CONCORSI E IDONEITA’ NAZIONALI

Su Europa, quotidiano della Margherita, del 19 novembre 2005 è comparso l’intervento”Professori universitari, carriere per merito” di Luciano Modica, senatore dei Ds ed ex presidente della CRUI (nota 1), che fa riferimento a un precedente intervento di Dario Antiseri sul Sole 24-ore (nota 2), già commentato dall’ANDU (nota 3).  Modica giustamente scrive che “il futuro del Paese in una società della
conoscenza dipende fortemente dalla qualità del suo sistema di formazione superiore e di ricerca e, a sua volta, questa dipende fortemente dal buon funzionamento delle regole di selezione dei professori universitari che sono insieme docenti e ricercatori.” Proprio per questo l’ANDU da anni propone una vera riforma del reclutamento e dell’avanzamento della carriera dei docenti universitari che superi il sistema della cooptazione personale che ha sempre ‘distinto’ l’Università italiana da quelle degli altri Paesi. Un sistema di potere baronale fondato sulla subordinazione professionale e umana al ‘maestro’ di coloro che percorrono la carriera docente; sistema che impedisce al docente-ricercatore di esprimere al meglio le sue capacità fin da quando è giovane, in piena autonomia e con responsabilità diretta di adeguati fondi (v. nella nota 4 la sintesi della proposta dell’ANDU). E proprio per l’enorme importanza che hanno le “regole di selezione dei professori universitari” l’ANDU ha espresso la netta contrarietà alle proposte di Modica (nota 5), che egli sostanzialmente ribadisce nel suo
intervento su Europa: “le selezioni, queste sì comparative, che i singoli
atenei bandiranno per reclutare un nuovo professore, con regole di selezione lasciate alla loro autonomia”; “la scelta finale del vincitore rimarrebbe comunque nella responsabilità dell’università che recluta”. 
Modica, riferendosi alla legge Moratti, recentemente approvata, scrive: “Del resto la legge si limita semplicemente a reintrodurre il sistema che aveva funzionato identico dal 1980 al 1998 generando anche allora feroci critiche di localismo e di nepotismo, accademico e non.” In realtà, con la legge Moratti (Legge 4 novembre 2005, n. 230) non si ritorna affatto ai vecchi concorsi nazionali, ma si introduce una “idoneità scientifica nazionale” a numero chiuso (comma 5), prerequisito per la
partecipazione alle “procedure disciplinate (dalle Università, ndr) con propri regolamenti che assicurino la valutazione comparativa dei candidati” (comma 8).
In altri termini, la legge approvata AGGIUNGE alla prova comparativa locale un’altra prova comparativa nazionale che, a differenza dei concorsi nazionali per ordinario e per associato precedenti alla riforma Berlinguer, non serve a decidere chi prenderà servizio nei posti banditi. Nella legge Berlinguer e nella legge Moratti a decidere se e chi occuperà il posto bandito è la Sede e, di fatto, chi ha voluto (ed è riuscito a farsi bandire) il posto per il suo prescelto (localismo e nepotismo). La differenza tra l'”idoneità scientifica nazionale” e i vecchi concorsi nazionali è quindi IMMENSA. E’ evidente che qualunque forma di selezione, nazionale o locale, che sia seguita dalla scelta finale da parte della Sede che decide se e chi deve alla fine occupare il posto bandito, non potrà non essere condizionata dal fatto che quel posto è stato pre-destinato. Che le conseguenze della riforma Berliguer sarebbero state quelle che sono ora sotto gli occhi di tutti l’avevamo denunciato, inascoltati, già nel dicembre 1998, quando, a proposito dei previsti concorsi locali ad ordinario e ad associato, scrivevamo che “ora anche la carriera deve essere decisa attraverso una cooptazione personale da parte di quelli che una volta si chiamavano baroni ed è ad essi che bisognerà affidarsi, con adeguati comportamenti anche umani, per vincere concorsi che sono considerati, non a torto, una mera perdita di tempo, un fastidioso ritardo all’attuazione di una scelta già operata.” (“Università Democratica”, n.168-169, p. 7)
Ma quello che non si dice è che quasi tutti i ‘concorsi’ a ordinario e ad associato in realtà non servono a reclutare chi non fa già parte del ruolo docente, ma servono ‘solo’ alla promozione di chi è già in ruolo. Infatti i concorsi veri, cioè quelli che determinano l’entrata nel ruolo docente, sono stati e saranno (almeno fino al 2013) quasi esclusivamente quelli a ricercatore, primo gradino della docenza universitaria. E questi concorsi
sono ‘localissimi’, cioè sono serviti e serviranno a ‘ratificare’ l’ingresso in ruolo di chi è stato pre-scelto dal proprio ‘maestro’. E non è quindi un caso che le procedure iper-localistiche dei concorsi a ricercatore previste dal DPR 382 del 1980 non siano state cambiate, nella sostanza, dalla legge Berlinguer e ora sono confermate dalla legge Moratti. Lo ripetiamo, il vero problema dell’Università italiana è proprio quello del reclutamento, cioè, nella sostanza, dei concorsi a ricercatore. Ma parlare del vero reclutamento alla docenza è tabù per troppa parte
dell’accademia italiana: non deve assolutamente essere messo in discussione che a decidere chi e quando debba cominciare la carriera universitaria in ruolo deve continuare ad essere, di fatto, il singolo barone che sceglie il suo ‘allievo’ già al momento della tesi, poi gli fa avere il dottorato di ricerca, l’assegno di ricerca e/o qualche borsa e/o qualche contratto e quindi il posto di ricercatore attraverso un finto concorso della cui commissione è membro interno. Se questo è il modo di reclutare perché scandalizzarsi poi tanto per il fatto che, nel proseguimento della carriera, indipendentemente dal meccanismo in vigore, continuino a
manifestarsi tutti quei difetti che oggi si scoprono nei ‘concorsi’ ad
associato e a ordinario?
La vera grossa novità della legge Moratti è l’abolizione dell’UGUAGLIANZA sul piano nazionale delle procedure delle prove comparative locali, abolizione che è proposta anche da Modica. Questa è l’anticamera dell’abolizione dello stato giuridico nazionale dei docenti e con esso del valore legale dei titoli di studio, cioè la fine del sistema nazionale e statale delle Università. In questo senso la legge Moratti è ‘solo’ un passo (peraltro pasticciato)
verso la demolizione completa dell’Università di qualità e di massa. Una
demolizione cominciata nelle precedenti legislature (finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, finti concorsi locali, controriforma del CUN, “3 + 2”) e che la lobby accademica trasversale vorrebbe fosse completata nella prossima legislatura. Per ottenere questo risultato si dice che con l’autonomismo aziendalistico gli Atenei sarebbero costretti ad una virtuosa competizione, mentre è evidente che così si renderebbero ancora più forti e più liberi i potentati accademici, che usano Ministero e Parlamento per ottenere in maniera completa la gestione privatistica delle risorse pubbliche. La natura e gli interessi delle oligarchie accademiche e la loro capacità di condizionare il Ministero e il Parlamento sono sotto gli occhi di tutti. Ci riferiamo ai finanziamenti ‘particolari’ che si stanno dando agli Istituti auto-eccellenti (IIT di Genova, ISU di Firenze e IMT di Lucca), ma anche a quello di 1,5 milioni di euro l’anno per l’Istituto di studi politici “San Pio V” di Roma, approvato definitivamente dalla Camera l’8 ottobre 2003 con 254 voti, 28 contrari e 136 astenuti, cioè con il ‘non dissenso’ trasversale di quasi tutti i Deputati.

