Università autonomia di chi e da chi?

L’intenzione dell’attuale governo di rivedere radicalmente la legge sull’autonomia finanziaria degli Atenei all’interno della prossima legge “Finanziaria” è, questa volta, giustamente denunciata come un tentativo di
“golpe”. La stessa denuncia invece non è stata espressa quando nel 1993 quella stessa legge è stata imposta all’Università con un altro “golpe”, cioè all’interno di una legge “Finanziaria”. I metodi “golpisti” per imporre leggi importanti all’Università sono sempre stati adoperati. La stessa vigente norma sul CUN è stata inserita nel 1997 in una legge, la “Bassanini 2″, che ha per titolo “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo” (sic!): la norma è stata approvata all’interno di un maxi-emendamento su cui il governo di allora ha posto la fiducia. Finanziarie, leggi delega, voti di fiducia sono gli strumenti con i quali sono state soddisfatte le richieste di un potente gruppo di professori universitari che, per le questioni universitarie, da sempre controlla il Ministero, condiziona pesantemente il Parlamento e ha accesso esclusivo alla ‘grande’ stampa. Questa lobby accademica ha sempre avuto come obiettivo la gestione privatistica delle risorse pubbliche per l’Università e, in nome
dell’autonomia degli Atenei, sta portando, in linea con l’avanzare delle
logiche aziendalistiche, allo smantellamento del sistema nazionale e pubblico dell’Università.
Questi ‘baroni di stato’, al di fuori di un progetto complessivo di riforma, hanno imposto negli ultimi dieci anni provvedimenti i cui effetti disastrosi sono sotto gli occhi di tutti: le pesantissime conseguenze dell’autonomia finanziaria, lo sfascio istituzionale prodotto dalla finta autonomia statutaria (ancora oggi agli Atenei di Roma 1 e Palermo è impedito di applicare gli statuti liberamente approvati), lo sconquasso prodotto dalla riforma didattica, i finti concorsi locali che sono ora aspramente criticati perfino da chi tale riforma ha voluto. Il problema principale dell’Università italiana è quello di rendersi autonoma dall'”accademia che conta”, che l’ha sequestrata. Per questo è indispensabile l’elezione di un organismo democratico nazionale che rappresenti e coordini le Università italiane. Un organismo, eletto dai docenti, dal personale tecnico-amministrativo e dagli studenti, che sostituisca l’attuale CUN, sottoposto a proroghe e la cui composizione è diventata in gran parte illegittima, e impedisca che la CRUI continui a svolgere impropriamente il compito di organo di rappresentanza nazionale: i Rettori sono eletti ‘solamente’ per governare i rispettivi Atenei. Una  CRUI che recentemente è arrivata a indicare ai Rettori di bloccare il dovuto pagamento degli aumenti ai docenti e a non formulare l’atto di indirizzo necessario per l’apertura presso l’ARAN delle trattative per il rinnovo del contratto del personale tecnico-amministrativo, scaduto da un anno e mezzo. Senza un organismo nazionale rappresentativo di tutta la comunità universitaria, l’attuale “autonomia” sarà sempre più l’autonomia dei poteri forti locali e nazionali. Quegli stessi poteri, tra l’altro, si sono opposti al riconoscimento del ruolo docente svolto dai ricercatori (che coprono oltre un terzo degli insegnamenti) con la trasformazione del loro ruolo in terza fascia dei professori. Nella direzione di una sistema autonomo delle università, è necessario anche:
1. rendere realmente democratica la gestione degli Atenei superando gli attuali Senati accademici, “egemonizzati” di fatto dai Presidi delle Facoltà, i cui Consigli sono strutture obsolete che sopravvivono solo
perché continuano a gestire i posti della docenza;

2. assicurare in tutti gli Atenei la presenza di tutti i docenti (ordinari, associati, ricercatori) in tutti gli organi collegiali e prevedere un elettorato passivo uguale in tutti gli Atenei;
3. superare il localismo dei concorsi istituendo commissioni nazionali per il reclutamento (concorsi a ricercatore), composte da soli ordinari tutti sorteggiati e prevedendo giudizi individuali a numero aperto per
l’avanzamento da una fascia all’altra, con commissioni composte come per il reclutamento. Solo in questo modo è possibile nel reclutamento superare la cooptazione personale e nell’avanzamento nella carriera porre fine ai concorsi finti, costosi e iniqui.

20 settembre 2003

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