Da qualche tempo il ministro Fabio Mussi va lamentandosi dell’attuale forma a clessidra della docenza universitaria italiana (“20 mila ordinari, 19 mila associati, 22 mila ricercatori”). Mussi ritiene che in Italia l’attuale rapporto tra le tre fasce rappresenti “un assetto surreale del corpo docente”, mentre “in tutto il mondo la
struttura e’ a piramide”, come ha scritto su Repubblica del 14 gennaio 2007 (nota 1). Abbiamo gia’ detto come non sia opportuno predeterminare alcuna forma
geometrica dell’assetto della docenza, che e’ meglio farla derivare, man mano, dall’accertamento, senza clientelismi e senza nepotismi, delle capacita’ didattiche e scientifiche maturate dai singoli docenti (v.documento ANDU “Docenza. Clessidra o piramide?”, nota 2) Ma poi e’ proprio vero, come scrive Mussi, che “in tutto il mondo la struttura e’ a piramide”? Non sarebbe affatto vero se fosse vero quanto qui sotto riportato e se anche gli USA fanno parte di “tutto il mondo”: “Complessivamente, il 31% di tutti i docenti a tempo pieno degli Stati Uniti e’ full professor, il 24% e’ associate professor e il 22% e’ assistant professor, mentre il restante 23% occupa altre figure contrattuali meno diffuse. Queste statistiche cambiano drasticamente negli atenei piu’ prestigiosi, dove non e’ raro che il 70-80% dei docenti sia full professor. Come si vede, la struttura della docenza nelle universita’ americane e’ tutt’altro che piramidale. Inoltre, come abbiamo detto, i
docenti piu’ giovani comunque non dipendono da altri docenti piu’ anziani
ne’ per la loro attivita’ didattica ne’ per quella di ricerca, e anche le loro prospettive di carriera dipendono solo da organi collegiali ampi e non da singoli docenti anziani.” (da pag. 44 di “L’Universita’ negli Stati Uniti d’America” di Lorenzo Marrucci, nota 3) Dunque sembra proprio che “la struttura della docenza nelle universita’ americane e’ tutt’altro che piramidale”. Ma quello che piu’ qui ci intessa e’ sottolineare come negli USA “i docenti piu’ giovani comunque non dipendono da altri docenti piu’ anziani ne’ per la loro attivita’ didattica ne’ per quella di ricerca, e anche le loro prospettive di carriera dipendono solo da organi collegiali ampi e non
da singoli docenti anziani”. Vogliamo fare questa America in Italia? E’ molto difficile riuscirci perche’ enorme e’ il potere baronale, che sempre ha pesantemente condizionato le scelte del Parlamento e dei Governi sull’Universita’,
servendosi anche dell’accesso esclusivo che ha ai ‘grandi’ mezzi di informazione. Le proposte dell’ANDU (contenute anche nel documento citato) puntano da anni a evitare che il giovane docente, nella fase di formazione, nel reclutamento e poi nella carriera, dipenda dal singolo ‘maestro'(il “docente piu’ anziano”), che esercita su di lui un controllo anche umano, limitandone l’autonomia didattica e di ricerca.
16 gennaio 2007
Nota 1. V. l’intervento di Fabio Mussi “Portare qualita’ e merito”, su Repubblica del 14.1.07:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2007/01/15SIA1039.PDF
Nota 2. Per leggere il documento ANDU “Docenza. Clessidra o piramide?”: http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 16 gennaio 2007 oppure http://www.orizzontescuola.it/article13495.html
Nota 3. Per leggere “L’Universita’ negli Stati Uniti d’America” di Lorenzo Marrucci: http://cnu.cineca.it/docum03/universitausa.pdf