MUSSI SULL’UNIVERSITÀ

(v. in calce il testo dell’articolo “Mussi: ‘L’università? È un bordello'” dell’Unità del 20 settembre 2006) Fabio Mussi, attuale ministro dell’IUR, ha fatto proprie molte delle posizioni della lobby accademica trasversale che da anni porta avanti il progetto di pseudo-americanizzazione dell’Università italiana. Il programma della lobby (come l’ANDU ha man mano documentato e denunciato, v. nota), è stato messo a punto e ‘propagandato’ dagli esponenti accademico-politici dei DS e dalla Confindustria PRIMA del rinnovo del Parlamento, ‘prenotando’ così ciò che poi il nuovo Parlamento, il nuovo Governo e il nuovo Ministro avrebbero ‘comunque’ dovuto fare. La lobby vuole completare l’opera di demolizione dell’Università statale, di massa e di qualità, opera iniziata e portata avanti nelle precedenti legislature: falsa autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, abolizione di fatto del CUN, finti concorsi locali, imposizione del “3 +
2″, moltiplicazione degli Atenei, aumento a dismisura del precariato, progressiva riduzione dei finanziamenti, legge Moratti, ecc. La lobby ha portato avanti il suo piano negli anni attraverso il pesante condizionamento di quasi tutti i Partiti, del Parlamento e del Ministero e attraverso l’accesso esclusivo alla ‘grande’ stampa.

La lobby accademica trasversale, PRIMA delle elezioni politiche, aveva preannunciato che:
1. la riforma Moratti non avrebbe dovuto essere abrogata. Mussi ha subito comunicato che la riforma Moratti non sarà abrogata, nonostante l’attuale Maggioranza, alla fine della legislatura, l’avesse giudicata inemendabile e disastrosa;
2. non si sarebbe dovuto istituire un Organo nazionale, non frammentato e non corporativo, rappresentativo dell’autonomia del Sistema nazionale delle  Università.
Mussi non ha mai nemmeno accennato di volere istituire un tale Organo, nonostante l’attuale Maggioranza, alla fine della legislatura, avesse sostenuto di volere un CUN riformato in tal senso;
3. si sarebbe dovuta istituire una “Agenzia per la valutazione”, una struttura dotata di immensi poteri che priverebbe l’Università e i singoli docenti dell’autonomia garantita dalla Costituzione. Un’Autority che si assicura sarà “terza e imparziale”, nonostante le polemiche anche recenti sui modi e sui tempi dell’azione delle Autority già istituite e nonostante la ben nota capacità delle oligarchie accademiche di utilizzare ai propri fini qualsiasi ‘nuovo’ strumento. Mussi ha annunciato di volere imporre l'”Agenzia” con lo strumento blindatissimo della Finanziaria e, per giunta, nella forma della legge delega. Un ‘golpe’ che l’attuale Ministro propaganda come una “rivoluzione”;
4. si sarebbe dovuta rendere possibile l’espulsione dei docenti di ruolo dalla Università. Mussi ha dichiarato su Repubblica del 15 luglio 2006: “bisogna sfatare uno storico tabù dell’università italiana: chi entra e non fa carriera si sente un fallito. Negli altri Paesi non è così. Docenti dei vari livelli escono dagli atenei e arricchiscono con la loro conoscenza la pubblica amministrazione e le industrie. È necessario prevedere uscite multiple dalla docenza.”;
5. non si sarebbe dovuta mettere in discussione la riforma del “3 + 2″ che tanti danni ha prodotto e sta producendo nella formazione degli studenti. Mussi ha dichiarato che “la riforma del tre più due funziona” e non ne ha avviato l’urgente e indispensabile monitoraggio (con il coinvolgimento di tutte le componenti e le istituzioni universitarie), alla fine del quale prendere decisioni adeguate e condivise.