23 novembre 2005

Nota 1. Per il testo dell’intervento di Luciano Modica “Professori universitari, carriere per merito”, su Europa del 19.11.05, pag. 12:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/11/39083111.pdf
(non si deve spezzare la stringa di caratteri, altrimenti il collegamento fallisce!)

Nota 2. Per il testo dell’intervento di Dario Antiseri “Le nuove vie alla cattedra, più problemi che soluzioni”, sul Sole 24-ore del 12.11.05:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/11/38840603.pdf
(non si deve spezzare la stringa di caratteri, altrimenti il collegamento fallisce!)

Nota 3. V. il documento dell’ANDU “Semplici verità ‘rivoluzionarie'”:
http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 15 novembre 2005

Nota 4. Sintesi della proposta dell’ANDU sulla docenza universitaria. Stato giuridico nazionale dei docenti collocati in un ruolo unico, articolato in tre fasce con uguali mansioni. Ingresso nel ruolo docente per concorso nazionale (prevalentemente nella terza fascia) e passaggio di fascia per idoneità nazionale individuale (a numero aperto), con immediato e pieno riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della Facoltà dove il docente già lavora e continuerà a lavorare. Per il passaggio di fascia è indispensabile prevedere uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali. Le commissioni, per i concorsi e per i passaggi, devono essere interamente sorteggiate e composte di soli ordinari. Periodo pre-ruolo massimo di 3 anni e bando nei prossimi anni, su nuovi specifici e aggiuntivi fondi statali, di almeno 20000 posti di terza fascia,con cancellazione dell’attuale giungla di figure precarie. Trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia di professore, prevedendo la partecipazione di tutti ai Consigli di Facoltà e l’accesso ai fondi anche per i professori di terza fascia non confermati. Distinzione tra tempo pieno e tempo definito con esclusione per i docenti a tempo definito dalle cariche accademiche e dalle commissioni concorsuali.

Nota 5. V. il documento dell’ANDU “DS peggio di Moratti?”:
http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 07 novembre 2005

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