L’Università non è messa bene. Di fronte ad un Governo che riduce sempre più il finanziamento dell’Università pubblica, manca un Organo di rappresentanza del sistema nazionale degli Atenei italiani che ne difenda l’autonomia dai poteri forti. Da un lato c’è il CUN la cui composizione è da tempo ampiamente illegittima e che è tenuto in “vita” attraverso proroghe pretestuose; dall’altro lato c’è la CRUI che per la sua stessa composizione non può che tentare di conservare l’indifendibile attuale gestione, a questo scopo reclutando professori-opinionisti, ricorrendo a quasi-dimissioni, chiedendo ai Rettori di sequestrare gli adeguamenti retributivi dovuti ai docenti e impedendo il rinnovo del contratto dei tecnico-amministrativi.
In mancanza di un valido e democratico Organo di rappresentanza nazionale del sistema universitario, eletto dai docenti, dai tecnico-amministrativi e dagli studenti, l’attuale Governo può permettersi di prevedere nella Finanziaria un finanziamento di appena 110 milioni di euro in più per il fondo ordinario, a fronte dei 10 miliardi richiesti dalla CRUI per i prossimi 3 anni e del miliardo “sollecitato” al Governo dal ministro Moratti. E questo mentre nella stessa finanziaria sono previsti 50 milioni per il prossimo anno e 100 milioni per ogni anno successivo fino al 2014 per l’Istituto Italiano di Tecnologia (ancora da inventare), voluto dal ministro Tremonti. Un finanziamento “particolare”, come quello di 1,5 milioni di euro l’anno per l’Istituto di studi politici “San Pio V” di Roma, approvato definitivamente dalla Camera l’8 ottobre scorso con 254 voti a favore, 28 contrari e 136 astenuti. E quel che è più grave, l’attuale Governo può permettersi di prevedere nella stessa Finanziaria anche per il prossimo anno il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato dei docenti e dei tecnico-amministrativi universitari. Il blocco, impedendo l’ingresso di nuovi ricercatori, non consente il ricambio generazionale, tanto più necessario in questa delicata fase di applicazione di una riforma didattica imposta e in prossimità del pensionamento di migliaia di docenti.
Si tratta inoltre di un provvedimento particolarmente odioso perché impedisce l’assunzione di circa 1500 vincitori di concorso a ricercatore costringendoli a “sopravvivere” con forme occasionali e umilianti di retribuzione o a cercare una sistemazione alternativa in Italia o all’Estero.
Il blocco delle assunzioni dei ricercatori ha inoltre la gravissima conseguenza di spingere verso un più massiccio ricorso a forme di precariato che in qualche Ateneo arriva al tentativo, peraltro illegittimo, di inventare nuove figure di ricercatori precari, in sintonia con coloro che, contrari all’istituzione della terza fascia e favorevoli a mettere ad esaurimento il ruolo dei ricercatori, vogliono un reclutamento precario
della docenza. Per quanto riguarda il blocco delle “assunzioni” per gli idonei nei “concorsi” ad associato e ad ordinario, si tratta di una misura anche insensata visto che nella stragrande maggioranza dei casi non si tratta di nuove assunzioni, ma di avanzamenti di carriera, come riconosciuto dal TAR Molise in una sentenza del 1° ottobre 2003.
Si chiede al Parlamento di sbloccare tutte le assunzioni nell’Università e negli Enti di ricerca; solo così non si renderà responsabile di una ulteriore crisi di quelle Istituzioni, che a parole tutti definiscono strategiche per il Paese.
27 ottobre 2003