Un altro punto del programma della lobby trasversale è la modifica della organizzazione degli Atenei, dando enormi poteri ai Rettori. Mussi ha annunciato di volere cambiare il “sistema di governo degli atenei” “ricercando il confronto e il consenso più ampio”. Per inciso, perché Mussi per questa riforma dice di volere ricercare “confronto” e “consenso”, mentre per l’Agenzia ha deciso di adottare le ‘maniere forti’ della Finanziaria e della legge delega? Il Ministro non ha ancora anticipato i contenuti della riforma del governo degli Atenei. L’ANDU da anni propone di unificare in un solo Organo (‘Consiglio di Ateneo’) il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione. Il nuovo Organo dovrebbe essere composto solo dai rappresentanti eletti direttamente dai docenti (in non più di sei aree e con elettorato attivo e passivo comune per le tre fasce), dai tecnico-amministrativi e dagli studenti. Al Rettore dovrebbe affiancarsi un ‘Esecutivo’ nominato dal Consiglio di Ateneo. Sulle più importanti questioni dell’Università le Organizzazioni unitarie della docenza hanno in questi anni espresso articolate proposte. In particolare l’ANDU ha continuamente invitato le forze politiche, il
Parlamento e il Governo a considerare quanto da essa elaborato nell’arco di
decenni. Mussi non sembra nemmeno avere letto tali proposte, mentre la sua “sintonia con la Confindustria è comunque palpabile”. Il Presidente di Confindustria, alla IV Giornata della ricerca promossa dalla sua Organizzazione, ha dichiarato: “In un Paese serio si fanno piani pluriennali in cui maggioranza e opposizioni si mettono d’accordo”. E Mussi: “Non ho alcun problema ad avere un dialogo aperto e amichevole con Confindustria”. Certamente il Ministro conosce bene le posizioni di Confindustria sull’Università. In ogni caso le ricordiamo. Nel “Documento comune sull’università”, sottoscritto PRIMA delle elezioni da 18 Associazioni imprenditoriali rappresentanti l’industria, i servizi, le banche e assicurazioni, i trasporti e le ‘coop’, è chiarito che esso “nasce anche dalla collaborazione tra le associazioni imprenditoriali firmatarie e gli atenei, in particolare i politecnici e le facoltà economico-scientifiche, e tiene conto anche dei contributi delle componenti della comunità scientifica maggiormente impegnate nella collaborazione con il sistema imprenditoriale.” Nel documento ci si esprime per la “determinazione (da parte dei singoli Atenei, ndr) delle tasse di iscrizione, del numero di iscritti e dei requisiti di entrata”, con la possibilità per gli Atenei “di trasformare la propria forma giuridica ad esempio in associazioni private o fondazioni”. Inoltre si propone l’abolizione del valore legale dei titoli di studio.
Da parte sua il Presidente della Confindustria ha dichiarato: “Bisogna lavorare a un sistema forte e liberalizzato per completare la positiva riforma Moratti.” Secondo gli imprenditori, nel nostro Paese almeno quindici atenei hanno le potenzialità per scalare rapidamente le classifiche. Gianfelice Rocca, vicepresidente della Confindustria, ha spiegato che “il Politecnico di Milano deve essere messo in condizione di competere con i migliori atenei europei. Non ha molto senso che segua le stesse regole di un ateneo che non può competere a livello internazionale”. Più recentemente, lo stesso Rocca ha dichiarato che le Università “devono diventare intraprese culturali, rette da un consiglio di amministrazione. I rettori devono diventare figure professionali sofisticatissime capaci di guidarle nella competizione” (v. l’intervista “Rocca: pochi fondi alla Università, non si tocchi il Mit italiano” sul Corriere della Sera del 24 settembre 2006). Sempre Rocca, riferendosi all’IIT di Genova (“il Mit italiano”), di cui è
consigliere, afferma: “ci siamo dati una governance di tipo anglosassone e
stiamo già ottenendo i primi risultati”. E avverte che se venisse meno la
continuità dell’attività dell’IIT “sarebbe la chiusura definitiva della possibilità di portare eccellenze in Italia, un crollo di credibilità della classe dirigente di fronte a tutta la comunità internazionale. Sarebbe un delitto.” Insomma, secondo Rocca, chiudere l’IIT, lo “scatolone vuoto” voluto dall’ex-ministro Tremonti e al quale sono stati destinati fondi pari a quanto riceve TUTTA l’Università, equivarrebbe ad una catastrofe per l’Italia intera! Comunque Mussi ha più volte assicurato di non volere
chiudere il “giocattolo di Tremonti”.
Ma in qualche modo Mussi ha aggiunto qualcosa di suo al programma della lobby accademica trasversale.
1. Mussi ha dichiarato su Repubblica: “Non è detto che il corpo docente debba mantenere il livello numerico di oggi che è di quasi 60 mila unità.” L’attuale Ministro sembra non sapere che in realtà ad essere troppi non sono i circa 60 mila docenti di ruolo, ma i ‘circa’ 50-90 mila docenti precari. E tutti questi docenti svolgono un’attività didattica indispensabile, enormemente accresciuta a causa di una riforma (il “3 + 2″) che è stata imposta senza che fosse preceduta dalla riforma della docenza, né da altri provvedimenti altrettanto necessari. Se si volesse eliminare realmente il precariato, senza ridurre le attività didattiche e di ricerca, occorrerebbe AUMENTARE il numero dei docenti in ruolo.
2. Mussi in varie occasioni ha ipotizzato il finanziamento di un piano straordinario di assunzione di giovani ricercatori con i soldi recuperati con il congelamento per tre anni degli scatti biennali dei docenti in ruolo, che sono tra i meno pagati d’Europa.

