PREMESSA. Forse il ministro Moratti e tanti Parlamentari non sanno che la loro attività in Parlamento (interventi, presentazione di disegni di legge, interrogazioni, partecipazione o meno alle sedute) è seguita in tempo reale dal mondo universitario perché gli atti parlamentari sono diffusi alla maggior parte degli appartenenti alle varie categorie. Ricordiamo ai Ministri e ai Parlamentari questa forma di partecipazione democratica all’attività di chi ha il potere di decidere sulle sorti dell’Università perché troppo spesso le loro iniziative e i loro interventi sembrano non tenerne conto. Continuando a credere che Governo e Parlamento dovrebbero tenere
soprattutto conto delle opinioni e delle richieste della maggioranza del mondo universitario e non invece servire gli interessi particolaristici di poteri forti, continuiamo anche a proporre le nostre posizioni e le nostre valutazioni e a dare il nostro contributo per informare l’Università sull’attività delle Istituzioni.
LE DICHIARAZIONI DEL MINISTRO. Riportiamo in calce la parte finale, quella
riguardante l’assetto della docenza, delle dichiarazioni del Ministro, a conclusione della discussione generale del DDL governativo sulla docenza, nella seduta del 13 luglio 2004 della Commissione Cultura della Camera (nota).
Le dichiarazioni del ministro Moratti sul DDL rappresentano una vera e propria provocazione nei confronti delle sempre più numerose posizioni contrarie assunte dagli Organismi accademici (Collegi dei Presidi, Senati Accademici, Consigli di Facoltà, di Corso di Laurea e di Dipartimento), espresse nelle centinaia di documenti approvati dalle varie assemblee, sostenute con grandi iniziative di lotta nazionali e locali che stanno ora continuando con crescente rifiuto delle supplenze, ribadite in numerosi e puntuali documenti unitari delle Organizzazioni della docenza. Nulla di tutto questo è stato tenuto in qualche considerazione da parte di un Ministro che, con tutta evidenza, ascolta solo quanto gli suggeriscono coloro che hanno sequestrato l’Università statale e vogliono portarne a termine la demolizione.
Nella sostanza il Ministro ha confermato il contenuto principale del DDL De Maio-Moratti: messa ad esaurimento dei ricercatori e loro sostituzione con figure precarie. Per gli attuali ricercatori il Ministro prevede di riservare possibilità di sbocco nella docenza a quelli giovani, avendo gli anziani “già avuto molteplici opportunità e non ne abbiano opportunamente usufruito”, d’altronde essi “non avrebbero alcun miglioramento economico da un eventuale passaggio alla docenza.” È evidente l’intenzione del Ministro di spaccare la categoria privilegiando i ricercatori giovani, con buona pace di quelle Organizzazioni sub-corporative che da anni hanno come unico reale obiettivo quello di prevedere per gli associati e i ricercatori anziani (prima i “novennalisti”, ora i “sedicennalisti”) meccanismi riservati per il passaggio alla fascia superiore.
L’intervento del Ministro è stato preceduto da quello dell’on. Pepe, relatore del provvedimento, che ha ‘qualificato’ il suo intervento precisando “che il blocco delle assunzioni” “è in realtà addebitabile alla conduzione, negli anni passati, di errate politiche che hanno previsto l’immissione in ruolo ope legis di un amplissimo numero di persone”. È evidente che l’on. Pepe non sa di cosa parla e inoltre egli ha ampiamente mostrato di cambiare ‘atteggiamento’ da un giorno all’altro. Non ci è ancora chiaro per quali sue caratteristiche egli sia stato scelto come Relatore, pur non facendo parte della Commissione Cultura che certamente ha al suo interno membri della maggioranza competenti e coerenti.
ALCUNE CONSIDERAZIONI.
1. Pare che il ‘medico’, cioè la lobby trasversale di potenti baroni, abbia prescritto di approvare in Commissione il provvedimento governativo entro questo mese di luglio, il mese più indicato per le ‘forzature’, al riparo dalla mobilitazione del mondo universitario. Un’accelerazione che sembra prescindere dalla crisi politica in corso, anzi sembra volerne approfittare, forse puntando sulla possibilità, più volte sperimentata, di trasferire sul terreno parlamentare l’unità trasversale dei poteri forti accademici.
2. Lo strumento della legge-delega serve a rendere, con i suoi contenuti non ‘definiti’, più facile l’iter parlamentare del provvedimento governativo e, soprattutto, serve ad affidare di fatto agli ‘ispiratori’ del Ministro la stesura del decreto-delegato, la fase più importante dell’elaborazione della norma.
