DALLA PADELLA A MUSSI?

Per quanto ricordiamo, mai un Ministro aveva sostenuto che i docenti universitari in ruolo sono troppi e che possano essere espulsi dalla Università. Lo ha detto ora il ministro Mussi nell’intervista su Repubblica del 15 luglio 2006 (qui allegata).Troppi docenti. Oggi i docenti sono circa 60 mila di ruolo e ‘circa’ 50-90 mila precari. Tutti questi docenti svolgono un’attività didattica indispensabile, enormemente accresciuta a causa di una riforma (il “3 + 2″) che è stata imposta senza che fosse preceduta dalla riforma della docenza, né da altri provvedimenti altrettanto necessari. E’ vero invece che ad essere troppi sono i docenti precari e perciò è indispensabile eliminare l’attuale giungla di figure precarie e sostituirle
con una sola figura di pre-ruolo della durata massima di tre anni, adeguatamente retribuita, con tutte le garanzie sindacali e con un numero di posti rapportato allo sbocco in ruolo. Per dare risposta al problema del precariato e per ‘anticipare’ il pensionamento nei prossimi anni di circa metà degli attuali docenti di ruolo, le Organizzazioni unitarie della docenza chiedono, ormai da anni, il bando di almeno 20.000 posti di ricercatore di ruolo, con finanziamento specifico e AGGIUNTIVO.Rendere precario il ‘ruolo’ dei docenti è uno degli obiettivi principali
della lobby accademica trasversale. La possibilità di espellere i docenti di ‘ruolo’ dall’Università è prevista dal comma 4 dell’art. 14 del DDL dei DS, presentato nel febbraio scorso, riguardante l’istituzione dell'”Autorità per la valutazione” (per il testo del DDL, v. nota 1). Questo DDL è già stato analizzato e criticato dall’ANDU (per il documento “DDL dei DS: esternalizzazione dell’autonomia universitaria,
precarizzazione permanente della docenza”, v. nota 2). Le conseguenze di
una simile norma sarebbero devastanti perché con essa si accrescerebbe a
dismisura il controllo anche umano dei docenti da parte dei ‘maestri’ che oggi già decidono chi, come e quando reclutare, e chi, come e quando promuovere. Con la possibilità di espulsione dall’Università dei docenti di ‘ruolo’ si produrrebbe, tra l’altro, una maggiore gerarchizzazione della docenza, con un’ulteriore riduzione dell’autonomia didattica e di ricerca dei docenti ‘subalterni’ e il conseguente abbassamento della qualità di tali attività.Mussi sostiene che i concorsi “in Italia hanno funzionato poco e male. Quelli locali, quelli nazionali, è sempre stata una sorta di Torre di Babele, dove hanno avuto vita facile l´arbitrio, le parentele, le
conoscenze accademiche e politiche.” La verità è invece che i concorsi per il reclutamento in ruolo dei docenti universitari, cioè sostanzialmente i concorsi a ricercatore, non sono stati MAI nazionali. Anche Mussi, parlando di concorsi, sembra riferirsi a quelli ad ordinario e ad associato, che quasi sempre servono ‘solo’ a promuovere chi è già in ruolo e non al reclutamento di nuovi docenti.
Per il reclutamento, quello vero cioè di chi non è già in ruolo, occorre
urgentemente (e comunque non dopo il bando straordinario di almeno 20.000
posti di ricercatore) prevedere una commissione nazionale di soli professori ordinari tutti sorteggiati. Solo così si può finalmente farla finita con la cooptazione personale (e gli annessi arbitrii) i cui danni si ‘prolungano’ con la gestione dei posti per l’avanzamento di carriera, strumento di controllo permanente dei docenti.
Per impedire questo controllo è anche indispensabile che i passaggi da una
fascia all’altra della docenza avvengano per idoneità individuali (a numero aperto) attraverso commissioni nazionali di soli ordinari tutti sorteggiati. Al giudizio positivo deve seguire l’immediato e pieno riconoscimento del passaggio di fascia, senza l’ulteriore ‘chiamata’ della Facoltà dove il docente sta già lavorando. Per coprire gli incrementi stipendiali derivanti dalle promozioni è indispensabile stanziare uno specifico fondo nazionale.Mussi non vuole abrogare la riforma Moratti. Eppure, almeno alla fine dell’iter legislativo, tutta l’allora Opposizione ha sostenuto, come faceva da mesi il movimento di protesta, che il DDL Moratti era disastroso per l’Università. Ora Mussi non vuole rischiare di ‘impantanarsi’ su questa questione “per i prossimi cinque anni”, mentre egli sembra tranquillo sulla approvazione delle leggi ritenute prioritarie dalla lobby accademica trasversale.”La riforma del tre più due funziona” sostiene Mussi, mentre la stragrande maggioranza dei docenti e gli studenti sostengono e ‘vivono’ esattamente il contrario.Secondo Mussi per il 2007 non sarà possibile “incrementare i fondi per
università e ricerca”, ma nello stesso tempo egli non vuole chiudere lo ‘scatolone’ dell’IIT di Genova, nonostante, prima delle elezioni, la stessa attuale Maggioranza denunciasse la sua inutilità e il suo altissimo costo (pari a quanto ricevono tutti gli Atenei, è stato detto). Recuperando questi soldi si potrebbe da subito “incrementare i fondi per università e ricerca”.Avevamo auspicato che il nuovo Ministro non fosse un accademico ed eccoci serviti. Evidentemente è molto difficile per chiunque non lasciarsi ‘influenzare’ da quei poteri forti accademici che hanno deciso di finire in questa legislatura il lavoro di demolizione dell’Università statale, di massa e di qualità, iniziato da oltre un decennio.

