La scelta di chi all’interno del nuovo Governo avrà la responsabilità sulla Università non sarà indifferente sulla politica che riguarderà questa Istituzione, centrale per il Paese e la stessa democrazia. Nel corso della campagna elettorale la lobby accademico-confindustriale ha dettato il suo programma: abolizione del valore legale dei titoli di studio, abolizione del sistema concorsuale unico e dello stato giuridico nazionale dei docenti, trasformazione degli Atenei in Fondazioni, distinzione tra gli Atenei (sono 15 quelli già individuati come migliori), determinazione da parte dei singoli Atenei delle tasse di iscrizione, del numero di iscritti e dei requisiti di entrata.Questi contenuti sono stati presentati in documenti e disegni di legge e propagandati attraverso la ‘grande’ stampa alla quale la lobby ha esclusivo accesso. Nel “Documento comune sull’università”, sottoscritto da 18 Associazioni imprenditoriali,è chiarito che esso “nasce anche dalla collaborazione tra le associazioni imprenditoriali firmatarie e gli atenei, in particolare i politecnici e le facoltà economico-scientifiche, e tiene conto anche dei contributi delle componenti della comunità scientifica maggiormente impegnate nella collaborazione con il sistema imprenditoriale.” Le posizioni sottoscritte dalle Associazioni imprenditoriali e, in particolare, quelle della Confindustria, sono sostanzialmente le stesse di quelle elaborate dalle Fondazioni Magna Carta e TreeLLLe, composte da esponenti accademico-politici appartenenti al Centro-destra e al Centro-sinistra. Nella stessa direzione vanno i contenuti dei documenti e dei disegni di legge elaborati dai DS. Nelle precedenti legislature l’Università statale è stata quasi ridotta in macerie (finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, finti concorsi locali, controriforma del CUN, “3 + 2”, crescita a dismisura del precariato, progressiva riduzione dei finanziamenti, legge Moratti). In questa legislatura si vorrebbe completarne la demolizione. Affidare nel nuovo Governo la responsabilità della politica universitaria ad un esponente della lobby accademica sarebbe una scelta gravissima, una vera e propria sfida nei confronti di chi nell’Università lavora o studia. Il mondo universitario che si è mobilitato contro il DDL Moratti, esprimendo una partecipazione e una unità senza precedenti, dovrà comunque tornare a impegnarsi, con forza e tempestività, per battere il progetto accademico-confindustriale e per ottenere subito alcuni provvedimenti indispensabili per rilanciare l’Università democratica, di massa e di qualità.
PROVVEDIMENTI URGENTI E INDISPENSABILI
In discontinuità con l’operato dei governi precedenti, sono necessari provvedimenti immediati nell’interesse generale dell’Università e del Paese:
1. Abrogazione della Legge Moratti giudicata inemendabile e dannosa dal grande movimento di protesta e anche dall’allora Opposizione.
2. Abolizione del precariato attraverso:
a) il bando nei prossimi anni di almeno 20.000 nuovi posti in ruolo nella terza fascia per i giovani docenti, per dare uno sbocco agli attuali oltre 50.000 docenti precari e per ‘prevenire’ il prossimo pensionamento di oltre metà degli attuali professori e ricercatori;
b) la previsione di una unica figura (cancellando l’attuale jungla di figure precarie) per svolgere un periodo pre-ruolo massimo di 3 anni, con adeguata retribuzione, diritti (malattia, maternità, ferie, contributi pensionistici) e libertà di ricerca.
3. Istituzione di un Organo elettivo di autogoverno del Sistema nazionale delle Università, con una composizione non corporativa e non frammentata. Un Organo capace di difendere l’autonomia degli Atenei e di interloquire autorevolmente con il Governo e il Parlamento,per impedire che queste Istituzioni continuino a governare e a legiferare a favore e per conto della lobby accademica trasversale.
4. Trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia dei professori non ad esaurimento.
5. Fine dell’attuale mercato dei concorsi, distinguendo nettamente tra il
reclutamento con concorsi nazionali e l’avanzamento di carriera con giudizi di idoneità individuali nazionali. Questa riforma del reclutamento e della carriera dei docenti è la pre-condizione per introdurre una valutazione della loro attività che non si traduca in un ulteriore strumento di controllo gerarchico.
Sintesi delle PROPOSTE DELL’ANDU per una riforma della docenza e della governance.
DOCENZA
Stato giuridico nazionale dei docenti collocati in un ruolo unico, articolato in tre fasce con uguali mansioni. Ingresso nel ruolo docente per concorso nazionale (prevalentemente nella terza fascia) e passaggio di fascia per idoneità nazionale individuale (a numero aperto), con immediato e pieno riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della Facoltà dove il docente già lavora e
continuerà a lavorare. Per il passaggio di fascia è indispensabile prevedere uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali. Le commissioni, per i concorsi e per i passaggi, devono essere interamente sorteggiate e composte di soli ordinari. Distinzione tra tempo pieno e tempo definito con esclusione per i docenti a tempo definito dalle cariche accademiche e dalle commissioni concorsuali. Trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia di professore, prevedendo la partecipazione di tutti ai Consigli di Facoltà e l’accesso ai fondi per la ricerca anche per i professori di terza fascia non confermati. Periodo pre-ruolo massimo di 3 anni in una unica figura con adeguata retribuzione, diritti (malattia, maternità, ferie, contributi pensionistici) e libertà di ricerca. Bando nei prossimi anni, su nuovi specifici e aggiuntivi fondi statali, di almeno 20.000 posti di terza fascia,
GOVERNANCE
Gli Atenei devono essere governati da strutture interamente elettive interne agli Atenei stessi e, in particolare, i Senati Accademici devono essere composti esclusivamente da rappresentanze paritetiche elette direttamente da ordinari, associati, ricercatori, tecnico-amministrativi e studenti (v. nota). I rappresentanti dei docenti devono essere espressi da poche aree (5-6) equivalenti, con elettorato attivo e passivo comune alle tre fasce. Devono essere riconosciuti specifici ruoli ai Collegi dei Presidi, dei Direttori di Dipartimento e dei Presidenti dei Consigli di
Corso di Studio. La composizione e i compiti delle strutture degli Atenei devono essere normati dalla legge. Il Sistema nazionale delle Università deve essere rappresentato da un unico Organo di autogoverno composto da rappresentanti eletti direttamente dai docenti espressi da poche aree (5-6) equivalenti, con elettorato attivo e passivo comune alle tre fasce. Di questo organismo devono fare anche parte consistenti rappresentanze dei tecnico-amministrativi e degli studenti,
elette direttamente dalle rispettive categorie. Devono essere riconosciuti specifici ruoli alle Conferenze nazionali dei Rettori, dei Presidi e dei Direttori di Dipartimento.
2 maggio 2006
Nota. Alberto Asor Rosa (possibile ministro, secondo il “totoministri”), in un articolo (“Questa università malata”) su Repubblica del 26.4.06, sostiene, tra l’altro, che un Ateneo “bisognerebbe fosse governato, in ognuno dei suoi snodi e soprattutto al vertice (Senato accademico e Consiglio di amministrazione) da una rappresentanza paritetica delle due funzioni fondamentali, e cioè ricerca e didattica.” In altre parole, Asor Rosa, per ridurre il potere dell”oligarchia della didattica’ (i Presidi) vuole aggiungere al governo degli Atenei il potere dell”oligarchia della ricerca’ (i Direttori dei Dipartimenti?). L’ANDU, invece, ritiene che bisogna eliminare la presenza dei Presidi (e di qualsiasi altra rappresentanza indiretta) dai Senati Accademici per consentire finalmente a questi Organismi di governare nell’interesse di tutta la comunità universitaria. Per il testo completo dell’articolo di Asor Rosa:
http://www.orizzontescuola.it/article10424.html