Le vere assunzioni e le false identità

Il Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2006 ha approvato in via definitiva il Decreto Legislativo attuativo della Legge Moratti per la parte riguardante le idoneità a professore. In questa occasione il ministro Moratti ha (ri)propagandato i contenuti del suo DDL (nota 1), approvato nonostante che il grande movimento di protesta di tutto il mondo universitario ne avesse chiesto il ritiro.

La stampa ha dato ampio spazio alle dichiarazioni del Ministro, dando anche parziale notizia di alcuni commenti al provvedimento. Tra questi commenti anche quello di Luciano Modica, senatore DS ed ex Presidente della CRUI (nota 2).

Nel suo comunicato Modica ha, tra l’altro, scritto: “Per quanto riguarda il reclutamento il decreto torna al vecchio sistema più burocratico e per nulla meritocratico. In sostanza ci attendiamo il blocco delle assunzioni, perché sarà complicatissimo assumere.” Il sen. Modica si sbaglia: non è vero che la legge Moratti blocca le “assunzioni” e non è vero che “torna al vecchio sistema” dei concorsi nazionali.

LE VERE ASSUNZIONI
La Legge Moratti non blocca (e non riforma) i concorsi a ricercatore (che si potranno continuare a bandire almeno fino al 2013). Ed è noto che le “assunzioni”, cioè l’ingresso per la prima volta nei ruoli della docenza universitaria, avvengono quasi sempre proprio nel ruolo di ricercatore. La Legge Moratti riforma, invece, le prove a ordinario e ad associato, prove che quasi sempre servono ‘solo’ per la promozione di chi è già in ruolo. È grave che troppo spesso si confonda l’assunzione dei docenti con l’avanzamento nella carriera, ma ancora più grave è che l’accademia che conta abbia sempre impedito che si affrontasse alla radice il vero problema dell’Università italiana che è proprio quello del reclutamento, cioè, nella sostanza, dei concorsi a ricercatore, primo gradino della docenza. Ed è
altrettanto grave che nessun Partito abbia posto con forza, dentro e fuori
il Parlamento, tale questione. Discutere sul vero reclutamento alla docenza significherebbe mettere in discussione che a decidere chi e quando debba cominciare la carriera universitaria in ruolo continui ad essere, di fatto, il singolo barone che sceglie il suo ‘allievo’ già al momento della tesi, poi gli fa avere il
dottorato di ricerca,l’assegno di ricerca e/o qualche borsa e/o qualche contratto e quindi il posto di ricercatore attraverso un finto concorso della cui commissione è membro interno. Questo modo ‘personalizzato’ di reclutare non può non ritrovarsi nel proseguimento della carriera, cioè, oggi, nella gestione dei ‘concorsi’ ad associato e a ordinario. Insomma, senza la riforma dei concorsi a ricercatore si manterrà il sistema della cooptazione personale, con il controllo anche umano di chi intraprende e percorre la carriera universitaria. Un sistema di potere imperniato sul carattere ‘localissimo’ dei finti concorsi a ricercatore che sono serviti e serviranno a ‘ratificare’ l’ingresso in ruolo di chi è stato pre-scelto dal proprio ‘maestro’. E non è quindi un caso che le procedure iper-localistiche dei concorsi a ricercatore previste dal DPR 382 del 1980 non siano state cambiate, nella sostanza, dalla Legge Berlinguer e siano state confermate dalla Legge Moratti.

LA LEGGE MORATTI MANTIENE IL SISTEMA LOCALISTICO
Il sen. Modica continua a sostenere che la Legge Moratti “torna al vecchio
sistema” concorsuale. In realtà, con la Legge Moratti (Legge 4 novembre 2005, n. 230) non si ritorna affatto ai vecchi concorsi nazionali, ma si introduce una “idoneità scientifica nazionale” a numero chiuso (comma 5), prerequisito per la partecipazione alle “procedure disciplinate (dalle Università, ndr) con propri regolamenti che assicurino la valutazione comparativa dei candidati” (comma 8).
In altri termini, la legge approvata AGGIUNGE alla prova comparativa locale
un’altra prova comparativa nazionale che, a differenza dei concorsi nazionali per ordinario e per associato precedenti alla riforma Berlinguer, non serve a decidere chi prenderà servizio nei posti banditi. Nella Legge Berlinguer e nella Legge Moratti a decidere se e chi occuperà il posto bandito è la Sede e, di fatto, chi ha voluto (ed è riuscito a farsi bandire) il posto per il suo prescelto (localismo e nepotismo). La differenza tra l'”idoneità scientifica nazionale” e i vecchi concorsi
nazionali è quindi IMMENSA. È evidente che qualunque forma di selezione,
nazionale o locale, che sia seguita dalla scelta finale da parte della Sede che decide se e chi deve alla fine occupare il posto bandito, non potrà non essere condizionata dal fatto che quel posto è stato pre-destinato.
LE FALSE IDONEITÀ
Il giudizio di idoneità è tale solo se è a numero aperto, cioè se esso è individuale e non comparativo, come ha sostenuto anche Dario Antiseri sul Sole 24-ore (nota 3). E la Legge Moratti non va criticata per avere previsto la possibilità di qualche idoneità in più rispetto al numero dei posti banditi, ma, al contrario, per non avere previsto la lista aperta degli idonei, unico modo per superare – o almeno attenuare
significativamente – il ‘mercato delle idoneità’, strumento principe del potere di controllo accademico e umano su chi percorre la carriera docente. Ma per scardinare del tutto tale sistema di potere è INDISPENSABILE che, nel caso in cui il giudizio di idoneità riguardi un docente già in ruolo (cioè, nel caso di passaggio da una fascia all’altra), al riconoscimento della idoneità alla fascia superiore segua il pieno e immediato riconoscimento della nuova qualifica, senza la necessità, quindi, della ‘chiamata’ da parte della Facoltà in cui il docente lavora e continuerà comunque a lavorare (per i connessi aumenti retributivi è necessario
prevedere uno specifico budget nazionale). Infatti, è privo di qualsiasi senso logico da un lato riconoscere che la qualità dell’attività scientifica e didattica che sta svolgendo un associato è equivalente a quella di un ordinario (o che l’attività di un ricercatore sia equivalente a quella di un associato o di un ordinario), e poi rifiutare il riconoscimento anche ‘operativo’ della qualità superiore di un’attività che il docente continua a svolgere.