Contro questo progetto occorre far ripartire al più presto il movimento
unitario di protesta che si è espresso contro il DDL Moratti e a favore di
un’Università al servizio degli studenti e del Paese e non degli interessi
‘privatistici’ di una ristretta oligarchia accademica trasversale. Un movimento che è stato coordinato da quelle Organizzazioni della docenza
che Mussi continua a non incontrare.

- Nota 1. Per il testo del disegno di legge dei DS “Istituzione dell’Autorità per la valutazione del sistema delle università e della ricerca”:

http://cnu.cineca.it/nazionale06/modica_24_01.doc

– Nota 2. Per il documento dell’ANDU “DDL dei DS: esternalizzazione della autonomia universitaria, precarizzazione permanente della docenza”:
http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 03 febbraio 2006

da REPUBBLICA del 17 luglio 2006:

Parla il titolare del dicastero dell´Università. “Docenze negli atenei, avviare un progetto d´ingresso massiccio per i giovani”

Ricerca al collasso, subito interventi

Il ministro Mussi: un piano per la riorganizzazione di Cnr ed Enea
“I due enti sono al di sotto del 50 percento dei prodotti di alto livello”

I DOCENTI Non è detto che i docenti debbano essere così numerosi. Possono uscire e lavorare nell´industria e nella pubblica amministrazione
GLI STUDENTI Prevediamo l´incremento di borse di studio per i meritevoli, prestiti d´onore, creazione di campus e aumento di residenze per i fuorisede
di MARIO REGGIO

