L’interesse pubblico dell’Università di Messina è rottamare i ricercatori?

Riportiamo la risposta delle Organizzazioni della docenza dell’Università di Messina al durissimo attacco del Rettore a chi si oppone alla rottamazione dei ricercatori.

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ANDU, FIRU, CIPUR, CISL-Università, UILPA-UR,

CONFSAL, SNALS-Università, CSA della CISAL

dell’Università di Messina

 Le sottoscritte Organizzazioni Sindacali ed Associazioni della Docenza prendono atto, con grande rammarico e stupore, che il Rettore, nella sua “nota ai Docenti dell’Ateneo”, pubblicata il 28 u.s., mostra un atteggiamento totalmente diverso da quello esibito in occasione della “assemblea dei docenti” del 22 gennaio. In quella occasione, pur ribadendo le proprie ragioni a giustificazione della “rottamazione”, non era arrivato a dire cose come quelle che, viceversa, ha scritto e rassegnato alla stampa.

 = Contestano, nella forma e nel merito, il posizionamento dell’Amministrazione e, in particolare, protestano che:

 –          Non risponde a verità che il dissenso all’applicazione ai ricercatori del prepensionamento forzato sia riconducibile a “deboli ragioni di pochi”. Contro la “rottamazione”si sono espresse all’unanimità  ben tre facoltà, fra cui quella di Medicina e Chirurgia, maggiormente decimata dal provvedimento, con una espressione numericamente rilevante. La delibera è passata in Senato con sette astensioni e due contrari. Al CdA, per l’Amministrazione, è andata ancora peggio con una maggioranza del 51%. La quasi totalità  delle sigle sindacali delle Associazioni della Docenza si è espressa nettamente in maniera negativa. Numerosi contatti con docenti di altre fasce (Proff. Ordinari ed Associati) hanno messo in evidenza una diffusa contrarietà  al provvedimento con disponibilità  ad iniziative concrete di opposizione.

 –          Non è superfluo ricordare che l’Università non è un’impresa e che l’interesse pubblico dell’Istituzione non è l’”equilibrio formale del bilancio”, ma la realizzazione dei fini istituzionali, nonché l’erogazione dei servizi agli studenti, con la didattica in primo piano.

 –          Non ha senso inventare una inesistente contrapposizione fra ricercatori “anziani” e “giovani”, e far credere che il turn-over generazionale sia garantito dal prepensionamento forzato, quando, viceversa, dovrebbe essere fisiologico se solo il ritmo dei concorsi fosse sincronizzato al ritmo dei naturali pensionamenti. Di tutti i pensionamenti. Non solo dei Ricercatori, ma anche degli Ordinari e degli Associati. D’altra parte la questione del turn-over degli Atenei italiani ha meritato interi documenti del Cvnsu ed è dovuta a motivazioni puramente anagrafiche, tanto che alcune organizzazioni della docenza avevano per tempo segnalato il problema, avanzando anche proposte concrete che si basassero sì su esodi anticipati, ma su base volontaria.

 = L’emendamento  passato l’altro giorno alla Camera (10.1)  sulla legge 1/2009 art.1 c.3  , fa sì che:

– con le risorse liberate dai pensionamenti si possono assumere solo ricercatori a TI,

– che le spese dei ricercatori a TD (= contrattisti) non gravino più sul FFO,

– che i ricercatori a TD siano svincolati dal turn over (non impegnando più quote del FFO),

– che il FFO viene ad abbattersi da solo grazie ai pensionamenti naturali (visto che non si possono più bandire concorsi per ricercatore a TI, che è ruolo ad esaurimento).

Dunque non si può più sostenere, come lascia intravedere il Rettore, che con i pensionamenti coatti si fa spazio ai giovani.

 Si prende al volo una norma transitoria (dal 2009 al 2011) vessatoria e discriminatoria (applicata solo sui Ricercatori, forzando la non ancora esplicita posizione del Miur e della Funzione Pubblica) e si fa credere che lo si fa, con il “dolore nel cuore, certo, ma per il bene collettivo”, sfuggendo così ad una domanda semplicissima:  come mai, “per fare cassa”, l’Amministrazione non favorisce, incentivandola, l’uscita dei professori Ordinari? Eppure alla 14a classe di stipendio, un Ordinario costa all’università 130.000 Euro, mentre un Ricercatore, solo 60.000! Senza parlare dei punti organico liberati.

 Le estemporanee osservazioni del ministro Brunetta rese nel contenitore domenicale di Rai uno, e tendenti ad addossare ai padri la colpa di tarpare il futuro ai figli hanno avuto una miserevole accoglienza e sono state giustamente da tutti sconfessate. Ci sembra assurdo riproporle. La tutela dei diritti soggettivi è un cardine inderogabile di ogni stato di diritto e nessuna campagna mediatica ci convincerà del contrario!!!