3. L’assenza di un Organismo rappresentativo del mondo universitario, quale
avrebbe dovuto essere il CUN (che è invece è stato pluri-prorogato, peraltro in una composizione da anni illegittima) e la impropria e pesante presenza di una Conferenza dei Rettori (nessuno dei quali è stato votato per rappresentare il sistema nazionale universitario), mostrano quanto si sia ‘ben operato’, a partire dai precedenti Governi, per disarmare l’Università che avrebbe invece bisogno di un Organismo nazionale ad elezione diretta per difendere gli interessi generali dell’Istituzione e del Paese dai poteri forti accademici.
4. L’approvazione del DDL entro luglio costituisce una vera e propria sfida all’intero mondo universitario che, per la stessa sopravvivenza dell’Università statale, deve intensificare da subito il suo impegno contro il provvedimento governativo anche non presentando o ritirando le domande di supplenza e deve prepararsi ad una massiccia mobilitazione a partire da settembre che non dovrà escludere, come avvenuto in Francia, anche le dimissioni vere dei Responsabili accademici.
5. Non è vero che il Ministro non ascolta per nulla le critiche: una l’ha accolta. Infatti, dopo aver sostenuto per mesi che l’attuale organizzazione della docenza costituisce una “piramide rovesciata”, il Ministro nel suo intervento ha finalmente imparato che trattasi invece di una organizzazione a cilindro. Naturalmente la piramide era ed è rimasta nella sua testa: in realtà il Ministro vuole, così come dichiara, “la struttura a piramide” dritta. Lo sospettavamo!
RICHIESTE
Ribadiamo la richiesta di accantonare il DDL governativo e di approvare invece, con urgenza, quattro provvedimenti che prevedano:
1. l’eliminazione, con un decreto-legge, del blocco delle assunzioni nell’Università e nella Ricerca;
2. la trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia dei professori per riconoscere ad essi l’attività effettivamente svolta, come fa, ma solo a parole, perfino il ministro Moratti affermando nel suo intervento “che questa categoria ha assunto progressivamente compiti didattici tali da garantire, con il proprio apporto, il rilevante aumento dell’offerta didattica degli atenei, verificatosi negli ultimi anni.”;
3. il bando di almeno 20.000 nuovi posti in ruolo nella terza fascia per i giovani docenti;
4. la fine dell’attuale mercato dei concorsi, con una riforma che distingua
nettamente il reclutamento (concorsi nazionali nella terza fascia) e l’avanzamento di carriera (giudizi nazionali individuali, con pieno e immediato riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata
della Facoltà dove il docente continua a lavorare). È indispensabile prevedere a tutti i livelli commissioni giudicatrici nazionali composte da soli ordinari tutti sorteggiati
19 luglio 2004
Nota. Il resoconto completo della seduta del 13 luglio 2004 della Commissione Cultura della Camera in:
http://www.camera.it/chiosco.asp? source=/attivita/lavori/02. commissioni/07.c
ultura.asp&content=/_ dati/leg14/lavori/bollet/07r.htm
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Ultima parte dell’intervento del ministro Moratti e conclusioni della seduta del 13 luglio 2004 della Commissione Cultura della Camera:
” . Venendo al nuovo assetto della docenza, rileva negli interventi dei deputati Martella, Angela Napoli, Sasso, Bimbi e Grignaffini la preoccupazione di ristabilire un equilibrio tra le varie componenti, in linea con la situazione e con le esperienze europee e quella di assicurare il ricambio generazionale, anche in vista delle consistenti uscite dal sistema nei prossimi 10 anni. Assicura che il disegno di legge in titolo è finalizzato appunto a realizzare questi obiettivi, sulla base di uno studio approfondito della situazione in essere e del confronto con quanto avviene nei Paesi europei più vicini. Infatti, dal confronto risulta che in Italia la distribuzione di professori ordinari, associati e ricercatori ha sostanzialmente una struttura a cilindro che, del resto, è quella delineata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 che ha determinato gli organici in numero sostanzialmente analogo per le tre qualifiche. Negli altri Paesi europei più vicini, invece la struttura è a piramide e prevede un’ampia presenza di giovani ricercatori che accedono alla docenza sulla base di una forte selezione. Ritiene che l’obiettivo essenziale di un intervento di riforma debba essere, così come giustamente richiesto dal deputato Tocci, quello di privilegiare l’ingresso massiccio di giovani ricercatori, in modo da restituire linfa vitale al sistema oggi non adeguatamente alimentato, come risulta chiaramente dal fatto che a fine 2003 il 57 per cento dei docenti di ruolo ha superato i 50 anni di età, di cui