sugli stessi ordinari, almeno su quelli seri.
Un cordiale saluto,
Cosimo Perrotta – Universita’ del Salento”