Dichiarazione del coordinatore nazionale ANDU

L’occupazione dei rettorati di tutti gli Atenei rappresenta il punto finora più alto del movimento che si oppone alla controriforma governativa della docenza universitaria.

La partecipazione è stata massiccia (2000 a Palermo, 1000 a Napoli, 600 a Firenze e a Pisa e così via) ed ha visto uniti professori, ricercatori, precari, tecnici-amministrativi e studenti. Una mobilitazione, per vastità e qualità, senza precedenti. Ovunque è stato chiesto il ritiro del progetto Moratti che costituisce l’attacco finale all’Università statale per marginalizzarla e, in alcuni casi, farla scomparire. La drastica riduzione dei posti di ruolo della docenza e l’ampliamento a dismisura del precariato (oggi già immenso: oltre 25000 precari a fronte di 57000 docenti in ruolo) e il prolungamento fino a 40-45 anni della fase di incertezza lavorativa ridurranno ulteriormente la libertà di ricerca e di insegnamento dei giovani e, in definitiva, faranno ancor più arretrare la ricerca scientifica e l’alta formazione in Italia.

Ma l’attacco all’Università non è solo governativo e non è nato oggi. Esso è condotto da un potente gruppo di professori che da decenni condiziona pesantemente il Parlamento e gestisce di fatto il Ministero. Questa lobby accademica ha gestito, e vuole ancor più gestire, in maniera privatistica le risorse per l’Università e in questa direzione ha imposto l’autonomia finanziaria per la gestione della riduzione dei finanziamenti, la finta autonomia statutaria degli atenei, i finti concorsi locali, la disastrosa riforma didattica. Ora si vogliono porre ad esaurimento oltre 20000 ricercatori, che coprono oltre un terzo degli insegnamenti, anziché trasformarli in terza fascia dei professori nella quale attuare un reclutamento straordinario dei giovani bandendo almeno 5000 nuovi posti.

Le manifestazioni di oggi rappresentano, tra l’altro, un chiaro segnale nei confronti di chi vorrebbe di fatto accordarsi con il Ministro e nei confronti della CRUI e del CUN che, con tutta evidenza, non rappresentano né il sistema nazionale delle Università né, tanto meno, un movimento che mostra di volere battere definitivamente quei poteri forti accademici che stanno distruggendo l’Università statale.

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