CUN SU COLLEGI DI DISCIPLINA

 1, RICHIESTA CUN DEL 2 DICEMBRE 2015
2. INCONTRO ORGANIZZAZIONI UNIVERSITARIE CON CUN NELL’APRILE 2013
3. RICHIESTE ORGANIZZAZIONI UNIVERSITARIE DELL’APRILE 2013 
4. POSIZIONE DEL MIUR  

 1, RICHIESTA CUN DEL 2 DICEMBRE 2015

     Il 2 dicembre 2015 il CUN ha approvato una “Raccomandazione «In tema di giudizi disciplinari nei confronti dei professori e dei ricercatori universitari»”. Nel documento il CUN “auspica fortemente che la competenza a valutare la fondatezza delle azioni disciplinari promosse dagli Atenei sia attribuita a un unico Organo nazionale, che assicuri la necessaria imparzialità dei giudizi e uniformità dei criteri di valutazione e di imputazione delle sanzioni disciplinari.”

2. INCONTRO ORGANIZZAZIONI UNIVERSITARIE CON CUN NELL’APRILE 2013

      Su questa questione, oltre due anni e mezzo fa, una delegazione delle Organizzazioni universitarie (ADI, ADU, ANDU, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, COBAS-Pubblico Impiego, CoNPAss, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA, USB-Pubblico Impiego), incontrando una rappresentanza del CUN, aveva consegnato un documento unitario e ribadito la necessità della riattribuzione al CUN della funzione disciplinare attualmente attribuita ai singoli atenei, con variazione della composizione del Collegio rispetto a quella precedente.”

     In quell’incontro “il Presidente del CUN ha espresso una sostanziale identità di vedute con le Organizzazioni universitarie, dicendosi favorevole all’organizzazione di più incontri con i rappresentanti delle Organizzazioni stesse”, e ha aggiunto che il CUN “predisporrà un documento sul tema che porterà all’attenzione delle Organizzazioni universitarie.”

3. RICHIESTE ORGANIZZAZIONI UNIVERSITARIE DELL’APRILE 2013 

     Purtroppo durante tutto questo tempo il CUN non ha più avuto alcun confronto con le Organizzazioni universitarie che avevano, tra l’altro, sottolineato il seguente punto estremamente qualificante del documento unitario: “Si chiede dunque al CUN di condividere la proposta di una modifica normativa che ricostituisca il sistema precedentemente in vigore, apportando ad esso, al contempo, alcuni perfezionamenti. Si ritiene, ad esempio che, per composizione e modalità operative, il Collegio di disciplina nazionale non debba contenere alcuna gerarchizzazione tra le diverse fasce della docenza, nel principio della valutazione tra pari (richiamato anche dalla 240/10 e com’è noto, ampiamente riconosciuto in ambito scientifico). Altra variazione importante da valutare è il trasferimento dell’iniziativa disciplinare dal solo Rettore ad una apposita Commissione, che dovrebbe adire il CUN nel caso una fase istruttoria interna dovesse confermare la necessità di un giudizio.”

     Nessuna di queste importanti questioni è presente nel recente documento del CUN.

4. POSIZIONE DEL MIUR

      E quanto sia fondamentale la composizione del Collegio di disciplina lo dimostra la ‘direttiva’, proprio sulla composizione dei Collegi di disciplina, del Ministero, che ritiene che il comportamento di un ‘superiore’ non possa essere giudicato da un ‘inferiore’, mentre quello di un ‘inferiore’ può essere giudicato dal suo ‘superiore’ (v. al punto 2 del documento dell’ANDU “La frittata degli statuti e la giustizia baronale”).       

     Questo è quanto l’ANDU ricordava nel dicembre 2013, aggiungendo allora che “il ‘modello ministeriale’ di giustizia è stato adottato in alcuni Atenei, compreso quello della Tuscia (allora rettore era Marco Mancini, che ora è Capo del Dipartimento del MIUR per l’Università) dove è stato previsto che sia il Rettore a scegliere i componenti (3 ordinari, 2 associati e 2 ricercatori) e a scegliere il Presidente del Collegio, lo stesso Rettore a cui spetta “l’avvio del procedimento disciplinare”. Ma non basta: “il Collegio opera secondo il principio fra pari, nel rispetto del contraddittorio, nella composizione limitata alla fascia corrispondente e superiore (sic!) rispetto a quella del docente sottoposto ad azione disciplinare” (V. i punti 2 e 3 del documento dell’ANDU “Atenei caserme? Un nuovo caso”).

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