 Ancora meno digeribile risulta il tentativo di addossare alla sola componente dei ricercatori (ed in particolare ai centoquaranta indiziati) la modesta posizione conseguita dal nostro Ateneo nella recente valutazione Miur. In considerazione della esiguità di fondi fornita dal nostro ateneo ai Dipartimenti Universitari, centri fisiologici ed istituzionali della ricerca, con le innegabili difficoltà legate a giustificazioni gerarchiche di accesso da parte dei ricercatori.

Si afferma che il bilancio del nostro Ateneo è in pareggio ed al tempo stesso si licenzia per rientrare nel limite del  90% del FFO.

 Per quanto esposto le suindicate sigle sindacali ed organizzazioni della docenza chiedono con forza al Magnifico Rettore un incontro urgente per discutere dell’argomento al fine di arrivare a decisioni condivise.

Chiedono, inoltre, al Magnifico Rettore ed all’Amministrazione, sulla base di motivazioni obiettive sopraggiunte, di revocare in autotutela la recente delibera sul prepensionamento dei ricercatori, anche e soprattutto nella considerazione che i numerosi ricorsi degli interessati hanno discrete possibilità di successo finale, con altissime chanses di ottenere la sospensiva o temporanee revoche dei provvedimenti relativi. Durante il suddetto incontro si dovrà anche discutere del personale tecnico-amministrativo in possesso di incarichi di insegnamento e di altri provvedimenti collegati.

L’interesse della collettività deve essere sì perseguito, ma senza ledere i diritti individuali già acquisiti.

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Miriam Del Salto
Miriam Del Salto
14 anni fa

TUTTI IN PENSIONE A 65 ANNI
di Miriam del Salto

L’unica strada per la salvezza dell’università italiana è procedere senza indugi e senza cedimenti alle pressioni corporative lungo la strada della riduzione dell’età pensionabile, che deve essere portata a 65 anni per tutti, ordinari, associati e ricercatori, equiparando le condizioni di lavoro degli universitari italiani a quelle degli altri dipendenti pubblici e dei loro colleghi stranieri.
In questo modo, agendo contestualmente sui limiti al turn over, che a quel punto perderebbero senso, si aprirebbero prospettive ragionevoli ai precari, attualmente la parte più debole e vessata del sistema universitario (mentre i ricercatori si lamentano perché vanno in pensione con 40 anni di contributi, i precari vengono spinti fuori dall’università e costretti alla disoccupazione o al lavoro nei call center) e si eliminerebbe la circostanza dei ricercatori pensionati a 59 anni solo perché si sono riscattati gli anni della laurea (anche se quest’ultima è un’opportunità che i precari attuali non vedranno mai).

Questo è ciò che la generazione dei vostri figli chiede. Non l’occupazione indefinita di poltrone e cattedre universitarie, tenute a scapito delle condizioni lavorative miserevoli di 30000 giovani precari.

Giancarla Oteri
Giancarla Oteri
14 anni fa

ROTTAMAZIONE: “LA STORIA NON CAMBIA MAI!”
di Giancarla Oteri dell’Università di Messina

Mi sento triste perchè penso che la storia non cambia mai!
Cosa c’è più da dire quando si cacciano via rappresentanti universitari con lo scusa che non producono scientificamente?
Ma perchè quelli che, ricercatori o professori associati, hanno fior fiori di lavori, hanno il più alto dato di valutazione anche rispetto ad altri che sono già ordinari forse hanno fatto carriera?
Le ragioni sono altre, sono sotto gli occhi di tutti ma la pretestuosiotà o il potere assoluto sono in grado, nella nostra società, di coprire il sole con la rete. Torno a dire che, tuttavia, nulla è veramente perduto, per chi crede in certi valori, se si obbedisce alla propria coscienza seguendo la retta via. Lo dobbiamo ai nostri figli perchè una candela brilli alla finestra posta sul fondo di una interminabile via di dolore. Giancarla Oteri

Graziano
Graziano
14 anni fa

IL CUN CONTRO LA ROTTAMAZIONE DI RICERCATORI E ASSOCIATI
inviato da Antonino Graziano dell’Università di Catania

Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE
Prot. n. 306
Spedito il 12.02.2009
All’On.le Ministro
S E D E
OGGETTO: Mozione sui prepensionamenti in atto nelle Università.
Adunanza del 12.02.2009
IL CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE
Sentiti i Relatori;
APPROVA ALL’UNANIMITA’ LA SEGUENTE MOZIONE:
Il CUN nel prendere atto che
-la vigente stesura dell’ultimo periodo del comma 11 dell’art. 72 della L. 133/08 induce molte amministrazioni universitarie ad una interpretazione discriminatoria per i ricercatori a causa della loro non esplicita menzione fra coloro non compresi da quanto previsto dal comma medesimo;
-il combinato disposto dell’art. 2, comma 434 della L. 244/07 e dell’art. 72, comma 7 della L. 133/08, ha portato l’età di pensionamento dei professori associati (non ex stabilizzati) dal 70.mo al 65.mo anno di età; tali evenienze hanno indotto i professori associati ad utilizzare il diritto di opzione di cui al all’art. 1, comma 19 della L. 230/05;
R I L E V A
che ciò ha indotto ad un comportamento assai eterogeneo le amministrazioni universitarie, inducendole spesso ad assumere determinazioni opinabili, oltre che dannose per il Sistema Universitario Nazionale, e in alcuni casi foriere di inevitabili e giustificati ricorsi. In particolare:
1-è diffusa la tendenza a mettere in quiescenza i ricercatori prima del 65.mo anno di età, al raggiungimento dei 40 anni di contributi, versati in parte a proprio carico, e in contrasto con la L. 382/80 e la L. 230/05;
2-alcune amministrazioni universitarie rifiutano la presa d’atto della opzione dei professori associati per il regime della L. 230/05, sostenendo o che la L. 230/05 non è applicabile in assenza dei DM applicativi, o che la recente normativa intervenuta ha di fatto abrogato la possibilità di opzione;
3-alcune amministrazioni universitarie prendono atto della opzione ma fissano il momento della quiescenza per i professori associati optanti al 68.mo anno di età, motivando ciò con la intervenuta discrezionalità della concessione dei due anni aggiuntivi di servizio (che la L. 230/05 chiarisce non essere ulteriormente concedibile oltre il 70.mo anno di età, anno di pensionamento per tutti i docenti ricadenti nel regime della legge citata).
Ciò premesso
E V I D E N Z I A
anzitutto la inopportunità di differenziazioni comportamentali, nel rispetto della discrezionalità laddove data dalle norme, da parte delle varie amministrazioni universitarie;
S O T T O L I N E A
inoltre, la problematica sostenibilità, con conseguente aumento di contenzioso, delle posizioni di cui ai punti 2 e 3 e formula l’auspicio che i Rettori possano addivenire ad una interpretazione dell’ultimo periodo del comma 11 dell’art. 72 della L. 133/08 che veda i ricercatori parte integrante della docenza ed implicitamente compresi nel termine “professori” utilizzato nel citato comma.
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE
F.TO VALEO F.TO LENZI

Marinella Lorinczi
14 anni fa

IL RETTORE DI MESSINA
di Marinella Lorinczi dell’Università di Cagliari

Il documento firmato dal Magnifico Rettore dell’Università di Messina andrebbe commentato frase per frase. Anzitutto sembrerebbe che egli provenga da un altro mondo in cui non si sa nulla degli ultimi dieci penosissimi anni attraversati dagli atenei italiani. Non esisterebbe storia di questi ultimi dieci anni, né esegesi storica. Non esisterebbe responsabilità, di nessuno, tanto meno commisurata sull’importanza della funzione ricoperta. Davanti alla catastrofe incombente, che diventerà effettiva con l’applicazione del ddl-Gelmini, nessun rettore, mi pare, ha pensato di dimettersi. I vari consessi accademici hanno caricato i ricercatori, dai più giovani ai più anziani, in questi dieci anni, con ogni sorta di incombenze didattiche e non. Che la categoria (molto eterogenea quanto a età ed esperienza) fosse in parte consenziente, per svariate ragioni nobili e meno nobili, non toglie nulla alla grave responsabilità che pesa sulla dirigenza, a partire da quella ministeriale. E non ci si nasconda dietro il fatto che le decisioni su didattica e concorsi non sono state prese per via gerarchica bensì nelle riunioni dei consigli, a maggioranza. Certi argomenti non dovevano nemmeno essere messi all’ordine del giorno. Altri invece, come la questione delle carriere studentesche rallentate (che ora si rivela punitiva negli effetti), avrebbero dovuto avere la priorità. Tornando alla lettera rettorale in oggetto, mi pare che anche lo stile e certe formulazioni siano poco consone con la carta intestata. Il “grande impegno finalizzato a privilegiare la qualità didattica e la ricerca scientifica” sarebbe un obiettivo inedito ed innovativo dell’ultima ora? O dell’ultima era?

fini carla
fini carla
14 anni fa

CI PRENDONO ‘IN GIRO’
di Carla Fini dell’Università di Roma 3

Ci vogliono mandare in pensione, senza aver mai avuto una possibilità di fare un concorso, vedi concorsi riservati della Moratti, molte Facoltà ci danno incarichi, ma non ci chiamano neppure professori aggregati, nè ci registrano come tali nei verbali dei consigli.
Ci toccano gli interessi legittimi e ci prendono “in giro”.
Carla FINI