ROMA – “La prima urgenza è il riordino degli Enti pubblici di ricerca: il Cnr e l´Enea sono ormai al collasso. Secondo punto: incentivare gli investimenti dei privati nella ricerca. Sto studiando, assieme ai colleghi Bersani e Nicolais, le strategie opportune come, ad esempio, investimenti nei fondi chiusi delle capital-venture. Per l´università occorre avviare un piano d´ingresso massiccio di giovani ricercatori. La riforma del tre più due funziona, ma vanno rivisti alcuni punti come la proliferazione dei corsi di laurea e la frammentazione dei crediti. Per il 2007 la situazione finanziaria non ci permetterà di incrementare i fondi per università e ricerca, ma dal 2008 la musica dovrebbe cambiare”. Fabio Mussi è da due mesi alla guida del ministero dell´Università e Ricerca Scientifica e sembra avere le idee ben chiare.
È preoccupato dallo stato di salute della ricerca?
“Gli investimenti arrivano solo all´1.1% del Pil, e quelli privati sono solo lo 0.4. Questo deriva dalla struttura industriale del Paese, fatta da una miriade di piccole e medie aziende che non sono il grado di puntare sulla ricerca come nel resto della Ue, gli Usa o i paesi asiatici. Quindi il pubblico deve supplire. Ma il nostro obiettivo è raggiungere il 3 per cento del Pil. Con il precedente governo l´Italia ha rinunciato ai fondi europei per la ricerca di base, un capitolo che va riaperto. E secondo l´ultima relazione del Comitato d´indirizzo per la valutazione della Ricerca, il Cnr e l´Enea sono ben al di sotto del 50 per cento dei prodotti di alto livello. È ora di rimboccarsi le maniche e risalire la china”. Parliamo di università. La classe docente è un bel po´ su con l´età. “Nei prossimi dieci-dodici anni quasi la metà dei docenti andrà in pensione. È il momento di organizzare un piano pluriennale d´ingresso dei giovani ricercatori, che a migliaia oggi tirano a campare da precari con mille euro al mese. Ma niente ope legis. La selezione dovrà essere seria e rigorosa. E non è detto che il corpo docente debba mantenere il livello numerico di oggi che è di quasi 60 mila unità. Poi bisogna sfatare uno storico tabù dell´università italiana: chi entra e non fa carriera si sente
un fallito. Negli altri Paesi non è così. Docenti dei vari livelli escono dagli atenei e arricchiscono con la loro conoscenza la pubblica amministrazione e le industrie. È necessario prevedere uscite multiple dalla docenza. Tra l´altro c´è una legge del ´98 per la quale mancano solo i decreti attuativi. Basta scriverli e io lo farò”.
Parliamo di concorsi.
“In Italia hanno funzionato poco e male. Quelli locali, quelli nazionali, è
sempre stata una sorta di Torre di Babele, dove hanno avuto vita facile
l´arbitrio, le parentele, le conoscenze accademiche e politiche. Per risolvere questo annoso problema stiamo pensando ad un sistema moderno di selezione che riduca al minimo gli effetti collaterali. Ho chiesto l´aiuto della Conferenza dei Rettori, dell´Accademia dei Lincei e del Consiglio nazionale universitario”.
Passiamo alle risorse.
“La scarsità provoca spesso la lotta per la sopravvivenza. Per il 2007 prevedo il mantenimento degli attuali livelli di finanziamento del Fondo
ordinario per le università. Dall´anno successivo, di pari passo con il
risanamento economico e la crescita del Pil le risorse potranno aumentare.
E verranno assegnate anche tenendo conto della valutazione degli atenei
effettuata da un´agenzia indipendente sia dal governo che dal ministero
dell’università. Ricordo che dal ´96 al 2001 il Fondo di finanziamento
ordinario è cresciuto del 54 per cento. Durante i cinque anni di governo del centrodestra è sceso del 10.5 per cento. Oggi solo lo 0.50 per cento del finanziamento è assegnato in base ai criteri di valutazione, noi lo incrementeremo e non di poco”.
E gli studenti?
“L´università esiste perché ci sono loro. Tra le priorità vedo l´incremento
delle borse di studio per i meritevoli, i prestiti d´onore, la creazione di
campus e l´aumento consistente delle residenze per i fuori sede. Oggi solo
il 71 per cento di quelli che ne hanno diritto prende la borsa di studio e
se magari venisse data prima dell´iscrizione si aiuterebbe la mobilità degli studenti che non sarebbero costretti ad iscriversi all´ateneo della propria città. Ma la mobilità vuol dire anche strutture: oggi le case dello studente ospitano appena il 2 per cento degli studenti, contro una media europea del 10 per cento”.
E lo stato giuridico firmato dalla Moratti?
“Riaprire la questione significherebbe impantanarci in una discussione senza fine che ci terrebbe occupati per i prossimi cinque anni. Le nostre priorità sono tre provvedimenti urgenti: la legge sulla governance universitaria, il piano d´ingresso dei giovani ricercatori e la creazione dell’Agenzia di valutazione indipendente”.

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