DDL. LO SMANTELLAMENTO DELL’UNIVERSITÀ STATALE

“I passaggi parlamentari saranno veloci e la riforma potrà partire già dal prossimo anno accademico.” Lo ha dichiarato il Relatore del DDL sullo stato giuridico dei docenti universitari (nota 1). Una conferma che l’obiettivo della lobby accademica trasversale è quello di fare approvare in via definitiva il DDL entro il prossimo luglio (nota 2).  E le condizioni accademico-politiche sembrano esserci tutte: appelli per “dare voce all’Università” (ovvero per zittirla per sempre), Fondazioni-lobbies che aggregano trasversalmente i soliti accademici ‘eccellenti’ che hanno sempre dettato legge sull’Università, campagne stampa per disinformare l’opinione pubblica, convergenza in Parlamento tra Maggioranza e i due più consistenti Gruppi dell’Opposizione (DS e Margherita) su punti nodali del DDL. Il risultato è un DDL che, come è uscito dalla Commissione Cultura l’1 giugno 2005 (per il testo v. nota 3), ha perso molto del suo aspetto abborracciato e disegna ora con chiarezza l’Università del prossimo futuro. Quanto si vuole al più presto fare approvare sembra sempre più qualcosa di concordato e deciso trasversalmente da tempo e che ha come obiettivo ultimo lo smantellamento del Sistema nazionale delle Università statali:
abolizione dello stato giuridico nazionale di tutti i docenti universitari e abolizione del valore legale del titolo di studio. In questa prospettiva risultano meno strampalate le dichiarazioni del Viceministro nella seduta della Commissione dell’1 giugno che ha più volte sostenuto che “i ruoli dei professori e dei ricercatori sono stati (già, ndr) soppressi”. E in effetti in questa direzione vanno decisamente le norme che prevedono la disciplina da parte dei singoli Atenei delle procedure per il reclutamento dei professori (comma 1, art. 5) e dei “ricercatori a tempo indeterminato” (comma 6, art. 5): per la prima volta le modalità di reclutamento in ruolo saranno differenziate ateneo per ateneo. Alla luce di queste considerazioni risultano tutt’altro che disorganiche le previsioni contenute nell’ultima versione del DDL che, ripetiamo, prevede, tra l’altro, un precariato che può durare anche oltre sedici anni, con un’età media d’ingresso in ruolo di circa 45 anni. Infatti, nel DDL è
previsto che:
1. gli “assegni di ricerca”, che ora durano quattro anni, sono sostituiti da “contratti di ricerca e di insegnamento” della durata di sei anni, con meno garanzie e senza più un limite inferiore di retribuzione (comma 3, art. 5 – norma proposta da DS e Margherita) (nota 4);
2. ai precedenti contratti ‘seguono’ quelli “di diritto privato a tempo determinato” della durata di altri sei anni (comma 5, art. 5);
3. a coloro che hanno svolto tutti e sei gli anni di “contratto di diritto privato” è consentito l’accesso alla ‘nuova’ figura, assolutamente indeterminata, di “ricercatore a tempo indeterminato” (comma 6, art. 5).
Una figura subalterna che sembra ripristinare l’iniziale ruolo del ricercatore trasformato da numerose leggi successive al 1980 in un ruolo pienamente docente. La ‘nuova’ figura di ricercatore costituirebbe lo sbocco in ruolo dopo sedici anni di precariato;
4. è introdotta l'”idoneità scientifica nazionale”, una sorta di ‘libera docenza’ a numero chiuso (lettera a del comma 1, art. 4), prerequisito per partecipare all’ulteriore “valutazione comparativa” per il reclutamento vero e proprio nei ruoli di professore ordinario e di professore associato (comma 1, art. 5);
5. l’attuale ruolo dei ricercatori è messo ad esaurimento (comma 2, art. 4);
6. per gli attuali ricercatori è previsto il titolo di “professore aggregato”. Ai ricercatori con il titolo di “professore aggregato” è possibile imporre lo svolgimento di un corso (comma 11, art. 5) ed essi sono obbligati al tempo pieno (comma 8, art. 5 – norma approvata anche dai DS). Lo stesso titolo è ‘offerto’, in pratica, anche a chiunque altro operi nell’Università.

L’Università che si vuole imporre consentirà di accentrare ancor di più le risorse pubbliche in poche mani, mettendo la parola fine all’Università di massa, che in Italia rappresenta un pilastro fondamentale per lo sviluppo e per la stessa democrazia del Paese. Tutto ciò in nome dell’eccellenza, della concorrenza, della flessibilità e dell’anziendalismo, ‘valori’ ampiamente condivisi dall’accademia che conta di destra e di sinistra.

8 giugno 2005

Nota 1. V. l’articolo “Per i ricercatori ‘posto fisso’ con selezione soltanto in sede locale” sul Sole 24-ore del 7 giugno 2005, pag. 30:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/06/34480654.pdf

Nota 2. V. documento dell’ANDU “DDL. Legge entro luglio”:
http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php giugno 2005

Nota 3. Per il testo del DDL approvato l’1 giugno 2005 dalla Commissione Cultura della Camera e che verrà discusso e votato dall’Aula il 14-16 giugno 2005:
http://cnu.cineca.it/notizie05/ddl-4735-1giu05.pdf (a partire da pag. 20)

Nota 4. Le Organizzazioni unitarie della docenza chiedono invece contratti di durata massima di tre anni, con le tutele e le garanzie del lavoro subordinato, un limite retributivo inferiore stabilito nazionalmente, un numero di contratti rapportato agli sbocchi in ruolo e la cancellazione
della giungla delle figure precarie

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