Contro il disegno di legge-delega governativo De Maio-Moratti di
controriforma dello stato giuridico dei docenti universitari sta crescendo
un movimento forte, diffuso e determinato che coinvolge tutte le componenti dell’università. Comune è la consapevolezza che è in corso l’attacco finale contro l’Università pubblica, per disgregarla ed emarginarla, rafforzando ancor più i poteri forti accademici che l’hanno sequestrata e che da decenni
gestiscono il Ministero e condizionano trasversalmente il Parlamento. Questi poteri forti pretendono un maggiore controllo del reclutamento e della carriera della docenza e per questo vogliono sostituire il ruolo dei ricercatori con un precariato fino a dieci anni e vogliono rendere precarie anche le fasi iniziali della carriera di associato e di ordinario. In tal modo si renderebbero più ricattabili i docenti, attentando alla
loro libertà di ricerca e di insegnamento. In Italia l’autonomia nella ricerca e nella didattica si può avere solo con rapporti di lavoro stabili e quindi in ruolo. In questa stessa direzione è indispensabile smetterla con i finti concorsi per l’avanzamento nella carriere: l’ingresso nella docenza va nettamente distinto dalla progressione di carriera. Per raggiungere questi obiettivi, in alternativa ai contenuti del progetto governativo, è necessario ottenere:
1. la trasformazione in terza fascia di professore dell’attuale ruolo dei ricercatori, che svolgono per legge da anni attività di piena docenza;
2. l’accesso ai fondi di ricerca e l’indennità di tempo pieno per i professori di terza fascia non confermati;
3. il bando immediato, su nuovi specifici e aggiuntivi fondi statali, di 5000 posti di professore di terza fascia per cominciare ad assicurare il ricambio generazionale in vista del dimezzamento del numero degli attuali
docenti nei prossimi 8 anni;
4. la cancellazione dell’attuale giungla di figure precarie, contenendo la durata del pre-ruolo in non più di sei anni comprensivi del dottorato;
5. l’introduzione di concorsi nazionali per l’ingresso nella docenza e di giudizi di idoneità nazionali a numero aperto per il passaggio da una fascia all’altra, con immediato e completo riconoscimento della nuova
qualifica in caso di giudizio positivo (senza, quindi, l’ulteriore “chiamata” da parte della facoltà nella quale si stanno già svolgendo didattica e ricerca). Le commissioni per i concorsi di ingresso e per i
giudizi di idoneità per il passaggio devono essere composte da soli ordinari tutti sorteggiati;
6. il mantenimento della distinzione tra tempo pieno e tempo definito, escludendo per legge i docenti a tempo definito da tutte le cariche accademiche e dalle commissioni giudicatrici;
7. l’eliminazione del blocco delle assunzioni, contrario all’autonomia sancita dalla Costituzione.
Per ottenere tutto ciò è indispensabile la più vasta unità del mondo universitario. In questa direzione è importante che la CRUI (che si è appropriata del ruolo di rappresentanza del sistema nazionale che non le
spetta e che non è strutturalmente in grado di svolgere) e il CUN (che è svuotato del proprio ruolo in quanto organismo pluri-prorogato e con una composizione da tempo illegittima) non “contrattino” con il potere
accademico-ministeriale e non finiscano per accettare, nella sostanza, i contenuti principali del disegno di legge-delega De Maio-Moratti in cambio di nuovi finanziamenti. Su questo terreno è in corso da parte del potere accademico-ministeriale il tentativo di rendere più accettabile il lungo precariato con la promessa di
una retribuzione di 2000 euro lordi al mese e l’ipotesi del passaggio ad altra amministrazione nel caso in cui, dopo dieci anni, il precario non abbia vinto un posto di associato: su questo punto il contraddittorio documento della CRUI del 28.1.04 è pericolosamente possibilista. In questo stesso documento la CRUI ha abbandonato l’iniziale richiesta di ritiro del provvedimento governativo e non critica nemmeno più il ricorso
allo strumento della legge-delega. È invece indispensabile chiedere e ottenere il ritiro del provvedimento
governativo perché tutti i suoi contenuti sono inaccettabili. Questa dovrebbe essere la richiesta anche del CUN e della CRUI, che, come le Organizzazioni della docenza, sono stati invitati dal Ministro a sedere ai
“tavoli tecnici” già ampiamente sperimentati appena qualche mese fa. In quella occasione il risultato è stato l’assenza di qualsiasi ascolto da parte dei responsabili ministeriali che sono apparsi disinformati sull’Università italiana e sui sistemi universitari degli altri Paesi.
10 febbraio 2004