l’83 per cento degli ordinari, il 58 per cento degli associati e il 33 per cento dei ricercatori. Ritiene che, in sintonia con quanto avviene negli altri Paesi, l’ingresso nel sistema dovrà avvenire sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato (e non di collaborazioni coordinate e continuative), strettamente finalizzati alle esigenze della ricerca, per un tempo sufficientemente ampio da consentire la maturazione professionale e scientifica dei giovani, e, d’altro lato, la valutazione delle loro attitudini da parte degli atenei, che potranno orientare i più adatti al proseguimento nella carriera accademica e scientifica. La durata di tali contratti dovrà essere però limitata nel tempo, così da evitare la precarizzazione del rapporto. Ritiene infatti che sia necessario superare l’attuale situazione di vasto precariato alimentato da molte figure eterogenee non garantite e sprovviste di tutela previdenziale e assistenziale, sostituendola con un rapporto contrattuale tipizzato, assistito da ogni connessa garanzia. Sottolinea altresì la necessità di prevedere per i giovani ricercatori un trattamento economico adeguato in linea con quanto avviene negli altri Paesi europei. Constatato che è stato sottolineato, infine, il problema dei ricercatori universitari attualmente in servizio, intende dare atto, condividendo quanto detto dal deputato Angela Napoli, che questa categoria ha assunto progressivamente compiti didattici tali da garantire, con il proprio apporto, il rilevante aumento dell’offerta didattica degli atenei, verificatosi negli ultimi anni. Precisa però che ciò non significa che non ci si debba porre il problema radicale se abbia senso la sopravvivenza di questa figura. Osserva che il confronto europeo e internazionale evidenzia che non vi è, nelle università, una figura destinata a svolgere per tutta la sua carriera attività di ricerca in via esclusiva, legata da un rapporto di lavoro stabile, ma che invece questa figura è presente in tutti i Paesi con rapporto di lavoro a tempo determinato. Ne consegue pertanto la proposta, contenuta nel disegno di legge in titolo, di allineare la carriera della docenza a quanto avviene nei sistemi degli altri Paesi, prevedendo, anziché un ruolo organico stabile dei ricercatori, contratti di lavoro a termine, come sopra delineato.
Per quanto concerne gli attuali 20.000 ricercatori, fa presente che si sta
studiando una soluzione che consenta di offrire a tutti l’opportunità di accedere, previa valutazione selettiva, alle fasce della docenza, nell’arco di 5 – 6 anni. Intende però richiamare, a questo riguardo, l’esigenza da tutti sottolineata, di assicurare la qualità della docenza attraverso le procedure di reclutamento. Ritiene, di conseguenza, che l’opportunità di accesso alla docenza attraverso un canale dedicato richieda criteri rigorosi, trasparenti e nazionali e che debba essere riservata a coloro che, in possesso di adeguati requisiti scientifici, non abbiano in precedenza avuto adeguate opportunità in tal senso. Ritiene, invece, che tale canale non debba essere offerto a coloro i quali hanno già avuto molteplici opportunità e non ne abbiano opportunamente usufruito e che d’altronde, data l’anzianità maturata nel ruolo di ricercatore, non avrebbero alcun miglioramento economico da un eventuale passaggio alla docenza. Conclusivamente, dopo aver dichiarato la propria più ampia disponibilità a valutare tutte le proposte migliorative del disegno di legge in titolo, esprime l’auspicio che, in virtù di un costruttivo confronto tra le diverse forze politiche, si addivenga alla formulazione di un testo il più ampiamente possibile condiviso.
Mario PEPE (FI), relatore, propone di adottare il disegno di legge n. 4735
(cioè il DDL governativo, ndr) quale base per il seguito dell’esame.
La Commissione concorda. Ferdinando ADORNATO, presidente, avverte che rappresentanti di vari gruppi hanno chiesto che il termine per la presentazione degli emendamenti sia fissato non prima di giovedì 22 luglio 2004, in modo da consentire la loro più adeguata formulazione. Ritiene che tale richiesta possa essere accolta solo ove sia assunto l’impegno che ciò non modifica quanto già convenuto nell’ambito dell’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, circa la conclusione dell’esame degli emendamenti stessi entro l’ultima settimana di luglio. L’ampliamento del termine per la presentazione degli emendamenti comporterà cioè una riduzione dei tempi a disposizione per il loro esame. Non essendovi obiezioni, propone che il termine per la presentazione degli emendamenti sia fissato alle ore 17 di giovedì 22 luglio 2004. La Commissione concorda. Ferdinando ADORNATO, presidente, rinvia quindi il seguito dell’esame ad altra seduta.”