25 settembre 2006

dall’UNITA’ del 20 settembre 2006:

Mussi: “L’università? È un bordello”
Attacco del ministro alle baronie: “C’è un sistema di governo degli atenei che va cambiato: serve una rivoluzione che metta mano al vertice, faremo tutto in un anno
Dal palco di Confindustria attacco del ministro alle baronie: “C’è un sistema di governo degli atenei che va cambiato: serve una rivoluzione che metta mano al vertice, faremo tutto in un anno”
di Massimo Franchi/ Roma

SCEGLIE UN CONVEGNO di Confindustria il ministro Mussi. Lì, di fronte agli
industriali che lo chiamano a parlare di ricerca, risponde in modo franco.”Entrando nell’Università italiana ho trovato solo un discreto bordello”. Da toscano qual è, Mussi non va per il sottile, senza sconti per nessuno. E per rendere meglio l’idea va precisato che l’aggettivo (“discreto”) in “slang” piombinese (terra di origine del ministro) significa “tanto”. “C’è un sistema di governo degli atenei e dell’insieme del mondo universitario che va cambiato”. Il ministro dell’Università e della Ricerca chiama tutti “ad una vera e propria rivoluzione che rimetta mano alla governance, al vertice del sistema universitario italiano”, fatta però “ricercando il confronto e il consenso più ampio”. Si dà “un anno” per farlo e nel frattempo promette di “dare il
via all’agenzia della valutazione per i docenti e alla riforma del reclutamento”. Altra novità di portata capitale nel mondo dei “baroni” è la proposta “di contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei docenti universitari”, visto che ora in cattedra si sta in gran parte a vita. Altro capitolo, quello dei ricercatori, dei cervelli in fuga, dei giovani ricercatori italiani da meno di mille euro al mese: “Bisogna pagarli di più”, afferma Mussi. Quanto al discusso spoil-system nella ricerca “è un
delitto e dunque non ci sarà; per le prossime nomine importanti – ha
annunciato Mussi – intendo perciò seguire il metodo dei comitati di ricerca che presentano al ministro una terna di nomi entro cui scegliere”. Quelle di Mussi non sono sparate, non sono piaggerie nei confronti della Confindustria che lo ospitava. Agli industriali che lo ascoltano interessati Mussi ricorda “che le imprese italiane sono le ultime in Europa per investimenti in ricerca e questo non dipende solo dal ritardo della Università”. In più Mussi spiega che su questa sfida è intenzionato a giocarsi tutto, e lo dice chiaramente: “Resterò al mio posto solo se non ci si discosta dal programma dell’Unione e ci saranno le condizioni per cambiare i numeri della ricerca e della formazione”. La sintonia con la Confindustria è comunque palpabile e parte dall’impegno sulla finanziaria, la cui entità (1,5 miliardi) è stato confermato in serata anche dal ministro Bersani. “Un miliardo e mezzo che saranno investiti su tre capitoli: Università, ricerca e incentivi alle imprese”. Quest’ultimo naturalmente è il capitolo che più interessa agli industriali. “Si tratta – ha commentato il vice presidente di Confindustria Pistorio – di poco più dello 0,1 per cento del pil, ma secondo le nostre stime, se queste proposte fossero interamente attuate, la ricerca industriale potrebbe raggiungere l’attuale media Ue dell’1,9% del pil nell’arco della legislatura”.

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