Purtroppo ci siamo sbagliati e di grosso. Il 7 marzo 2005, in un nostro documento (v. nota), avevamo scritto: “La pressione accademica da qualche tempo non è più subita dai Parlamentari dell’Opposizione e da alcuni Parlamentari della Maggioranza, che sempre più riconoscono la forza e le richieste di un movimento di protesta espressione di tutte le componenti universitarie.”
Non avevamo ancora letto gli ultimi emendamenti dei DS al DDL Moratti ‘ritoccato’ dal Relatore. Ci si aspettava che l’Opposizione e i Parlamentari della Maggioranza che avevano espresso il loro sostegno e avevano condiviso le ragioni della
protesta del mondo universitario contro un DDL governativo mortale per
l’Università e dannoso per il Paese, presentassero emendamenti in sintonia con le richieste del movimento e delle Organizzazioni unitarie della docenza. Ci si aspettava, quindi, un miglioramento degli emendamenti già presentati il 23 febbraio 2005 alla Camera. Quegli emendamenti, infatti, raccoglievano solo due delle quattro principali richieste avanzate dalle Organizzazioni unitarie della docenza: la TRASFORMAZIONE del ruolo dei ricercatori in terza fascia di professori (emendamento 2.186 presentato da TUTTA l’opposizione ed emendamento 2.263 presentato dall’on. Napoli di AN) e il bando straordinario di posti nella terza fascia di professore (emendamento 2.02 presentato dai DS e da RC). Quegli emendamenti non avevano però recepito le altre due fondamentali richieste: la netta distinzione tra reclutamento (con concorsi) e avanzamento nella carriera docente (con idoneità aperte nazionali) e il contenimento del periodo di precariato in sei anni (COMPRESO i tre dell’eventuale dottorato). In particolare, gli emendamenti presentati il 23 febbraio dai DS relativi a queste due ultime questioni prevedevano, al contrario, il mantenimento degli attuali concorsi anche per il passaggio da una fascia all’altra, con la riduzione da due a uno del numero di idonei (emendamento 2.165) e accettavano (non presentando emendamenti) un periodo di precariato di otto anni, compresi quelli del dottorato, previsto dalla lettera i) del comma 1 dell’art. 2 del testo approvato nel luglio scorso dalla Commissione. Con gli emendamenti elaborati per la seduta dell’Aula della Camera dell’8 marzo (nella quale è stato poi deciso il rinvio del DDL in Commissione), i
DS non solo hanno riconfermato la gravissima scelta di mantenere la docenza
divisa in TRE DISTINTI RUOLI (con passaggio, quindi, da un ruolo all’altro per concorso e ‘ripetizione’ dello straordinariato) e hanno elevato a nove anni il complessivo periodo di precariato, ma hanno anche modificato RADICALMENTE la posizione assunta appena qualche giorno prima sulla terza fascia. Infatti, con il nuovo emendamento dei DS il ruolo dei ricercatori non viene più TRASFORMATO in terza fascia, ma si prevede che gli attuali ricercatori possano accedere ad essa solo “previa verifica positiva, con modalità stabilite dagli atenei, dei titoli scientifici e dell’attività didattica svolta e documentata per almeno tre anni, anche non consecutivi.” A tal fine sono previste “con cadenza annuale, tre sezioni di verifica”. E tutto questo per aumentare notevolmente i propri obblighi didattici, continuando
a ricevere la stessa retribuzione. Infatti ai professori di terza fascia può essere attribuita, senza il consenso attualmente previsto per i ricercatori, “la responsabilità didattica di corsi non coperti da professori di prima o di seconda fascia”, in una logica gerarchico-corporativa. Insomma, ecco ricomparire il ‘filtro’ per l’accesso alla terza fascia per consentire la ‘scrematura’ dei ricercatori, soprattutto dove la presenza di tutti gli attuali ricercatori nei Consigli di Facoltà risulta incompatibile con la salvaguardia degli interessi accademico-professionali da sempre coltivati e ‘protetti’, specie in alcune Facoltà giuridiche. E, naturalmente, a chi ha come principale preoccupazione il ‘rispetto’ dei poteri forti non interessa il fatto che prevedendo “modalità stabilite dagli atenei” per l’ingresso in un nuovo ruolo nazionale, per la prima volta nella normativa universitaria, si consentano meccanismi locali diversi tra di loro. E interessa ancor meno che ad un nuovo maggiore obbligo didattico non corrisponda alcun aumento retributivo.
Questi emendamenti mostrano con chiarezza che il gruppo di professori che
ha sempre dettato la politica universitaria ai DS ha ripreso il pieno controllo, ‘rimediando’ alle parziali aperture mostrate recentemente dai Deputati di questo Partito. È del tutto evidente che questo gruppo accademico considera le richieste delle Organizzazioni unitarie della docenza incompatibili con una linea accademico-politica che ha già prodotto disastri, quando l’Università è stata ‘gestita’ da loro a livello governativo. Va ricordato, infatti, che durante il periodo in cui sono stati ministri Berlinguer e Zecchino – e in cui il sottosegretario Guerzoni ha svolto di fatto la funzione di ministro per l’Università – sono stati varati
provvedimenti come quelli dei finti concorsi locali, della controriforma del CUN (che ora l’attuale Maggioranza vuole tradurre in legge) e della ‘rigida’ e imposta riforma della didattica (il “3 + 2”), che tante difficoltà ha creato agli studenti e agli Atenei. Quegli stessi Responsabili ministeriali si sono sempre rifiutati di difendere con una nuova legge gli Statuti massacrati in alcuni Atenei dai ricorsi amministrativi. Una gestione del Ministero che, nell’ultimo anno di legislatura, è arrivata al rifiuto di incontrare le Associazioni e i Sindacati della docenza, con un’arroganza e una scorrettezza istituzionale senza precedenti. L’abbiamo sempre detto: se non si sconfigge in tempo la lobby accademica trasversale che ha sempre dominato sull’Università, condizionando pesantemente il Parlamento, non si potrà arrestare l’opera di demolizione dell’Università statale in corso da oltre un decennio e ci si potrebbe ritrovare nella prossima legislatura con un Governo che potrebbe
danneggiare l’Università e la Ricerca più di quanto non sia stato fatto nella scorsa legislatura. Certo è che, se il Partito dei DS non smentisce gli “emendamenti
accademici” fatti presentare ai suoi Deputati e non emargina i baroni che hanno finora deciso la sua politica universitaria, il recente riconoscimento della forza e delle richieste del movimento di protesta universitario contro il DDL governativo non potrà che risultare meramente strumentale, perché, al dunque, le posizioni di merito dei DS sulle questioni universitarie, allo stato attuale, sono, per molti versi, sostanzialmente simili a quelle della Maggioranza, ovvero di quella lobby accademica trasversale che le ha ‘ispirate’.
10 marzo 2005
Nota. V. documento ANDU “Bloccare le leggi Moratti si deve”, in:
http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 09 marzo 2005