Tempo pieno e tempo definito?

08 gennaio 2008 – ANDU

Diffondiamo, con il consenso dell’Autore, un intervento su “tempo pieno” e “tempo definito”, inviatoci da Massimo Dringoli dell’Universita’ di Pisa.

Dringoli si riferisce a quanto contenuto su questa questione nella “Proposta dell’ANDU per la riforma della docenza universitaria”, dove e’ prevista la “distinzione tra tempo pieno e tempo definito con esclusione per i docenti a tempo definito dalle cariche accademiche e dalle commissioni concorsuali.” (v. nota).

Nota. La “Proposta dell’ANDU per la riforma della docenza universitaria” e’ riportata in calce al documento “Concorsi. Il disastro di Mussi”: http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php

Da Massimo Dringoli:

“Ai colleghi dell’ANDU.

Ricevo e leggo i comunicati ANDU, di cui condivido e apprezzo i contenuti. Per questo mi meraviglia leggere come anche l’ANDU sia pero’ allineata con chi insiste nel riproporre la trita e superata suddivisione tra docenti a “tempo pieno” ed a “tempo definito”. La docenza universitaria richiede oggi un impegno che non puo’ non essere a tempo pieno; chi non ritiene di poterlo assumere rimanga fuori dall’Università, che potra’ comunque sempre utilizzarne le eventuali competenze didattiche stipulando contratti di collaborazione. Oltre tutto la distinzione tra docenti a tempo pieno ed a tempo definito non risulta ufficialmente nella programmazione didattica, col risultato che gli studenti non sanno quali sono i corsi cui i docenti dedicano la maggior parte del loro tempo, e quelli che invece sono condotti “a scappatempo” (che mi pare definizione piu’ congruente e realistica del “tempo definito”).

Detto questo, resta pero’ anche da chiarire un altro aspetto non indifferente della questione, e cioè le eccessive limitazioni, o meglio i divieti, che attualmente vengono posti ai docenti a tempo pieno (cioe’ i soli veri docenti) nell’esercitare attivita’ di tipo professionale nell’ambito del loro settore disciplinare. Vi sono discipline in cui la ricerca e l’insegnamento non possono assolutamente essere disgiunti da una sperimentazione che puo’ essere fornita solo dall’esercizio di queste attivita’, sia pure limitato e controllato quanto si vuole.

Non vedo come possa insegnare progettazione dell’architettura chi non ha mai redatto un progetto, o organizzazione del cantiere chi non vi ha mai messo piede. Si tratta, inoltre, di un problema, la cui soluzione viene affrontata da angolature quanto mai diversificate da un’università all’altra, con conseguenti sperequazioni insostenibili nel trattamento dei docenti, che vanno da atteggiamenti di tipo integralista di alcune sedi (come quella di Pisa, cui appartengo) ad altre molto permissive. Anche questi rientrano tra i mali di cui soffre l’Universita’ italiana, in cui il regime attuale costringe, nella realta’, a suddividere i docenti tra quelli che sanno, ma non dedicano all’insegnamento il tempo che sarebbe dovuto (oltre tutto con compensi irrisori…), e quelli che vivono dentro l’Universita’, col divieto assurdo di uscirne per conoscere meglio cio’ che dovrebbero insegnare! Grato se vorrete considerare, nelle proposte che avanzate, anche questo punto di vista, saluto cordialmente

prof. Massimo Dringoli
Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile
Universita’ di Pisa”

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