Stato giuridico dei docenti universitari. Progetto Moratti-De Maio pessimo e pericoloso

In realtà, se il progetto De Maio-Moratti di riforma dello stato giuridico dei docenti universitari dovesse essere approvato, si avrebbero ben altre conseguenze (v. testo del progetto in http://www.snur-cgil.org 3 febbraio docenza).

1. Una sola commissione nazionale gestirebbe le idoneità, ora decise da varie commissioni nazionali (eccetto il membro ‘interno’) formate per ogni posto bandito. In concreto, si darebbe il potere di veto (ma non di reclutamento) ai gruppi dominanti nazionalmente i vari settori scientifici-disciplinari e si ridurrebbe l’attuale numero (il doppio dei posti banditi) di idoneità, rendendolo di poco maggiore del numero dei posti messi a concorso. Questa modifica costituisce principalmente un messaggio politico per escludere ogni possibilità che il passaggio da una fascia all’altra della docenza avvenga per valutazione individuale dell’idoneità dei candidati. Sarebbe questo l’unico modo per smantellare il mercato dei concorsi e per evitare che a un ricercatore dichiarato idoneo ad associato o a ordinario e che a un associato dichiarato idoneo a ordinario si possa non riconoscere ‘operativamente’ e automaticamente la qualità superiore delle mansioni didattiche e scientifiche che sta svolgendo: una follia giuridica e umana considerata assolutamente ‘normale’ in un mondo accademico dove arbitrii e privilegi sono la norma (su questa questione v. documento dell’ANDU “Concorsi (?) universitari”: http://www.bur.it/sez_2a_2.htm giovedì 17/10). In sostanza si continua a rimescolare le carte invece che cambiarle.

2. Si manterrebbe l’attuale periodo di conferma (3 + 3) che però sarà svolto in una situazione di “contratto a tempo determinato”, anziché in ruolo. La vera importante novità è che la ‘conferma’ sarà decisa dai
Consigli di Facoltà e non più da commissioni nazionali di settore. In tal modo, a parte ogni altra considerazione, sarà accresciuto enormemente quel potere locale che si dice invece di volere ridurre.

3. L’attuale ruolo dei ricercatori sarebbe sostituito con contratti di 10 anni. In tal modo si allontanerà di almeno 10 anni la possibilità per i giovani (si fa per dire, a quel punto) di entrare in un ruolo stabile;
inoltre, si emargineranno ulteriormente gli attuali ricercatori che stanno svolgendo un’attività di piena docenza, e che saranno dirottati in un binario morto, come è un ruolo ad esaurimento (su questa questione v. documento dell’ANDU “Giù le mani dai ricercatori”: http://www.bur.it/sez_2a_2.htm giovedì 28/11 ). In altri termini, il ‘nuovo’ modello è quello degli assistenti a termine (i nuovi contrattisti), gli assistenti in ruolo (gli associati), i professori veri (gli ordinari). Ed è quest’ultima la vera novità del ‘grande’ progetto di riforma prodotto dopo mesi di intenso lavoro da una qualificatissima commissione ministeriale (8 rettori, in carica o ex, su 13 componenti). Un progetto che va preso sul serio non solo e non tanto perché ora vi è una maggioranza ampia e risoluta, ma, soprattutto, perché vi è una opposizione che continua ad essere controllata da un gruppo accademico, il quale da sempre porta avanti un progetto di smantellamento dell’università nazionale pubblica, salvaguardando e accrescendo comunque il proprio potere. La pseudo autonomia finanziaria, la finta autonomia statutaria, la controriforma del CUN, la riforma dei falsi concorsi, l’improvvisata riforma didattica sono i principali provvedimenti imposti nelle scorse legislature da una lobby accademica che ha gestito, anche direttamente, il ministero, ha controllato pesantemente il Parlamento, ha detenuto il monopolio della ‘grande’ stampa. Per non parlare poi del finto tentativo di riforma dello stato giuridico operato alla fine della scorsa legislatura con un disegno di legge pasticciato, compilato in tutta fretta (con la complicità dei ‘consiglieri del principe’ di allora) solo per bloccare l’istituzione della terza fascia. L’affossamento di quest’ultimo provvedimento è avvenuto alla Camera per iniziativa dell’on. Dalla Chiesa e
a . Su questi gravissimi propositi l’accademia che conta tace.

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