VERSO LA CANCELLAZIONE DELL’UNIVERSITÀ STATALE
La vera grossa novità della legge Moratti è che le procedure delle prove comparative locali non sono più uguali in tutti gli Atenei, così come voluto anche da Confindustria, Magna Carta e DS. Questa novità è l’anticamera dell’abolizione dello stato giuridico nazionale dei docenti e con esso del valore legale dei titoli di studio, cioè la fine del sistema nazionale e statale delle Università. In questo senso la legge Moratti è un ulteriore passo (peraltro pasticciato) verso la completa demolizione dell’Università di qualità e di massa. Una demolizione cominciata nelle precedenti legislature (finta autonomia finanziaria, finta autonomia statutaria, finti concorsi locali, controriforma del CUN, “3 + 2″, crescita a dismisura del precariato) e che la lobby accademica trasversale vorrebbe fosse completata nella prossima legislatura. Per ottenere questo risultato si sostiene che con l’autonomismo aziendalistico gli Atenei sarebbero costretti ad una virtuosa competizione, mentre è evidente che così si renderebbero ancora più forti e più liberi i potentati accademici, che usano Ministero e Parlamento per ottenere in
maniera completa la gestione privatistica delle risorse pubbliche. La natura e gli interessi delle oligarchie accademiche e la loro capacità di condizionare il Ministero e il Parlamento sono sotto gli occhi di tutti. Ci riferiamo, in particolare, ai finanziamenti ‘mirati’ che si sono dati agli Istituti auto-proclamati eccellenti (IIT di Genova, ISU di Firenze e IMT di Lucca), ma anche a quello di 1,5 milioni di euro l’anno per l’Istituto di studi politici “San Pio V” di Roma, approvato definitivamente
dalla Camera l’8 ottobre 2003 con 254 voti, 28 contrari e 136 astenuti, cioè con il ‘non dissenso’ trasversale di quasi tutti i Deputati.

SINTESI DELLE PROPOSTE DELL’ANDU PER UNA VERA RIFORMA DELLA DOCENZA.
Stato giuridico nazionale dei docenti collocati in un ruolo unico, articolato in tre fasce con uguali mansioni. Ingresso nel ruolo docente per concorso nazionale (prevalentemente nella terza fascia) e passaggio di fascia per idoneità nazionale individuale (a numero aperto), con immediato e pieno riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della Facoltà dove il docente già lavora e
continuerà a lavorare. Per il passaggio di fascia è indispensabile prevedere uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali. Le commissioni, per i concorsi e per i passaggi, devono essere interamente sorteggiate e composte di soli ordinari. Distinzione tra tempo pieno e tempo definito con esclusione per i docenti a tempo definito dalle cariche accademiche e dalle commissioni concorsuali. Trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia di professore, prevedendo la partecipazione di tutti ai Consigli di Facoltà e l’accesso ai fondi per la ricerca anche per i professori di terza fascia non confermati.
Periodo pre-ruolo massimo di 3 anni e bando nei prossimi anni, su nuovi
specifici e aggiuntivi fondi statali, di almeno 20000 posti di terza fascia, con cancellazione dell’attuale giungla di figure precarie.

27 marzo 2006

Nota 1. V. il Comunicato del MIUR del 23.3.2006:
(non si deve spezzare la stringa di caratteri, altrimenti il collegamento fallisce!)
http://www.istruzione.it/prehome/comunicati/2006/2303bis.shtml

Nota 2. V. il Comunicato del sen. Luciano Modica del 23.3.06:
http://www.orizzontescuola.it/article10093.html

Nota 3. V. l’intervento di Dario Antiseri “Le nuove vie alla cattedra, più problemi che soluzioni”, sul Sole 24-ore del 12.11.05, pag. 1:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/11/38840603.pdf

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